CORDERO di San Quintino, Giulio
Secondogenito del conte Giovanni Antonio e di Maria Caterina Botta, nacque a Mondovì il 30 genn. 1778. Compì i propri studi a Fossano presso i somaschi e quindi a Torino presso i barnabiti del Collegio dei nobili. La sua risolutezza a vestire l'abito dei chierici di S. Paolo lo fece inviare a Roma per il noviziato (Baruffi, p. 4). Nel 1795 si laureò in utroque iure nell'università di Torino ed il 1° febbr. 1797 professò i voti nella chiesa della Consolazione di Chieri (Boffito, p. 508).
Soppresso l'Ordine dei barnabitì, il C. si ridusse allo stato laicale, e decise di rimanere al secolo pur dopo il recupero delle vecchie sedi da parte dei religiosi. Si ìniziò, allora, la serie dei suoi viaggi in Italia e fuori. Si recò successivamente. in Francia, in Germania, in Inghilterra. Altri viaggi in Africa e sino ai confini dell'Asia gli vengono spesso attribuiti per confusione delle sue attività con quelle dell'omonimo prozio (Baruffi, p. 3 n.). Fu, ancora, in Sicilia e finalmente a Lucca, che, fino a tutto il regno di Vittorio Emanuele I, considerò la sua, nuova patria.
In questi anni il C. aveva Potuto approfondire gli interessi che aveva sin dal primo soggiorno romano per la numismatica e per l'archeologia e quelli più recenti per la storia e per l'architettura di età medievale. Il 29 dic. 1820 Maria Luisa di Borbone lo nominò socio ordinario della R. Accademia di scienze lettere ed arti di Lucca "sciogliendolo da... qualunque ... condizione restrittiva", quale segno della propria "soddisfazione" per la "intelligenza e pressura", con la quale si occupava "della storia della zecca lucchese" (Del Carlo, pp. 151 s.). Ma, in Lucca, il C. non si occupava soltanto della storia della zecca. Nel 1815 vi aveva pubblicato presso il Bertini le Osservazioni sopra alcuni monumenti di bello arti nello Stato lucchese, ed aveva assicurato la sua collaborazione alla Guida del forestiere per la città ed il contado di Lucca di T. Trenta con "articoli" riguardanti "l'antiquaria, e l'architettura de' bassi tempi" (Lucca 1820, "A chi legge", pp. non num.). All'Accademia, invece, aveva presentato nel 1819 una memoria Della zecca e delle monete degli antichi marchesi di Toscana e nel 1820 un "ragionamento" Delle misure lucchesi e del miglior modo di ordinarle, che sarebbero stati compresi nel primo volume degli Atti (a pp. 1-28, il "ragionamento" Delle misure;ed a pp. 193-266, la memoria intorno alla zecca). Nel quadro delle ricerche sui "patrii monumenti" l'Accademia ritenne, allora, di dover "promuovere ed ajutare efficacemente anche quelle speciali che si riferivano alla Zecca" (Massagli, p. III), e ne incaricò "particolarmente" il C., il quale cominciò a preparare quelle ventisette tavole tipologiche, che sarebbero state stampate vent'anni più tardi nei "discorsi" Dellazecca e delle monete di Lucca nei secoli di mezzo (Lucca 1844).
Nel 1820 il C. fu a Roma ed a Napoli, e qui poté assistere fra luglio ed ottobre al "compiersi della rivoluzione" (Sforza: lettera del 18 luglio a C. Lucchesini). Tornato a Roma, vi diede alle stampe le osservazioni Sopra alcune monete lucchesi trovate nell'urna sopolcrale di s. Francesco di Assisi (1821). Dopo una sosta di alcuni mesi a Lucca, passò a Genova, e da Genova fece ritorno a Torino. Qui il 10 maggio 1821 il C. fu accolto nell'Accademia delle scienze. E nel 1823, mentre era ancora in attesa di essere approvato da Carlo Felice, poté tenervi tre lezioni Dei marmi lunesi, discutere Dei più antichi marmi statuari adoperati per la scultura in Italia e presentare le sue Osservazioni intorno ad alcune iscrizioni antiche scoperte di recente fra le ruine di Libarna... (pubblicate nelle Memorie accademiche del 1823, le prime, e del 1825, le altre: XXVIII, pp. 211-80; XXIX, pp. I-II, e pp. 143-45).
Il 19 ott. 1823 il C. fu chiamato a far parte di una commissione di accademici "deputati sopra la collocazione e classificazione" della raccolta di antichità egiziane di B. Drovetti. che il re di Sardegna si era potuto assicurare grazie al "non interrotti uffici" di C. Vidua e di C. Saluzzo (Fabretti, p. 13).
A chiedere che il C. facesse parte della commissione era stato P. Balbo. presidente dell'Accademia, a causa di quelle frequentazioni toscane, che da più mesi avevano permesso ad uno studioso occupato "a rivedere per minuto" gli edifici lucchesi "de' secoli di mezzo" (Donadoni, p. 335 n. 4: lettera del 19 gennaio a C. Gazzera) d'ispezionare la raccolta sbarcata a Livorno e di "schiccherare" le Notizie intorno alla collezione di antichità egiziano del cav. Drovetti (Giornale arcadico, XIX [1823], 2, pp. 180-208). Il 30 ottobre il C. era già ritornato a Livorno a firmare il riconoscimento degli oggetti ed a sottoscrivere il catalogo consegnatogli dal procuratore di Drovetti, D. Pedemonte.
Incaricato del trasporto della collezione, il C. ne curò il trasferimento da Livorno a Genova per mare e poi a Torino su carri. A febbraio del 1824, i materiali si trovavano tutti al palazzo dell'Accademia (solo la statua di Seti Meneptah, ilcosiddetto "colosso di Osimandia", era rimasta a Genova). Ad ottobre sarebbero stati tratti completamente fuori dalle casse; ed a novembre si sarebbe già finito di sistemarli provvisoriamente in alcuni locali del pianterreno. Il "colosso di Osimandia", arrivato anch'esso nel mese di ottobre, sarebbe stato lasciato nel cortile: coerentemente con il suo carattere di "scultura architettonica", che il C. aveva sottolineato nell'adunanza del 19 agosto (Osservazioni intorno all'età ed alla persona rappresentata dal maggior colosso del Reale Museo egiziano di Torino, in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, XXIX [1825], pp. 230-55). La collezione Drovetti diventava, cosi, il R. Museo egizio di Torino, sezione staccata del Museo di antichità. Ed il C. si vedeva affidare l'incarico di conservatore, al quale tuttavia sarebbe stato nominato ufficialmente solo il 5 genn. 1825.
Appena avuta notizia che la raccolta Drovetti era passata a Torino J.-F. Champollion chiese ed ottenne, per il tramite di L. Costa, di poter studiare i materiali recentemente acquisiti. Il 7 giugno 1824 Champollion era già a Torino; ed il 10 un "ordine formale" del primo segretario di Stato, G.-J. Roget di Cholex, gli apriva il museo, quantunque ancora in fase di allestimento. Accompagnato da Balbo si recava immediatamente al palazzo dell'Accademia, e vi trovava a riceverlo, fra gli altri, A. Peyron, P. I. Barucchi e, naturalmente, il Cordero.
La "furia francese" di Champollion non doveva piacere ad un C. "puntiglioso riguardo alle responsabilità alfidategli" (Donadoni, p. 339). Inizialmente i rapporti fra i due non furono privi di simpatia. Sia nelle Osservazioni sul "colosso di Osimandia" sia nella Interpretazione e confronto di una bilingue iscrizione che sta sopra una mummia egiziana nel R. Museo di Torino (in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, XXIX [1825], pp. 255-325) il C. si era avvalso dei suggerimenti di Cliampollion; e Champollion si era dichiarato grato degli omaggi che il C. gli andava rendendo. Gli screzi cominciarono ad aversi più tardi: a proposito del restauro dei papiri, che Champollion voleva (a torto) incollare su cartoni tagliati in parti uguali, e non su garza; della consegna delle chiavi del museo; e della collocazione del Seti Meneptah. Nel dicembre Champollion arrivò a scrivere ed a far distribuire per le strade di Torino una Pétition du Pharaon Osymandias à S.M. le Rai de Sardaigne (H. Hardeben, Lettres et journaux de Champollion le Joune, Paris 1909, pp. 111-15), in cui il faraone chiedeva che la sua statua venisse accolta nel museo e che non fosse lasciata più all'aria aperta, dove invece era stata posta e deliberatamente, perché risultasse più chiaro il suo distacco dal gruppo delle altre immagini regali. La situazione si fece insostenibile. Il 13 genn. 1825, il giorno stesso dell'elezione di Champollion a socio corrispondente, il C. lesse all'Accademia una memoria sui numerali egiziani, in cui presentava come proprie recenti scoperte dello studioso francese. Il plagio era evidente; e gli accademici non vollero che la lezione del C. figurasse nelle Memorie. Poco dopo Champollion lasciava Torino per Roma; ed il C. stampava a sue spese, ma con i tipi e nel formato delle pubblicazioni dell'Accademia, il Saggio sopra il sistema dei numeri presso gli antichi Egizi (Torino 1825). Sempre a sue spese e nello stesso anno faceva uscire a Torino un opuscolo Sull'usocui erano destinati i monumenti egiziani, detti comunemente scarabei.
Più proficua di quella egittologica appare in quegli anni la sua produzione numismatica: dalla Descrizione delle medaglie imperiali alessandrine inedite dei R. Museo delle antichità egiziane di Torino (in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, XXIX [1825], pp. 156-209), all'accurata Recensio nummorum veterum qui apud haeredes cl. viri equitis ab. Iohan. Baptistae Incisa e comitibus S. Stephani Augustae Taurinorum asservantur ... (Augustae Taurinorum 1826).
Nel 1827 il C. si recò a Londra, a Parigi e nella Savoia, e scrisse Delle medaglie di Giunia Donata moglie di M. Cassiano Postumo tiranno e signore delle Gallie:una memoria, che sarà pubblicata più tardi negli Atti dell'Accademia lucchese (IV [1835], pp. 117-40), e che il C. si rammaricherà a più riprese di aver dato alle stampe. Il ritratto apposto sulla moneta non era quello di Giunia Donata, ma di Giulia Donina; e l'esemplare, conservato a Torino, uno dei pezzi riconiati da Postumo (Promis, pp. 377 s. n. 1, e nota autografa in fondo all'opuscolo della Biblioteca dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte di Roma segnato "Misc. C. 81. 24").
Intanto al Museo egizio il C. aveva avviato i primi interventi di restauro sui pezzi della collezione Drovetti, in primo luogo sul Ramesse II. Finché nel 1830, preso da "mania di restauro totale" (Curto, 1976, p. 68), non si diede a colorare i diversi monumenti in base alle suggestioni ricavate dalle tavole che I. Rosellini andava approntando per i Monumenti dell'Egitto e della Nubia (I-III, Pisa 1832-44). A fermare il C. provvide tempestivamente una commissione d'inchiesta composta da C. Boucheron, da Peyron e da Gazzera. Fu imposto di asportare il colore; ma la cosa non si poté fare completamente. Carlo Alberto, informato, non esitò a privare il C. del suo incarico ed a riunire il Museo egizio a quello di antichità sotto la direzione di Barucchi (1832). S'interruppero allora anche i rapporti con l'Accademia delle scienze. Del C. le Memorie pubblicheranno ancora nel 1833 la Descrizione delle medaglie dei nomi, ossia delle antiche provincie e città dell'Egitto, che si conservano nel R. Museo di Torino (XXXVII, pp. 1-20). La collaborazione non riprenderà che dieci anni più tardi.
D'ora in avanti il C. si dedicherà quasi esclusivamente allo studio della numismatica e della storia dell'arte medievale; e sarà in questo campo che otterrà i risultati più validi, ricercati invano nel campo dell'egittologia e della numismatica antica. Nel 1827 l'ateneo di Brescia aveva invitato gli studiosi a "determinare lo stato dell'architettura adoperata in Italia in età longobarda. Il C. intervenne nella discussione con un "ragionamento" premiato dall'ateneo e pubblicato a Brescia nel 1829: Dell'italiana architettura durante la dominazione longobarda. Benché non corroborasse le sue conclusioni mediante il riscontro di documenti sicuri, il C. poteva dimostrare che durante l'età longobarda non ci furono innovazioni in architettura e che i tipi di VI-VII secolo continuavano quelli dell'architettura romana; mentre le fabbriche riadoperavano materiali appartenuti a monumenti anteriori. Le ricerche seguenti avrebbero confermato le conclusioni del C., al quale si può far risalire anche "la prima impostazione della diade architettonica Oriente-Occidente" (Samek Lodovici, p. 113).
Conclusasi la sua attività al Museo egizio, il C. trasse occasione dal rinvenimento di un tesoretto di monete longobarde di oro e di argento nei pressì di Biella per riesaminare, in una lezione tenuta all'Accademia Pontaniana di Napoli, le principali questioni relative alla monetazione longobarda in Italia nei secoli VI-VIII (Sulle monete battuto dai Longobardi in Italia..., Napoli 1834). A Napoli il C. soggiornò a lungo negli anni seguenti, segnati dalla composizione del "ragionamento" Della istituzione delle zecche dei marchesi di Saluzzo (pubblicato negli Atti della R. Acc. lucchese di scienze lett. ed arti., IX [1837], pp. 131-207), delle Notizie sopra alcune monete dei conti della Provenza in Piemonte (pubblicate "con l'indicazione di una serie di documenti dei secoli XIII e XIV", tratti dagli archivi di Marsiglia e "attenenti alle possessioni degli stessi conti in quella contrada" nel primo volume dei Subalpino, 1837, pp. 547-68) e dei Cenni intorno al commercio dei Lucchesi coi Genovesi nel XII e XIII secolo... (inseriti negli Atti dell'Accademia di Lucca, X [1840], pp. 55-117). Con quest'ultimo contributo ritornavano in primo piano i vecchi interessi del C. per la storia di Lucca e della sua produzione monetaria. Nel 1844 usciva a Lucca per i tipi della tipografia Bertini, il volume Della zecca e delle monete di Lucca..., la prima parte di quelle ricerche, per le quali era stato fatto socio ordinario dell'Accademia lucchese, con la segnatura a pie' di pagina "Mem. e Doc. T. X. 1". L'opera ebbe limitatissima diffusione. L'Accademia ordinò che l'edizione venisse immediatamente soppressa e distrutta. I pochi esemplari in circolazione rimasero quelli distribuiti personalmente dal C.: il lavoro sarà incluso in Memorie e documenti per servire alla storia di Lucca tre anni dopo la morte dell'autore (XI [1860], pp. 1-47).
Si erano riannodati, intanto, i rapporti con l'Accademia delle scienze di Torino, alle cui Memorie saranno di qui in poi destinati i risultati delle ricerche di un C. orientato quasi esclusivamente allo studio della numismatica medievale. La Notice sur les monnaies du prince de Salerne ... et sur celles de Grimoald duc de Bénévent..., pubblicata nella Revue numismatique (VI [1801], pp. 45-75) era di fatto seguita dalle Notizie ed osservazioni sopra alcune monete battute a Pavia da Arduino marchese d'Ivrea e re d'Italia e dall'avo di lui, il re Berengario II e dalle lezioni Della parte dovuta agl'Italiani nello studio delle monete battute nelle provincie meridionali dell'Impero greco in Europa, edite entrambe nelle Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, V [1843], pp. 185-201, e pp. 203-19).
Nel 1846 le Memorie dell'Accademia di Torino pubblicavano quello che è stato considerato, ed è, il migliore dei contributi del C.: le lezioni Delle monete dell'imperatore Giustiniano II (s. 2, VIII [1846], pp. 11-127) dedicate a Bartolomeo Borghesi: presentate al concorso per il premio Allier de Hauteroche si ebbero la "onorevolissima menzione" dell'Institut de France, dopo la Description des médailles gautoises... di A. Duchalais (Paris 1846).
Degli ultimi lavori del C. pubblicati nelle Memorie torinesi possono essere segnalate, ancora, fra le ricerche di numismatica, la descrizione delle Monete del X e dell'XI secolo scoperte nei dintorni di Roma ... e le Osservazioni critiche intorno all'origine ed antichità della moneta veneziana (s. 2, X [1849], pp. 1-110, e pp. 339-91). Da una visita agli archi i municipali di Savona il C. trasse copiosissimo materiale per alcune Osservazioni critiche sopra alcuni particolari della storia del Piemonte e della Liguria nei secoli XI e XII... (in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, XIII [1853], pp. 1-240), nelle quali poteva confermare, fra l'altro, i dubbi sull'attendibilità di F. G. Meyranesio, il falsario riconosciuto da E Savio, della cui opera si sarebbe cominciato a far tabula rasa alcuni anni più tardi.
Il C. morì a Torino il 19 sett. 1857.
Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, il C. fu membro, oltre che delle accademie di Torino e di Lucca, di numerose altre italiane e straniere, da quella Etrusca di Cortona alla Pontaniana di Napoli, alla Pontificia, alla Gioenia di Catania. Fra tutte le sue attività accademiche meritano di essere ricordate, ancora, quelle svolte in seno alla R. Accademia di agricoltura, alla quale presentava, dopo i suoi viaggi in Baviera (1830) e a Napoli, osservazioni Suipozzi e fontane trivellati in alcuni luoghi della Germania, Del metodo di tenere ... abboccati i vasi vinari, Degli usi ai quali può essere ... destinata l'ovatta dell'Apocino ... e l'Esposizione di una maniera ... per fare risparmio di acqua ... nell'innaffiare gli alberi novellamente trapiantati (Calendario georgico, 1831, pp. 50-59; 1835, pp. 26-32, 32-39; 1837, pp. 11-16).
Bibl.: La bibliografia essenziale sul C. e sulle sue attività nel Museo egizio di Torino, in Cultura figurativa e archirettonica negli Stati del Re di Sardegna: 1773-1861 (catal. della mostra), a cura di E. Casteinuovo - M. Rosci, Torino 1980, I, pp. 306 s., 314 ss. (L. Levi Momigliano); III, pp. 1424 s. (G. C. Sciolla: scheda biogr. in qualche punto imprecisa). Sul C. storico dell'arte medievale, S. (Samek) Lodovici, Storici, teorici e critici delle arti figurative (1800-1940), Roma 1942, pp. 113 s. (con elenco delle opere e bibl.). Gli studi del C. nel campo della numismatica medievale con indicaz. delle diverse edizioni e ristampe, in R. Ciferri, Saggio di bibliografia numismatica medievale italiana, Pavia 1961, pp. 126-29. Di seguito, i titoli, sui quali si fonda la ricostruzione delle vicende biogr. dei C. avanzata nel testo: A. Fabretti, IlMuseo di antichità della R. Univ. di Torino, Torino 1842, pp. 13, 19 s.; I. Cantù, L'Italia scientifica contemporanea, Milano 1844, pp. 148 s.; D. Promis, Nécrologie, in Revue numismatique, n. s., II (1857). pp. 375-80; G. F. Barulli, Il cavaliere G. C. di San Quintino ... , in Annali della R. Acc. di agricoltura di Torino, XI (1863), pp. 6-22; Docum. ined. per servire alla storia dei Musei d'Italia, a cura del Ministero della Pubblica Istruzione, III, Firenze-Roma 1880, pp. XI-XIV, 206-92; A. Manno, L'opera cinquantenaria della R. Deputaz. di storia Patria di Torino, Torino 1884, pp. 94, 256-59 (con elenco delle opere); Roma, Bibl. del Diz. biogr. d. Ital., A. Manno, Il patriziato subalpino (dattiloscritto), 111-8, p. 284 (data di nascitaerrata); G. Sforza, Il cav. G. C. di San Quintino e la rivoluzione di Napoli del 1820, in Gazzetta lett. art. e scient., 18 apr. 1885, p. 122; R. Cattanco, L'archit. in Italia dal secolo VI al 1000 circa, Venezia 1889, pp. 9 ss.; T. Dei Carlo, G. C. di San Quintino e le sue opere, in Atti della R. Acc. lucchese di scienze, lett. ed arti, XXXI (1893), pp. 85-162; G. Marro, Il R. Museo di antichità di Torino e Champollion "le jéune", in Boll. d. Soc. piemontese di archeol. e belle arti, VII (1923), pp. 9-26; Id.. Sull'arrivo della collezione egittologica Drovetti in Piemonte, ibid., VIII (1924), pp. 49-61; G. Boffito, Biblioteca barnabitica, I, Firenze 1933, pp. 508 s.; L. C. Bollea, Il "Majoris Ecclesiae Taurinensis S. Salvatoris necrologium", in Arch. stor. ital., s. 7. XXII (1934), pp. 197-258; S. Curto, Il torinese colosso di Osimandia, in Boll. d. Soc. piemontese di archeol. e belle arti, n. s., XVIII (1964), pp. 5-26; D. Massagli, Introduzione alla storia della zecca e delle monete lucchesi, a cura di F. Panvini Rosati, Lucca 1976, pp. 9-23; S. Curto, Storia dei Museo egizio di Torino, Torino 1976, ad Indicem; S. Donadoni, L'Accademia delle scienze e il Museo egizio di Torino, in Studi piemontesi, VIII (1979), pp. 335-44.