CORNELÎ
Componenti della gente patrizia romana, dalla quale ebbe il nome una delle sedici tribù rustiche più antiche. Compare nei fasti per la prima volta nel 485 a. C. con il console Servius Cornelius Maluginensis Tricostus, ma comincia ad avere una parte importante nello stato verso la fine del sec. V a. C., per divenire in seguito la più rigogliosa e potente gente di Roma, i cui membri occupano nei fasti dal 366 al 173 a. C. quasi un quarto del totale dei posti di console riservati ai patrizî; Cornelî sono inoltre un quarto dei principes senatus e dei pontifices maximi a noi noti. La gente diede anche, alla repubblica, i due Scipioni Africani e Silla.
Essa si ramificò presto in molte famiglie. Il ramo più antico è quello dei Maluginenses, dal quale si staccarono poi le famiglie dei Cossi e degli Arvina, e quindi quella degli Scipiones, che si divise alla sua volta nei due rami dei Nasicae e degli Asinae. Incerto è il rapporto coi rami più antichi dei Lentuli. Compaiono quindi successivamente nei fasti i Rufini, dai quali discesero al tempo della prima punica i Sullae, i Dolabellae, i Merendae, i Blasiones, i Cethegi, i Merulae. Oltre al cognome, molti Cornelî portavano poi dei soprannomi: p. es. i Lentuli quelli di Caudinus, Crus o Cruscellio, Lupus, Niger, Spinther, Sura, i Maluginenses di Uritinus, i Cossi di Rutilus, gli Scipiones di Barbatus, Corculum, Comatus, Calvus, Serapio, Africanus, Asiaticus, Hispanus, ecc. È incerto se fossero patrizî i C. Mammulae del sec. II, e i C. Sisennae del I a. C.; i Cornelii Cinnae erano invece probabilmente plebei, e lo erano certo i C. Balbi e i C. senza cognome; più tardi si ebbero molte famiglie di Cornelî plebei con cognome (Anullinus, Aquillius, Aquinus, Celsus, Flaccus, Fronto, Gallus, Labeo, Nepos, Sabinus, Senecio, Tacitus, ecc.). Il gentilizio Cornelius era portato da numerosissime famiglie plebee tarde, molte delle quali discendevano dagli schiavi dei proscritti da Silla, che egli fece manomettere e che come suoi liberti si chiamavano Cornelii: essi sarebbero stati 10.000 (Appiano, Bell. civ., I, 100).
I Cornelii patrizî avevano i loro riti gentilizî (Macrobio, I, 16, 7), e conservarono il rito funebre primitivo dell'inumazione fino a Silla, che dispose d'essere cremato temendo rappresaglie contro il suo cadavere. La tenace fedeltà ai costumi antichi era proverbiale nei Cethegi. I prenomi usati nella gente erano pochi: A. e M. ricorrono solo per i più antichi Cornelii; C. solo per i Blasiones e i Cethegi; nei tempi più recenti i prenomi più comuni sono Cn., L., P., Ser.; da un certo momento tutti i Nasicae si chiamano P., i discendenti di L. Scipione Asiatico tutti L., invece mai i Sullae si chiamano Cn. e gli Scipiones Ser.
La più celebre famiglia dei Cornelî fu quella degli Scipioni, potentissima in Roma dal tempo della guerra annibalica fino alla metà del sec. II a. C. e che poi decadde. Il loro sepolcreto fuori porta Capena, verso il 1° miglio dell'Appia, fu scoperto nel 1780; consta di un complesso di camere sotterranee che contenevano i sarcofagi (che sono oggi riuniti, tranne uno, nel Museo Vaticano) e fu restaurato di recente. Vi furono sepolti dalla fine del sec. IV o principio del III i morti del ramo principale degli Scipioni (tranne i due grandi Africani) e il poeta Ennio. Venuta meno la famiglia alla fine della repubblica, il cognome e il sepolcreto fu ereditato dai Lentuli. I Cethegi, dànno ancora un console nel 170 d. C.; i Dolabellae si spensero prima del sec. III d. C.; i Lentuli, che avevano gli antichi cognomi Cossus come prenome e Maluginensis e Scipio come cognome, prima del II; i C. Scipiones Salvidieni Orfiti, che compaiono al tempo di Claudio, diedero ancora un console nel 295 d. C.; tutte le altre famiglie patrizie erano già spente. Coloro che, come l'imperatore Gordiano, pretendevano di discendere dagli Scipioni, vantavano false genealogie.
Bibl.: F. Münzer, e altri, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, col. 1249 seg.; W. Drumann e P. Groebe, Geschichte Roms, II, Lipsia 1902, p. 359 seg.; C. Heiter, De patriciis gentibus quae imperii Romani saec. I, II, III fuerint, Berlino 1909. Monete della gente in E. Babelon, Monnaies de la républ. rom., Parigi 1885, I, p. 385. Sul sepolcro degli Scipioni, v. P. Nicorescu, La tomba degli Scipioni, in Ephemeris Dacoromana, I, Roma 1923, p. i seg.; A. M. Colini, La sistemazione del Sepolcro degli Scipioni, in Capitolium, III (1927-28); gli epitaffî dei sarcofagi, in Corp. Inscr. Lat., I, 2ª ed., p. 373 seg.