FRANGIPANE, Cornelio
Nacque a Tarcento, nei pressi di Udine, l'8 sett. 1508, da Pietro di Castello e da Giulia Neuhaus, terzo di tredici fratelli.
Fin dal XIII secolo la famiglia era titolare in forma consortile dei feudi di Castello (Castelporpetto), da cui aveva preso il nome, e di Tarcento, conferiti dai patriarchi d'Aquileia e confermati dalla Repubblica di Venezia dopo l'occupazione del Patriarcato (1420). Nel 1510 Castello fu distrutto dai soldati dell'imperatore Massimiliano I e in seguito incorporato nel capitanato austriaco di Gradisca. A partire dagli anni Trenta il F. cominciò ad assumere stabilmente il cognome dei Frangipane, l'antico casato romano di cui i consorti di Castello per tradizione si ritenevano discendenti (insieme con i Frangepán croati, conti di Veglia). L'adozione del nome fu presto accolta dall'intera famiglia, anche dopo che Ferdinando d'Asburgo nel 1546 le riconferì il primitivo feudo, ormai divenuto definitivamente possesso austriaco.
Il F. ebbe la prima formazione letteraria nella scuola di Udine, dove dal 1519 studiò latino, greco e retorica; seguì le lezioni di Giulio Camillo, forse già a Udine, forse più tardi nell'accademia umanistica di San Vito al Tagliamento. Nel 1527 si iscrisse all'università di Padova, dove si laureò in giurisprudenza il 10 febbr. 1534; approfondì in particolare il diritto civile, sotto Marco Benavides e Antonio Porcellino, e quello feudale: di questa materia fu anche lettore straordinario nel 1530. In questi anni iniziò l'attività letteraria, componendo i primi versi e alcuni trattati filosofici d'ispirazione neoplatonica, rimasti inediti. Particolarmente apprezzata fu la sua versione di tre orazioni ciceroniane (Pro rege Deiotaro, Pro Marcello, Pro Ligario), che venne più tardi inserita nella raccolta curata da Francesco Sansovino di Orationi volgarmente scritte da molti huomini illustri (Venezia, F. Rampazzetto, 1561) e spesso ristampata.
Tornato in patria, il F. venne ammesso nel Collegio dei dottori di Udine, iniziando una fortunata carriera di avvocato: la sua prima causa fu nell'ottobre del 1534, in difesa dei diritti giurisdizionali della propria famiglia su Tarcento. Anche in seguito si occupò spesso di processi in materia feudale, sia patrocinando la nobiltà friulana nel suo complesso (i cosiddetti Castellani) contro il luogotenente veneziano, sia difendendo gli interessi di singoli giurisdicenti contro le Comunità a loro sottoposte. Fu membro del Parlamento della Patria del Friuli e, dopo che nel 1539 si era costruito una casa in borgo Aquileia a Udine, autorevole componente del Consiglio di questa città, rivestendo più volte la carica di settemviro (assessore). Ben presto il F. acquistò fama anche nel foro criminale. Nell'agosto del 1540 dovette difendere tre suoi fratelli, accusati dell'omicidio di due loro cugini: riuscì a fare assolvere il più giovane, Prospero, mentre Fabio e Pietro furono banditi per sempre dal territorio della Repubblica ed entrarono al servizio degli Asburgo.
Tra il 1534 e il 1544 il F. tenne un diario sulle vicende della sua famiglia, il Libro delle cose necessarie a ritenersi che appartengono a la casa di Castello, in cui riportò anche i momenti principali della sua attività forense e gli incontri fatti nei suoi continui viaggi. A Venezia entrò in amicizia con Camillo e Valerio Orsini, i famosi generali romani al servizio della Repubblica, e con letterati come Sperone Speroni e Trifon Gabriele. Alla fine degli anni Quaranta fu in relazione anche con Pietro Aretino e Girolamo Fracastoro. Altrettanto stretti furono i suoi contatti al di là del confine austriaco, dove frequentò vari esponenti della nobiltà e soprattutto il vescovo di Trieste Pietro Bonomo, già autorevole cancelliere di Ferdinando d'Asburgo. Nell'agosto del 1539 il F. si recò a Trieste per visitare il prelato e lì incontrò anche Pietro Paolo Vergerio, vescovo di Capodistria. Durante il viaggio fu ospite a Duino del signore del luogo, Matthias Hofer.
A partire dal 1539 il F. fece spesso parte delle delegazioni che il Parlamento friulano inviava a Venezia sia per il disbrigo corrente degli affari sia in occasioni di cerimonie ufficiali; nel dicembre 1545 a nome della sua provincia pronunciò la solenne orazione gratulatoria per l'elezione del doge Francesco Donà, subito pubblicata e più volte ristampata (Oratione… nella creatione del serenissimo prencipe Donato, Venezia, V. Valgrisi, 1545). Un compito analogo gli fu affidato nel giugno 1554 per l'elezione del doge Francesco Venier: il testo venne stampato molti anni più tardi (Oratione… recitata al seren. principe Francesco Veniero, ibid., D. e G.B. Guerra, 1577).
Alla fine degli anni Quaranta il F. sostenne la sua causa più importante in materia criminale, a difesa di Matthias Hofer. Il signore di Duino, già sotto processo perché accusato di gravi delitti e di ribellione, il 30 giugno 1547 aveva commesso a Vienna un nuovo omicidio, dandosi poi alla fuga; catturato alla fine dell'anno, fu ricondotto nella capitale austriaca e giudicato dal tribunale reale. Il F. lo assistette in un procedimento durato oltre due anni e ne ottenne la completa assoluzione, anche grazie all'intervento di Carlo V. La sua arringa difensiva, pronunciata nel 1549 in latino davanti a re Ferdinando e poi tradotta in italiano, venne compresa nel 1561 nella citata raccolta del Sansovino quale modello di oratoria giudiziaria.
Nonostante i successi in campo forense il F. non era ricco; i feudi di Tarcento e di Castelporpetto, una volta riuniti, comprendevano venti villaggi, ma i proventi - scarsi - andavano divisi tra i molti componenti maschi della famiglia. Per accrescere le entrate il F. dovette dunque esercitare l'ufficio di vicario (vale a dire di assistente del podestà in materia giuridica) presso alcune città del dominio veneziano: fu a Brescia sotto il podestà Girolamo Zane (dal luglio 1550 al febbraio 1551), a Treviso con Bernardino Vitturi (1555) e in seguito forse anche a Verona. In patria il F. continuò ad avere incarichi di grande rilievo, sia per le sue competenze giuridiche, sia per la sua fama di oratore. Nel 1552 sostenne con tale vigore i diritti del Comune di Cividale che il luogotenente veneziano lo fece incarcerare per qualche giorno. Nel 1558 e nel 1564 rappresentò il Parlamento friulano in vertenze fiscali con le autorità; nel 1565 difese con successo, davanti al Consiglio dei dieci, il diritto d'asilo che i nobili castellani rivendicavano nelle loro giurisdizioni; nel gennaio 1567 pronunciò a Venezia una eloquente orazione sulla necessità di fortificare la città di Udine. Ancora il 27 nov. 1585 ebbe l'incarico di porgere il saluto ufficiale del Parlamento friulano al patriarca d'Aquileia Giovanni Grimani che prendeva possesso della sua sede.
Da quando la famiglia era stata riconfermata nel feudo di Castello il F. poteva esercitare a pieno titolo la sua professione anche in territorio austriaco, e già nell'ottobre del 1550 patrocinò la nobiltà della Contea di Gorizia contro le rivendicazioni delle Comunità rurali. Nel 1560 sottoscrisse la protesta degli avvocati goriziani nei confronti dei legali veneti che svolgevano la loro attività all'interno del dominio asburgico, nonostante la legge lo vietasse. Il 15 apr. 1567 prestò di persona l'omaggio come vassallo all'arciduca Carlo, in visita a Gorizia; nel 1581 ottenne che il nipote Antigono entrasse come paggio nella corte di Graz, iniziando così una brillante carriera al servizio di quel ramo della casa d'Austria.
Le relazioni con i territori asburgici misero certamente in contatto il F. con ambienti luterani: già nel 1543 del resto il fratello Prospero era stato coinvolto nell'inchiesta su un gruppo di eretici udinesi. Nel marzo 1558 il S. Uffizio fu informato che Pietro Paolo Vergerio, da nove anni esule Oltralpe, attraversando di nascosto il Friuli alla volta di Duino, aveva mandato a salutare il celebre avvocato e forse gli aveva fatto recapitare libri anticattolici. Alla fine del 1569 il F. difese davanti all'Inquisizione di Venezia Isabella Frattina, nobile di Portogruaro, accusata d'eresia. Il testo della sua arringa va ben oltre l'aspetto giuridico del procedimento e contiene precise affermazioni religiose, tanto che una copia venne trasmessa agli inquisitori di Udine. Fino alla morte egli venne guardato con sospetto dalle autorità ecclesiastiche, ma non ci fu mai un'inchiesta formale nei suoi confronti.
A metà degli anni Settanta il F. patrocinò la nobiltà friulana in una lunga e complessa causa contro il luogotenente veneziano e il Comune di Udine in materia di privilegi fiscali e giudiziari. Nel febbraio 1580, quando il procedimento era ancora in corso a Venezia, egli venne arrestato dal luogotenente sotto l'accusa di aver fatto mozzare naso e orecchie a un contadino di Tarcento, che gli aveva mancato di rispetto. Insieme con lui furono imprigionati i nipoti Pietro e Cornelio (Claudio Cornelio), che avevano materialmente compiuto la feroce vendetta. I tre rimasero in carcere per oltre otto mesi; in loro appoggio intervennero pressoché unanimi i nobili del Friuli e molti autorevoli patrizi veneziani. Il processo si trasformò così in una difesa dei diritti del ceto aristocratico e in autunno gli imputati, che erano assistiti da Servilio Treo e da due altri celebri avvocati, furono assolti.
Nel 1581 il Consiglio dei dieci accolse gran parte delle tesi del F. in favore della nobiltà friulana; negli anni seguenti tuttavia egli si trovò spesso ad ammonire i Castellani a non eccedere nell'esercizio dei propri privilegi, rispettando diritti di sudditi e Comunità. Egli stesso ebbe una lunga vertenza con i suoi patrocinati, che non volevano pagargli le prestazioni di avvocato; ne rimase tanto offeso che si avvicinò alla controparte di un tempo, i cittadini di Udine. Nel 1587 fu eletto ancora una volta assessore, e in questa veste studiò un piano per migliorare le vie di comunicazione, terrestri e fluviali, che toccavano la capitale del Friuli.
Nonostante i suoi impegni in campo giudiziario e amministrativo, per tutta la vita il F. svolse un'intensa attività letteraria, raggiungendo presto una certa notorietà tra gli uomini di cultura. Le sue lettere e le sue poesie, in italiano e in latino, sono inserite in alcune delle più celebri raccolte del secolo: le Lettere volgari di diversi eccellentissimi huomini. Libro II, a cura di P. Manuzio, Venezia, figli di A. Manuzio, 1545, cc. 29 s., 51 ss.; le Rime diverse di molti eccellentissimi auttori, a cura di L. Domenichi, ibid. 1545, p. 240; Delle rime di diversi nobili huomini et eccellenti poeti, ibid., G. Giolito, 1548, c. 100r; Lettere scritte al signor Pietro Aretino, ibid., F. Marcolini, 1551, II, cc. 286 ss.; Del tempio alla divina signora donna Giovanna d'Aragona, a cura di G. Ruscelli, ibid., P. Pietrasanta, 1555, pp. 247 s.; Lettere di diversi eccellentissimi huomini, a cura di L. Dolce, ibid., G. Giolito, 1559, pp. 466-472; Componimenti latini e toscani da diversi suoi amici composti nella morte di m. Benedetto Varchi, Firenze 1566, c. Iv; Il tempio della divina signora donna Geronima Colonna d'Aragona, a cura di M. Sammarco, Padova, L. Pasquati, 1568, I, c. 26r; II, c. 3v; Della nuova scielta di lettere di diversi nobilissimi huomini et eccellentissimi ingegni, a cura di B. Pino, Venezia 1574 (sette lettere).
Quasi tutte le opere del F. di maggior respiro rimasero invece inedite e forse prive dell'ultima rifinitura, in particolare gli scritti filosofico-religiosi, che riflettono sicuramente l'insegnamento di Giulio Camillo, e il poema in tre canti Il trionfo di Cristo. Postumi apparvero il Dialogo d'amore (Venezia 1588), composto ancora nel 1545, e due testi d'argomento politico risalenti agli ultimi anni di vita: la Lettera overo Discorso… che sia meglio governare li popoli con timore che con amore (Treviso 1592) e il trattato Del parlar senatorio (a cura di D.G. Canini, Venezia 1619). Egli non curò nemmeno la pubblicazione del folto gruppo di composizioni poetiche di stampo petrarchesco che aveva dedicato a Orsa Hofer, sorella di Matthias e moglie dell'avvocato udinese Giulio Manin, fatta oggetto per molti anni di un tipico "amore platonico" secondo la moda del tempo. Morta la donna, il F. costruì in suo ricordo nel palazzo di Tarcento una splendida fontana, che chiamò Elice (nome classico della costellazione dell'Orsa). A celebrazione della fontana, ma in realtà per immortalare la memoria dell'amata, raccolse infine le poesie di oltre sessanta autori friulani nel volume Helice. Rime e versi di vari compositori del Friuli sopra la fontana Helice, stampato a Venezia, al segno della Salamandra, nel 1566.
Il F. non prese mai moglie. Visse però a lungo con la cugina vedova Caterina Manin, figlia di una sorella della madre; dall'unione nacque il figlio Teodoro, legittimato a Venezia nella primavera del 1564 e morto nel novembre 1573, tre anni dopo la madre. In suo ricordo il padre scrisse un epicedio in prosa, Il vero pianto del signor C. F. per la morte di Theodoro suo figlio, rimasto inedito. Dalla governante egli ebbe altri due figli, Lucilio e Raffaello, che però non riconobbe, pur lasciando loro vari beni nel suo ultimo testamento, dettato a Venezia il 27 giugno 1584. Come eredi designò i figli dei fratelli Ascanio e Ortensio, già scomparsi da tempo.
Morì il 25-26 ag. 1588 a Tarcento, dove fu sepolto nella chiesa parrocchiale di S. Pietro "senza pompa", come egli stesso aveva chiesto. Due giorni dopo l'Inquisizione udinese poneva sotto sequestro la sua biblioteca, ricca di circa mille titoli, intimando la scomunica a chi ne sottraesse libri o manoscritti; in seguito varie opere vennero confiscate e distrutte.
Fonti e Bibl.: La documentazione manoscritta più ricca è tuttora posseduta dai discendenti: Ioannis di Aiello del Friuli, Arch. Frangipane, voll. 176-178, con molti autografi. Altri codici importanti: Udine, Bibl. comunale, Fondo principale, mss. 405, 423, 424, 1544; Fondo Joppi, ms. 93; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Cicogna 1747, 3204; Verona, Bibl. comunale, ms. 294 (Miscell. Ongaro), vol. X (sei opuscoli filosofici); altre indicazioni in P.O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices.Per alcune notizie ined. riportate nel testo si veda Gorizia, Arch. stor. prov., Atti degli Stati, serie P, vol. 4, cc. 75 s.; serie R, vol. 2, alla fine; Arch. di Stato di Venezia, Testamenti, busta 1266/46; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. P.O. 2501, fasc. 17/3. Per una bibliogr. degli scritti vedere G. Valentinelli, Bibliografia del Friuli, Venezia 1861, ad Ind.
Edizioni moderne più significative: Saggio di rime e prose di C. Frangipane, a cura di L. Cosatti, Milano 1812; Rime e prose di alcuni illustri scrittori friulani del sec. XVI (nozze Nussi - Policatti) a cura di V. Tamai, Udine 1823, pp. 13-21, 41-45; Lettera di C. Frangipane a suo nipote Pietro, a cura di F. Micoli Toscano, Udine 1850; In laude di Venezia (nozze Trieste - Costantini), a cura di E.A. Cicogna, Venezia 1850; Orazione…sopra la fortificazione d'Udine (nozze Luigi Frangipane), Udine 1875; Descrizione di Tarcento (nozze Martini - Carletti), Udine 1942; Rime, a cura di G.F. d'Aronco, Udine 1959. Si veda inoltre: G.F. Palladio, Historia della provincia del Friuli, Udine 1660, II, pp. 159, 164, 166, 173, 177, 182, 184; G. Capodagli, Udine illustrata, Udine 1665, pp. 168 s.; G.G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da' letterati del Friuli, II, Venezia 1762, pp. 161-181; L. Cosatti, Notizie intorno a C. F., in Saggio di rime e prose…, pp. 5-15; E.A. Cicogna, Delle inscriz. veneziane, Venezia 1824-42, I, p. 60, II, pp. 36, 39; III, p. 51; VI, p. 621-624; Id., Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, pp. 322, 329, 332; P. Antonini, C. F. di Castello, giureconsulto, oratore e poeta del sec. XVI, in Arch. stor. ital., s. 4, VIII (1881), pp. 19-64, 335-365; IX (1882), pp. 20-60, 296-335 (con estratti del diario e di altri scritti ined.); R. Pichler, Il castello di Duino, Trento 1882, pp. 290, 293-297; A. Battistella, Atti d'un processo informativo contro P.P. Vergerio presso il S. Officio di Udine, in Mem. stor. forogiuliesi, X (1914), pp. 477, 480, 482; P. Paschini, Eresia e riforma cattolica al confine orientale d'Italia, Roma 1951, pp. 58, 76, 83; E. Pastorello, L'epistolario manuziano, Firenze 1957, pp. 127, 259; Acta graduum academicorum ab anno 1526 ad annum 1537, a cura di E. Martellozzo Forin, Padova 1970, pp. 148, 312; L. De Biasio, L'eresia protestante in Friuli nella seconda metà del sec. XVI, in Mem. stor. forogiuliesi, LII (1972), pp. 107, 114 s.; S. Bertossi - G. Pacorigh, Porpetto,Indagine su una Comunità, San Daniele 1973, pp. 87 s. (con ritratto); D. Frangipane, L'archivio Frangipane, in Atti dell'Accad. di Udine, s. 8, I (1973-75), pp. 371 s.; S. Cavazza, Inquisizione e libri proibiti in Friuli e a Gorizia tra Cinquecento e Seicento, in Studi goriziani, XLIII (1976), 1, pp. 53, 60; A. Stefanutti, Giureconsulti friulani tra giurisdizionalismo veneziano e tradizione feudale, in Arch. veneto, s. 5, CVII (1976), p. 77; Storia della cultura veneta, 4, Il Seicento, Vicenza 1983-84, I, pp. 170, 172; II, pp. 428 s.; L. Bolzoni, Il teatro della memoria. Studi su Giulio Camillo, Padova 1984, p. 87; A.M. Caproni, L'inventario della biblioteca di C. F., in Fogli di taccuino, Roma 1988, pp. 155-165; L. De Basio, La difesa di C. F. per Isabella Frattina davanti al Sant'Uffizio veneziano, in Mem stor. forogiuliesi, LXXIII (1993), pp. 149-184 (con il testo dell'arringa); U. Rozzo, Biblioteche ital. del Cinquecento tra Riforma e Controriforma, Udine 1994, ad Ind.; S. Cavazza, La Riforma nel patriarcato di Aquileia: gruppi eterodossi e comunità luterane, in Il patriarcato di Aquileia tra Riforma e Controriforma, Udine 1996, pp. 20 s., 25 s., 30, 37, 40 s.