Cornelia (Corniglia)
Figlia di Cornelio Scipione Africano Maggiore, visse nel II secolo a. C. Matrona di irreprensibili costumi, fu madre di Tiberio e Gaio Gracco e ne curò l'educazione secondo principi nobili e severi. Disdegnando il lusso e gli ornamenti muliebri, affermò una volta, additando i figli, " Haec ornamenta sunt mea " (Val. Mass. Dict. et fact. mem. IV IV). Soprattutto per questo suo detto C. divenne uno di quei personaggi che, privi di forte rilievo storico e umano, vivono tutti in un gesto esemplare raccolto e magnificato dalla tradizione. La sua figura è spesso evocata (anche antonomasticamente: cfr. Giov. VI 167) come modello di un costume familiare semplice e austero, in cui si formava e si temprava la virtù repubblicana.
Posta nel Limbo in una schiera di altre insigni donne romane (If IV 128), C. è citata anche in Pd XV 129 per significare una virtù antica che nella corrotta Firenze trecentesca sarebbe riuscita incomprensibile.
La forma ‛ Corniglia ' usata da D. in ambedue i luoghi rappresenta il regolare esito fiorentino del latino Cornelia, con anafonesi dinanzi a palatale, ed è attestata largamente sino alla metà del Trecento, finché non prevalse la forma latineggiante. Secondo alcuni critici (di recente Gmelin e Paratore) la Corniglia del Limbo sarebbe C. seconda moglie di Pompeo, che Lucano nella Farsalia (II 344-349) nomina per l'appunto accanto a Marzia (ma vedi per l'intera questione il Mazzoni, citato in bibliografia).
Bibl. - Per la forma ‛ Corniglia ' cfr. Parodi, Lingua 222-223; A. Castellani, Sulla formazione del tipo fonetico italiano, in " Studi linguistici it. " II (1961) 25; F. Mazzoni, In " Studi d. " XLII (1965) 183-185.