CORNELIA
Figlia di Scipione e madre dei Gracchi. Da un passo di Plinio (Nat. hist., xxxiv, 31) e da uno di Plutarco (Ti. et C. Gracch., 25 (4), 4) sappiamo che una statua raffigurante C., seduta, con i calzari senza lacci, si trovava anticamente nel portico di Metello e, successivamente, era stata trasferita nel portico di Ottavia. Proprio dai propilei del portico di Ottavia, nei pressi della chiesa di S. Angelo in Pescheria, fu estratta nel 1878 una base rettangolare di marmo pentelico, alta m o,8o, lunga m 1,20 e profonda m 1,75, ora collocata nel Museo dei Conservatori, che reca due iscrizioni, di cui la prima, sicuramente più antica, per i caratteri che si addicono al periodo augusteo, ci conferma che essa doveva sostenere una statua di C.: quella ricordata da Plinio: Cornelia Africani F. Graccorum; mentre la seconda (Opus Tisicratis), eseguita in caratteri del tardo Impero, ci permette di arguire una utilizzazione della base come sostegno di un'opera di Tisikrates (v.) a noi ignota. Al tempo della scoperta si notarono sulla base tracce dell'azione del fuoco causato, forse, dall'incendio dell'8o d. C. Questo incendio, che avrebbe gravemente danneggiato la statua, ne potrebbe aver consigliato successivamente la sostituzione con un'altra, posta sulla stessa base. La base capitolina dà motivo di supporre che C. fosse ritratta seduta per influsso dell'arte greca (non si dimentichi in proposito il filellenismo di Cornelia).
Il Vessberg è dell'opinione che la base appartenga ad un periodo successivo a quello della statua e che ne sostituisca una più antica.
Bibl.: J. J. Bernoulli, Röm. Ik., I, Stoccarda 1882, p. 72; E. Strong, La scultura romana da Augusto a Costantino, I, Firenze 1923, p. 9; G. Lugli, La zona archeologica di Roma, Roma 1924, p. 230; D. Mustilli, Il Museo Mussolini, Roma 1938, p. 24 s., n. 18; O. Vessberg, Studien zur Kunstgeschichte der römischen Republik, Lund-Lipsia 1941, p. 43.