Tacito, Cornelio
Il grande storico della Roma imperiale
Tacito ci ha lasciato straordinari ritratti di imperatori romani e un’incisiva analisi delle tensioni politiche del suo tempo. Di particolare originalità è l’attenzione che egli rivolge ai rapporti fra Roma e le popolazioni barbariche che premevano ai confini dell’Impero. La sua produzione costituisce una delle più alte espressioni artistiche della letteratura storiografica antica
Di Tacito, nato intorno al 55 d.C. e morto dopo il 117, sono ignoti il luogo di nascita, l’origine, la famiglia, lo stesso prenome (Publio o Gaio). Trascorse la maggior parte dell’esistenza a Roma, dove ricoprì cariche pubbliche fin dal tempo di Vespasiano. Sposato con la figlia del senatore e generale Gneo Giulio Agricola, fu pretore sotto Domiziano nell’88. Sotto Nerva fu consul suffectus (cioè «console sostituto») nel 97. In seguito preferì estraniarsi dalla scena politica e si dedicò quasi esclusivamente alla composizione delle sue opere.
Tacito iniziò la sua attività di storico (storia e storiografia) con due monografie: Agricola e Germania.
Agricola, del 98, è una commossa biografia del suocero, morto dopo essere caduto in disgrazia presso l’imperatore Domiziano, e si inserisce nel genere degli elogi funebri. L’opera si incentra principalmente sull’incarico in Britannia del protagonista e sulla conquista dell’isola; uno spazio notevole è occupato da una digressione sulla geografia e sui popoli della regione.
Nella monografia Germania, databile anch’essa al 98, Tacito descrive l’origine, i costumi, le istituzioni, le pratiche religiose e il territorio delle popolazioni germaniche fra il Reno e il Danubio, fornendo una rilevante quantità di dati che non si rinvengono in altre fonti e tuttora a fondamento degli studi di germanistica. Secondo lo scrittore, i Germani rappresentano un pericolo imminente per i destini dell’Impero Romano e, nonostante la loro indubbia barbarie, egli manifesta apprezzamento per la loro sanità morale e in generale per le loro virtù.
Le due opere storiche di Tacito di maggiore respiro, le Storie e gli Annali, ci sono giunte molto incomplete.
Le Storie, portate a termine nel 109 circa, coprivano il periodo dall’ascesa di Galba all’impero (69) fino alla morte di Domiziano (96). Si sono conservati solo i libri relativi agli anni 69-70. L’orizzonte storiografico è ampio e articolato: nuclei di interesse privilegiati, oltre a Roma, sono le province e gli eserciti.
Gli Annali trattano la storia di Roma dalla morte di Ottaviano Augusto (14 d.C.) alla morte di Nerone (68 d.C.), ma purtroppo diverse sezioni sono andate perdute; essi restringono il proprio campo di indagine prevalentemente alla vita della città, anzi più specificamente alle torbide vicende della famiglia giulio-claudia. Dotato di eccezionale capacità di analisi psicologica, Tacito fa penetrare il lettore nelle pieghe più segrete dell’animo dei suoi protagonisti. Talora però l’obiettività dello storico cede a un eccessivo moralismo.
Nel Dialogo sugli oratori, attribuito a Tacito con qualche dubbio, e di datazione incerta, si discute sulle cause del decadimento dell’eloquenza nella società dell’epoca. La conclusione dell’operetta è che la soppressione del libero confronto politico attuata dal principato aveva tolto alla grande tradizione dell’oratoria civile le sue primarie motivazioni.
Caratteristiche fondamentali della lingua e dello stile tacitiano sono: arcaismi (vocaboli antiquati) e poeticismi (espressioni poetiche), che conferiscono al discorso eleganza e solennità; ellissi (soppressione di singole parole o di passaggi sintattici) e variazioni (disuguaglianze nella strutturazione del periodo), che imprimono al testo un particolare andamento, denso e serrato, ben consono alla drammaticità degli avvenimenti.
Soprattutto nelle Storie e negli Annali il taglio narrativo e l’inconfondibile stile incisivo e carico di pathos arricchiscono i fatti di una dimensione teatrale assai coinvolgente per il lettore.
Tacito rimane fedele agli ideali senatorii delle antiche libertà repubblicane, tuttavia realisticamente si rende conto che soltanto un regime fortemente centralizzato (il principato) può garantire pace e stabilità all’Impero. Il suo pensiero ha esercitato una profonda influenza sulla riflessione politica in età moderna.