FRANGIPANE, Cornelio (Claudio Cornelio)
Chiamato anche "il Giovane", o "il Veneziano" per distinguerlo dallo zio paterno, si firmò "Claudio Cornelio" nella maggior parte delle opere a stampa, senza tuttavia assumere questo nome in documenti ufficiali. Nacque a Tarcento, nei pressi di Udine, il 16 nov. 1553, da Ortensio e da Emilia Panciera, terzo di cinque figli maschi (Pietro, Fabio, e i più giovani Ciro e Antigono). Nel 1569 perse il padre, ucciso da parenti della madre in una delle frequenti faide che dividevano la nobiltà del Friuli.
Seguendo le orme del celebre zio, il F. ebbe una completa formazione letteraria a Udine; poi studiò filosofia a Bologna e diritto a Padova, dove si laureò intorno al 1575. Ben presto si fece conoscere anche come umanista e poeta: già nell'autunno del 1570 pubblicò con il giurista friulano G.F. Deciani un opuscolo in versi che invocava l'aiuto divino nella guerra contro i Turchi appena iniziata (Io. Francisci Deciani… Psalmus ad implorandum divinum auxilium in bello, Claudiique Cor. Frangipanis ad Deum Opt. Max. Hymnus, s.d.t.).
Appena ventenne il F. acquistò un'immediata fama in campo astrologico, intervenendo nel dibattito sulla "stella nuova" apparsa nella costellazione di Cassiopea nel novembre del 1572. In realtà il Discorso del S. Cl. Cornelio Frangipani sopra la stella che è apparsa nell'anno 1572 in tramontana… (Venezia 1573) è essenzialmente un'opera di carattere letterario, nonostante una dichiarata professione di antiaristotelismo e l'utilizzo di autori come G. Cardano: difatti gli astronomi non la presero sul serio, e T. Brahe ne denunciò con molta severità gli errori e l'inconsistenza delle argomentazioni.
Lo scritto tuttavia preannunciava come imminente la morte di un sovrano e l'avvento di un monarca che avrebbe riportato la pace nel mondo, sconfitto i Turchi e convertito gli ebrei. Queste previsioni parvero avverarsi nell'estate del 1574, quando morì Carlo IX di Francia e per Venezia passò Enrico di Valois, che per succedere al fratello aveva lasciato la Polonia, dove era stato appena incoronato re. Per il soggiorno veneziano del re, dal 17 al 27 lug. 1574, il F. compilò un oroscopo molto favorevole e compose la tragedia mitologica Proteo, pastor del mare, messa in musica da Claudio Merulo e rappresentata il giorno 21 dalla compagnia dei Gelosi nel palazzo ducale. Il testo fu subito pubblicato: Tragedia del S. Cl. Cornelio Frangipani al christianissimo et invittissimo Henrico III re di Francia e di Polonia… (Venezia 1574).
Negli anni seguenti il F. continuò a vivere tra Padova, Venezia e il Friuli: nel maggio 1575 era ancora a Padova, ma in estate si rifugiò a Tarcento per la grave epidemia di peste che colpì l'intero dominio veneto e nella quale perse vari parenti. Nell'agosto 1576 pubblicò a Venezia un breve scritto, De peste coelitus illapsa anno MDLXXV, che non ebbe particolare fortuna; in ottobre, placatasi l'epidemia, dedicò alla chiesa di S. Rocco di questa città, come ex voto per lo scampato pericolo, una tavoletta d'argento incisa, il cui testo, 28 esametri complessivi, venne anche stampato: Carmen in aedem divi Rochi in lamina argentea excisum (s.n.t.). Dopo questi lavori giovanili la produzione letteraria del F. s'interruppe per oltre un trentennio: unica eccezione i 39 versi latini offerti all'imperatrice vedova Maria d'Asburgo di passaggio per Venezia (De serenissima Maria Austriaca Imperatrice Cl. Cornelii Frangipanis Carmen, Venezia 1581).
Nel febbraio 1580 il F. venne arrestato a Tarcento, insieme con il fratello maggiore Pietro e lo zio Cornelio, con l'accusa di aver mutilato un contadino che aveva mancato di rispetto alla famiglia. Anche se il processo si concluse in autunno con la scarcerazione, egli lasciò il dominio veneto per alcuni anni; è probabile che risalga a questo periodo il viaggio nell'Impero, in Francia e in Spagna, di cui parlò spesso in seguito. In questi anni ebbe anche occasione di collaborare con A. Manuzio il Giovane all'edizione delle lettere di Cicerone, probabilmente consultando i codici che si trovavano a Roma. Il F. in verità utilizzò il soggiorno romano non tanto per approfondire gli studi filologici, quanto per esplorare gli archivi papali, compreso quello riservato della Camera apostolica, per trarvi indicazioni sulle materie controverse tra Venezia e la Santa Sede nel campo della giurisdizione ecclesiastica.
Ritornato in patria, il F. si dedicò stabilmente alla professione legale: un voluminoso zibaldone di appunti e note giuridiche, che tenne aggiornato per oltre quaranta anni, inizia alla data del 27 apr. 1587. Alla fine degli anni '80 ricoprì la carica di assessore, cioè assistente giudiziario, del podestà di Brescia; nel 1592 era di nuovo a Venezia, dove fu nominato consulente del governo per le materie ecclesiastiche (advocatus ad res ecclesiasticas cleri, secondo il decreto del 29 febbr. 1592).
I più antichi pareri legali del F. risalgono all'estate del 1593 e per lo più sono firmati insieme con altri giuristi, soprattutto i consultori in iure Bartolomeo Selvatico ed Erasmo Graziani. Nel gruppo di consulenti giuridici della Repubblica sembra che egli sia stato impiegato soprattutto per le sue buone capacità di raccogliere la documentazione e per la conoscenza degli archivi papali che poteva vantare.
L'attività del F. quale "iurisperito ordinario nelle cause pubbliche ecclesiastiche", come egli si firmava, durò oltre quarant'anni, con una sostanziale continuità, ma a livello modesto - fino al 1615 infatti la sua retribuzione fissa non superò i sessanta ducati l'anno - e spesso affiancato da altri giuristi. Nel dicembre del 1608, per esempio, egli istruì la pratica sulla delicata questione dell'abbazia della Vangadizza (una ricca commenda del Polesine che Paolo V voleva assegnare a suo nipote), ma subito dopo essa venne affidata a Paolo Sarpi. Lo stesso avvenne per il complesso problema della sovranità veneziana su Ceneda, del quale pure il F. si era occupato ancora alla fine del Cinquecento.
Nella vicenda dell'interdetto non sembra che il F. abbia assunto una posizione definita, e anche il suo zibaldone giuridico è assai scarso di annotazioni per gli anni 1606-1607. Egli in effetti non doveva appartenere alla cerchia dei giuristi vicini a P. Sarpi e forse non è un caso che dopo l'interdetto si sia occupato poco di questioni ecclesiastiche, per trattare piuttosto problemi di diritto feudale. Nel 1609 fece parte della commissione che doveva regolare la situazione dei confini in Cadore, e nello stesso anno fu fatto il suo nome per la successione dello scomparso E. Graziani alla carica di consultore in iure: aveva aspirato per lungo tempo a quest'ufficio, ma gli venne preferito Servilio Treo.
Negli anni seguenti il F. cercò di segnalarsi prendendo le pubbliche difese di Venezia contro quei libri che in qualche modo avessero criticato il governo della Repubblica: compose così memoriali contro il Mare liberum di H. Grotius, apparso a Leida nel 1609, contro l'anonimo Squittinio della libertà veneta (Mirandola 1612), forse anche contro la Republique di J. Bodin, tradotta in italiano fin dal 1588. Questi scritti del F. tuttavia non furono mai pubblicati, e probabilmente rimasero allo stato di abbozzo. Buon successo invece incontrò il trattatello Per la storia di papa Alessandro III (Venezia 1615) e riedito con aggiunte nell'agosto 1616 col titolo, alquanto improprio, di Allegatione over Consiglio in iure… per la vittoria navale contro Federico I imperatore et atto di papa Alessandro III.
L'opera, ristampata nel 1618 e più tardi inserita nelle edizioni complete degli scritti di P. Sarpi, in 142 succinti paragrafi difendeva le ragioni del dominio veneziano sul mar Adriatico, fatto derivare dalla concessione di papa Alessandro III del 1177. Il F. intendeva confutare le affermazioni di C. Baronio, che nel XII volume degli Annales ecclesiastici (1612) aveva dimostrato l'inconsistenza di questa tradizione, tanto cara a Venezia e simboleggiata nell'annuale cerimonia dello Sposalizio del mare: gli argomenti che egli contrappone non vanno tuttavia al di là dell'elaborazione retorica dei più correnti luoghi comuni sull'argomento.
Le sue speranze di ottenere la carica di consultore in iure tramontarono definitivamente nel 1615, quando fu accusato di aver sottratto un fascicolo dalla Cancelleria segreta. Il F. fu sospeso da ogni incarico e confinato a Treviso; in questa situazione, all'inizio del 1616 egli ritornò all'attività letteraria, dedicando al nuovo doge l'Oracolodel felice principato del serenissimo Giovanni Bembo principe di Venetia…. Nell'estate del 1616, quando era in corso la guerra tra Venezia e l'arciduca Ferdinando d'Asburgo, il F. ottenne di recarsi a Graz, residenza di Ferdinando, per recuperare l'eredità dello zio Antigono, che era morto al servizio di quella corte. Il parere favorevole venne espresso dallo stesso Sarpi, che sottolineò il carattere strettamente privato del viaggio. Si può supporre tuttavia che egli, sospeso dai suoi incarichi veneziani, cominciasse a pensare a una diversa sistemazione: nell'estate 1620 infatti rivendicò le sue prerogative di giurisdicente di Castelporpetto (in territorio austriaco) e si fece ascrivere alla nobiltà della Contea di Gorizia.
Nel settembre del 1621 il F. fu graziato dal Consiglio dei dieci e reintegrato nell'ufficio e nello stipendio. L'anno seguente, forse sperando in una promozione, rievocò in un memoriale - Proposta de cause politiche a' dottori concorrenti per defender le ragioni publiche… (Venezia 1622) - la sua lunga carriera al servizio della Repubblica e i meriti conseguiti. Nel 1623 pubblicò un brevissimo testo in endecasillabi, In assumptionem serenissimi Francisci Contareni principis Venetiarum e nel 1625 le concise Stilographiae principum Venetiarum in onore del nuovo doge Giovanni Corner.
Nel 1628 il F. fu completamente riabilitato per l'incidente del 1615 ed ebbe anche gli arretrati dello stipendio per i sei anni di sospensione. Probabilmente nello stesso periodo scrisse un parere sulla successione del Ducato del Monferrato. Ormai in età molto avanzata, continuò a svolgere l'ufficio di conservatore della bolla di Clemente VII, che sanciva il giuspatronato dei parrocchiani sulle chiese di Venezia: in questa veste ancora nel 1631-32 presentò alcune scritture in materia di benefici e di tasse ecclesiastiche. Non abbandonò neppure l'attività letteraria, partecipando alle riunioni dell'Accademia degli Incogniti.
Il F. non si era mai sposato. Trascorse gli ultimi anni nel convento di S. Francesco della Vigna, al quale lasciò, con testamento del 28 ag. 1640, la sua biblioteca, ricca di oltre 650 opere. Morì a Venezia il 30 maggio 1643.
Fonti e Bibl.: Lo zibaldone del F., col titolo non originale di Adversaria, è a Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. Lat., classe XIII, 73-74 (=3918-3919); per le sue scritture giuridiche cfr. soprattutto Arch. di Stato di Venezia, Consultori in iure, filze 43, c. 352; 44, c. 86; 132, c. 68; 347, cc. n.n.; 376, cc. 86 ss.; 384, cc. 89 ss.; 385, cc. n.n.; 438, c. 226; 439, cc. n.n.; 573, cc. n.n.; il parere di P. Sarpi per il viaggio del 1616, filza 12, cc. 344 ss.; il testamento del 1640, Ibid., Avogaria di Comun, Miscell. civile, 189, fasc. 4. Per altri scritti e documenti, Gorizia, Arch. storico provinciale, Atti degli Stati, serie S, voll. 13, f. 266; 14, f. 32v; Bibl. apostolica Vaticana, Vat. lat., 5393, f. 36; 10284, f. 11; Venezia, Bibl. del Civ. museo Correr, Mss. Cicogna, 2401, fasc. 8-9; 2505, fasc. 40; 3113, fasc. 6; Mss. Correr 1375, fasc. 66; T. Porcacchi, La attioni d'Arrigo terzo re di Francia, Venezia 1574, cc. 10 s., 16, 28-32; A. Manuzio, Lettere volgari, Roma 1592, p. 52; T. Brahe, Astronomiae instauratae progymnasmata, Francofurti 1610, I, pp. 740-746 (cap. X: "De nova stella anni 1572"); Le glorie degli Incogniti overo Gli huomini illustri dell'Accademia de' signori incogniti di Venetia, Venezia 1647, pp. 116-119 (con ritratto); G. Capodagli, Udine illustrata, Udine 1665, pp. 169 s.; G.G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da' letterati del Friuli, II, Venezia 1762, pp. 181-197; E.A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, pp. 38, 130, 285, 336, 642; B. Cecchetti, La Repubblica di Venezia e la corte di Roma ne' rapporti di religione, Venezia 1874, II, pp. 299, 421; P. Antonini, Cornelio Frangipane di Castello, in Archivio storico italiano, s. 4, IX (1882), pp. 20 ss.; G. Soranzo, Bibliografia veneziana, Venezia 1885, pp. 67, 207, 403; La legazione di Roma di Paolo Paruta, a cura di G. De Leva, Venezia 1887, I, pp. 334; II, pp. 136, 492; III, p. 259; P. de Nohlac - A. Solerti, Il viaggio di Enrico III re di Francia, Torino 1890, pp. 133 s.; A. Solerti, Le rappresentazioni musicali di Venezia dal 1571 al 1605, in Rivista musicale italiana, IX (1902), pp. 504, 554-558 (con l'edizione del Proteo); D. Forti, I drammi pastorali del 1600 e le rappresentazioni a Venezia prima del teatro, in Ateneo veneto, I (1903), pp. 36 s.; F. Neri, La tragedia italiana del Cinquecento, Firenze 1904, pp. 116 s.; P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, Bergamo 1911, II, pp. 240, 326 s.; E. Pastorello, L'epistolario manuziano, Firenze 1957, pp. 140, 148 (gli altri riferimenti riguardano C. Frangipane il vecchio); S. Bertossi - G. Pacorigh, Porpetto, indagine su una Comunità, San Daniele 1973, p. 88 (con ritratto); P. Branchesi, Consulti di Paolo Sarpi alla Repubblica di Venezia sull'abbazia di S. Maria della Vangadizza (1608-1609), in Atti e mem. del sodalizio vangadiciense, I, (1975), p. 126; A. Stefanutti, Giureconsulti friulani tra giurisdizionalismo veneziano e tradizione feudale, in Archivio veneto, s. 5, CVII (1976), p. 83; P. Ulvioni, Astrologia, astronomia e medicina nella Repubblica veneta tra Cinque e Seicento, in Studi trentini di scienze storiche, LXI (1982), pp. 2 s., 5 s.; Storia della cultura veneta, 4: Il Seicento, I, Vicenza 1983, pp. 297 s., 395, 400, 410 s., 437, 483, 596 ss.; M. Pieri, La nascita del teatro moderno in Italia tra XV e XVI secolo, Torino 1989, pp. 151, 204; Venezia e Parigi, Milano 1989, pp. 86, 89.