GUERCI, Cornelio
Nacque a Langhirano (Parma) il 25 apr. 1857 da Michele e da Elena Sandri. Cresciuto in una famiglia di modesta condizione (ma dal padre, un "conservatore della vecchia maniera, imbottito di idee cavouriane", avrebbe ereditato 11 ettari di terreno), non tardò a dispiegare negli studi la sua innata versatilità: aggirò, proprio grazie al padre, il suggerimento di uno zio che lo avrebbe voluto prete e affrontò invece i corsi di ingegneria appassionandosi al contempo alla lettura di testi di filosofia della scienza (L. Büchner, H. Spencer) portatori di concezioni decisamente immanentistiche dal G. stesso adattate al proprio temperamento, insofferente di ogni coercizione.
Si deve a ciò, e al coevo interesse per la tradizione laica e democratica del Risorgimento, il fatto che nella sua prima prova letteraria, il dramma "social-filosofico" in 5 atti Verbak il materialista (Parma 1891), già rappresentato con buon esito a Parma nel 1889, il G. raffigurasse nel protagonista un se stesso cinico e disincantato, ma alla fine sensibile alle sofferenze degli umili.
Tali pose e altre consimili, tutte ricalcate sul modello di F. Cavallotti, lo indirizzavano intanto verso le posizioni politiche dei radicali, da lui abbracciate soprattutto per il loro contenuto libertario e con le riserve tipiche dell'individualista incapace di adattarsi a una disciplina di partito. Ben presto, ricondotta la vena drammaturgica nella dimensione del passatempo (prima aveva prodotto, tra il 1890 e il 1893, una commedia, Borghesia onesta, e altri due drammi, Evelina e Un fatto di cronaca, non sempre premiati dal successo e rimasti inediti), il G. maturò i due grandi interessi - l'agricoltura e la politica - cui avrebbe dedicato le energie della maturità.
All'agricoltura, da lui concepita come il fattore primario dell'economia nazionale, si era accostato con approccio scientifico quando, allievo a Torino di A. Sobrero, ne era stato sollecitato a sperimentare l'uso degli esplosivi in campo agrario e aveva messo a punto il metodo poi illustrato in una memoria del 1880 (Esperimenti nel dissodamento del terreno col mezzo della dinamite, estr. da Annali della R. Accademia d'agricoltura di Torino, XIII).
Sviluppata in direzione di un perfezionamento delle tecniche di coltivazione e attraverso il contatto con agronomi di vaglia come T. Poggi, l'idea di partenza si concretizzò nel 1892 nell'istituzione a Parma della cattedra ambulante di agricoltura sperimentale, seconda del genere in Italia - affidata alla direzione di un altro agronomo, A. Bizzozero - che all'attività di insegnamento pratico (90 conferenze a Parma e provincia nel 1893, 79 nel 1894, 65 nel 1895) affiancò la pubblicazione di un giornale, l'Avvenire agricolo, "organo delle Casse agrarie e del Consorzio agrario cooperativo", e la consulenza professionale su richiesta dei coltivatori della zona. L'iniziativa, nata per promuovere l'aggiornamento tecnologico del mondo rurale, il sostegno alla piccola e media proprietà e l'incremento della produzione, era stata resa possibile dal finanziamento della Cassa di risparmio di Parma in cui il G. era entrato come consigliere d'amministrazione dopo che, nel 1886, il licenziamento per motivi politici dall'ufficio del Genio civile, in cui aveva avuto la sua prima occupazione, lo aveva costretto ad aprire uno studio di ingegneria edile cui erano state affidate la direzione dei lavori del ponte sul Taro a Campi Bedonia e la costruzione delle sedi locali di enti quali la Banca d'Italia e il Banco di Roma. La successiva esperienza nella Cassa di risparmio parmense, portando il G. sino alla presidenza dell'istituto, ne fece il sostenitore convinto di una visione per la quale l'agricoltura, intesa come una professione e non come semplice possesso di una proprietà terriera, diventasse, modernizzandosi, il motore dello sviluppo borghese, concetto questo che più tardi, sposando la politica agraria del fascismo, avrebbe sintetizzato nella frase "Non la terra ai contadini, ma la terra a tutti gli uomini di buona volontà" (Maestri e agricoltori, p. 24).
Era il punto di arrivo di una riflessione che aveva preso forma nel 1895, quando, tracciato un bilancio più che positivo della strada intrapresa con la nascita della cattedra di agricoltura, il G. aveva chiuso il suo volume sulle Istituzioni agrarie della Provincia di Parma (Parma 1895) con una petizione di principio a favore del credito cambiario popolare e contro il credito agrario a basso tasso d'interesse erogato usualmente dalle banche: tesi riproposta di lì a poco con un volume su La vera riforma agraria mediante le iniziative locali (ibid. 1901).
All'epoca il G., che in passato era stato consigliere provinciale, era già deputato, essendo stato eletto per la prima volta nel 1892 in quel collegio di Langhirano che gli avrebbe poi rinnovato il mandato per altre quattro volte, per un totale di cinque legislature (XVIII-XXII).
In Parlamento portò, insieme con un carattere estroso che conferiva vivacità a ogni suo intervento e che si accompagnava al gusto un po' superficiale della battuta, i temi che da tempo gli stavano a cuore: l'attenzione al bilancio statale nei settori dei lavori pubblici e del sostegno all'agricoltura e la preferenza, in quest'ultimo campo, per il credito cambiario popolare (discorso del 16 marzo 1896). "Più teatrale alla Camera che sulle scene" (Bocchialini, 1960, p. 28), da F. Cavallotti, al quale fino al 1898 fu molto vicino, prese più di un esempio, imitandone qualche comportamento (nel 1894 fu respinta una richiesta d'autorizzazione a procedere a suo carico per il reato di duello, richiesta accolta invece l'anno dopo per lesioni personali sulla persona del socialista F. Laghi), attaccando G. Giolitti sullo scandalo della Banca romana e, soprattutto, rivendicando a più riprese una conversione della politica estera nazionale in un senso meno ostile alla Francia, "il paese - disse il 15 dic. 1896 - che ha comuni con noi ricordi gloriosi e profondi".
L'avversione per la Germania, e in parte non minore anche per l'Inghilterra, si nutriva in lui dei ricordi di un Risorgimento talvolta celebrato alla Camera anche per ridimensionare il ruolo della politica britannica nel processo di unificazione (intervento del 27 maggio 1899 sulla spedizione italiana in Cina), talaltra commemorato in discorsi pubblici al teatro Reinach di Parma (Garibaldi, Parma 1890; Discorso in occasione dell'inaugurazione della lapide a G. Rustici in Corniglio avvenuta l'8 ott. 1893, ibid. 1893; Oberdan. Parma 20 dic. 1914, ibid. 1915). Dalla stessa memoria derivava al G. un altro elemento tipicamente radicale, l'auspicio del consolidamento in Italia di una tradizione laica, peraltro da lui mai rivissuta nelle forme dell'ateismo dal momento che, anzi, dal materialismo della giovinezza era approdato alle posizioni vagamente deistiche che nel 1908 gli avrebbero fatto accogliere con scetticismo la mozione di L. Bissolati contro l'insegnamento del catechismo nelle scuole; e uno svolgimento di quelle premesse poteva pure essere considerata l'adesione all'irredentismo, nella sua doppia natura di fattore dell'unità morale del paese e di aspirazione, come disse alla Camera il 29 maggio 1902, ad "andare a trovare, un giorno o l'altro, i nostri fratelli delle Alpi Giulie". Per questo motivo, probabilmente, l'antimilitarismo rappresentava per lui, tra i punti programmatici del radicalismo, quello che meno lo convinceva, tanto da fargli annacquare parecchio lo stesso sentimento antimonarchico.
In conseguenza di queste sue posizioni, morto Cavallotti, il G. non tardò a contestare la linea imposta al partito da E. Sacchi e a spostarsi quindi verso Giolitti, con una interpretazione ministeriale del radicalismo che alla lunga l'elettorato non gli perdonò, tanto da preferirgli nel 1909 il candidato oppostogli da un blocco popolare. Per qualche tempo sperò che Giolitti lo compensasse aprendogli la porta del Senato, ma fu una seconda delusione, solo in parte attenuata dalla nomina a presidente dell'Acquedotto pugliese. Restituito controvoglia alla vita locale, mentre da un lato tornava a occuparsi dell'attività bancaria, dall'altro si dedicava con passione alla trasformazione della proprietà paterna in podere modello specializzandosi nella produzione granaria e in quella enologica: di quest'ultima, premiata più volte anche sui mercati stranieri, si sarebbe mostrato poi particolarmente fiero (In vino veritas, Roma 1932).
Trovò spazio anche per una ripresa degli interessi artistici, già da tempo ampliati sino a includere la musica (suo un Inno a Garibaldi, sua la trasposizione in melodramma del già citato Un fatto di cronaca) e gratificati dall'amicizia di G. Verdi (il 28 genn. 1901 ne pronunziò un commosso ricordo in Parlamento), di I. Pizzetti e di G. D'Annunzio; un ritorno alla scrittura gli dettò infine una commedia in tre atti, Gli interessi del capitale (pubblicata integralmente in Gazzetta di Parma, 31 dic. 1923).
L'avvento del fascismo vide presto il G. convergere sul consenso a un regime di cui apprezzò molto le iniziative in campo agrario e la politica sindacale, espressione questa - a suo dire - di una solidarietà di classe capace di placare i conflitti sociali.
Anche per lui, che visse abbastanza per vederne la fine, B. Mussolini era l'uomo della provvidenza, come ebbe a dire nel suo ultimo libro, Maestri e agricoltori (Parma 1929), al quale - dedicandolo agli insegnanti perché si impegnassero a "innamorare i giovanetti alla terra" - affidò una specie di summa dei motivi che avevano guidato un'attività politica e imprenditoriale che molto aveva contribuito allo sviluppo economico della sua terra.
Il G. morì a Parma il 18 giugno 1949.
Lasciò un manoscritto di Memorie pe' suoi figli e nipoti che con questo titolo avrebbe visto la luce a Parma nel 1961.
Fonti e Bibl.: Importanti, per la comprensione del radicalismo del G., le 7 lettere a L. Bertelli (una del 1898, le altre del 1901) conservate a Roma nell'Archivio del Museo centrale del Risorgimento, e le 44 al Cavallotti (1892-97) presso la Fondazione G.G. Feltrinelli di Milano. Per la consultazione degli Atti parlamentari, Camera dei deputati, legislature XVIII-XXII, Discussioni, si rinvia agli indici dei nomi posti nel volume conclusivo delle singole legislature. Un elenco completo degli scritti del G., e di parte di quelli su di lui, in Felice da Mareto, Bibliografia generale delle antiche provincie parmensi, I-II, Parma, 1973-74, ad nomen. Necr. in Gazzetta di Parma, 19 giugno 1949; limitati contributi alla conoscenza del G. politico in E. Decleva, Anticlericalismo e lotta politica nell'Italia giolittiana, II, L'Estrema sinistra e la formazione dei blocchi popolari (1905-1909), in Nuova Riv. storica, LIII (1969), pp. 595, 613, e in H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana, I-III, Roma 1979, ad indicem. Un profilo biografico comprendente i testi delle lettere di Giolitti e di D'Annunzio è quello di J. Bocchialini, C. G. e il suo tempo, in Id., Frammenti di storia, d'arte e di vita parmense, Parma 1962, pp. 152-167; dello stesso autore si vedano pure Figure e ricordi parmensi in mezzo secolo di giornalismo, Parma 1960, ad ind., e I nostri democratici dell'ultimo Ottocento, in Aurea Parma, XLVI (1962), pp. 79 ss. Vedi anche B. Molossi, Diz. dei parmigiani grandi e piccini (dal 1900 ad oggi), Parma 1957, sub voce.