COREA (A. T., 99-100)
Nome, limiti, estensione. - Penisola limitata dal Mar del Giappone e dal Mar Giallo e che fa parte attualmente dell'Impero giapponese. Il suo nome deriva da Korai (cinese Kao-li), designazione d'un regno che occupava la parte nord-ovest della penisola e che, riuscito a unificarla nel sec. X sotto il suo dominio, scomparve poi nel sec. XIV. Questo appellativo sopravviveva ancora fino a poco tempo fa, nel vernacolo Gauli o Goli, vicino al nome ufficiale attuale di Cho-sön (cinese, Chao-hsien; giapp. Chōsen "freschezza del mattino"). La Corea fu annessa all'Impero giapponese il 22 agosto 1910. La penisola si estende per circa 840 km. da N. a S. e per circa 360 km. da E. a O. A nord la penisola è separata dalla Manciuria dai due fiumi Ya-lu (coreano Am-nok) e T'u-mên (coreano Tuman) e dal massiccio del Paik-to-san; per il resto, le sue coste orientali sono bagnate dal Mar del Giappone, quelle occidentali dal Mar Giallo e a S. lo stretto di Corea la separa dall'opposta isola di Kyūshū.
La superficie della sola penisola è valutata a 214.777 kmq., quella delle 3305 isole che le fanno corona a 5957 kmq.; complessivamente, dunque, circa 220.700 kmq. pari, in cifra tonda, al 33% della superficie totale dell'Impero giapponese.
Esplorazioni. - Ai Cinesi risalgono le più antiche notizie sulla Corea. La loro letteratura geografica e storica d'ogni epoca fornisce larga messe di notizie riguardanti l'etnografia, la geografia e la storia di quella penisola. Ai Cinesi ancora sono da attribuire i primi sforzi grafici diretti alla rappresentazione, di solito a scopi bellici, della sua forma e della sua topografia. Un esemplare di queste vecchie carte cinesi, tuttora esistente nel Museo epigrafico di Si-an fu, datato dal 1137 ma certamente basato su documenti anteriori, contiene raffigurata la parte occidentale della Corea, con alcune notizie storiche sul paese (cfr. E. Chavannes, Les deux plus anciens spécimens de la cartographie chinoise, in Bul. de l'Ècole Franç. de l'Extr. Orient, 1903, pp. 214-247).
L'Occidente ebbe le prime notizie sulla Corea in un passo dell'opera del geografo arabo Ibn Khordādbeh (morto nel 912) sulle vie commerciali di comunicazione. Ma esso dovette passare inosservato ai più, poiché, fino al sec. XVI, l'Europa non conosce neppure di nome la Corea. È solo a partire dal sec. XVI ch'essa figura, come un'isola, nelle prime carte olandesi e negli atlanti dell'Ortelius, del Mercator, del Sanson, ecc. La sua natura peninsulare fu nota solo nel sec. XVII, quando il D'Anville ne pubblicò la prima grande carta che era stata mandata in Europa dai missionarî europei in Cina, carta d'origine coreana copiata su quella sospesa nel palazzo del re a Söul e portata a Pechino da un'ambasceria mandata in Corea dall'imperatore Kang-hsi (1662-1723) per ottenere notizie di carattere geografico sul paese.
I primi Europei cui toccò in sorte di penetrare in Corea furono gli Olandesi. Dapprima si ha l'avventura di Wetterree (1627), di nessuna importanza per la storia dell'esplorazione del paese, poi quella di Hamel che dà inizio alle conoscenze dirette sul suo interno. Hendrick Hamel era a bordo della nave Sperwer che, partita dall'isola di Texel, era diretta a Nagasaki. Dopo più di sei mesi di navigazione, la nave naufragò il 15 agosto 1653 sulle coste dell'isola Quelpart. Hamel e 35 uomini furono fatti prigionieri dalle autorità locali coreane e inviati a Söul per esservi trattenuti prigionieri a vita, conformemente alle leggi vigenti nel paese. Riuscito a evadere dopo ben 13 anni, e imbarcatosi a Nagasaki per l'Olanda, vi giunse il 20 luglio 1668. E di quest'anno il suo libro contenente il racconto dei casi occorsigli durante il viaggio e la prigionia (Journal van de ongeluckige voyagie van't jacht de Sperwer, Rotterdam 1668), racconto tanto più interessante in quanto in esso si contengono le prime notizie sugli usi, le istituzioni, le città, ecc., della Corea descritti da un testimone oculare.
Dopo Hamel, fino ai tempi odierni, le uniche notizie dirette sull'interno della penisola sono costituite dai passi di alcune lettere di missionarî cristiani, stabilitisi in Corea fin dal 1834. Difficoltà di penetrazione per la natura della regione, tutta monti impraticabili e strade impervie; l'ostilità degli abitanti, portati per inveterata tradizione a tenere lo straniero gelosamente all'oscuro di quanto riguardasse il loro paese; la mancanza, infine, di quegl'interessi commerciali che tanto contribuirono in ogni tempo alla conoscenza di altre regioni dell'Asia, furono le principali cause che ritardarono lungamente la conoscenza geografica dell'interno del paese. I pochi elementi utilizzati per il tracciato delle coste e per l'idrografia della Corea e isole adiacenti, che i geografi ebbero a disposizione fino alla seconda metà del sec. XIX, furono raccolti da alcuni, pochi viaggiatori nelle loro crociere nei mari dell'Estremo Oriente. Primo dopo Hamel, nel 1787, il De la Pérouse rivide l'isola di Quelpart, di cui fissò la posizione, e stabilì l'idrografia dello stretto di Corea. Egli non poté, come era sua intenzione, costeggiare la penisola, ma, dieci anni dopo, W. R. Broughton, esplorando lo stesso stretto, fino alla punta N. dell'isola Tsushima, poté fissare alcuni punti essenziali per il profilo costiero della Corea orientale. Altri elementi per l'idrografia e le coste della Corea orientale furono raccolti nel 1791 dal Colnett nel tratto compreso fra il porto di Pusankai (oggi Fusan) e una punta cui egli diede il nome di Capo Stephens (forse il promontorio a N. di Uruchin). Le coste occidentali della penisola, fino allora inesplorate, furono solo nel 1818 oggetto di ricognizione da parte di M. Maxwell e di Basil Hall, ufficiali della marina inglese. Essi, tentato invano l'approdo, poterono solo rilevare alcuni degl'innumerevoli gruppi d'isole che le fronteggiano.
A queste prime ricognizioni, altre ne seguirono che corressero i risultati delle precedenti e aggiunsero ai noti nuovi elementi. Vanno ricordati, fra gli altri, i viaggi della corvetta Lord Amherst e della nave Samarang. La prima, al comando del cap. Rees, portando a bordo H. H. Lindsay e il rev. K. Gützlaff, eseguì, nel 1832, numerosi rilievi, specie nella baia di Gan-Koang a oriente dell'isola di Lindsay (oggi Anmin-tō) e nelle isole vicine; i risultati delle sue osservazioni furono consegnati nella carta n. 1258 dell'ammiragliato inglese intitolata The Peninsula of Korea. La seconda, al comando del cap. Belcher, completò l'idrografia dell'isola Quelpart e corresse alcuni dati del Broughton (1843-1846).
Gli avvenimenti politici che verso la metà del sec. XIX attrassero l'attenzione delle potenze europee nell'Estremo Oriente segnarono una nuova epoca nella storia delle conoscenze geografiche della Corea. Le numerose spedizioni militari che gli stati europei e gli Stati Uniti d'America inviarono, specialmente in Cina e nel Giappone, a tutela dei proprî interessi fruttarono i particolari di molte porzioni delle coste della penisola. Importante a questo riguardo fu la dimostrazione navale dell'ammiraglio francese Roze sul fiume Han che valse, nel 1860, una carta della parte inferiore del fiume e delle isole vicine alla foce.
Ma è soprattutto nello scorcio del sec. XIX che, con la sua apertura alla civiltà europea, hanno inizio i veri e proprî studî geografici sulla penisola, poiché solo allora si poté viaggiare indisturbati nel suo interno e approdare sulle sue coste. La vera esplorazione interna comincia col Griffith, col Lowell, col Glockner e altri che viaggiarono nelle regioni costiere; col Gowland che nel 1885 andò da Söul fino a Fusan, attraversando quasi tutta la penisola; col Berneston, col Webster Ross e il Garner che viaggiarono nelle regioni del NO., il primo nel 1884, gli altri due negli anni 1884-85.
Fino al 1905, gli studî geografici sulla Corea furono quasi interamente in mano degli studiosi russi; ma, sconfitta la Russia e annessa la Corea all'Impero giapponese, essi passarono agli studiosi giapponesi i quali, in collaborazione con gli ufficiali dell'ammiragliato del loro paese, hanno portato pregevolissimi contributi alla conoscenza della penisola.
Bibl.: Ch. Dallet, Histoire de l'Église de Corée, voll. 2, Parigi 1874; W. E. Griffis, Corea, the hermit Nation, New York 1882; Ph. F. von Siebold, Geschichte d. Entdeckungen im Seegebiete v. Japan, nebst Erklärung d. Atlas von Land- und Seekarten v. japanischen Reiche u. dessen Neben- u.Schutzländern, Leida 1852; id., Nippon, Archiv z. Beschreibung v. Japan u. dessen Neben- u. Schutzländern, Jezo mit den südlichen Kurilen, Sachalin, Korea u. den Liukiu-Inseln, 2 voll., 2ª ed., Würzburg e Lipsia 1897; Vivien de Saint-Martin, art. Corée, in Nouveau Dict. de géogr. universelle, Parigi 1877 segg.
Geologia e morfologia. - Le caratteristiche generali geologiche della penisola sono simili, nelle grandi linee, a quelle della Cina settentrionale e della Manciuria meridionale e si differenziano invece, per molti riguardi, da quelle delle isole giapponesi.
Le rocce precambriche coreane vengono divise ordinariamente in depositi metamorfici e in gneiss grigi. I primi si compongono di gneiss biotitici, anfibiolite, micascisti, calcari, fillite, nefelina, ecc. e sono accompagnati da rocce eruttive come gabbri, sienite, serpentino, diorite, ecc. I più importanti minerali appartenenti a questa formazione sono la mica, il talco, la grafite, la magnetite e la blenda. I secondi sono di solito a struttura scistosa, ma ve ne sono anche a struttura granitica e si trovano normalmente sotto forma di batoliti nei depositi precambrici. Il più importante minerale della Corea, l'oro, si ottiene dalle vene quarzifere presenti in queste rocce.
Le formazioni geologiche appartenenti al Paleozoico vengono dagli studiosi giapponesi divise in due sistemi: il sistema Chōsen o Coreano e il sistema Heian. Il primo comprende stratificazioni che vanno dal Cambrico inferiore all'Ordoviciano medio, e forma una vasta area comprendente la maggior parte delle provincie di Heian-nandō e Kōkai-dō e parte di quella di Kankyō-nandō oltre una ristretta porzione della prov. di Kōgen-dō e piccoli territorî del corso superiore del fiume Ya-lu. Esso comprende il cosiddetto Grande Deposito Calcareo e il sistema Yotoku (scisto rosso o ardesia con intercalazione di sottili strati calcarei). Nel sistema coreano si trovano minerali di ferro, zinco, piombo e argento. Il sistema Heian comprende potenti stratificazioni di scisti e arenarie che vanno dal Carbonico superiore al Triassico inferiore e viene diviso in quattro strati (in ordine di profondità decrescente: Koten, Jido, Kobosan e strato verde), dei quali gl'intermedî soprattutto contengono vene carbonifere coltivabili. Il Mesozoico è rappresentato dal cosiddetto sistema Daidō che va dal Giurassico al Cretacico e si divide in cinque formazioni (Daidō inferiore e medio, Keishō inferiore e superiore, Fukkokuji) nelle quali, con notevole spessore, prevalgono conglomerati, arenarie, scisti con sottili vene carbonifere.
Il Terziario è rappresentato da aree sparse lungo la costa orientale della penisola e da due piccole aree situate l'una all'imboccatura del fiume Seisen, l'altra a oriente del fiume Sainei. È pure importante e comprende formazioni paleogeniche e neogeniche. Le prime hanno origine terrestre o marina e consistono in arenarie, conglomerati, scisti e sottili vene lignitifere. Le seconde sono d'origine marina e sono costituite da conglomerati, arenarie, scisti, tufo e lava vulcanica, con rare vene lignitifere.
Il Quaternario coreano è costituito da ghiaia, sabbia, creta e torba, spesso associate a infiltrazioni basaltifere. La formazione pleistocenica occupa talvolta la superficie di vecchi terrazzi e altipiani, mentre i depositi recenti coprono le coste e le pianure.
Per quanto riguarda l'attività vulcanica, la Corea ne è attualmente esente, a eccezione forse dell'isola di Quelpart la cui montagna più alta, il monte Auckland (coreano Halla-San), era, secondo le storie cinesi, in eruzione l'anno 1007. Di terremoti si ha invece notizia, benché non di frequente, durante i tempi storici.
Per quanto concerne l'orografia della Corea, è da osservare anzitutto che la direzione generale del ripiegamento attraverso tutta la penisola, è da NE. a SO. e in catene all'incirca parallele. Il rilievo del paese tuttavia non coincide, nelle sue linee generali, con la struttura geologica; né la topografia delle regioni settentrionali è simile a quella delle regioni meridionali.
A N. la catena del Chang-paik forma una muraglia naturale di difesa, su cui s'erge gigantesco il vulcano Hakuto-san (Paik-tō-san) "Monte Bianco", alto 2.744 m., con un gran lago craterico in cima, noto col nome di Yong-wang "il re drago". Altri picchi di questa stessa catena raggiungono tutti i 2000 m. A sud della stessa, il vasto altipiano di Keima, coperto in buona parte da lave, scende con ripido pendio fino alle coste del Mar del Giappone. Parallele a quella del Chang-paik, corrono a S. altre catene, come quella del Kankyō (coreano Ham-gyöng), a oriente, e quella del Kōnan (Kang-nan), a occidente, in direzione SO.-O., collegate dalle catene trasversali del Matenrei (Ma-chhö-gyöng) e del Kyōkai (Kyöng-ge), che hanno direzione N.-S.
Tutta la parte meridionale della penisola è traversata dalla grande catena del Taihaku-san (Tai-paik-san) che ne forma quasi la colonna vertebrale e corre in direzione N.-S. sulle coste del Mar del Giappone sulle quali scende con ripido pendio, mentre nell'opposto versante va con dolce inclinazione degradando verso O. I due più alti monti di questa catena sono il Kongō-zan (Keum-gang-san) "Monte Diamante", alto 1638 m., e il Taihaku-san, alto 1561 m.; il primo è celebre per le sue suggestive bellezze naturali.
Due ramificazioni principali, la catena dei monti Sharei (Sa-ryöng) e quella dei monti Shohaku (So-paik), di minore altitudine, partono a S. dal centro della catena del Taihaku-san, in direzione SO. verso il Mar Giallo, terminando in coste irregolari di tipo rias.
Una valle di formazione tettonica, notevole per le sue rocce di basalto eruttivo, traversa il collo della penisola in direzione NE.-SO., dividendo la penisola in due parti. Vicino a questa valle si stende un vasto terrazzo lungo la linea ferroviaria Söul-Gensan, coperto d'un enorme strato di lava. A ovest di questa ferrovia, linee di montagne di minore importanza corrono verso sud e verso ovest.
Per quanto riguarda l'idrografia della Corea, è facile comprendere che nessun corso d'acqua importante può gettarsi nel Mar del Giappone. Il fiume Tōman è la sola eccezione e corre verso E. lungo il confine con la Manciuria. I pendii più dolci verso il Mar Giallo e lo stretto di Corea sono solcati, invece, da numerosi corsi d'acqua, i più importanti dei quali sono il fiume Ya-lu, il Tai-dong Gang e il Keum Gang che sboccano nel Mar Giallo e il Nak-dong Gang che dà nello stretto di Corea. Tutti questi fiumi hanno generalmente vasti piani inondabili. Le pianure percorse dai fiumi Han, Nak-dong e Tai-dong sono le maggiori e hanno città importanti. La seguente tabella fornisce alcuni dati per i più importanti fiumi della Corea.
La Corea non possiede vasti laghi. Il più importante è il Kwō-kō (Kwang-pho), nella provincia di Kankyō-nandō, con una superficie di kmq. 13,28.
Clima. - Le coste occidentali della Corea sono lambite da un ramo della cosiddetta "corrente di Tsu-shima", corrente calda che si stacca dal Kuroshio nel Mare delle Ryū-Kyū e sale attraverso lo stretto di Corea. Quelle orientali e settentrionali sono invece continuamente a contatto con la corrente fredda del Liman che viene dal nord lungo le coste della Siberia e, attraverso lo stretto di Corea, prosegue fino al Mar Giallo. Questa condizione di cose fa sì che il clima risulti temperato sulle coste meridionali e occidentali, rigido su quelle settentrionali e orientali. Nell'interno esso è prevalentemente continentale nelle regioni settentrionali, con estremi, quindi, di caldo e di freddo, primavere e autunni brevi, e forte differenza fra la temperatura massima del giorno e quella minima della notte, potendo essa raggiungere anche i 25° nelle regioni di frontiera. Nelle regioni del sud, invece, ha prevalenza il clima dolce e marittimo, la differenza suddetta è in generale assai minore e il rigore invernale viene temperato da frequenti e brevi periodi di innalzamento di temperatura, giustificando così il detto: "tre giorni freddi e quattro caldi" con cui le popolazioni di quelle regioni sogliono definire i loro inverni.
Le piogge sono abbondanti se confrontate con quelle della Mongolia e della Manciuria, scarse, invece, rispetto al Giappone propriamente detto. La regione di Fusan con le immediate vicinanze a sud è, in tutta la penisola, la più ricca di precipitazioni atmosferiche (circa 1500 mm. all'anno). Nel resto della penisola, le precipitazioni diminuiscono gradatamente da SE. a NO. Nelle regioni lungo la costa occidentale, durante l'estate, quasi sempre in luglio e agosto, non sono rari acquazzoni tanto abbondanti da superare i 200 mm. al giorno e causare lo straripamento dei fiumi.
Le nebbie sono specialmente frequenti nelle zone costiere, dove si ha una media di 70 giorni nebbiosi all'anno. I tifoni, al contrario, visitano raramente la penisola, poiché questa è fuori del loro percorso. Per quanto riguarda i venti, hanno specialmente influenza i monsoni; durante la loro stagione mantengono direzione praticamente costante.
Nella tavola seguente sono riuniti alcuni dati climatici per le città più importanti della penisola:
Regioni naturali. - La penisola viene divisa in due parti, la Corea Settentrionale e la Corea Meridionale, da una linea ideale che va dalla baia di Chōsen, nel Mar del Giappone, alla Baia di Kōkwa, nel Mar Giallo. Le due parti, di area all'incirca uguale, presentano caratteristiche generali diverse. Quella a N., ad es., è prevalentemente montuosa, quella a S. pianeggiante o a colline; la prima ha clima continentale, la seconda marittimo, ecc. Queste diversità nelle condizioni fisiche delle due parti, si riflettono, come è naturale, anche sulle loro condizioni agricole, la loro flora, la loro fauna. Così, nella Corea Settentrionale l'agricoltura è meno estesamente esercitata e meno produttiva, e gli abitanti in generale più poveri. Caratteristiche di queste regioni sono le vaste foreste naturali di bambù e la meno intensa coltivazione di cereali. In complesso, meno del 40% dell'area agricola è coltivata a riso. Altrettanto non può dirsi della Corea Meridionale, la cui fisionomia particolare consiste nella molto maggior diffusione dell'agricoltura, specialmente della risicultura, essendo più del 56% dell'area agricola coltivato a riso. L'attività dell'agricoltore coreano di queste regioni, più ricco in genere di quello del settentrione, ha poi modo d'esercitarsi anche in una varietà di altre coltivazioni che, per il clima e per le altre condizioni fisiche, non sarebbero possibili al N. della penisola.
Come effetto della loro posizione, la Corea Settentrionale e quella Meridionale presentano altresì diversità notevoli nelle condizioni di civiltà delle popolazioni che le abitano. La parte NO. della Corea Settentrionale, infatti, essendo confinante con la Cina, ha ricevuto assai per tempo immigrazioni cinesi che v'introdussero e diffusero tutti gli strumenti di civiltà e di cultura del progredito Impero di Mezzo. La parte a NE., invece, più lontana dalla Cina, presenta un tipo di civiltà meno avanzata e dovuta principalmente a immigrazioni tunguse. La Corea Meridionale, infine, più lontana delle altre dal continente, è stata civilizzata solo di recente.
Popolazione: Distribuzione e movimento. - Sotto l'antico governo nessun censimento della popolazione venne mai fatto. È probabile che la popolazione della Corea, nel periodo compreso fra la seconda metà del sec. XVIII e la prima del sec. XIX, fosse di circa sette milioni d'individui. Nell'anno 1877 essa ammontava a circa dieci milioni e mezzo e sembra che sia rimasta pressoché costante durante i successivi 25 anni, a causa, si dice, della politica antidemografica della dinastia Yi regnante. Fu solo nel 1910 che si ebbero le prime cifre attendibili. La seguente tabella dà i risultati di alcuni censimenti:
Anticamente, anche per la scarsissima diffusione delle regole igieniche, il numero delle morti era assai elevato; ora esso è in diminuzione. D'altra parte, i nati erano in proporzione ancora maggiore e l'aumento della popolazione, sebbene tutt'altro che cospicuo, si manteneva intorno a un valore costante medio. Dopo l'annessione della Corea al Giappone (1910), i censimenti, sempre più esatti, hanno segnato un continuo aumento nella popolazione della penisola. Negli ultimi dieci anni la media delle nascite superò del 15 per mille quella dei morti, con un aumento medio di 228.000 nati all'anno.
Per quanto concerne la distribuzione della popolazione, essa dipende per lo più dalla topografia e dal clima delle varie regioni. In generale, a territorî con popolazioni dense corrispondono pianure con clima mite, dove il riso viene coltivato abbondantemente, come è il caso, ad es., della parte SO. della penisola. Le regioni montuose, specie al NE., presentano una densità di popolazione generalmente bassa, talvolta bassissima come sull'altipiano di Keima, dove è di circa 6 abitanti per kmq. Nelle regioni costiere, dove solo la pesca può avere sviluppo, la popolazione è pure poco densa. Tirando una linea da Shin Gishū, al confine NO. del paese, in direzione SE., la densità è bassa al disopra di questa linea, dove si trovano le regioni montagnose costeggianti il Mar del Giappone, alta, invece, al disotto, dove pianure e colline si estendono fino al Mar Giallo e al Golfo di Corea. La seguente tavola dà la distribuzione della popolazione nelle varie provincie (fine 1926):
I Coreani sono per la maggior parte dediti all'agricoltura; la popolazione è perciò distribuita piuttosto omogeneamente sulle pianure, onde la concentrazione nelle città è limitata. La sola grande città coreana è la capitale Keijō (coreano Söul) che ha una popolazione di 315.000 abitanti (fine 1927). Delle altre città, solo le seguenti superano i 20.000 abitanti (in parentesi il nome coreano):
Söul è la sede del Governatorato generale della Corea (Chōsen Sōtoku-fu) e del comando militare. Fu la capitale dell'Impero coreano, per più di 500 anni, sotto la dinastia Yi. Heijō, un tempo capitale pure essa, è ora la più grande città della Corea settentrionale. Taikyū, nel sud, è centro commerciale e agricolo di primo ordine. Fusan, Jinsen, Gensan e Mokpo sono porti marittimi importanti per il commercio estero. Shin Gishū e Chinnampo sono porti fluviali assai importanti, il primo per l'esportazione del legno, il secondo per i minerali di ferro e il carbon fossile.
Tratto caratteristico del movimento della popolazione in Corea è la lenta, ma costante immigrazione giapponese. Questa, benché possa dirsi cominciata in epoche ormai remote, ha praticamente avuto inizio solo dopo l'apertura del porto di Fusan al commercio estero (1876). Verso l'epoca della guerra russo-giapponese, la penetrazione aumentò molto a causa della sempre crescente influenza nipponica nell'Estremo Oriente e dell'apertura della prima strada ferrata coreana. Dall'annessione in poi, l'immigrazione giapponese è andata assumendo proporzioni sempre maggiori, tanto che, secondo il censimento dell'ottobre 1925, il 2,25% della popolazione della Corea è costituito da Giapponesi, molti dei quali sono al servizio del governo, mentre altri esercitano la mercatura.
L'immigrazione degli altri stranieri, il 90% dei quali sono Cinesi, è poco notevole. Di solito essi esercitano il commercio o l'agricoltura e sono sparsi un po' dappertutto nella penisola.
Considerevole è, invece, l'emigrazione coreana. Benché non si conosca il numero esatto dei Coreani residenti fuori dell'Impero giapponese, tuttavia si può affermare che esso oscilli intorno al milione e mezzo d'individui, la maggior parte dei quali risiede in Manciuria, in Siberia e in Cina (specialmente a Shanghai), mentre il resto ha sede negli Stati Uniti, nelle Isole Hawaii e nel Messico. I primi sono per lo più coloni e agricoltori, gli altri sono in prevalenza operai.
Antropologia. - Il più esteso studio sull'antropologia della Corea è dovuto all'anatomico giapponese T. Kubo. Questi misurò 651 uomini (soldati: 573 di fanteria, 78 di cavalleria) e 560 donne (prostitute). L'età dei maschi variava da 15 a 40 anni, quella delle femmine fra 14 e 32. Le medie generali delle misurazioni furono prese però sui maschi di 20 anni e sopra, e sulle donne di 18 anni e oltre. Tutte le otto provincie in cui la Corea era divisa prima dell'amministrazione giapponese, sono rappresentate, ma ben il 76% dei maschi proviene dalla provincia di Keiki-dō. Per le femmine il 30% non poté fornire indicazioni del luogo di nascita.
In sostanza quindi la grande maggioranza dei soggetti proviene dalla Corea centrale. Lo schema più grande di misure, applicato però solo nei maschi, comprende ben 105 misurazioni. Lo schema stesso fu, in parte, desunto da quello dello Schmidt, in parte creato dall'autore, in guisa che molte misurazioni non trovano riscontro nelle misure prese su altri popoli finitimi. Diamo, in ciò che segue, solo un brevissimo estratto dei dati del Kubo, facendo presente che questi dati si riferiscono a gruppi selezionati e non all'intera Popolazione.
La statura offre nelle diverse provincie (dal sud al nord)i valori che seguono: 1. Keishō-nandō e -hokudō (12 casi), m. 1,628; 2. Zenra-nandō e -hokudō (6 casi), m. 1,603;3. Chūsei-nandō e -hokudō (27 casi), m. 1,628; 4. Keiki-dō (354 casi), m. 1,611; 5. Kōkai-dō (22 casi), m. 1,602; 6. Heian-nandō e -hokudō (44 casi), m. 1,630;7. Kōgen-dō (10 casi), m. 1,637;8. Kankyō-nandō e -hokudō (2 casi), m. 1,628. Le differenze d'età fra gl'individui obbligano ad accettare con riserva questi dati. Il valore però della statura della provincia di Keiki-dō è molto più attendibile. Il valore medio della statura delle femmine della stessa provenienza (76 casi) è di m. 1,471.
L'indice cefalico orizzontale dà, per i fantaccini delle diverse provincie (esposte nello stesso ordine), i valori che seguono:1. (12 casi) 85,96; 2. (6 casi) 87,08; 3. (27 casi) 83, 98; 4. (354 casi) 82, 97; 5. (22 casi) 83,33; 6. (54 casi) 81,87; 7. (10 casi) 84,36; 8. (2 casi) 92,05. Le donne della provincia Keiki-dō (53 casi) hanno 82,49.
La considerazione degl'indici facciali diversi (dei diversi autori) dà ai Coreani una faccia più larga che ai Giapponesi. La lunghezza dell'arto inferiore in percentuale della statura è di 49,28 per i maschi, di 48,99 per le femmine. Così esso è più prossimo a quello dei Giapponesi (arto inferiore corto) che a quello degli Europei e dei Cinesi.
La proiezione dei valori dell'indice cefalico orizzontale e dell'indice vertico-longitudinale della testa, offerti dai dati del Kubo, sul piano delle coordinate, secondo i principî altrove esposti (v. cefalici, indici), offre risultati di notevole interesse per quel che riguarda le forme diverse del cranio cerebrale dominanti nelle diverse provincie. Così nella provincia dell'estremo SE. è presente una forma (in un terzo dei casi) estremamente differenziata nel senso della brachiipsicefalia. Nelle provincie adiacenti immediatamente al N. è presente al contrario un tipo di cranio basso e corto, che sembra raro, se non assente, nei dati rimanenti. Questo tipo è certamente assente almeno nelle regioni centrali, in cui ne domina uno relativamente corto. Al NO. infine si riscontrano due tipi, più allungati, relativamente alla Corea, e di cui l'uno è basso l'altro piuttosto alto. Sarebbe prematuro fissare le parentele e le provenienze di questi tipi morfometrici del cranio, ma la presenza di forme così diverse è sufficiente per sé a dimostrare l'infondatezza dell'ipotesi dell'esistenza d'un tipo coreano ben definito, ammesso dallo Shirokogoroff.
Caratteri etnici e culturali. - Il popolo coreano fa parte, per i caratteri somatici, della famiglia mongola. Fisicamente è poco dissimile dal giapponese e dal cinese, dai quali si distingue, in generale, oltre che per la taglia alquanto più robusta e per una leggiera tinta bronzea della pelle, anche, e notevolmente, per il temperamento.
I viaggiatori hanno descritto il coreano come un popolo di pigri e d'indolenti; è da notarsi, però, che questa, anziché essere una prerogativa della razza, è una condizione di cose che trae origine da lunghi secoli di malgoverno che rese impossibile il progresso, impedendo ogni attività. Oggi tutto è cambiato. Benché la politica dei Giapponesi in Corea, specie nei primi tempi dell'occupazione, non sia stata su ogni punto encomiabile, non può negarsi, tuttavia, che essi abbiano portato nella penisola un soffio di vita nuova, promovendo le varie attività e la cultura. Specialmente con l'apertura di scuole e d'istituzioni culturali d'ogni genere, vennero diffuse le arti e le conoscenze utili alla vita, e si diede incitamento al lavoro e alla produzione nei varî campi, operando in tal modo una profonda trasformazione nel popolo.
Il Coreano del N. e quello del S. presentano in generale spiccate differenze di temperamento e di carattere. Il primo è di solito più calmo, sereno, perseverante talvolta fino all'ostinazione; il secondo, invece è più impulsivo e svelto. Di regola, essi riescono abili lavoratori.
Nei costumi e nelle istituzioni l'influenza cinese è assai grande. L'etica confuciana è a base della morale e in passato lo fu anche dell'ordinamemo sociale; a essa è pure dovuto il culto degli antenati, tuttora vivissimo. Le dinastie che in passato governarono nella penisola furono sempre contrarie al progresso e, specialmente per quanto concerne la cultura, mantennero la nazione lontana dalla via dell'indipendenza, onde le arti e le scienze si svilupparono intorno al buddismo come centro, subendo, non meno che la letteratura, fortissimo l'influsso dei modelli della Cina. Una delle cose interessanti che provano un certo progresso scientifico è l'uso d'un pluviometro, che risale a più di 200 anni prima che in Europa nascesse questo strumento.
Le abitazioni comuni, costruite di pietra o d'argilla, sono di regola a un piano e hanno tetti con tegole o coperti di paglia di riso o d'orzo. Tutte sono circondate da un muricciolo di pietre o d'argilla che dà all'insieme un aspetto elegante e solido. Nelle città piccole le abitazioni non sono allineate, ma sparse qua e là senza regola. Contengono un unico vano, se appartengono a poveri, più stanze se a ricchi. Caratteristico e immancabile nella casa coreana, come in quella cinese, è il kang, specie di fornello costruito sotto il pavimento, che ordinariamente serve per riscaldare gli ambienti, ma spesso anche per cuocere vivande.
Il vestito coreano si compone d'una tunica e dei pantaloni. Le classi più abbienti portano sotto una camicia e una sottoveste. Il colore ordinario del vestito è il bianco. I capelli vengono legati a treccia e questa arrotolata sulla sommità del capo e coperta con una specie di cappello piccolo, senza falde, sul quale vien messo il cappello vero e proprio a falde larghissime. Le classi più povere portano solo questo. Ai piedi il Coreano porta calze speciali di stoffa di cotone; quando esce calza delle specie di ghette e porta scarpe, sandali e simili di legno o di cuoio.
Il Coreano è un grande mangiatore e un gran bevitore. Su questo le testimonianze di quanti hanno visitato la penisola sono concordi. I cibi vengono presi due volte al giorno. Il contadino e l'operaio, nella stagione estiva, mangiano tre o quattro volte al giorno. I pasti consistono ordinariamente in riso, grano, miglio, castagne, fagioli rossi e fave di soia; in via accessoria, di carne, specialmente di cane, pesce ed erbaggi. Il contadino mangia focacce d'una specie di durra (chiamata dai giapponesi tamamorokoshi) o di patate e verdura. Le classi povere fanno d'estate un grande consumo di meloni di cui i venditori ambulanti smerciano enormi quantità per le vie. Il fumo, nella pipa, è diffusissimo. Nelle classi abbienti si offre all'ospite da fumare in pipe specialmente a lui destinate. Gli uomini escono di minorità a 15 anni con la cerimonia della vestizione, con la quale si cambiano i vestiti giovanili con quelli della maturità. Questa è pure l'età normale per il matrimonio ma non è raro il caso di uomini che sposano a 11 o 12 anni. I mariti sono di regola più giovani delle mogli; queste sono soggette in tutto e per tutto al marito. Curiosa è l'osservanza del lutto presso i coreani. Vi sono 5 specie diverse di lutti con durate che vanno dai 3 anni ai 3 mesi, a seconda del grado di parentela che si ha col defunto. A chi porta il lutto è vietato di lavorare e spetta ai parenti il mantenerlo. L'abito da lutto è di canapa.
La Corea non ha oggi religione di stato, ma tutte le religioni sono permesse e ugualmente protette dal governo. (Per le missioni cristiane v. appresso). Il buddhismo, introdotto nel 372 d. C., ebbe periodi di grande prosperità fino al sec. XIV, quando cioè fu, come culto ufficiale, sostituito dal confucianesimo. Oggi questo è diffuso fra le classi intellettuali, il buddhismo fra quelle povere, il cristianesimo un po' fra tutte. Il culto popolare, tuttavia, è una modificazione dello sciamanismo dell'Asia settentrionale. Il Coreano crede in una serie di demonî, per lo più malefici, per propiziarsi i quali ricorre a indovini, stregoni ed esorcisti che suppone in possesso di formule magiche e metodi atti allo scopo. A Söul, ad es., negli ultimi anni del secolo scorso, si contavano circa 1000 esorcisti, oltre a numerosi geomanti. Fra i Giapponesi residenti nella penisola è diffuso anche lo shintoismo. Nel 1924 le religioni di tipo elevato erano così distribuite:
Produzione e commercio. - L'organizzazione e lo sviluppo delle industrie e della produzione risale in Corea all'epoca della sua annessione al Giappone, e sono in gran parte dovuti agli sforzi del governo tendenti all'utilizzazione e allo sfruttamento razionale delle ricchezze del paese. Il valore della produzione delle varie industrie (agricoltura, pesca, metallurgia, industrie tessili, ecc.), ammontante a 300 milioni di yen all'epoca dell'annessione, era già salito, nel 1920, a 1.780 milioni di yen ed è in continuo aumento. La prima società sorta con programmi d'industrializzazione del paese fu la Tōyō Takushoku Kwaisha (Società per lo sviluppo dell'Oriente), costituitasi verso la fine del 1908. Altre banche, come la Chōsen Ginkō (Banca di Corea), in funzione fin dal 1905, e la Chōsen Shokusan Ginkō (Banca Commerciale di Corea), fondata nel 1918, hanno i loro capitali largamente impiegati nelle varie attività industriali della penisola.
Fonti della produzione coreana sono l'agricoltura, la pesca, e le varie industrie estrattive e manifatturiere.
L'agricoltura costituisce la principale occupazione della popolazione, poiché circa l'80% di questa lavora nei campi. L'agricoltore coreano è di solito fittavolo di piccoli appezzamenti di proprietà delle classi ricche. Il riso costituisce il prodotto più importante, vengono poi l'orzo, il miglio, la soia, i legumi, il frumento e il fagiolo rosso. Su minima scala vengono pure coltivati il cotone e la canapa. La coltivazione del tabacco, praticata un po' dappertutto, è monopolio del governo. Un prodotto caratteristico della Corea è il ginseng (Panax Ginseng C. A. Meyer), pianta appartenente alla famiglia delle Araliacee, le cui radici, aventi proprietà leggermente toniche e stimolanti, vengono esportate in quantità enormi nelle regioni limitrofe, specialmente in Cina dove vengono usate come panacea. La sua vendita procura larghi guadagni, onde il governo ne ha fatto monopolio.
La coltivazione degli alberi da frutta e l'allevamento del bestiame, introdotti di recente, dànno già ottimi risultati. Gli animali più diffusamente allevati sono il cavallo, il bue, il maiale, la capra, e la pecora. Il bestiame coreano è molto apprezzato per le proporzioni e per la qualità, e buon numero di capi vengono annualmente esportati nel Giappone e nella Russia asiatica. La sericultura costituisce un'altra attività del contadino. Attualmente essa è assai diffusa grazie agli sforzi fatti in questo senso dal governo.
Vicino alla produzione agricola è da porsi quella forestale. La superficie occupata da foreste può valutarsi intorno ai 5.454.545 ettari. Le principali foreste sono situate nella parte superiore dei fiumi Ya-lu, Tōman, Tai-dong e Han, e tutte dànno pregiati legni da costruzione. Le specie botaniche che in maggior cop; a vi crescono sono l'akamatsu (Pinus densiflora), il chōsen-matsu (Pinus koraiensis), il chōsen-karamatsu (Larix dahurica var. Princ. Rupprechti) e il tōhi (Picea ajanensis, P. obovata), oltre ad alcune varietà di abeti (Abies holophylla, Abies nephrolepis, ecc.) e querce annose. Le conifere, specie il Chōsen-karamatsu, dànno una qualità di legno assai usato per la fabbricazione di pali telegrafici, ponti, navi, ecc. L'Onoorekamóa (Betula S?chmidti, in giapp. Danboku) dà un legno specialmente apprezzato per la fabbricazione di veicoli.
Oltre ai prodotti agricoli hanno anche importanza quelli della pesca. La Corea possiede una lunga distesa di coste assai frastagliate e bagnate da correnti fredde e calde, assai ricche di prodotti marini, la produzioue totale dei quali fu valutata nel 1926 a 51.500.000 yen. I principali prodotti della pesca sono il merluzzo, l'acciuga, l'aringa, il salmone, la carpa, il muggine, la razza, il pescecane, l'orecchia di mare, l'ombrina, l'ostrica, il granchio. La caccia alla balena, esercitata solo da Giapponesi su dodici baleniere, fruttò, nel 1924, circa 380.000 yen. Molto attiva e diffusamente esercitata è pure la pesca delle alghe marine commestibili. Le varie qualità di pesci ottenuti dalla pesca, vengono consumate sia direttamente, sia previa speciale preparazione o confezione (disseccamento, salagione, ecc.). Un prodotto marino assai importante è il sale. Per il suo clima asciutto, la penisola, specialmente nelle vaste e soleggiate coste occidentali, offre condizioni particolarmente favorevoli all'impianto di saline. Attualmente la produzione del sale è insufficiente al fabbisogno, ma è in corso d'attuazione un programma di grande espansione di quest'industria.
Lo sfruttamento industriale dei prodotti del sottosuolo, iniziatosi sotto l'organizzazione giapponese, è in via di continuo sviluppo. La Corea è ricca d'oro e di molti metalli, fra cui lo zinco, il rame, il ferro, il piombo, l'argento, il tungsteno; ha inoltre giacimenti di carbon fossile e di grafite. Le concessioni più importanti per l'estrazione dell'oro sono le miniere di Unsan (prov. Heian-nandō), di Yul-po (prov. Kōkai-dō), di Chiksan (prov. Chūsei-nandō) ecc.; per l'estrazione del rame quelle di Kapsan (prov. Kankyōnandō); della grafite quelle di Yöng-heung (prov. Kankyō-nandō); dello zinco quelle di Yöng-pyöng (prov. Heian-hokudō). Centri minerarî per l'estrazione del ferro sono Kai-chhön (prov. Heian-nandō) e Ul-yul (prov. Kōkai-dō), e i bacini carboniferi di Anju (prov. Heian-nandō) forniscono antracite alla marina giapponese. La seguente tabella dà il valore della produzione di minerali, in yen, per l'anno 1922 e per il 1910, cioè prima dell'annessione.
Nel 1926 la produzione totale ammontò a 24.130.350 yen.
Fra le industrie minori è da notare in prima linea quella tessile e metallurgica; vengono poi quella della carta, delle stoviglie, delle bevande alcooliche, del cuoio e del tabacco. Tutte queste industrie erano prima, e in parte sono ancora, industrie domestiche sussidiarie e in generale bastavano al fabbisogno del paese. Dall'epoca dell'annessione, molte di esse sono state piantate su più salde basi economiche facenti capo a società costituitesi con programma di razionale espansione, onde i varî prodotti lanciati sui mercati limitrofi hanno già cominciato a imporsi all'attenzione del consumatore.
Per quanto riguarda il commercio della Corea, esso consisteva, prima dell'annessione, nell'esportazione del sale e dei prodotti agricoli e della pesca, e nell'importazione di stoffe e filati, principalmente di cotone, petrolio e altri generi di necessità dai paesi vicini. Dopo l'annessione, da un lato la costruzione di strade e ferrovie, dall'altro gl'incoraggiamenti del governo, facilitarono il commercio e gli diedero forte impulso con l'apertura di nuovi sbocchi alla produzione, specialmente in dipendenza del programma d'industrializzazione e di sfruttamento delle ricchezze del paese, con risultati finora assai promettenti.
Il commercio interno viene esercitato per lo più nei mercati situati in buon numero nelle città e nei paesi. In Söul, ad es., ve ne sono non meno di 13, molti dei quali aperti tutti i giorni. Il commercio estero, sviluppatosi rapidamente, specie negli ultimi anni, si esercita principalmente col Giappone, la Cina, la Russia asiatica, gli Stati Uniti, l'Inghilterra, la Germania e la Francia. La seguente tabella rispecchia il movimento commerciale coreano effettuatosi nel 1926.
La tavola seguente dà, infine, la popolazione occupata nelle varie industrie e nei commerci della Corea fino a tutto il 1924:
Comunicazioni. - Nel 1899 venne aperta al traffico la linea Söul-Jinsen, la prima ferrovia coreana; poco dopo, nel gennaio 1905, fu inaugurata la linea Söul-Fusan, in concessione a una società americana. Queste linee furono acquistate dal governo coreano nel 1906. Nel 1910 venne costruito il primo ponte di ferro sul fiume Ya-lu, col quale la penisola venne traversata dalla linea ferroviaria congiungente l'Europa al Giappone, interrotta da Fusan a Shimonoseki per 11 ore.
Al 31 marzo 1927 la Corea possedeva 2160 km. di ferrovie governative con le seguenti 4 linee principali:
1. La linea transpeninsulare da Fusan ad Antung (km. 951, con km. 165 di diramazioni) che s'allaccia da una parte alla linea governativa giapponese di ferry-boat Fusan-Shimonoseki, dall'altra alla linea Antung-Mukden, a sua volta congiunta alla transiberiana, e quindi all'Europa.
2. La linea Söul-Gensan (km. 223).
3. La linea Gensan-Hoiryöng (km. 468), con varie diramazioni.
4. La linea Taiden-Mokpo (km. 284), con la diramazione Lili-Kunsan.
Le linee governative hanno uno scartamento proprio (metri 1,615), diverso da quello delle ferrovie giapponesi. Oltre a quelle governative, esistono inoltre circa 785 chilometri di linee gestite da enti privati, quasi tutte dello stesso scartamento delle prime.
Le comunicazioni marittime sono esercitate principalmente dalle due società di navigazione Chōsen Yūsen Kwaisha (Società di navigazione postale coreana) e Chinnampo Yüsen Kwaisha (Società di navigazione postale di Chinnampo).
Le comunicazioni fluviali si esercitano specialmente sul fiume Ya-lu dalla società Ōryok-kō Unyū Kwaisha (Società di trasporti sul fiume Ya-lu).
I principali porti d'importanza commerciale sono: Söul, Jinsen (Che-mul-pho), Fusan, Gensan, Chinnampo, Mokpo, Gunsan, Jōshin (Söng-jin), Heijō, Gishū (Wi-ju), Ryūgampo (Yong-an-pho), Yūki, Shin Gishū (Sin Wi-ju).
Fino a tutto il 1927, esistevano in Corea km. 39.712 di linee postali, km. 8480 di linee telegrafiche e km. 7930 di linee telefoniche, rispettivamente con km. 34.607 e km. 107.627 di fili metallici.
Governo e amministrazione. - La Corea è divisa in 13 dō o provincie. Dō significa letteralmente "via, strada" e dimostra che nelle epoche passate la divisione si faceva in base alle strade.
Ciascun dō si divide in gun o distretti. I gun contengono dei men (villaggi). Esistono inoltre nella penisola 12 fu, municipalità o città importanti, amministrativamente a sé, sedi di uffici provinciali o porti. L'area di un fu è ora ridotta ai suoi limiti naturali, senza cioè i villaggi adiacenti. A ogni gun è assegnata un'area di circa 640 kmq. con una popolazione media di 10.000 anime. I men componenti i gun hanno un'area di 64 kmq. con circa 800 famiglie. Le due isole di Quelpart (giapp. Saishū, cor. che-ju) e di Utsuryō (cor. Ul-löng) hanno amministrazione propria.
A capo di un dō v'è un governatore prefetturale (chiji), cittadino giapponese nominato dal governo, che ha alle dipendenze numerosi funzionarî giapponesi e coreani. Dal governo viene pure nominato il prefetto municipale (fuin) che è a capo di un fu. I gun e i men hanno pure i loro capi geunshū e menchō).
Sede dell'amministrazione centrale è Söul dove, nel 1910, fu stabilito dal governo giapponese il Governatorato generale della Corea (Chōsen Sōtoku-fu), il quale, per esplicare le sue funzioni, ha alle sue dirette dipendenze 6 dicasteri o uffici (kyoku), cioè: l'ufficio dell'Interno, del Tesoro, dell'Industria, della Polizia, della Giustizia, dell'Istruzione.
Il sistema di polizia è tutto moderno. Alla fine del dicembre 1924 esistevano nella penisola 18.458 agenti di polizia, dei quali 7051 coreani e 10.131 giapponesi.
L'amministrazione della giustizia si esercita in 11 corti distrettuali e 71 secondarie, 3 corti d'appello e una corte suprema.
L'organizzazione moderna dell'istruzione pubblica è dovuta ai Giapponesi. Prima dell'annessione, non esisteva in Corea nessun sistema d'istruzione pubblica e solo i fanciulli delle classi elevate frequentavano scuole tenute da insegnanti coreani, la cui cultura non andava oltre la conoscenza dei classici cinesi; i fanciulli delle altri classi crescevano senza istruzione. Oggi le scuole coreane sono organizzate secondo lo schema contenuto in un'ordinanza del febbraio 1922. Alla fine del 1924 esistevano in tutta la penisola 448 scuole elementari e 1217 altre scuole per l'istruzione generale, con complessivi 399.866 allievi; 10 scuole medie con 3957 allievi; 22 scuole per l'istruzione generale superiore con 8709 allievi; 21 scuole femminili superiori con 4892 allieve; 7 scuole femminili per l'istruzione generale superiore con 1841 allieve; oltre a numerose scuole speciali (agricole, tecniche, nautiche, commerciali, ecc.). Per l'istruzione superiore, v'è l'Università imperiale di Söul, l'unica della penisola, aperta nel maggio 1923, che comprende le sole facoltà di giurisprudenza e lettere.
La guarnigione giapponese in Corea si compone di due divisioni, l'una con quartiere a Ranan, l'altra a Ryūzan, vicino a Söul, dove ha sede il quartiere generale.
Per il miglioramento dell'industria e del commercio e l'incremento delle conoscenze scientifiche sul paese sono state fondate istituzioni di vario genere e di grande importanza e utilità pratica, come ad es. le stazioni d'agricoltura, le organizzazioni portuarie, il comitato per le ricerche geologiche, ecc.
L'attività finanziaria, nell'antico stato coreano, era quasi insignificante. Nel 1905, ad es., il bilancio si chiuse con 7.480.000 yen di entrate, contro 9.550.000 yen di uscita. L'annessione della penisola al Giappone ha portato il bilancio pubblico a un livello di grande attività e prosperità. L'anno finanziario 1925-26, il 16° dell'amministrazione giapponese, si chiuse con 173.392.000 yen di entrate contro 173.393.000 yen di uscite.
Le missioni cattoliche - La prima predicazione del cristianesimo in Corea fu dovuta non a missionarî venuti dal di fuori (è conservato peraltro il ricordo di conversioni di prigionieri coreani operate in Giappone alla fine del sec. XVI da missionarî gesuiti) ma a un processo di assimilazione della dottrina e della morale cristiana, per mezzo di libri introdottivi dalla Cina.
La Corea fu eretta in vicariato apostolico nel 1831, quando ancora nessun missionario europeo era riuscito a varcare le soglie della penisola. I primi che nel 1836 vi penetrarono, tre preti della Società delle missioni estere di Parigi, furono martirizzati nel 1839. Durante la persecuzione che infierì nel 1866 e negli anni seguenti, trovarono la morte altri nove missionarî della stessa società. Quando dopo il 1876 fu possibile riprendere il lavoro apostolico, il numero dei fedeli andò man mano aumentando così da rendersi necessario lo sdoppiamento del vicariato apostolico della Corea nei due vicariati di Söul e di Taikyū. A questo vennero assegnate le provincie civili meridionali di Keishō hokudō e nandō, e di Zenra hokudō e nandō, un complesso di kmq. 53.700, e all'altro il rimanente della penisola. Un altro smembramento ebbe luogo nel 1920 con la formazione del vicariato apostolico di Gensan, a cui fu assegnata la vasta provincia di Kankyō hokudō e nandō (kmq. 63.300), staccata dal settentrionale. Finalmente nel 1927 con la provincia di Heian hokudō e nandō venne costituita la prefettura apostolica omonima con una superficie territoriale di 43.000 kmq. Con ciò il vicariato apostolico di Söul restò con 60.440 kmq. Delle quattro circoscrizioni ecclesiastiche della Corea i due vicariati di Söul e di Taikyū sono affidati alle Missioni estere di Parigi; il vicariato di Gensan alla congregazione dei benedettini di S. Ottilia e la prefettura ai missionarî di Maryknoll (cfr. Missiones Cath., Roma 1922, p. 273).
Ai 110.539 cattolici si devono aggiungere i protestanti che, secondo il World Missionary Atlas, New York 1925, sarebbero 277.377.
Bibl.: Opere generali: J. Ross, Korea: its History, Manners and Customs, Paisley 1880; W. E. Griffis, Corea, the Hermit Nation, New York 1882; P. Lowell, Chosön, the Land of the Morning Calm, Londra 1886; A. Hamilton, Korea, Londra 1904; H. B. Hulbert, History of Corea, Söul 1905; H. N. Allen, Things Corean, 1907; Cynn (H. Hueng-wo), The Rebirth of Corea, Londra 1920; A. Ireland, The new Korea, New York 1927; Ch. Dallet, Histoire de l'Église de Corée, voll. 2, Parigi 1874. Per la geologia vedi specialmente: The Geology and mineral Resources of the Japanese Empire, edito dall'Imperial Geological Survey, Tōkyō 1926. Per l'antropologia, v.: T. Kubo, Beiträge zur physischen Anthropologie der Koreaner, in Mitt. a. d. mediz. Fakultät d. k. Univers. Tokyo, XII (1913).
N.B. - Per i nomi geografici coreani è stata usata la trascrizione del Manual of Korean geographical and other names romanized, edito a cura della Legazione britannica, Yokohama 1883.
Storia.
Gli storici coreani cominciarono con la narrazione di leggende; uno spirito sceso dal cielo in Corea diede il nome allo stato, fondò la capitale, sacrificò al cielo e disparve. Gli storici hanno cercato poi di collegare la storia della Cina (dinastia Yin, XII sec. a. C.) con quella della Corea, ma la narrazione non sembra sufficientemente sicura fino al sec. III a. C. Lo stato di Chōsen ebbe un re d'origine cinese, Wei Man, il quale accettò nel 195 a. C. l'investitura cinese. Nel 109 a. C. l'esercito cinese attaccò la Corea, il re, nipote di Wei Man, fu ucciso e lo stato sottomesso alla Cina e diviso in quattro provincie. La dominazione cinese durò fino al 314 dopo Cristo.
Nel sec. I a. C. dalle tribù indigene che cercavano d'organizzarsi sorse il regno di Kokuryö e con varie vicende si estese verso il S. e fondò la capitale nell'attuale Heijō (Phyöng-yang), che raggiunse il massimo splendore nel quinto secolo. Le tribù meridionali Han s'erano sottratte alla dominazione cinese e diedero origine a un altro regno, che i Giapponesi chiamano Kudara. Nel secolo seguente, partendo da modeste origini, prendeva il primo posto un regno di Silla (giapp. Shinra, o Shiragi). Questo stato adottò nel 528 dopo Cristo il buddhismo come religione ufficiale. Nel sec. VI si svilupparono in Corea la cultura, la letteratura e la civiltà della Cina. Nel sud cominciavano gli urti fino al sec. IV coi Giapponesi. I Coreani, specialmente nel sec. VI, servirono spesso di tramite all'introduzione della cultura cinese e del buddhismo nel Giappone. Nel 612 d. C. ricominciarono le campagne cinesi contro la Corea, e in successive campagne vittoriose, sotto i T'ang, nel 645, nel 668, i due stati minori della Corea furono incorporati alla Cina, restando indipendente il solo stato di Silla: in questo stato si sviluppò fino al sec. X la cultura letteraria cinese. Furono allora adoperati i caratteri cinesi per indicare le desinenze coreane. Con la letteratura cinese entrò anche il confucianesimo; il culto di Confucio vi fu stabilito nel 717 d. C. La caduta della dinastia T'ang in Cina (906 d. C.), coincide con una serie di rivolte e di sedizioni nel regno di Silla, e nel 918 un generale dei rivoltosi prende il titolo di re di Korye. La nuova dinastia d'origine popolare e settentrionale accentua l'impronta cinese, copiando il sistema di esami, la gerarchia dei funzionarî e l'amministrazione; si sviluppa allora il buddhismo che acquista una grande influenza a corte.
Il re Wang-gön, morto nel 942, lasciò al figlio questo decalogo caratteristico: "1. Il buddhismo è la religione di stato; 2. non costruire nuovi monasteri buddhisti oltre quelli esistenti; 3. se il primogenito è cattivo, diventi re il secondo o un altro figlio; 4. non fare amicizia con i Mongoli; 5. onora Phyöng-yang, l'antica capitale; 6. istituisci una festa buddhistica annua; 7. ascolta i buoni e scaccia i cattivi; 8. poiché il Mezzogiorno è contrario al nostro governo, non prendere una moglie fra quella gente; 9. pensa all'esercito; 10. sii sempre pronto ad agire".
Nello stato coreano la formazione di un'aristocrazia potente che assorbiva tutte le funzioni direttive dello stato, la distinzione del popolo in caste, e l'estensione della schiavitù resero instabile lo sviluppo della civiltà. Monaci buddhisti, funzionarî civili e militari, lottavano senza freni; gl'intrighi di palazzo si chiudevano spesso con battaglie. Favoriti ambiziosi messi a morte, re detronizzati e poi uccisi, sono episodî frequenti. Al principio del sec. XIII la crescente potenza dei Mongoli rese la Corea una provincia mongola. I re, consigliati da residenti mongoli, sposavano principesse mongole ed erano sottomessi completamente al loro governo. Qūbilāy Khān fece della Corea la sua base d'operazioni contro il Giappone. La spedizione iniziata nel 1268, dopo molti tentativi, fallì nel 1281. Con la caduta della dinastia mongola (1368) risorse il sentimento nazionale coreano. Nel 1392 una cospirazione militare detronizzò il re e mise al suo posto un alto funzionario celebre per i suoi successi militari, che fondò una nuova dinastia, riprese per il regno il vecchio nome di Chōsen, fissò la capitale a Söul (1394) e riconobbe la sovranità dei Ming. La nobiltà confuciana aveva avuto una parte notevole nel cambiamento della dinastia. Decadde l'influenza del buddhismo e si sviluppò la letteratura ortodossa e confuciana. Nel 1403 furono fusi in rame una serie di caratteri mobili cinesi. Nel 1443 Sei-Chung, con l'aiuto degli altri letterati, inventò un alfabeto e rese possibile la diffusione della cultura popolare in lingua volgare.
Nel 1512 i letterati confuciani, seguendo le dottrine di Chu Hsi comprimono il buddhismo e le credenze popolari estranee al confucianesimo. Nel 1592 i Giapponesi, dopo una breve campagna, s'impadronirono della capitale, ma la popolazione si sollevò e con l'aiuto dei monaci buddhisti e di eserciti cinesi respinse i Giapponesi. Un trattato del 1609 toglieva al Giappone le conquiste fatte; però la Cina e la Corea rimanevano indebolite.
La caduta della dinastia Ming e il sorgere della dinastia mancese segnano per la Corea una nuova decadenza. Dopo una serie di campagne iniziate già nel 1591 i Manciù divenuti padroni della Cina si contentarono nel 1645 d'un tributo e di un'ambasciata annuale che riconosceva la sovranità mancese. Nel sec. XVIII le lotte fra i nobili, violente e disperate, indebolivano il paese. Nel sec. XIX le persecuzioni violente contro i cristiani e i missionarî sono un indice della diffidenza e dell'instabilità del governo, che si manifestava con gravi restrizioni di qualunque comunicazione, non solo con gli Europei ma anche coi Cinesi e coi Giapponesi. Una convenzione di T'ien-tsin (aprile 1885) stabilì un accordo tra Cinesi e Giapponesi cercando di stabilire in Corea una specie di condominio. Dopo la guerra vittoriosa contro la Cina, il Giappone sperava, in seguito al trattato di Shimonoseki (17 aprile 1895), di accrescere la sua influenza in Corea; invece soltanto col trattato di Portsmouth (4 settembre 1905), dopo la guerra russo-giapponese, la Corea cominciò a essere sotto l'amministrazione prima indiretta, poi diretta, del Giappone. Il 18 novembre 1905 fu stabilita la convenzione di protettorato, con un residente generale giapponese; nel marzo 1906 giunge il marchese (poi principe) Ito, primo residente generale; il 19 luglio 1907 l'imperatore della Corea abdica. Nel dicembre 1907 il principe ereditario è inviato in Giappone per esservi educato. Nell'ottobre 1909 un coreano assassina a Kharbin il principe Ito, uno dei più profondi conoscitori della Corea. Il 22 agosto 1910 l'imperatore di Corea cede all'imperatore del Giappone tutti i diritti di sovranità e da allora in poi la Corea fa parte dell'Impero giapponese, col nome di Chōsen.
Bibl.: Periodici dedicati agli studî coreani: Trans. of the Korea Branch of the R. As. Soc., Söul 1900-25; The Korean Repository, Söul 1901; The Korean Review, Söul 1901-06. Sguardi d'insieme: nella prefazione di Ch. Dallet, Histoire de l'Église de Corée, Parigi 1874; A. Hamilton, Korea, Londra 1904; C. Rossetti, Corea e coreani, Bergamo 1905, ecc.
Buona storia, su fonti coreane e cinesi: H. B. Hulbert, The History of Korea, Söul 1905. Studî particolari: E. Chavannes, Les monuments de l'ancien royaume coréen de Kao-Keou-li, T'oung-pao, Leida 1908, pp. 236-263; L. Nocentini, Notizie generali della Corea; id., Materiali per la storia degli antichi stati coreani, in Rend. R. Acc. dei lincei, V (1896); id., Brano di storia cinese e coreana, ibid., XI (1903); id., Nomi di sovrani degli antichi stati coreani, e Nomi geografici coreani, in Giorn. della Soc. As. ital., Firenze 1898, 1899; id., P'ien Iang, ibid., 1901, pp. 217-40; J. S. Gale, The Influence of Japan on Korea, in Trans. Kor. Br. of the R. As. Soc., 1900, ecc. Sono utili le bibliografie: M. Courant, Bibliographie Coréenne, tableau littéraire de la Corée, pubblicazione della École des langues or. viv., s. 3ª, XVIII-XXI, Parigi 1890-1899; O. Nachod, Bibl. of the Japanese Empire, 1906-1926, Londra 1928 (Corea, pp. 662-694).
Il prof. Yoshida Tōgo ha pubblicato nel 1893, in giapponese: Nikkan Koshidan (Sulle relazioni storiche tra la Cina e la Corea); nel 1894, M. Hattorì, Nikkan Kōtsū-shi (Storia delle relazioni tra il Giappone e la Corea). Una società giapponese di studî coreani, Chōsen Kosho Karkōkwai, ha ripubblicato una raccolta di estratti di libri cinesi relativi alla Corea. Due raccolte simili di passi d'autori giapponesi relativi alla Corea, Keyōsho e Keirinshūyo, sono state pubblicate da Hanawa Hokiichi. Il governo della Corea ha pubblicato degli album di Tavole archeologiche della Corea (Chōsen Koseki zufu). Cfr. S. Elisseev, in Histoire et historiens dep. cinquante ans, Parigi 1928, p. 568.
Lingua.
La lingua coreana è glottologicamente molto importante. La sua posizione non è stata ancora fissata con esattezza, e pertanto possiamo considerarla momentaneamente come "isolata".
Nel coreano si debbono distinguere: 1. gli elementi indigeni; 2. una grande quantità di elementi importati dalla Cina. Il coreano infatti ha subito, in una misura ancora superiore al giapponese, l'influsso dell'idioma e della cultura cinese e la lingua delle classi più colte e quella dei testi letterarî pullula di parole cinesi le quali sono penetrate anche, in misura abbondante, nella lingua corrente.
Fonetica. - Il sistema fonetico del coreano è abbastanza semplice; prendendo per base il coreano meridionale che è parlato nella capitale Söul ed è usato nella letteratura moderna, le vocali sono: a, o, u, ë, ï e i, ma nell'alfabeto coreano esiste anche ǎ [come ŭ, ŏ] la quale pare aver avuto il valore d'una vocale velare come il romeno ǎ o l'inglese u (in but); p. es. hanăl (opp. hanŭl) "cielo"; ï suona come l'î romeno o come l'y russo. Pare che il coreano abbia posseduto una specie d'armonia vocalica, giacché ancor oggi si nota una variazione di vocale del suffisso in rapporto alla vocale del radicale (p. es. sarǎm "uomo", originariamente "vivente", da sal- "vivere", contro čugīm "morte", da čukb "morire"). I dittonghi e trittonghi che hanno i per secondo elemento sono tutti ridotti a monottonghi nella pronunzia (p. es. kai > ke "cane"; noi > nö "cervello", ecc.).
Nel consonantismo noteremo solo tre caratteristiche: 1. k, t, p, č possono mutarsi nelle corrispondenti sonore in posizione intervocalica o dopo n. La sonorizzazione avviene anche per fonetica sintattica; 2. in coreano esistono le consonanti aspirate k", t", p", č"; il grado di aspirazione dipende dalla posizione; 3. non esiste distinzione fra r e l i quali nell'alfabeto coreano vengono scritti con un solo segno; l a formula iniziale è divenuto n (p. es. cin. lok > cor. nok "verde").
Morfologia. - Il coreano non conosce genere grammaticale; il plurale non s'indica quando non è strettamente necessario (nel qual caso si aggiunge la posposizione -tŭl). Il coreano possiede poi, a differenza del giapponese e del cinese, una vera e propria declinazione la quale è oggi però assai aberrante da quella che dovette essere la sua forma primitiva. Il nominativo non ha suffissi, oppure ha un -i determinativo (-ka se la parola esce in vocale), p. es. măl "cavallo" nom. mari; namu "albero" nom. namuka. Il genitivo è caratterizzato da -ŭi (öi), ĕ; il dativo da -eke, -kei; l'accusativo da -răl, ŭl; il vocativo da -a, -ya, -ŏ, -yŏ; l'ablativo -esŏ, sŏ; il locativo -ei, -xei, -sai; lo strumentale -uro, -ro, -no.
Il verbo coreano sembra, a un esame superficiale, molto complicato, ma invece è relativamente semplice. Il verbo è estremamente indeterminato relativamente alle persone; esistono tre sorti di "nomi verbali" impropriamente detti "infiniti" che tengono il luogo dell'indicativo e che si usano per tutte le persone. P. es. kada "andare" vale anche "io vado, tu vai, egli va, ecc.". L'apparente abbondanza delle forme verbali in coreano è un fenomeno relativamente recente; si tratta di composizioni, come ha mostrato molto bene il Ramstedt.
Parentela. - La parentela del coreano è un problema che non si può dire fino a oggi risoluto. Vediamo le principali ipotesi emesse: 1. il coreano è stato ravvicinato al giapponese da Aston, A comparative study of the Japanese and Korean languages, in Journal of the Roy. As. Soc., 1879, da A. M. Podnyčev (Tōa-dōbunkwai hōkoku, Tōkyō 1906), da S. Kanazawa (The common origin of the Japanese and Korean languages, Tōkyō 1910) e da parecchi linguisti occidentali (F. N. Fink, Trombetti, W. Schmidt, ecc.); 2. il coreano è stato ravvicinato all'indoeuropeo dal padre A. Eckardt (Schlüssel zur Koreanischen Konversations-Grammatik, Heidelberg 1923, pp.1-6), dal Koppelmann, in Anthropos, XXIII (1928), p. 199 segg., e, se pur con alcune riserve, da H. Güntert (Zur Frage nach der Urheimat der Indogermanen, in Deutschkundliches, Festschr. F. Panzer, Heidelberg 1930), ma anche quest'ultimo tentativo, molto interessante, non resiste alla critica, giacché una gran parte delle comparazioni ammesse sono molto più estese e si possono spiegare sia con la "parentela genealogica" se si accetta la teoria monogenistica del Trombetti, sia con la "parentela elementare" nel senso in cui intendeva questa espressione lo Schuchardt; 3. infine sarà da ricordare la penetrante ricerca di G. J. Ramstedt (Remarks on the Korean language, in Mémoires de la Société Finno-Ougrienne, LVIII, 1929, p. 441 segg.) il quale crede "che il coreano trovi il suo posto in un'antica branca di un grande gruppo linguistico asiatico orientale, dal quale il mongolo-turco si separò prima degli altri gruppi mentre il tunguso rimase più vicino al coreano da cui ebbe anche prestiti cinesi". Ammettendo che il giapponese rientri nell'uralo-altaico (v. giappone: Lingua) la soluzione del Ramstedt non viene a modificare il problema che parzialmente. Essa ha certo grandi doti di verisimiglianza, ma sembra che ancora non si sia messo in luce quanto il coreano ha in comune con le lingue paleoasiatiche nel suo più antico substrato.
Il coreano si scrive dall'alto in basso in righe verticali procedenti da destra a sinistra, con i cosiddetti caratteri önmun i quali furono istituiti dal re Sei-Chung che pubblicò nell'anno 1446 il libro Hunmin-chung-kyöno. Tale alfabeto si compone di 25 segni, 11 vocali e 14 consonanti. Prima di adottare tale comodo e semplice sistema di scrittura a base alfabetica i Coreani usavano i caratteri cinesi, che furono probabilmente introdotti nel 372 d. C., insieme col buddhismo; anche dopo l'invenzione dei caratteri önmun, nelle opere che non avevano carattere divulgativo e che erano rivolte ai più dotti si continuarono a usare i segni cinesi.
Bibl.: W.H. Medhurst, Translation of a comparative vocabulary of the Chinese, Corean and Japanese languages, Batavia 1836; Grammaire coréenne, précédée d'une introduction sur le caractère de la langue coréenne, sa comparaison avec le chinois... par les missionnaires de Corée, Yokohama 1881; Imbault-Huart, Manuel de la langue coréenne parlée à l'usage des français, Parigi 1889; J. Scott, A Corean manual or phrase book, with introductory grammar, Shanghai 1887, 2ª ed., Söul 1893; H. G. Underwood, An introduction to the Korean spoken language, Yokohama 1895, 2ª ed., 1914; A. Eckardt, Koreanische Konversations-Grammatik, Heidelberg 1923 (con chiave); Dictionnaire coréen-français, Yokohama 1880; H. G. Underwood, A concise dictionary of the Korean language, 1890; id., An English-Korean dictionary, Söul 1925; Aleveque, Petit dictionnaire français-coréen, Söul 1901; F. Müller, Grundriss der Sprachwissenschaft, II, ii, Vienna 1882, p. 321 segg.; H. B. Hulbert, The Korean language, 1903; Rosny, L'idiome vulgaire de la Corée, in Congrès international des sciences ethnographiques, Parigi 1881; Kanizawa, The common origin of the Japanese and the Korean languages, Tōkyō1900 (oltre alle opere citate nel testo); Elisseev, Langue coréenne, in Meillet e Cohen, Les langues du monde, Parigi 1924, p. 254 segg.
Per la scrittura cfr. Aston, The Onmun when invented?, in Transactions of the Asiatic Society of Japan, XXIII (1895), p. 1 segg. e M. Courant, Notes sur les différents systèmes d'écriture employées en Corée, ibid., p. 5 segg.
Letteratura.
I Coreani hanno sempre adoperato il cinese come lingua letteraria. Hanno sempre scritto in cinese i libri di storia, di filosofia, di religione, i decreti e i documenti amministrativi. Dopo l'introduzione dell'alfabeto coreano, questo fu adoperato nell'insegnamento popolare, per facilitare la pronuncia dei caratteri cinesi. La scrittura fonetica coreana è adoperata soltanto nella letteratura popolare, nelle lettere famigliari, ecc. e nei libri di propaganda religiosa elementare dei missionarî cattolici e protestanti. Sono molto interessanti le novelle che rivelano uno spirito originale e vivace.
Bibl.: Per le opere in lingua coreana e cinese: M. Courant, Bibliographie Coréenne, Parigi 1889-1899. Uno schizzo della letteratura coreana: J. S. Gale, Korean Literature, in Open Court, XXXII, Chicago 1918. Racconti e novelle tradotti in lingue europee: W. E. Griffis, Korean Fairy Tales, Londra 1923; H. B. Hulbert, Omjee the Wizard, Korean folk stories, Springfield Mass. 1925; Garine, Contes Coréens (tradotti in franc. dal russo da S. Persky), Parigi 1925. Una trentina di novelle tradotte in francese, col testo a fronte, si trovano nella Gramm. coréenne, par les missionnaires de Corée, Yokohama 1881.
Arte.
Come la Corea ricevette dalla Cina la religione e la filosofia, così anche l'arte coreana ebbe il primo impulso dall'arte cinese e poi ne subì l'influenza. La Corea conservò per molto tempo l'arte classica della Cina, particolarmente quella dell'epoca dei T'ang (617-907 d. C.), ma nel corso dei secoli se ne rese indipendente, sviluppando modi e forme originali. La caratteristica della sua arte è, all'opposto di quella della Cina, una semplicità talvolta sconcertante, che corrisponde al carattere modesto del popolo e alla povertà del paese, e nello stesso tempo un senso squisito della bellezza della linea e delle proporzioni, unito alla tendenza per il monumentale. Molte opere dell'architettura, della plastica e della ceramica sono di una finezza di forme addirittura classica, che colloca la Corea quasi al livello della Cina e del Giappone. Le più antiche pagode di pietra dell'Asia orientale si trovano in Corea, e le campane, i vasi smaltati e i piatti laccati dell'Estremo Oriente più antichi sono coreani. I colori sono accordati con sobria semplicità e quelli complementari (per esempio il verde e il rosso) sono spesso collocati immediatamente vicini. L'importanza dell'arte coreana emerge ancor più, se si considera che dalla Corea fu trasmessa al Giappone a cui è stata maestra. Le costruzioni, le plastiche, le pitture più antiche del Giappone ebbero per autori artisti coreani e il mirabile sviluppo della ceramica giapponese nei secoli XVI e XVII d. C. si deve a maestri venuti dalla Corea.
Architettura. - Mentre la costruzione dei palazzi in gran parte segue lo schema rettangolare cinese, quella delle case e dei templi è improntata a grande varietà. I palazzi più importanti di Söul sono: il Kyöng-pok-kung (1861-68), il Chang-tök-kung (metà del sec. XVII) e il Chang-kyöng-kung (principio dello stesso secolo) tutti edificati sul modello dei primi palazzi reali. Il Kyöng-pok-kung era il più notevole per grandezza.
Per una grande porta tripartita, a diversi piani, si entrava in un ampio cortile attraversato da un ruscello, e per una seconda porta in un nuovo cortile spazioso e circondato dalle abitazioni degl'inservienti e da scuderie. Passata ancora una porta si giungeva nel terzo cortile recinto da un largo porticato di colonne di legno, nel cui mezzo sopra un'alta balaustrata s'innalzava la sala del trono con le sue 32 colonne di legno alte da sei a dieci metri. Paragonando questa sala con quella del palazzo reale di Pechino, appare subito la differenza tra le due architetture: nonostante la grande mole, l'edificio cinese si presenta molto più compatto e più pesante del coreano, coi suoi larghi frontoni laterali e col suo tetto leggermente incurvato e assai sporgente. Nella sala del trono è caratteristico l'architrave di legno, animato da una ricca ornamentazione che lo congiunge al tetto, sporgente di quasi quattro metri. Nell'interno sono notevoli i motivi ornamentali di nuvole e onde squisitamente stilizzate, coloriti in rosso, verde e bianco, che congiungono il soffitto a cassettoni con le pareti laterali. Singolare è il colonnato dello stagno delle piante di loto.
Quanto ai templi buddhistici, i più antichi e importanti si trovano nel Giappone: il Hōryūji e il Yakushiji presso Nara. Nel primo la porta, il kondō (ora museo) di due piani e la pagoda di cinque piani risalgono al sec. VIII d. C. Nella Corea sono degni di nota il Pul-kuk-sa (restaurato nel '18) presso Keishū, il Pu-sök-sa presso Yöng-ju (circa 1350 d. C.), il Hai-in-sa e il Tong-to-sa presso Taikyū (secoli XV-XVII) e il Sök-wang-sa presso Gensan (secoli XV-XVI). Hanno forme piuttosto cinesi i templi di Confucio e di Kwanu, dio della guerra, a Söul, come pure i ponti e le mura; mentre le porte monumentali di detta città (Nam-tai-mun, Tong-tai-mun), di Heijō e di Suwon per la struttura mossa e il tetto pesante, ma innalzantesi con leggerezza, hanno impronta nettamente coreana.
Grande è la varietà delle colonne usate nell'architettura coreana. E caratteristiche sono pure le forme svariate dei padiglioni. Le tombe coreane presentano varî tipi del tutto diversi.
1. V'è un gran numero di grandi dolmen con lastre di copertura che raggiungono talvolta nove metri di larghezza (territorio di Hai-ju). 2. È notevole una piramide di sei piani a gradini, alta 14 metri (secoli III-IV) sul fiume Ya-lu che oggi serve di confine. 3. Le tombe coreane del periodo Naknang (cinese Lolang e giapponese Rakurō), dal 108 a. C. al 313 d. C., presentano lo stile cinese dei forni per la cottura dei mattoni. Durante il periodo Kokuryö, dal 17 a. C. al 668 d. C., si costruiscono stanze di pietra quadrate o rettangolari coperte di lastre degradanti, le cui pareti erano dipinte a secco con colori di terra o minerali che in gran parte si conservano ancora in buono stato. Le tombe più importanti di questo genere, l'unico che si trova in tutta l'Asia orientale, sono: la Samsil-chong ("Tomba delle tre camere") sullo Ya-lu, la Sasin-chong ("Tomba dei quattro spiriti"), la Kamsin-chong ("Tomba dello spirito del dragone"), la Tai-chong ("Gran tomba"), la Ssang-yong-chong ("Tomba delle due colonne"), la Yön-hoa-chong ("Tomba dei fiori di loto") e le tre tombe Sammyo col gran sepolcro reale, tutte nei dintorni di Heijō e di Chinnampo. 4. Le tombe posteriori, cominciando dal periodo Silla (circa 600 d. C.), sono costruite a forma di tumulo circondato da figure d'animali e di mandarini in pietra, dall'altare per i sacrifizî, dalla lanterna e dalla pietra commemorativa. Ai piedi del tumulo v'è il tempio degli spiriti, e all'ingresso del "viale degli spiriti" la "porta del dardo rosso" (Hong-sal-mun).
Delle caratteristiche pagode di pietra in Corea le più antiche sono quella del 600 d. C. (periodo Silla) nel Pul-kuk-sa e quella del 662 (periodo Paik-che). Inoltre meritano d'essere ricordate le pagode di Köm-sam-sa, Tong-hoa-sa, Chön-yang-sa, Son-pok-sa e Chöng-he-sa, tutte dei secoli VII e VIII. Durante il periodo Koryö (935-1392 d. C.) le superficie erano talvolta adorne di rilievi, come nelle Pagode di Kai-sim-sa, Yöng-hoa-sa, Ma-kok-sa, Heijō, Wol-chöng-sa e Pohyön-sa (secoli XI-XII). Le pagode di marmo a Songto e a Söul del 1348 d. C. sono riccamente ornate di rilievi buddhistici. Grande varietà di struttura hanno le pagode che si possono dire a tabernacolo. Si compongono di tre parti: uno zoccolo con costruzioni, una stanza per le reliquie e il tetto; complessivamente raggiungono di rado l'altezza di quattro metri. Le più importanti sono quelle di Pul-kuk-sa (sec. VII), di Höng-pöp-sa (844 d. C.), di Hoa-öm-sa (secoli VIII-IX), in Genshū, Söul e Yö-chuk-sa (sec. X), e quella particolamente degna di nota che è nel Museo governativo a Söul, del 1085. Singolari lanterne di pietra si trovano dinanzi ai templi buddhistici e ai tumuli sepolcrali, soprattutto quelle del Kwon-tök-sa (sec. X) e del Sil-luk-sa (1379 d. C.). Tra le pietre sepolcrali sono pregevoli soprattutto quella presso Keishū (sec. VII) e quella del museo di Söul (secolo IX). Meritano attenzione le figure degli animali dello zodiaco in rilievo sulle tombe di Silla presso Kyŏngtju (secoli VIII e IX), le figure d'animali nel cortile del tempio del dio della guerra a Söul, ecc. Dello stesso genere sono due figure umane di terracotta, alte 40 centimetri, trovate in una tomba del periodo di Silla (circa sec. X).
Plastica buddhistica. - Accenniamo i luoghi dove si trovano le opere più importanti della plastica buddhistica coreana. Nel Giappone: 1. il tempio Hōryūii presso Nara, con le sculture classiche di Tori Busshi da Kudara (Paik-che), del 623, come il gruppo di Shakya, ecc.; 2. Il tempio Yakushiji e Hōrinji presso Nata, con una monumentale statua di Buddha Bhāishajyaguru (697 d. C.); 3. il museo di Nara, con la magnifica statua classica in legno d'un bodhisattva, alta 209 centimetri, del principio del sec. VII. Nella Corea:1. i due musei del governo generale e del principe I a Söul, coi magnifici Buddha (in ferro e bronzo) Roshana e Shakya, e coi due bodhisattva sedenti con le gambe ripiegate (secoli V-VI); 2. il tempio, a caverna, della Terra, Sök-kul-am, presso Keishū (752 d. C.), coi più bei rilievi dell'Asia orientale e con una serie così completa di figure come non si trova altrove nell'Estremo Orieme.
La pianta di questo tempio è formata da una rotonda, nel cui mezzo è una statua seduta di Shakya alta tre metri, e da due rettangoli laterali. Alle pareti si trovano 27 rilievi (alti 1,92) così disposti: due figure di cavalieri e un dvarapala o divinità indiana, all'ingresso; i due custodi del tempio (Vajrayaksa) di fronte a chi entra; due re celesti (Vesurabana) nel rettangolo più stretto; nella rotonda due bodhisattva e cinque arhats; nella parte posteriore un kwannon con undici teste. Queste figure hanno panneggiamenti che si direbbero greci.
Inoltre, notevoli figure isolate nei templi di Pul-kuk-sa, Tonghoa-sa, Yu-chöm-sa, Pu-sök-sa, e rilievi monumentali presso Ma-ha-chön (Monti dei diamanti) e nel tempio di Son-tö-sa presso Söul.
Pittura. - Della più antica pittura murale in Corea dal sec. V al VII abbiamo già fatto cenno nel descrivere i monumenti sepolcrali. Accanto a ornati a motivi diversi (viticci, lingue di fuoco, nuvole, fiori) si vedono rappresentati i quattro animali simbolici (il grifone rosso, il dragone azzurro, la tigre bianca e la tartaruga nera). In Giappone rimangono ancora nel tempio di Hōryūji presso Nara le antiche pitture coreane di Donjō (Tamtjŭng) della metà del sec. VII, che per la materia come per il disegno e la coloritura ricordano le pitture murali del Turfan. La pittura buddhistica in Corea (p. es., a Pu-sök-sa, 1377 d. C.) è caratterizzata da colori tenui, e nei templi più recenti da colori caldi, senza trapassi. Nella pittura profana si scorgono numerose reminiscenze della pittura cinese. Gli artisti più importanti furono: Kim Chök-song (verso il 1400), Chüng-sön, Kang Hui-am (circa 1600), I Chöng, Yun Tuso (nome da pittore: Kong-chai), Kim Hongto, Sön-hyöp, I Inmun.
Anche la calligrafia, in modo particolare sotto il maestro Song Nyöm-cho, e anche la miniatura (col maestro Kim U-hang) sono degne di speciale menzione.
Ceramica. - La ceramica coreana è di forme e ornamenti sobrî e composti. Al periodo Naknang (epoca cinese degli Han) appartengono numerosi mattoni per copertura di tetti e per decorazione che poi presentano una grande varietà di tipi nei periodi Silla e Koryö, con molteplici ornati a striature e viticci, segni di scrittura, fiori e figure d'animali.
Nell'epoca Silla si hanno già urne smaltate e vasi grigio-neri, talvolta con caratteristici piedi e basamenti a intreccio. Nel periodo Koryŏ compariscono i céladons (Koryö-kï; giapp. Kōraiyaki) grigio-verdi, a sottili cretti, svariati per forma e per esecuzione: ve ne sono senza alcun ornamento, con rilievi piatti (yangkak), con linee incavate (öm-kak) e con incavi riempiti sankam (giapp. shōkan). Questi ultimi, azzurro-verdi e intarsiati d'argilla bianca o nera (fiori), sono proprî della Corea. Le fabbriche più importanti si trovano nelle vicinanze di Tang-chöl-li (prov. di Zenranandō). Verso la fine del periodo Koryö vennero in uso gli hoi-koryö-kï (coloritura giallobruna, petali di fiori, ecc.), e anche i lavori traforati non furono rari. Molta voga presero i mishima-de, coppe per lo più grigio-bianche, o grigio-verdi intarsiate con lunghe file di stelline o di fiorellini, simili alla scrittura del calendario del tempio di Mishima, da cui presero il nome; provengono principalmente dalle manifatture di Ke-ryong-sam. Sono da menzionare anche gli hakeme-yaki, formati con una larga spazzola, e con motivi di foglie o linee bruno scure su fondo bianco; i tenmoku di colore verde scuro, spesso con gocce argentee, e, dopo il 1600, le stoviglie bianco-grigie con dragoni in blu cobalto. La porcellana bianca è relativamente rara. Notevole l'influenza della ceramica coreana sulla giapponese. Fra le regioni ove questa si fabbricava, ebbero fama, grazie a vasai coreani: Kyōtō, Hagi (prov. Yamaguchi) Kutani (prov. Ishikawa), Karatsu, Imari e Arita (prov. Saga), Takatori (prov. Fuknoka), Jōsa (prov. Kagoshima) e Yatsushiro (prov. Kumamoto).
Le altre arti minori. - Dai tempi più antichi le arti minori furono coltivate nella Corea. Già le tombe dei periodi Naknang, Kokuryö e Silla racchiudevano numerosi lavori di pietra e di cristallo, bronzi e meravigliosi oggetti d'oro e d'argento, come catene, braccialetti, cinture, anche in filigrana. Tra gli oggetti di bronzo vanno ricordati gli antichi bruciaprofumi, le anfore con ornamenti d'argento, ecc. Gli specchi di bronzo recano l'impronta cinese; solo alcuni sono contrassegnati come lavori coreani. Le grosse campane del 732 d. C., riccamente ornate, sono le più antiche dell'Asia orientale, come pure i lavori di lacca rinvenuti a Heijō. Le cassettine incrostate di madreperla, i ricchi intagli di legno e i ricami sono in voga anche oggi.
Bibl.: Generale: E. Zimmermann, Koreanische Kunst, Amburgo 1895; O. Münsterberg, Japanische Kunstgeschichte, voll. 3, Brunswick 1904-07; id., Chinesische Kunstgeschichte, 2ª ed., voll. 2, Esslingen 1924; Ostasiatische Zeitschrift (The Far East), Berlino 1912 segg.; Museum exhibits illustrated, 3ª ed., voll. 3, Keijō 1919-21; E. Fenollosa, Ursprung und Entwicklung der chinesischen und japanischen Kunst, 2ª ed., voll. 2, Lipsia 1923; O. Fischer, Indische, chinesische und japanische Kunst, Berlino 1927; P. A. Eckardt, Geschichte der koreanischen Kunst, Lipsia 1929. - In lingua giapponese: Chōsen Kokuho taigwan, 2ª ed., Tōkiō 1915; Chōsen Koseki zufu, voll. 8, Keijō 1915-29; Ri-ō-ka hakubutsu kan socho hen, 2ª ed., voll. 3, Keijō 1918.
Architettura: Chōsen kinseki soran, voll. 2, Keijo 1919.
Plastica buddhistica: K. With, Buddhistische Plastik in Japan, Vienna 1920; id., Die japanische Plastik, Berlino 1923; W. Cohn, Buddha in der Kunst des Ostens, Lipsia 1925. In lingua giapponese: T. Sekino, Shina Bukkyo-shiseki, volumi 5, Tōkiō 1924-28.
Pittura: W. Cohn, Altbuddhistische Malerei Japans, Lipsia 1921; A. Eckardt, Korean. Märchen und Erzählungen, St. Ottilien 1929. In lingua giapponese: Chōsen ko-fun heki-gwa shi-fu (Storia degli affreschi delle antiche tombe coreane), Söul 1916.
Ceramica: R. L. Hobson, Morse e R. Sickler Williams, Chinese, Corean and Japanese Potteries. Descriptive Catalogue of Loan Exhibition of Selected Exemples, New York 1914; Catalogo della coll. le Blond al Victoria and Albert Museum, Londra 1918; O. Pelka, Japanische Töpferkunst, Lipsia 1922; R. L. Hobson, The George Eumorfopoulos Collection, voll. 6, Londra 1925-28; B. Rackham, Pottery and Porcelain, II: The Far East, Londra 1925. In lingua giapponese: Ito, Kōrai-yaki, Tōkyō 1910; Moroga, Shiragi Kokwapo, Keishū 1925.
Arti minori: E. Cohn-Wiener, Das Kunstgewerbe des Ostens, Berlino 1923; A Royal Tomb Kinkan-Tsuka at Keishu, Söul 1924.
V. tavv. LV-LXII.