MONTEMAGNI, Coriolano
MONTEMAGNI, Coriolano. – Nacque a Pistoia il 16 gennaio 1665 da Pier Francesco di Francesco e da Anna Elena (o Annalena) Maddalena di Giovanni Cancellieri.
La famiglia Montemagni, appartenente nei tempi antichi al patriziato guelfo di Pistoia, traeva il cognome dal borgo rurale di Montemagno, nei pressi di Pistoia, dal quale emigrò in citta nel secolo XIII. Ebbe un posto di rilievo nella storia della cultura, annoverando fra i suoi membri i due Buonaccorso da Montemagno, entrambi giuristi e rimatori, vissuti rispettivamente nel secolo XIV e XV. Anche la famiglia materna di Montemagni apparteneva allo stesso gruppo sociale ed era stata lungamente a capo di una fazione contrapposta a quella dei Panciatichi, nel contesto delle lotte che avevano travagliato la vita cittadina ben oltre la dedizione a Firenze, fino al secolo XVI inoltrato. D
opo la prima educazione ricevuta a Pistoia, Montemagni, seguendo le orme paterne, entrò nell’Ordine di S. Stefano; il padre rinunciò a suo favore alla commenda di famiglia, fondata nel 1621 dal nonno Francesco. Il 16 febbraio 1683 fu vestito cavaliere a Pistoia dal bali Lanfredino Cellesi e dopo pochi giorni si trasferì a Pisa per dare inizio alla cosiddetta carovana, cioè al tirocinio triennale di formazione teorica e pratica che lo avrebbe reso cavaliere a pieno titolo.
Tale apprendistato prevedeva un periodo di preparazione presso il convento dei cavalieri a Pisa, nel quale si apprendevano varie discipline connesse con la tecnica marinara, e un altro periodo, di durata biennale, di effettivo servizio sulle galere dell’Ordine. Il 27 maggio 1684 Montemagni si imbarcò a Livorno sulla galera Santo Stefano, comandata dal capitano Ignazio Taburri, una delle quattro galere che rappresentavano il contributo del granduca di Toscana alla crociata indetta da papa Innocenzo XI contro l’egemonia turca sulle coste orientali del mare Ionio. Le galere toscane, al comando dell’ammiraglio Camillo Guidi, presero parte, in appoggio alla flotta veneziana, a una spedizione che portò il 21 agosto 1684 alla presa dell’isola di Santa Maura e il 30 settembre alla conquista del forte della Prevesa. Tornato a Livorno nel dicembre successivo, Montemagni sembra non aver preso parte ad altre campagne, in quanto il suo nome non compare nella lista degli imbarcati sulle galere stefaniane, anche se la sua permanenza nella carovana si protrasse fino alla primavera 1686.
Alla fine dello stesso anno rimase orfano di padre e si trovò a capo di una famiglia composta dalla madre, da tre fratelli e due sorelle, dai quali si separò per trasferirsi a Firenze, chiamato a prestare servizio nella Segreteria medicea grazie agli uffici del concittadino Francesco Panciatichi, che allora rivestiva il ruolo di primo segretario di Stato e guerra. Il suo servizio fu ufficializzato con rescritto granducale del 18 settembre 1688 (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 1845, c. 2v). Sembra che inizialmente egli avesse il ruolo, piuttosto onorifico che operativo, di gentiluomo di camera del cardinale Francesco Maria de’ Medici, ma la prima traccia della sua presenza presso la corte di Toscana riguarda l’incarico di segretario di ambasciata del marchese Filippo Corsini, inviato in Baviera per le trattative di matrimonio fra l’erede al trono di Toscana, il gran principe Ferdinando, e Violante Beatrice di Baviera, sorella dell’elettore Massimo Emanuele.
Le trattative furono lunghe e difficili, complicate anche da pregresse pendenze finanziarie fra il principato di Baviera e il Monte di pietà di Firenze e richiesero, per giungere in porto, circa due anni di tempo e l’invio da Firenze di diverse missioni diplomatiche. Montemagni, con un ruolo del tutto subalterno, quasi una sorta di banco di prova in vista di incarichi maggiori, partecipò alla seconda di esse, partita da Firenze nel settembre 1688 con l’incarico di presentare alla promessa sposa i doni inviati dalla famiglia granducale, di assistere al matrimonio per procura e di scortarla nel viaggio verso Firenze, intrapreso nel successivo mese di novembre.
L’operato di Montemagni riscosse la piena approvazione della corte di Toscana e in virtù di questo fatto fu presto scelto per un incarico diplomatico da svolgere autonomamente. Sulla scelta influì anche il riconoscimento del lungo e onorato servizio prestato nella stessa Segreteria di Stato dal congiunto Desiderio Montemagni, del quale, a più di venti anni dalla morte, persisteva il grato ricordo (cfr. Istruzione del granduca Cosimo III a Montemagni in occasione del viaggio in Spagna del 22 febbraio 1689, in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5747). La missione fu occasionata dalla nomina di Francesco Maria de’ Medici a cardinale protettore della corona di Spagna, in seguito alla morte del cardinale Carlo Pio di Savoia (14 febbraio 1689). Il ruolo di cardinale protettore comportava la difesa in Curia degli interessi del potentato o dell’ente rappresentato e dava diritto a stipendi e donativi, ma richiedeva efficaci canali di comunicazione che garantissero il veloce e regolare afflusso delle informazioni. Montemagni fu destinato a risiedere presso il re di Spagna in qualità di agente del cardinale con istruzione del 22 febbraio 1689 (ibid.). Partì quasi subito da Firenze e giunse a Livorno il 1° marzo; il 23 marzo giunse ad Alicante e proseguì per Madrid, dove arrivò il 2 aprile. Da allora in poi il suo carteggio con la corte di Toscana divenne quasi quotidiano.
Al suo arrivo in terra spagnola apprese la notizia della recente morte della regina Maria Luisa d’Orleans, moglie di Carlo II d’Asburgo, fatto che faceva presagire la prossima fine della dinastia. Mentre da Firenze fu inviata un’ambasceria straordinaria per condolersi di questo evento, affidata al marchese Cosimo da Castiglione, a Montemagni fu dato il compito confidenziale di saggiare il parere dei membri della corte più vicini al sovrano, in vista di una candidatura della principessa Anna Maria Luisa de’ Medici a nuova moglie del re, ma il progetto non andò in porto. Montemagni svolse anche la trattativa diretta a ottenere la naturalizzazione spagnola per il principe Gian Gastone de’ Medici, nella speranza che in seguito il sovrano gli concedesse il generalato del mare, carica già esercitata in passato da altri Medici. Ma la questione più importante che trattò presso la corte di Spagna, in un periodo in cui il granduca di Toscana aveva rinunciato a prospettive di ingrandimento territoriale e perfino a giocare un ruolo nella politica europea, fu quella per il trattamento regio. Cosimo III, mosso da un’antica e radicata rivalità con i duchi di Savoia, si sforzò in tutti i modi di ottenere a sua volta il diritto di fregiarsi del titolo di altezza serenissima, che Vittorio Amedeo II di Savoia aveva ottenuto nel 1690 dal re Luigi XIV di Francia. A questo scopo furono tentate tutte le strade, perfino quella di far valere presso il re non solo le benemerenze acquisite attraverso la collaborazione e il sostegno politico, ma anche i crediti in denaro che la casa Medici vantava nei confronti della monarchia in ragione di prestiti concessi e mai restituiti. A questo scopo si inviò a Montemagni una dettagliata relazione contabile, a tutto l’anno 1689. Tali prerogative furono tuttavia riconosciute al granduca di Toscana dall’imperatore nel 1691 e dal pontefice nel 1699, ma mai dalla monarchia spagnola né da quella francese. Più successo ebbe Montemagni nel far riconfermare la neutralità del porto di Livorno, dopo un incidente diplomatico che nel 1691 aveva visto coinvolte una nave francese e alcune navi napoletane; tale neutralità fu poi estesa anche al porto di Portoferraio nell’isola d’Elba. Nel 1692, per dare più incisività ai suoi interventi presso la corte di Spagna, gli fu conferita la qualifica di inviato straordinario e il 21 gennaio ricevette le credenziali e le istruzioni relative al cerimoniale (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 2633), ma non cambiò la natura delle questioni di cui era chiamato a occuparsi, soprattutto dispute protocollari, questioni di precedenza e minute rivendicazioni di carattere economico o giuridico di varie persone o enti.
La sua permanenza in Spagna si protrasse per altri quattro anni e fino ai primi mesi del 1696, quando giunse nella capitale spagnola il suo successore, Ludovico Incontri. Al rientro a Firenze, Montemagni fu cooptato nella Segreteria di Stato; la sua nomina ufficiale a segretario avvenne con motuproprio dell’8 dicembre 1696, che gli conferiva anche il diritto a un alloggio in Palazzo Vecchio. Da allora in poi non si allontanò più, salvo per brevi periodi, da Firenze e la sua carriera si svolse tutta all’interno della Segreteria. Le principali tappe furono nel 1705, alla morte di Luigi Giraldi, il conferimento degli affari riguardanti lo Stato di Siena, nel 1714 di quelli concernenti le doti e il 20 marzo 1720, alla morte di Carlo Antonio Gondi, la nomina a primo segretario di Stato e guerra, riunendo sotto la sua responsabilità tutti i dipartimenti della Segreteria. A differenza di Gondi, Montemagni fu autorizzato, durante gli undici anni in cui fu primo segretario, a sottoscrivere col suo nome i rescritti granducali.
Come compenso di tipo onorifico di una vita spesa al servizio della famiglia regnante, gli fu conferita nel 1708 la cittadinanza fiorentina, con l’annesso privilegio di aspirare agli uffici pubblici riservati al patriziato cittadino. In virtù di tale provvedimento, negli anni a seguire, in margine al lavoro burocratico, fu quasi continuamente membro di varie magistrature: fece parte a più riprese dei Dodici Buonuomini, dei Conservatori dell’Archivio, del Consiglio di giustizia, degli Accoppiatori; due volte, nel 1713 e 1726, per sei mesi ciascuna, degli Ufficiali del Monte; tre volte, fra il 1715 e 1729, dei Procuratori di palazzo; per una volta ciascuno degli Otto di Guardia e Balia (dal 1° luglio 1714 per 4 mesi), dei Conservatori di leggi (dal 1° febbraio1714 per 6 mesi), dei Maestri di Zecca (dal 1° marzo 1719 per 6 mesi ), dei Capitani di parte (dal 1° marzo 1720), dei Maestri di Dogana (dal 1° settembre 1722 per un anno), degli Ufficiali della Grascia (dal 3 novembre 1724 per un anno). Il 14 agosto 1712 fu eletto membro a vita del Senato dei Quarantotto, provvedimento che lo assimilava in toto al patriziato fiorentino di origine repubblicana.
Questo secondo periodo della carriera di Montemagni nella Segreteria granducale coincise con la crisi finale della dinasta medicea, della quale il matrimonio sterile del gran principe Ferdinando e poi la sua morte nel 1713 facevano prevedere la prossima estinzione. Montemagni fu coinvolto in prima persona nelle manovre di Cosimo III e poi, in misura minore, di Gian Gastone, per garantire al Granducato almeno un’esistenza autonoma, sia pure assoggettata alla politica dell’una o dell’altra dinastia europea che sarebbe uscita vincitrice dalle varie guerre di successione. Interessate al problema apparivano soprattutto l’Inghilterra e l’Olanda, a causa delle loro caratteristiche di potenze marinare, con importanti basi commerciali a Livorno. Su questo fronte fu particolarmente attivo Montemagni che, oltre a corrispondere con Vincenzo Pucci, residente toscano a Londra dal 1715, tenne anche rapporti diretti con Lambert Blackwell, Henry Newton e John Molesworth, che si succedettero nel periodo 1699-1715 come plenipotenziari della Corona d’Inghilterra per gli affari italiani.
Montemagni rimase per tutta la vita interprete fedele delle direttive della corte e, anche in virtù del suo ruolo di pubblico funzionario, non mostrò mai tendenze politiche o inclinazioni particolari, mentre nell’incerto periodo apertosi con la morte nel 1713 del gran principe Ferdinando, nella prospettiva del prossimo estinguersi della famiglia regnante, gli osservatori stranieri notavano un alto grado di faziosità fra i membri del ceto dirigente toscano. Lo stesso Senato dei Quarantotto, di cui Montemagni era membro a vita, appariva diviso al suo interno a seconda della potenza europea cui si guardava con maggior fiducia, ma il nome di Montemagni veniva per lo più annoverato, nelle varie inchieste effettuate su commissione dei governi stranieri, fra coloro che non mostrarono mai parzialità per l’uno o l’altro fra i vari contendenti.
Morì a Firenze, nella sua abitazione di via Maggio (concessagli in uso dall’Ordine di S. Stefano), l’8 febbraio 1731; ebbe solenni funerali nella chiesa di S. Spirito, ma fu sepolto a Pistoia nella tomba di famiglia in S. Domenico.
Il 3 ottobre 1700 aveva sposato la nobildonna fiorentina Teresa di Iacopo Brunaccini, con la quale, in occasione del giubileo del 1725, accompagnò a Roma la principessa Violante de’ Medici. Non ebbe figli e pertanto, con testamento del 29 gennaio 1726, lasciò eredi delle sue sostanze i fratelli. Coltivò interessi culturali: fu membro fin da giovane dell’Accademia dei Risvegliati di Pistoia (vi lesse nel 1686 un Discorso accademico se più dilettevole sia stare al sole l’inverno o all’ombra l’estate) e il 17 febbraio 1725 fu ammesso all’Accademia Fiorentina. Nel corso della sua vita cumulò, oltre agli incarichi e alle onorificenze, anche stipendi, rendite e pensioni provenienti dai beni familiari e dagli investimenti personali; gli furono conferite varie commende dell’Ordine di S. Stefano: nel 1710 il priorato di Orvieto, cui il 1° febbraio 1725 il granduca Gian Gastone, gran maestro dell’Ordine, aggiunse la commenda Dragomanni. Come segno tangibile della sua ascesa sociale, nel 1712-13 fece costruire nel comune di Serravalle Pistoiese, sulle rovine di un’antica rocca medievale, la villa del Cassero, commissionando il progetto all’architetto Pier Antonio Tosi. La villa, con annessa cappella costruita nel 1729, e affrescata al suo interno con ritratti di uomini illustri della famiglia, tra cui lo stesso Montemagni, opera del pittore Giovanni Camillo Sagrestani (1660-1731), mentre la cappella, a pianta centrale e coperta a cupola, fu in origine affrescata dall’allievo Matteo Bonechi (1669 ca. - 1756).
Fonti e Bibl.: Fonte preziosa su Montemagni sono i suoi carteggi, conservati nell’archivio della famiglia nella residenza nei pressi di Pistoia, sui quali si veda: Guida storica e bibliografica degli archivi e delle biblioteche d’Italia, II, Provincia di Pistoia, 2, Mandamento di Pistoia (Cortine e Podesterie), a cura di R. Piattoli, Roma 1936, pp. 77 s. e Notizie degli archivi toscani, in Archivio storico italiano, CXIV (1956), pp. 565 s.; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 1845, c. 2v; 2633, cc. n.n.; 5747, cc. n.n.; Spogli del carteggio mediceo, tomo VII, cc. 196r-207r; tomo XX, cc. n.n.; Carte Ceramelli Papiani, 3261; Archivio mediceo del Principato. Inventario sommario, Roma, 1951, ad ind.; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato, Roma 1953, pp. 91, 115; G. Guarnieri, I cavalieri di S. Stefano, Pisa 1960, pp. 393 s.; G. hilton Jones, La Gran Bretagna e la destinazione di don Carlos al trono di Toscana, in Archivio storico italiano, CXL (1982), pp. 50 s., 55-57, 66-69, 72 s.; G. Pansini, Le segreterie nel principato mediceo, in Carteggio universale di Cosimo I de’ Medici, a cura di A. Bellinazzi - C. Lamioni, Firenze 1982, p. XLVIII; I. Polverini Fosi, Pauperismo ed assistenza a Siena durante il principato mediceo, in Timore e carità: i poveri nell’Italia moderna. Atti del Convegno «Pauperismo e assistenza negli antichi stati italiani» …1980, a cura di G. Politi - M. Rosa - F. Della Peruta, Cremona 1982, p. 159; J.C. Waquet, Le gran-duché de Toscane sous le derniers Medicis, Rome 1990, ad ind.; B. Casini, I cavalieri di Pistoia, Prato e Pescia membri del Sacro militare Ordine di S. Stefano papa e martire, Pisa 1997, ad ind.; M. Aglietti, Le tre nobiltà, Pisa 2000, pp. 38, 41; Miscellanea Medicea, I, a cura di S. Baggio - P. Marchi, Roma 2002, ad ind.