Abstract
L’istituto delle cooperazioni rafforzate, quale manifestazione del fenomeno dell’integrazione differenziata nell’Unione europea, viene esaminato nella sua disciplina come risultante dal Trattato di Lisbona e nella sua recente prassi di applicazione.
L’istituto delle cooperazioni rafforzate è stato introdotto con il Trattato di Amsterdam (2.10.1997) quale rimedio al possibile rallentamento del processo di integrazione europea determinato dal prevedibile allargamento dell’Unione europea ai numerosi paesi dell’Europa centro-orientale. In base a tale istituto, la cui disciplina fu poi leggermente modificata con il Trattato di Nizza (26.2.2001), alcuni Stati membri, in presenza di alcune condizioni e nel rispetto di un determinato procedimento, potevano proseguire nel predetto processo di integrazione consentendo comunque la partecipazione successiva degli Stati membri rimasti estranei (articoli 43-45 TUE a cui si affiancavano gli articoli 11e 11A TCE per il pilastro comunitario, gli articoli 27A-27E TUE per le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune e gli articoli 40, 40A e 40B TUE per le disposizioni in tema di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale).
Le cooperazioni rafforzate, previste anche nel successivo Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa (Roma, 29.10.2004) che, come è noto, non è mai entrato in vigore, sono oggi disciplinate dal Trattato di Lisbona (13.12.2007) entrato in vigore il 1.12.2009 nell’art. 20 TUE e negli articoli 326-334 TFUE.
La deviazione da un modello di integrazione europea necessariamente uniforme (salvo che per i periodi transitori previsti in occasione degli ingressi dei nuovi Paesi membri) verificatasi dapprima con la stipulazione da parte di alcuni Stati membri dell’Accordo di Schengen del 14.6.1985 e della relativa Convenzione di applicazione del 19 giugno 1990 si doveva verificare anche successivamente in occasione del Trattato di Maastricht istitutivo dell’Unione europea (7.2.1992) con l’adozione di un Protocollo n. 14, allegato al Trattato, contenente un Accordo sulla politica sociale concluso tra gli Stati membri ad eccezione del Regno Unito e in cui si statuiva l’autorizzazione a detti Stati membri a «fare ricorso alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi del Trattato allo scopo di prendere tra loro ed applicare, per quanto li riguarda, gli atti e le decisioni necessarie per rendere effettivo il suddetto Accordo» (punto 1 Protocollo cit.). Tale formula è stata ripresa per descrivere, dal Trattato di Amsterdam in poi, la portata della cooperazione rafforzata sino alla odierna previsione (art. 20 TUE) secondo cui, nelle materie di competenza non esclusiva, gli Stati membri dell’Unione interessati «possono far ricorso alle sue istituzioni ed esercitare tali competenze applicando le pertinenti disposizioni dei Trattati, nei limiti e con le modalità previsti nel presente articolo e negli articoli da 326 a 334 TFUE».
L’istituto si presenta ancor oggi come manifestazione del fenomeno dell’integrazione differenziata (cd. Europa a più velocità) accanto ad altre manifestazioni quali la conclusione di accordi internazionali in materie riconducibili all’Unione europea solo tra alcuni Stati membri (per esempio, gli Accordi di Schengen e la Convenzione di Prüm), l’applicazione differenziata prevista in appositi Protocolli costitutivi di regimi specifici per alcuni Stati membri (attualmente, per esempio, i Protocolli n. 20 e n. 21 relativi al Regno Unito e all’Irlanda, il Protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca e il Protocollo n. 30 sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea alla Polonia e al Regno Unito) e la previsione, nell’Unione economica e monetaria, accanto agli Stati membri la cui moneta è l’euro, degli Stati membri con deroga e di Stati membri che beneficiano di un apposito regime. Di recente, poi, all’interno dell’Unione economica e monetaria si è proceduto anche alla conclusione di appositi accordi internazionali, quali il Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (Bruxelles, 2.2.2012) e il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione economica e monetaria c.d. Fiscal Compact Treaty (Bruxelles, 2.3.2012) il quale ultimo, a sua volta, reca una disposizione (art. 10) che contempla il ricorso a misure specifiche previste nell’art. 136 TFUE nonché alla cooperazione rafforzata.
Occorre tuttavia distinguere, accanto alla cooperazione rafforzata ‘comune’ disciplinata, si è detto, nelle predette disposizioni del Trattato di Lisbona, alcune figure atipiche. Si tratta in primo luogo della cooperazione rafforzata ‘speciale’ prevista dal Protocollo n. 19 sull’integrazione dell’acquis di Schengen (cfr. art. 1 in cui i 25 Stati membri colà indicati «sono autorizzati ad attuare tra loro una cooperazione rafforzata nei settori riguardanti le disposizioni definite dal Consiglio che costituiscono l’acquis di Schengen. Tale cooperazione è realizzata nell’ambito istituzionale e giuridico dell’Unione europea e nel rispetto delle pertinenti disposizioni dei Trattati»); l’atipicità è deriva dalle modalità della sua instaurazione (mediante apposita disposizione contenuta nel Protocollo e non mediante l’apposito procedimento), dall’assenza della verifica delle condizioni sostanziali prescritte nel Trattato, dalla previsione di una particolare disciplina derogatoria per alcuni Stati membri, di cui uno contraente degli Accordi di Schengen (Danimarca) e due estranei ad essi (Regno Unito e Irlanda) e infine dalla obbligatorietà della partecipazione prevista per gli Stati candidati all’adesione all’intero acquis, in contrasto con il carattere volontario della cooperazione rafforzata ‘comune’ (cfr. l’art. 7 Protocollo n. 19 cit. e, in precedenza, l’art. 8 Protocollo n. 2 allegato al Trattato di Amsterdam). Vi è poi una forma di cooperazione rafforzata che ha in comune con quella testè descritta la modalità della sua instaurazione mediante apposita disposizione contenuta nel Trattato (e non mediante il ricorso all’apposito procedimento) e che si può definire ‘specifica’ poiché prevista riguardo ad almeno 9 Stati membri in relazione a specifici progetti di direttiva, di regolamento o di misure (art. 82 par. 3, co. 2, TFUE in relazione a progetti di direttiva contenenti norme minime in specifiche materie processualpenalistiche rispetto alle quali uno Stato membro evidenzi la loro incidenza su aspetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico; art. 83 par. 3 TFUE in relazione ad analoghi progetti di direttive per la definizione di reati e sanzioni in specifiche materie penali in presenza di analogo rilievo da parte di uno Stato membro; art. 86, par. 1, co. 3, TFUE in mancanza di unanimità nel Consiglio in ordine all’istituzione mediante regolamento di una Procura europea a partire da Eurojust; art. 87, par. 3, co. 3, TFUE in mancanza di unanimità nel Consiglio in ordine all’adozione di misure riguardanti la cooperazione operativa tra autorità di polizia degli Stati membri). In questa forma di cooperazione rafforzata la deviazione procedurale riguarda solo la fase della instaurazione (e non anche la partecipazione successiva) stante l’espresso richiamo alle disposizioni sulla cooperazione rafforzata subito dopo la previsione per cui «l’autorizzazione a procedere alla cooperazione rafforzata … si considera concessa» dopo l’informazione da parte degli Stati membri interessati al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione; in proposito è da ritenere comunque necessario il rispetto dei requisiti sostanziali previsti per la cooperazione rafforzata ‘comune’ (sui quali v. infra, § 2).
Una peculiare forma di cooperazione rafforzata, introdotta nel Trattato-Costituzione (articoli I-41 par. 6, III-312 e Protocollo n. 23), è prevista nell’ambito delle disposizioni sulla politica di sicurezza e difesa comune sotto la denominazione di cooperazione strutturata permanente da instaurare tra gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto impegni più vincolanti in materia ai fini delle missioni impegnative; la disciplina relativa alla sua instaurazione, alla partecipazione successiva di altri Stati membri nonché alla sospensione o al ritiro volontario di uno Stato membro partecipante (non prevista nella cooperazione rafforzata ‘comune’ su cui v. infra, § 2) è contenuta nell’art. 46 TUE mentre i requisiti sostanziali previsti per gli Stati membri desiderosi di partecipare a tale cooperazione strutturata sono indicati in maniera più dettagliata nel Protocollo n. 10. La cooperazione strutturata permanente va peraltro tenuta distinta dall’affidamento di una singola missione di cui all’art. 42 par. 1 TUE a un gruppo di Stati membri che hanno manifestato anche il loro consenso (articoli 42 par. 1, 43 e 44 TUE) e dall’istituto della cd. astensione costruttiva previsto in base all’art. 31 par. 1 secondo comma TUE nel contiguo settore della politica estera e di sicurezza comune.
Le condizioni richieste per l’instaurazione di una cooperazione rafforzata in base al Trattato di Lisbona sono le seguenti: un numero minimo di 9 Stati membri, il rispetto del principio cd. di ultima istanza alla stregua del quale il Consiglio deve accertare che gli obiettivi perseguiti dalla cooperazione rafforzata non possono essere conseguiti entro un termine ragionevole dall’Unione nel suo complesso, l’appartenenza della materia a competenza non esclusiva dell’Unione, il rispetto dei Trattati e del diritto dell’Unione, l’apertura in qualsiasi momento a tutti gli Stati membri, l’assenza di pregiudizio al mercato interno, alla coesione economica, sociale e territoriale, l’assenza di ostacoli o di discriminazioni negli scambi intracomunitari e di distorsioni nella concorrenza tra gli Stati membri, il rispetto delle competenze, dei diritti e degli obblighi degli Stati membri non partecipanti sui quali peraltro grava l’obbligo di non ostacolare l’attuazione della cooperazione rafforzata da parte degli Stati membri partecipanti (art. 20 TUE e artt. 326, 327 e 328 TFUE).
L’instaurazione di una cooperazione rafforzata è decisa dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo (art. 329, par. 1, co. 2, TFUE). La disciplina attuale ha rafforzato, rispetto al passato, il ruolo del Parlamento europeo in quanto in precedenza il parere conforme del Parlamento europeo era richiesto solo in caso di cooperazione rafforzata instaurata in materia sottoposta al procedimento di codecisione laddove negli altri casi era sufficiente un semplice parere, obbligatorio ma non vincolante.
La proposta della Commissione è sollecitata dagli Stati membri interessati alla instaurazione della cooperazione rafforzata ma in caso di mancata presentazione della proposta la Commissione è tenuta a comunicarne le ragioni a detti Stati membri (art. 329, par. 1, co. 1, TFUE).
La partecipazione successiva di uno Stato membro è prevista su richiesta dello Stato membro interessato comunicata al Consiglio e alla Commissione che decide al riguardo entro quattro mesi dal ricevimento della comunicazione, previo accertamento del rispetto delle eventuali condizioni di partecipazione e adottando, se necessario, misure transitorie per l’applicazione degli atti adottati (art. 331, par. 1, co. 1-2, TFUE). In caso di accertamento negativo la Commissione indica le disposizioni da adottare da parte dello Stato membro richiedente e stabilisce un termine per il riesame della richiesta; se anche alla scadenza del termine la Commissione ritiene che continuino a non essere soddisfatte le condizioni di partecipazione lo Stato membro interessato può sottoporre la questione al Consiglio nella composizione della cooperazione rafforzata (ossia, con l’esclusione dal voto dei rappresentanti degli Stati membri non partecipanti) il quale decide in proposito, con eventuale adozione delle già indicate misure transitorie proposte dalla Commissione rispetto al nuovo Stato membro (art. 331, par. 1, co. 3, TFUE). In questo procedimento tuttavia non è prevista alcuna partecipazione del Parlamento europeo.
L’instaurazione di una cooperazione rafforzata nel quadro della politica estera e di sicurezza comune nel Trattato di Lisbona è stata agevolata a seguito dell’abolizione a) della limitazione all’attuazione di un’azione comune o di una posizione comune (atti peraltro non più previsti nella p.e.s.c.) e b) della esclusione della cooperazione rafforzata nei settori aventi implicazioni militari o nel settore della difesa. Essa avviene mediante una decisione all’unanimità del Consiglio che si pronuncia dopo che sulla proposta degli Stati membri interessati l’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune e la Commissione hanno fornito un parere in ordine alla coerenza, rispettivamente, con la predetta politica e con le altre politiche dell’Unione. Il Parlamento europeo è semplicemente informato della proposta ad opera degli Stati membri interessati (art. 329, par. 2, TFUE). La partecipazione successiva di altri Stati membri è decisa dal Consiglio all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata, sentito l’Alto rappresentante (ma non pure la Commissione la quale riceve semplicemente la relativa informazione da parte dello Stato membro interessato); anche in questo caso la decisione favorevole del Consiglio può dipendere dall’accertamento del rispetto di condizioni di partecipazione eventualmente decise e contenere, su proposta dell’Alto rappresentante, misure transitorie necessarie per l’applicazione degli atti già adottati. In caso di mancato soddisfacimento da parte dello Stato membro richiedente delle condizioni di partecipazione il Consiglio indica le disposizioni da adottare da parte dello Stato membro richiedente e stabilisce un termine per il riesame della richiesta (art. 331, par. 2, TFUE).
Gli atti adottati in attuazione della cooperazione rafforzata, che non si distinguono in nulla dagli altri atti dell’Unione europea, hanno l’unica particolarità di vincolare solo gli Stati membri partecipanti (art. 20, par. 4, prima frase, TUE); essi non costituiscono un acquis che deve essere accettato dagli Stati candidati all’adesione (art. 20, par. 4, seconda frase, TUE) e le eventuali spese connesse all’attuazione della cooperazione rafforzata, diverse da quelle amministrative riguardanti le istituzioni dell’Unione, sono a carico degli Stati membri partecipanti a meno che il Consiglio all’unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo, deliberi altrimenti (art. 332 TFUE).
La decisione del Consiglio relativa all’instaurazione di una cooperazione rafforzata può essere sottoposta al controllo di legittimità da parte della Corte di giustizia sia in ordine alla sussistenza dei requisiti sostanziali che in ordine alle disposizioni concernenti relative al procedimento: in proposito la Corte di giustizia si è già pronunciata e ha rigettato un ricorso proposto da due Stati membri (Spagna e Italia) per l’annullamento di una decisione del Consiglio che aveva istituito una cooperazione rafforzata in tema di tutela brevettuale unitaria (C. giust., 16.4.2013, C-274/11 e C-295/11 Spagna e Italia c. Consiglio) (attualmente pende un ricorso proposto dal Regno Unito avverso la decisione del Consiglio che ha istituito una cooperazione rafforzata nel settore dell’imposta sulle transazioni finanziarie – causa C-209/13 Regno Unito c. Consiglio). La Corte di giustizia può esercitare il controllo di legittimità di cui all’art. 263 TFUE anche rispetto alle misure di attuazione di una cooperazione rafforzata, può decidere eventuali ricorsi per infrazione nei confronti di uno Stato membro partecipante per violazione degli obblighi derivanti da atti emanati in attuazione della cooperazione rafforzata (artt. 258-259 TFUE) nonché ricorsi in carenza in presenza di illegittima inattività delle istituzioni ex art. 265 TFUE. La competenza pregiudiziale di validità o di interpretazione di cui all’art. 267 TFUE può essere esercitata sia in relazione alla decisione di instaurazione della cooperazione rafforzata (e di eventuale partecipazione successiva) e sia rispetto agli atti adottati dall’Unione ‘ristretta’ in attuazione della cooperazione rafforzata.
In caso di cooperazione rafforzata instaurata nel quadro della politica estera e di sicurezza comune il controllo giurisdizionale della Corte di giustizia potrà essere esercitato rispetto alla decisione autorizzativa (o quella eventuale relativa a una partecipazione successiva) limitatamente al rispetto delle condizioni generali e della procedura previsti nei Trattati ma non pure rispetto alle relative misure di attuazione, stante la generale esclusione di un controllo giurisdizionale per le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune (art. 24, par. 1, co. 2, ultima frase, TUE e art. 275, co. 1-2, TFUE che indicano anche le eccezioni relative a) al controllo del riparto di competenze tra politica estera e di sicurezza comune e disposizioni generali sulle competenze dell’Unione e b) al controllo di legittimità degli atti adottati nei confronti di persone fisiche e giuridiche gruppi o entità non statali contenenti eventuali misure restrittive - per es. congelamento di risorse finanziarie - di cui all’art. 215, par. 2, TFUE).
Non risulta espressamente disciplinata l’eventuale uscita, volontaria o coatta, di uno Stato membro partecipante da una cooperazione rafforzata; al riguardo tale possibilità può ritenersi consentita mediante un’apposita decisione modificatrice di quella originaria, con cui era stata autorizzata la cooperazione rafforzata (in argomento cfr. Thym D., United in diversity - The integration of enhanced cooperation into the European constitutional order, in German Law Journal, 2005, 1731 ss., in specie 1735; Id., The evolution of supranational differentiation WHI-Paper 03/09, in www.whi-berlin.eu, 1 ss., in specie 16, nt. 68, il quale sembra oscillare sul punto).
La disciplina relativa alle cooperazioni rafforzate prevede tramite due disposizioni c.d. passerella che il Consiglio di una specifica cooperazione rafforzata possa decidere all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri partecipanti rispetto a disposizioni che prevedono la regola della unanimità il passaggio alla maggioranza qualificata nonché il passaggio da una procedura legislativa speciale alla procedura ordinaria che prevede, come è noto, la partecipazione paritaria del Parlamento europeo e del Consiglio (art. 333, par. 1-2, TFUE). Nel primo caso si intende chiaramente agevolare lo sviluppo del processo di integrazione mediante un rafforzamento della capacità decisionale in seno al Consiglio mentre nel secondo caso si vuole rafforzare il ruolo del Parlamento europeo nel procedimento legislativo relativo a quella determinata cooperazione rafforzata. Tale disciplina tuttavia non si applica a decisioni aventi implicazioni militari o rientranti nel settore della difesa (art. 333, par. 3, TFUE). In caso di cooperazione rafforzata instaurata nell’ambito più generale della p.e.s.c. inoltre non è suscettibile di essere applicata la seconda ‘passerella’ stante l’assenza nella p.e.s.c. di atti legislativi (art. 24, par. 1, co. 2, terza frase TUE).
La instaurazione di una cooperazione rafforzata nei settori di competenza concorrente determina anche l’attribuzione all’Unione ‘ristretta’ del potere di concludere accordi internazionali vincolanti sia per l’Unione che per gli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata. In virtù della disciplina contenuta nell’art. 216 TFUE tale potere sussiste qualora i Trattati lo prevedano espressamente oppure la conclusione dell’accordo sia necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai Trattati o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell’Unione o, infine, possa incidere su norme comuni adottate in sede di cooperazione rafforzata o alterarne la portata. In tali situazioni la competenza esterna dell’Unione in sede di cooperazione rafforzata ha carattere esclusivo. Il procedimento di cui all’art. 218 TFUE risulta applicabile con i necessari adattamenti relativi alla determinazione della unanimità o della maggioranza qualificata in seno al Consiglio della cooperazione rafforzata e con la precisazione, a nostro parere, che il parere della Corte di giustizia sulla compatibilità dell’accordo con i Trattati di cui al par. 11 dell’art. 218 TFUE possa essere richiesto anche da uno Stato membro non partecipante alla cooperazione rafforzata.
Anche in caso di una cooperazione rafforzata instaurata nel quadro della politica estera e di sicurezza comune l’Unione ‘ristretta’ può concludere accordi internazionali vincolanti per l’Unione ‘ristretta’ e per gli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata stante la generale previsione contenuta nell’art. 37 TUE e con il rispetto delle statuizioni procedimentali contenute nell’art. 218 TFUE; quest’ultimo prevede la competenza specifica dell’Alto rappresentante (e non della Commissione) per la raccomandazione al Consiglio circa l’avvio dei negoziati qualora l’accordo previsto riguardi esclusivamente o principalmente la politica estera e di sicurezza comune (art. 218, par. 3, TFUE), l’esclusione del Parlamento europeo nel relativo procedimento (sia sotto forma di previa approvazione che di consultazione) se l’accordo previsto riguarda esclusivamente la politica estera e di sicurezza comune (art. 218, par. 6, TFUE) (il Parlamento europeo è semplicemente ‘immediatamente e pienamente informato’ in tutte le fasi del procedimento in base all’art. 218, par. 10, TFUE) nonché la ulteriore competenza specifica dell’Alto rappresentante (e non della Commissione) per la proposta al Consiglio di una eventuale sospensione dell’accordo o di una presa di posizione dell’Unione in un organo di organizzazione internazionale competente ad adottare «atti che hanno effetti giuridici» (art. 218, par. 9, TFUE).
Di recente, oltre dieci anni dopo la loro previsione nel Trattato di Amsterdam, sono state instaurate alcune cooperazioni rafforzate in materia di diritto applicabile al divorzio e alla separazione, di tutela brevettuale unitaria e di istituzione di una imposta comune sulle transazioni finanziarie (vedi, rispettivamente, decisioni del Consiglio, 12.7.2010 n. 2010/405/UE, 10.3.2011 n. 2011/167/UE e 22.1.2013 n. 2013/52/UE). Come si è accennato (v. supra, § 2) la decisione relativa alla istituzione di una tutela brevettuale unitaria è stata impugnata da due Stati membri non partecipanti alla cooperazione rafforzata (Spagna e Italia) ma la Corte di giustizia ha rigettato i relativi ricorsi proposti per l’annullamento. La sentenza contiene alcuni elementi utili per una migliore comprensione dell’istituto. In primo luogo, si chiarisce che la mancata partecipazione di alcuni Stati membri può dipendere sia da una mancanza di volontà che da una incapacità di pervenire ad un accordo, entro un termine ragionevole, in ordine alla prosecuzione nel processo di integrazione in quella determinata materia (§§ 36-37 sentenza cit.); la Corte ha, inoltre, voluto tenere distinto il controllo giudiziario sulla decisione autorizzativa della cooperazione rafforzata dal controllo concernente gli atti adottati in base alla cooperazione rafforzata (§§ 76-78 sentenza cit. con cui la Corte dichiara irricevibili i motivi di ricorso riguardanti il regime linguistico del brevetto unitario poiché, secondo la Corte, esso risultava ancora in una fase preparatoria e non costituiva un elemento costitutivo della cooperazione rafforzata instaurata; la Spagna ha pertanto provveduto a proporre appositi ricorsi di annullamento ex art. 263 TFUE attraverso due regolamenti attuativi della cooperazione rafforzata (C146-147/13), sui quali la corte non si è ancora pronunciata); infine, in relazione al principio di ultima istanza, la Corte afferma che non ogni negoziato infruttuoso può condurre a una o più cooperazioni rafforzate a scapito della ricerca di un compromesso che consenta l’adozione di una normativa valida per l’intera Unione ma che solo le situazioni caratterizzate dall’impossibilità di adottare in un futuro prevedibile una normativa unitaria rendono legittima una decisione che autorizza una cooperazione rafforzata (§§ 49-50 sentenza cit.): la relativa valutazione del Consiglio tuttavianon è esente da un sindacato, poiché la Corte verifica l’accuratezza e l’imparzialità dell’esame da parte del Consiglio degli elementi rilevanti nonchè la sufficienza della motivazione in ordine alla conclusione della valutazione (§§ 53-54 sentenza cit.).
Dovendo procedere a una sintetica valutazione dell’istituto si può affermare che esso presenta una sua indubbia utilità quale strumento di avanzamento nel processo di integrazione europea che evita sia situazioni di stallo che più gravi fratture tra gli Stati membri senza determinare finora la creazione di un gruppo egemonico di Stati membri. In quanto forma di integrazione differenziata disciplinata nei suoi aspetti sostanziali e procedimentali essa non impedisce – come del resto è già accaduto – che gli Stati membri ricorrano, in materie pur riconducibili all’Unione europea, a forme di cooperazione intergovernativa al di fuori del quadro istituzionale dell’Unione. Le cooperazioni rafforzate tuttavia inevitabilmente implicano, oltre a una differenziazione tra gli Stati membri, una diversificazione delle situazioni giuridiche individuali all’interno dell’Unione europea che non è in sintonia con la perseguita uguaglianza dei cittadini (art. 9 TUE).
Artt. 20 TUE, 326-334 TFUE; artt. 42 par. 6, 46 TUE e Protocollo n. 10 sulla cooperazione strutturata permanente istituita dall’art. 42 TUE; Protocollo n. 19 sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea
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