CORALE
Il nome di corale, dato nell'uso tedesco al canto liturgico in generale, nell'uso dei popoli latini designa invece propriamente il canto religioso protestante, nelle varie forme che dalla Riforma fino ad oggi esso è venuto assumendo. Per il canto corale della chiesa romana e delle orientali, v. quindi canto liturgico.
Il corale protestante. - Il corale protestante comprende i canti delle chiese evangeliche a una o più voci; esso si distingue dal corale gregoriano appunto per l'impiego di più voci e per il sistema di esecuzione da parte dei fedeli, che si effettua in osservanza alle basi fondamentali della liturgia. Le origini del corale protestante vanno ricercate nel canto gregoriano della chiesa romana secondo la sua tradizione germanica, nonché nell'autoctono canto artistico profano e nella sua riproduzione nel canto ecclesiastico. Al finire del Medioevo la chiesa romana cercò di facilitare la partecipazione dei fedeli al servizio divino, stabilendo che il canto fosse eseguito nella lingua nazionale, poiché il latino non era più alla portata di tutti. Nacquero così le Laudi e i Dialoghi delle congregazioni nell'Italia settentrionale, che servivano a scopi religiosi, ma non liturgici. Nei paesi tedeschi la tendenza a introdurre nella liturgia gl'inni sacri in lingua nazionale fu assai profondamente sentita e praticata. Le regole del canto artistico quattrocentesco non richiedevano melodie nuove per i canti sacri: esse si adattavano egualmente alle note canzoni profane. Era però evidente che questo uso dovesse ripugnare alle idee strettamente tradizionali del clero romano, e infatti le restrizioni non tardarono dalla parte cattolica: il concilio di Trento impartì le ultime direttive nella questione.
Già nel sec. XI troviamo la versione tedesca del Surrexit Christus nell'inno pasquale Christ ist erstanden; nei secoli seguenti si moltiplicano in Germania gli esempî d'inni sacri adattabili alla liturgia osservata nel sacrifizio della messa. Avvicinandosi il movimento riformatore in Germania, sempre più spesso si trovano canzonieri con inni nella linġua nazionale destinati ad essere eseguiti dalla comunità dei fedeli: gl'inni gregoriani restano come prima riservati al prete celebrante e al clero. La dipendenza dei nuovi inni sacri dalle contemporanee composizioni profane cagiona un allontanamento dalle fonti di questa pratica d'arte, cioè dalle sequenze del corale gregoriano; nelle nuove forme a una voce prevale ora un senso di verticalità degli accordi, l'accentuazione ritmica, estranea al gregoriano, viene severamente rispettata e finalmente portata nel corale. Le forme dei canti artistici del tempo servono da modello e la libera espressione del corale deve cedere all'elaborata forma profana della strofa ripetuta con il "congedo", ecc. Questa è la base del corale protestante. In principio la tradizione romana viene rispettata; alcune parti della liturgia rimangono in lingua latina, specialmente quando la frequente ripetizione ha reso il loro senso generalmente noto. Ma il proprium Missae e i salmi, il cui ricco materiale non poteva essere intelligibile a tutti, vengono tradotti. Le vecchie melodie troppo complicate si semplificano omettendosi i melismi di difficile esecuzione e facendosi qualche taglio; nello stesso stile sorgono composizioni nuove.
L'influenza dei singoli maestri col loro stile individuale, il distacco della musica d'arte da quella comune, sono di minore importanza per lo sviluppo del corale protestante, che non la separazione, assai presto avvenuta, fra il vero e proprio canto collettivo, praticato dal pubblico dei fedeli, e la sua eventuale elaborazione strumentale o vocale, anche nell'ambito di opere maggiori, da parte dei maestri compositori.
Nel suo scritto Deudsche Messe und Ordnung Gottisdiensts pubblicato a Wittenberg nel 1526, Martin Lutero ci dà le basi per l'uso che doveva poi farsi del canto corale tedesco; quello scritto era anzitutto destinato alle comunità minori, che non disponevano di un coro specialmente allenato. La Formula missae et communionis (Wittenberg 1523) dà invece disposizioni per le chiese principali, i cui cantori erano capaci di eseguire canti più difficili. La traduzione tedesca di questi canti venne fatta da Speratus nel 1524. Quanto Lutero valutasse l'importanza della musica risulta chiaro dalla sua prefazione per il Geistliche gesangk Buechleyn (Wittenberg 1524), per cinque voci. Questa raccolta contiene, oltre alle melodie precedenti alla Riforma, in parte modificate, composizioni di Lutero e di J. Walther; i canti a guisa di mottetti sono lavorati sopra un cantus firmus in tenore. Causa la complicazione dello stile l'esecuzione da parte dell'assemblea intera è impossibile; gli scolari, adiuvantes, erano i soli in grado di fare apprezzare al suo giusto valore quella polifonia prepalestriniana. Prima della pubblicazione di questa opera apparve il cosiddetto Libro delle otto canzoni, contenente quattro melodie per otto canzoni; poi venne pubblicato in due edizioni a Wittenberg e a Erfurt un Enchiridion con utilizzazione di dodici melodie del Cantional di Walther. L'edizione del 1525 apparve con una prefazione di Lutero e ne furono fatte infinite ristampe. L'esecuzione ad una voce fa arguire che queste raccolte fossero destinate al canto dei fedeli; vi si trovano soltanto le melodie degl'inni. Certamente potevano anche essere modificate per il canto a più voci. Quanto alle due vie che segue lo sviluppo del canto collettivo si noti che: la composizione a più voci, sebbene fosse, specialmente più tardi, della massima semplicità, dipende pur sempre dalla tecnica contrappuntistica propria dell'epoca; lo stile dei canti a una voce subiva unicamente influenze melodiche e poteva quindi maggiormente conservare i connotati tradizionali.
Nel 1525 sorgono le prime funzioni religiose a Strasburgo e a Erfurt, che, secondo le prescrizioni di Lutero, stabiliscono la partecipazione della comunità al servizio divino. La scelta delle melodie diventa sempre più ricca: il canzoniere Weisse, pubblicato a Jungen Buntzel (Jungbunzlau, Mladá Boleslav) nel 1531, contiene 112 melodie, quasi tutte per accompagnare le traduzioni di inni cèchi o canti latini di origine gregoriana. Si osserva qui l'influenza delle canzoni cèche degli Ussiti o Fratelli Boemi. Altre raccolte importanti dell'epoca luterana sono: il canzoniere stampato da J. Klug, la cui prima edizione del 1529 andò perduta, che nelle edizioni del 1535 e del 1545 contiene esclusivamente melodie nuove; e i Geistliche Lieder stampati a Lipsia nel 1539 da V. Schumann e corredati da due prefazioni di Lutero. Presso G. Rhau apparvero nel 1544 a Wittenberg Neue deutsche geistliche Gesenge e Ein Wittenbergisch deudsch geistlich Gesangbüchlein mit vier undfünff Stimmen affini alle opere di Walther, per quel che riguarda il lavoro tecnico. Dai seguenti esempî risultano chiari i procedimenti seguiti; così la modificazione di una melodia gregoriana si riscontra nella trasformazione dell'inno gregoriano di Pentecoste: Veni creator Spiritus, in Komm Gott Schöpfer dell'Enchiridion di Erfurt (1524), in un canzoniere di Klug (1535) e in quello di J. Crüger (1640) con testo latino.
Chiaramente manifesto è l'avviamento della melodia, dall'originaria libertà, ad un fraseggio ricorrente intorno a determinati gradi della gamma tonale, e - per quanto il suo dinamismo non si colleghi con alcuna divisione sul tipo della nostra battuta - ricorrente in una metrica quadrata e regolare. Ecco, ad esempio, la trasformazione del Gloria pasquale nei canti ecclesiastici di V. Schumann.
L'assunzione del patrimonio artistico mondano in corali è attestata dalla composizione di Enrico Isaac O Welt ich muss dich lassen, che è una imitazione del suo canto profano Innsbruck ich muss dich lassen.
Il progressivo irrigidimento della ritmica si avverte già, dopo i Deutsche Liedlein di G. Forster (1539), anche nel Canzoniere di Eisleben (1598), e nel Cantional per il libro di cantici di Cassel di J. H. Schein (1601). È interessante osservare come la ripresa della nota iniziale venga evitata nelle pubblicazioni posteriori. Non c'è dubbio, che, oltre le modificazioni volute, ve ne sono anche di quelle prodotte da differente tradizione, come per esempio l'inno Vom Himmel hoch da komm ich her nella versione del canzoniere Klug, 1535 e nel messale di Mattia Ludecus, 1589.
Avvenne anche che nuovi testi fossero adattati a vecchie melodie, e ciò provocò altre modificazioni. Il ritmo si semplifica, le cadenze ornamentali care ai maestri cantori vengono possibilmente eliminate; la melodia verte sempre più decisamente sui cardini tonali, valorizzati in seguito dalle corone tra l'uno e l'altro versetto. La polifonia s'allontana dagli antichi modi tendendo alla moderna armonia bimodale. Questa decadenza, dei modi chiesastici introduce per breve tempo alcune funzioni tonali che però scompaiono dopo la vittoria definitiva dei modi maggiore e minore. Con l'obbedienza a una più severa misura di tempo anche la maggior parte delle melodie più antiche aveva indicazioni mensurali, mai però in connessione con esigenze dinamiche) appare verso la fine del sec. XVI il senso moderno della battuta, dapprima limitato a singoli casi, cioè la concordanza della ragione metrica quantitativa con quella qualitativa. Mentre l'espressione più antica richiede ancora un'accentuazione lieve, ora invece appare un ritmo preciso, cui una sia pur piccola esagerazione potrebbe dare carattere di danza. Ma questo è un pericolo al quale sfuggivano subito anche le più antiche melodie: ne abbiamo una prova nell'Ein feste Burg ist unser Gott, che troviamo nel canzoniere Klug (1535), nel libro di canzoni ecclesiastiche (Strasburgo 1616), nel libro di corali di G. Bronner (Amburgo 1715) e nell'Harmonischer Liederschatz o libro di corali evangelici di J. B. König (1738).
La musica sacra protestante tedesca subì nuove influenze dal salterio francese a quattro voci composto da Claude Goudimel per la chiesa francese riformata da Calvino. Mentre Zwingli aveva proibito ogni manifestazione d'arte in chiesa, Calvino permetteva i salmi. Nel canto a più voci la voce più importante è quella del soprano (in Germania questo cambiamento si osserva a cominciare da Lucas Osiander), ciò che è di grande importanza per lo sviluppo venturo. Mentre fino allora la composizione a più voci non poteva essere eseguita se non da cantori esperti, l'assemblea può ora unirsi senz'altro al soprano. Dopo una maggiore pratica e penetrazione del basso continuo in stile da concerto, si arriverà presto all'accompagnamento d'organo. Questa modificazione era certamente approvata dai riformatori ed ebbe per conseguenza che gli artificiosi mottetti sparissero sempre più dalle composizioni evangeliche. Durante i primi decennî della Riforma, l'esecuzione delle opere di maestri cattolici non venne ancora considerata come ingiuriosa per la chiesa evangelica, ma esse dovettero presto scomparire per ragioni prettamente musicali. La pratica artistica cominciò a distinguersi nell'esecuzione, tecnicamente variatissima, del corale, sia quale canto in comune a una voce, sia quale composizione polivocale, sia quale versione strumentale, per organo solo. I temi corali vengono assunti in forme più vaste, ossia in Cantate e Passioni. Procedendo dalla tecnica tradizionale della composizione del corale sopra canto fermo, appaiono opere nelle quali il coro finale di una cantata utilizza, a coronamento dell'edificio, il corale evangelico; ed altre ancora che adoperano versetti di un corale nell'elaborazione di una partitura di cantata. La maggiore importanza in tale campo va attribuita all'uso di J. H. Schein, che, dopo l'esecuzione di un verso, ne rimette l'elaborazione al coro; questa tecnica cede presto il posto ad un'altra forma proveniente dalla produzione strumentale, e cioè all'accompagnamento in contrappunto di un versetto corale, che quasi a coronamento dell'intero edificio, supera tutte le altre voci della composizione. Maestri di queste forme sono H. L. Hasler, G. E. Schein, H. Schütz, A. Hammerschmidt e molti altri.
Fra le numerose raccolte di canti pubblicati a quell'epoca, le più degne di nota sono: N. Selneccer, Christliche Psalmen, Lieder und Kirchengesȧnge, Lipsia 1587; B. Gesius, Geistliche deutsche Lieder, Francoforte sull'Oder 1601; J. Crüger, Newes vollkömliches Gesangbuch, Berlino 1640; Praxis pietatis melica 1644, la cui decima edizione (1661), apparve a cura di Crüger corredata di 550 melodie, e che ebbe fino al 1736 ben 44 edizioni; J. Schop, J. Rist, Himmlischer Lieder Melodien, Lüneburg 1641-42. Seguono molte raccolte voluminose che pretendevano di far testo per la chiesa nazionale, come per esempio il Cantionale di Gotha 1646, Hannover 1676, Norimberga 1676-7, Lipsia 1682, Lüneburg 1686, Darmstadt 1687, Württemberg 1691, Meiningen 1693. Fra le infinite composizioni che seguirono, una eccelse: il Geistreiche Gesangbuch di Freylinghausen, Halle 1704; questo libro caratterizza le tendenze della nuova corrente, del pietismo. Fra le opere di questo stile si distinguono per la forma artistica più elevata: M. Franck, Geistlicher musikalischer Lustgarten, Norimberga 1616; J. Staden, Hausmusic geistlicher Gesȧng, Norimberga 1623-1628; J. H. Schein, Cantional, Lipsia 1627; i Salmi davidici di H. Schütz, Meissen 1628; le Arie di H. Albert, Königsberg 1638-50; A. Hammerschmidt, Musikalische Andachten, Lüneburg 1656; J. G. Ebeling, Geistliche Andachten, con testi di P. Gerhardt, Berlino 1666-67. Tutte queste composizioni si distinguono nell'accogliere lo stile recitativo operistico, e dànno un saggio del transito dallo stile propriamente polifonico al monodico accompagnato (basso continuo) che si afferma anche nei libri di melodie; in supplemento a un libro di melodie con basso continuo si aggiunge spesso una voce di contralto e di tenore.
Una semplificazione delle melodie avviene ora con l'avvento del pietismo, che mette al bando la Cantata e la Passione, forme grandiose e pompose della musica ecclesiastica, per un'arte più naturale e più semplice, in completa antitesi con la musica profana, con l'operistica specialmente. Ogni ricordo dei modi chiesastici è sparito, poco per volta si fa strada il cromatismo, la struttura regolare e il ritmo quadrato annunciano chiaramente l'epoca preclassica. Nella linea melodica è effettivamente sparito ogni accenno all'opera, ma la pratica dell'accompagnamento a basso continuo è rimasta legge fondamentale. Verso la metà del sec. XVII l'esecuzione è ancora strettamente imitativa quale si presenta presso C. Schultz (Jauchzendes Libanon, 1659); verso la fine del secolo le arie sono riccamente fiorite, e non sono rari i ritornelli e gl'intermezzi (v. i passi di J. W. Franck, Geistliches Gesangbuch, Amburgo 1685, e di J. Lohner, Poetischer Andachtklang, Norimberga 1691).
Ai tempi di Bach si giunge a un adattamento ritmico della schietta melodia corale (come si osserva nei seguenti due esempî, tratti da J. C. Schemelli, Musicalisches Gesangbuch, Lipsia 1736).
Più tardi si osserva il completo assimilamento alla canzone contemporanea.
D'altra parte notiamo, nella tecnica della composizione strumentale del primo Settecento, conversioni di corali in arie. Il modo usato per semplificare il corale, una volta assai elaborato, ci risulta chiaro dal Herzlieb thut mich verlangen, in Musikalischer Lustgarten di H. L. Hasler (1601). Attraverso le Threnodiae di C. Demantius (1620) questa maniera arriva a G. S. Bach:
Le più importanti raccolte di corali dopo il Gesangbuch di Freylinghausen sono l'Evangelisch-musikalisches Liederbuch di G. Ph. Telemann (Amburgo 1730), Musicalisches Gesangbuch di Schemelli (Lipsia 1736) al quale collaborò G. S. Bach, Harmonischer Liederschatz oder Allgemeines evangelisches Choralbuch (Francoforte sul Meno 1738) di J. B. König. Poco dopo la pubblicazione di queste opere si osserva un cambiamento repentino, quasi una reazione alle aspirazioni pietiste, un tentativo del razionalismo di eliminare ogni sentimentalità. Gli "impossibili" testi latini e numerosi canti tedeschi vengono sacrificati per la semplificazione della liturgia; viene distrutto il nesso fra i canti e le antiche festività; si scelgono i corali, senza pensare che dovrebbero accordarsi con la predica. Lo scarso incoraggiamento che si dà ai compositori paralizza la loro attività. La semplificazione dei canti dà luogo spesso ad una cattiva pronuncia del testo: i punti d'arresto, le corone si spostano verso valori di tempo non accentati secondo la battuta; la rigorosità ritmica, secondo il nostro senso della battuta, fa sì, che da una parte lo stile d'opera possa farsi sempre più strada (cfr. J. H. Knecht e J. H. Christmann, Württembergisches Choralbuch, 1799), e che d'altra parte si affermi un periodare strofico proprio della canzone profana. Le aspirazioni di personalità quali Ph. E. Bach e J. A. Hiller, che pubblicano libri corali, non differiscono affatto da quelle degli altri editori, che redigono i canti in modo adatto al popolo (v. il seguente esempio, tratto da una raccolta anonima, posteriore al 1794):
I corali a quattro voci di J. C. Kittel, 1803, il Choralbuch di J.C.H. Rinck, 1814, il Choralbuch di J. G. Schicht, 1819, il Choralbuch di M. G. Fischer, 1820-21 e le opere di molti altri sino alla metà del sec. XIX risentono ancora del razionalismo; si aspira all'introduzione generale del canto in comune a quattro voci, ma è l'uso dell'arte antica unito a una riforma della liturgia, e cioè alla tentata unificazione, che porta alla rinnovazione del corale. Der evangelische Kirchengesang 1843 e Zur Geschichte heiliger Tonkunst, 1850-52, di C. von Winterfeld, Schatz des evangelischen Kirchengesanges, 1848 di G. von Tucher, Melodien der deutschen evangelischen Kirchenlieder di J. Zahn, 1888-93, dànno la possibilità di pubblicare infiniti libri; per la maggior parte questi si limitano alle melodie antiche. Vanno fatte soltanto le modificazioni necessarissime e ci si attiene possibilmente ai modelli già esistenti. Si vorrebbe creare un tipo uniforme per l'intera comunità religiosa e per tutti quelli che parlano la stessa lingua; l'unione ecclesiastica tedesca, formatasi nel 1883 dalle assemblee provinciali, vi si è adoperata con tutti i mezzi, senza per ora riuscire nell'intento.
La redazione strumentale per organo, quasi l'unico strumento usato nella liturgia protestante, proviene dall'antica elaborazione artistica del canto fermo; ciò si dica per la maniera prettamente strumentale dei cosiddetti coloristi (v. color) nella Germania meridionale, che prediligono le aggiunte ornamentali nel soprano, come pure per la maniera usata da G. Cavazzoni nella sua Intavolatura cioè Canzoni, Inni e Magnificat, 1542, o da A. Cabezón nei suoi Tientos ossia per il modo speciale d'intavolare per strumenti opere originariamente vocali. La coloratura strumentale tedesca dell'originale per canto ornamenta il soprano, che sempre spicca sulle altre voci con note di passaggio su base armonica eguale o simile. I modelli sono forniti generalmente da canzoni sacre o profane. La tecnica italiana e spagnola predilige una forma vocale, che fa seguire svolgimenti in istile gregoriano a un'introduzione imitativa sulla testa dei motivi o su nuovi temi, generalmente in una voce di ripieno. Lo sviluppo nei tempi posteriori differisce di poco da queste basi fondamentali.
Il fundamentum organisandi di K. Paumann, 1452, base teoretica dell'intera tecnica compositoria, dà impulso alla ricca produzione di coloristi come A. Schlick, B. Schmid, N. Amerbach e altri. Essi sono i primi ad usare quella tecnica che notiamo più tardi in Das alte Jahr vergangen ist di G. S. Bach.
Dall'assecondamento e dal sempre più indipendente accompagnamento del canto collettivo a quattro voci nella semplice composizione contrappuntistica si sviluppa l'esecuzione prettamente accordica nel modo preciso della scrittura organistica; un buon esempio è il Liebster Jesu, wir sind hier di J. S. Bach.
Notevoli anche i tipi di preludî organistici comparsi con le monodiche Intonazioni di G. Cavazzoni e coi Tientos del Cabezón, preludî composti su di un basso sulla melodia d'uno o di più versetti del corale che i fedeli dovevano intonare. In seguito si alternerà l'esecuzione del corale fra coro ed organo; a questo uso è da attribuirsi la composizione di diverse variazioni su un corale. Tale tecnica si riscontra nella Tabulatura nova di S. Scheidt; più tardi queste variazioni, che elaborano i versi 2, 4, 6, 8, ecc., di un corale, ricevono il nome di Partite. Un buon esempio è fornito da Christ, der du bist der helle Tag di J. S. Bach.
I grandi maestri della composizione strumentale dei secoli XVII e XVIII hanno la loro parte in questo movimento. G. Frescobaldi e J. J. Froberger si distinguono per la tecnica immaginosa e ricca, mentre J. P. Sweelinck eccelle nell'elaborazione tematica. Nella Germania settentrionale il virtuosismo nel trattare la tecnica del pedale permette maggior libertà; mentre la pratica della Germania meridionale col suo più calmo modo d'usare il pedale può affidare alla voce fondamentale proprio il tema del corale. Da N. A. Strunck, F. Tunder, D. Buxtehude la via conduce a J. S. Bach, ai suoi figli e discepoli: e poi nei tempi più moderni attraverso F. Mendelssohn e R. Schumann verso F. Liszt, J. G. Rheinberger e finalmente a M. Reger.
La forma esterna dei corali dipende generalmente dalle forme principali della rispettiva epoca; dall'antica maniera colorista, ossia di tecnica vocale, se ne sviluppa un'altra: le Partite sul tema corale vanno trattate a modo di suites. Singole frasi assumono atteggiamenti di danza, come Durch Adam's Fall ist ganz verderbt, in forma di canzone, e Herr Gott, nun schleuss den Himmel auf in forma di siciliana, entrambe di J. S. Bach. Ma spesso si trova ancora la fuga corale o fughetta cara a J. Pachelbel e ad altri che inizia ogni linea di verso imitativamente, e porta soltanto la semplice esposizione del tema. Esempî: Christum, wir sollen loben schon; In dich hab' ich gehoffet, Herr; nonché il più antico saggio di esecuzione della melodia corale nel basso: O Lamm Gottes unschuldig, unito ad una imitazione canonica del soprano, come corale in canone nel Vom Himmel hoch da komm ich her. Nelle composizioni di J. S. Bach sono frequenti gli esempî di esecuzione canonica di un motivo corale: con imitazione di quinta in Hilf Gott, dass mir gelinge; e con imitazione d'ottava nell'In dulci Jubilo, e in Dies sind die heilgen zehn Gebot. La Fantasia super "komm heiliger Geist Herre Gott" rammenta la maniera di Buxtehude; è una fantasia corale, che tratta la melodia corale con grande libertà, senza cercare un'intera elaborazione del verso. Però anche lo stile a basso continuo viene alle volte trasmesso all'istrumento, come nelle arie con intermezzi, Ach bleib bei uns Herr Jesu Christ, Allein Gott in der Hohsei Ehr, Schmücke dich o liebe Seele e, congiunto ad imitazione canonica nell'esempio addotto, Dies sind die heilgen zehn Gebot. Nel sec. XVIII la maniera sonatistica si fa sempre più strada: l'epoca romantica è caratterizzata dalle composizioni strumentali in forma di amplificata canzone o di sonata su di una frase. Poca importanza si dà ormai alla composizione corale, finché M. Reger non darà alla tecnica una nuova vita, che si esplica principalmente in libere fantasie corali.
Bibl.: Oltre alle opere citate nel testo v. A. Fischer, Das deutsche evangelische Kirchenlied des XVII. Jahrh., Gütersloh 1903 segg.; S. Kümmerle, Encycl. der evangel. Kirchenmusik, Gütersloh 1888; R. v. Liliencron, Liturgisch-musikalische Geschichte der evangel. Gottesdienste von 1523-1700, Schleswig, 1893; G. Rietschel, Die Aufgabe der Orgel im Gottesdienste bis in das XVIII. Jahrh., Lipsia 1893; G. A. Ritter, Gesch. des Orgelspiels, Lipsia 1884; A. Schering, Die metrisch-rhythmische Grundgestalt unserer Choralmelodien, Lipsia 1924; A. Schering, in G. Adler, Handbuch der Musikgeschichte, Die evangel. Kirchenmusik, 2ª ed., Berlino 1930; L. Schöberlein, Schatz des litrugischen Chor u. Gemeindegesanges ecc., Gottinga 1864-67; P. Spitta, J. S. Bach, Lipsia 1873-1880; W. Stahl, Geschichtl. Entwicklung der evangel. Kirchenmusik, 2ª ed., Berlino 1920; J. Westphal, Das evangel. Kirchenlied nach seiner geschichtl. Entwicklung, 5ª ed., Lipsia 1918; Fr. Zelle, Die Singweisen der ältesten evangel. Lieder, Berlino 1899.