Vedi CORI dell'anno: 1959 - 1994
CORI (v. vol. II, p. 837)
Il rinvenimento di strutture murarie pertinenti alla pars postica del Tempio dei Dioscuri ha contribuito a una più puntuale definizione planimetrica e cronologica di questo edificio di culto. Esso occupa l'estremità orientale di un'ampia platea artificiale, sostruita da mura poligonali di I e III maniera, coeve, probabilmente, alla cinta urbana e quindi alla fondazione della colonia su cui si estendeva la zona del foro. Gli avanzi attualmente visibili si datano, in base all'opera incerta e alla valutazione stilistica di alcuni elementi architettonici, tra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C., ma una o più fasi precedenti sono attestate dal ritrovamento di materiale ceramico e di frammenti di decorazione fittile riferibili a un periodo compreso tra il IV e gli inizi del II sec. a.C. Anche nella sua ultima ristrutturazione tardorepubblicana, l'edificio conserva il tradizionale impianto planimetrico di tipo tuscanico ereditato dalla primitiva fondazione: su un podio in opera quadrata di tufo, alto m 4,50 sulla fronte, ove si può ipotizzare una scalinata d'accesso di 9 gradini, si innalzava il tempio esastilo, orientato NE-SO, di forma quasi quadrata (19 x 18 m) bipartita nel senso della lunghezza. La metà posteriore risulta suddivisa in tre ambienti affiancati, a pianta rettangolare e terminanti con ante, i cui rapporti dimensionali, se si considera lo spessore dei muri, corrispondono esattamente al canone vitruviano (4/10 per il centrale e 3/10 per ciascuno dei laterali).
Il vano principale è a sua volta tripartito in navate da due file di colonne di cui restano due basi di tipo attico, mentre i vani laterali, aperti nella parte anteriore e occupati sul fondo da due piccole celle, sono da interpretarsi più propriamente come alae.
Le murature in opera incerta erano rivestite di intonaco dipinto a imitazione del marmo; i pavimenti risultavano a mosaico con piccole tessere bianche e nere disposte secondo un ornato geometrico. Nell'ambiente di destra è stata inoltre messa in luce una pavimentazione originaria a lastre rettangolari di travertino.
La parte anteriore dell'edificio era occupata da un ampio portico costituito da due file di 6 colonne di ordine corinzio con base attica (alt. totale m 8,70): ne rimangono in piedi due, mentre la base di una terza, che un disegno di Antonio da Sangallo il Giovane sembra testimoniare in situ, appare inglobata nella muratura di un edificio moderno.
Le colonne superstiti sorreggono un tratto dell'architrave con parte dell'iscrizione dedicatoria il cui testo (CIL, I2, 1507; X, 6506), integrato con il frammento poggiato a terra all'interno del naòs, è duplicato su un blocco di calcare lungo 3 m, probabilmente l'architrave della porta del tempio, conservato in proprietà privata. Essa commemora l'erezione dell'edificio, in seguito a un decreto del senato locale, da parte dei magistrati della colonia con il denaro preso dal tesoro sacro, nonché il collaudo e la dedica del tempio a opera di un'altra coppia di magistrati.
Nelle immediate vicinanze, gli scavi per l'installazione di un gasdotto hanno riportato alla luce un tratto di pavimento a mosaico relativo a un importante edificio collegato col foro, di probabile destinazione pubblica, i cui resti sono parzialmente conservati nella cantina di un fabbricato moderno. Il complesso monumentale, per il quale è stata proposta l'identificazione con la curia, si articola in ambienti coperti a volta e in un vano colonnato disposti su livelli diversi. Le murature in opera incerta, associate al tipo di mosaico bianco con tessere rettangolari abbinate e disposte «a stuoia», riportano a una datazione tra la fine del II e la prima metà del I sec. a.C., epoca in cui C. fu interessata da un intenso programma di ristrutturazione urbanistica e rinnovamento edilizio, parallelo a quello che si può constatare in numerosi altri centri del Lazio meridionale e che sembra connesso a un generale arricchimento delle aristocrazie locali.
Un altro impianto di cospicue dimensioni, di carattere pubblico o sacro, doveva sorgere - sempre nella zona forense - alle spalle dei resti suddetti. A esso appartiene un capitello figurato con teste di divinità maschili e femminili tra volute angolari rinvenuto (1986) sopra un pavimento musivo a piccole tessere quadrangolari bianche. Il manufatto è da correlare ad altri quattro esemplari simili conservati nel chiostro di S. Oliva e presso il Casale Stoza, dei quali si ignorava il luogo di ritrovamento. Il capitello, databile in base all'analisi stilistica alla prima metà del III sec. a.C., costituisce un pregevole esempio di questa classe di materiali ampiamente attestati nel IV-III sec. a.C. in Italia meridionale, da dove si diffondono, tramite la Campania, in Etruria (Sovana, Vulci). Nella zona alta della città, infine, in occasione di un intervento per il consolidamento del podio del Tempio di Ercole, sono stati rinvenuti i resti di un deposito votivo. I reperti, costituiti in prevalenza da terrecotte (teste, statuine, ex voto anatomici e architettonici) e da ceramica a vernice nera e comune, coprono un arco cronologico che va dalla fine del IV sec. a.C. al II d.C.
Bibl.: AA.VV., Piranesi nei luoghi di Piranesi (cat.), Roma 1979, pp. 127-129; G. M. De Rossi, Lazio Meridionale, Roma 1980, pp. 110-115; Enea nel Lazio (cat.), Roma 1980, pp. 27-34; H. von Hesberg, Lo sviluppo dell'ordine corinzio in età tardo-repubblicana, in L'art décoratif à Rome à la fin de la république et au début du principat. Table ronde, Rome 1979, Roma 1981, pp. 19-33; F. Coarelli, Lazio (Guide Archeologiche Laterza, 5), Roma-Bari 1982, pp. 254-264; P. Brandizzi Vittucci, Cora (Forma Italiae, Regio I, 5), Roma 1986, con bibliografia precedente.