di Antonio Fiore
Coloro che immaginavano il giovane leader Kim Jong-un, educato in Europa, come un potenziale riformista hanno dovuto ricredersi: gli sforzi compiuti al fine di consolidare il suo potere al vertice del regime hanno dimostrato una forte determinazione nel mantenere la dittatura sostanzialmente intatta, nonostante permangano alcune incertezze sulle priorità che il regime intende seguire. Kim Jong-un ha mostrato uno stile di comando per certi versi differente da quello ‘austero’ del padre, tanto che alcuni giornalisti stranieri che hanno accesso alla Corea del Nord descrivono grandi cambiamenti nelle condizioni di vita dei cittadini di quel paese. Il giovane leader, molto ‘informale’ nelle sue frequenti apparizioni pubbliche, si fa frequentemente accompagnare dalla moglie Ri Sol-ju che, sapientemente vestita alla moda, ha, intenzionalmente o meno, dettato le regole d’abbigliamento per le donne di Pyeongyang. Questi cambiamenti stilistici possono essere intesi come il tentativo da un lato di dare di sé l’idea di un leader moderno, e dall’altro di fornire alla cittadinanza degli elementi di associazione con l’immagine di Kim Il-sung (nonno dell’attuale leader e fondatore della patria), l’‘uomo del popolo’.
La retorica del regime ha enfatizzato i miglioramenti nella qualità della vita dei cittadini nordcoreani, ma le riforme che avrebbero dovuto portare a tale obiettivo non hanno dato i frutti sperati. È vero che il numero di nordcoreani che possono fare uso di telefoni cellulari è molto cresciuto di recente, ed una lunga serie di beni di lusso, di importazione, sono acquistabili nei negozi, non solo della capitale, ma l’inflazione è in costante crescita, e si è verificato un marcato deprezzamento della moneta nordcoreana, in particolare contro lo Yuan cinese. Nonostante la strategia dichiarata del regime si imperni su un contestuale sviluppo dell’economia e del deterrente nucleare (il cosidetto byungjin), nessuna iniziativa di un certo rilievo sembra essere stata presa dal punto di vista economico, probabilmente anche a causa della resistenza opposta dalle élite, i cui interessi sono legati al mantenimento del quadro istituzionale corrente. A causa delle limitazioni poste in essere dalle sanzioni delle Nazioni Unite, la Corea del Nord appare essersi concentrata sull’allargamento delle zone economiche speciali, promuovendo il turismo dall’esterno, ed ‘esportando’ lavoratori verso paesi amici, come la Cina e la Russia.
Di recente è stato annunciato che il numero totale delle zone economiche speciali sarebbe stato ampliato, puntando ad una maggiore specializzazione di tali zone (turismo, prodotti da esportazione, impianti sportivi e ricreativi) a seconda delle caratteristiche che ogni singola zona offre. Pyeongyang, infatti, sta sollecitando un totale di 1,6 miliardi di dollari in investimenti stranieri con un memorandum già ben preparato contenente informazioni dettagliate circa la posizione di ciascuna zona, la tipologia di intervento, e le infrastrutture da realizzare. Tra queste zone economiche speciali un posto particolare sembra essere riservato a Wonsan, una città vicina all’isola dove la lussuosa villa di Kim Jong-un è ubicata, in cui ci si concentrerà principalmente sullo sviluppo del turismo, delle attività finanziarie internazionali, dello sport. In prossimità di Wonsan si trova Masikryong, un centro sportivo e ricreativo in cui una lussuosa pista da sci è stata già realizzata. Pyeongyang mira anche a trasformare Kaesong in un distretto speciale per le industrie ad alta tecnologia, con la speranza che le industrie di Hong Kong e di Singapore possano poi decidere di investire. Nel tentativo di sviluppo di queste zone economiche speciali, la Corea del Nord ha preso a rimodernare gli aeroporti di Wonsan e Pyeongyang, scegliendo delle società di Hong Kong per la realizzazione dei lavori.
Dal punto di vista politico, Kim Jong-un ha operato una serie di cambiamenti in seno alle istituzioni centrali del paese, posizionando nelle posizioni chiave coloro i quali gli avevano dimostrato una maggiore lealtà. Dal momento della sua ascesa al potere, il leader ha rimpiazzato all’incirca il 45% dei funzionari di maggior rilievo delle forze armate, del partito e del governo con altri di sua scelta. Egli, per esempio, ha consegnato al pensionamento o marginalizzato i generali che hanno servito suo padre, promuovendo in posizioni chiave una più giovane generazione di militari, ed ha anche spostato il locus del potere dalle forze armate al Partito, in una mossa che ricorda fortemente l’assetto politico-istituzionale deciso ai tempi dal nonno Kim Il-sung.
Dal punto di vista internazionale la Cina continua a rimanere il principale interlocutore di Pyeongyang: gli intensi legami commerciali (la Cina pesa per circa il 60% del volume commerciale complessivo) sono però minacciati da una serie di forti contraddizioni. Pyeongyang, oltre a nutrire il timore di legarsi a Pechino in un rapporto di totale dipendenza, vorrebbe sottrarsi al pericolo che il flusso di informazioni provenienti da una società relativamente aperta come quella cinese, possa risultare in qualche maniera destabilizzante per il regime di Kim. Malgrado gli ostacoli, però, i due paesi stanno procedendo a creare o modernizzare alcune zone economiche speciali nella parte settentrionale della Corea del Nord, al fine di rendere più profondi i legami economici già esistenti.
L’esecuzione di Jang Song-thaek, zio del giovane leader e uomo di punta del regime, ha però causato l’acuirsi delle tensioni tra Pechino e Pyeongyang. Se, infatti, l’esecuzione si fosse resa necessaria al fine di consolidare la leadership di Kim, eliminando qualunque forma di dissenso interno, Jang veniva considerato come un veicolo per gli investimenti cinesi in Corea del Nord: la sua uccisione sembra aver mandato un chiaro messaggio secondo cui la leadership nordcoreana non sarebbe volenterosa di procedere ad un’apertura sul modello di quella cinese dei tardi anni Settanta. L’allontanamento tra Pechino e Pyeongyang, impensabile ai tempi di Kim Jong-il, si è in qualche misura palesato in occasione della visita di Xi Jinping a Seoul nel luglio 2014: per la prima volta, infatti, un leader cinese ha deciso di recarsi prima in visita al Sud che al Nord. Inoltre, Kim Jong-un non si è ancora recato in visita a Pechino e, soprattutto, tende a rimanere sordo ai consigli cinesi di lasciare da parte l’arsenale nucleare.