Vedi CORNUS dell'anno: 1959 - 1994
CORNUS (Κόρνος, trascrizione greca di una radice punica da cui anche Κάρνος e Κέρνε)
Antica città sulla costa occidentale della Sardegna. La sua posizione geografica, incerta nelle fonti letterarie, è stata accertata in seguito alle scoperte fatte nel 1831 dall'Angius: l'acropoli era sul colle di Corchina presso l'odierna S. Caterina di Pitinuri (fraz. del comune di Cùglieri, in provincia di Nuoro). A S-O di questo colle si estende un altopiano ondulato, nel cui toponimo sardo Campo e' Corru è conservato il ricordo dell'antico nome Cornus. Uno stanziamento preistorico (riconosciuto in regione Fannue Massa: necropoli di tombe del tipo domus de gianas), un'altra tomba eneolitica (esplorata nel 1954) e un allineamento di nuraghi preesistevano alla venuta dei coloni semiti, che fondarono la città in epoca non precisabile. C. è ricordata da Tito Livio (xxiii, 40), perché non lungi da essa avvenne nel 215 a. C. quella battaglia campale fra Romani, comandati da Tito Manlio Torquato, e Sardi alleati con i Cartaginesi sotto il comando di Ampsicora, che fu conclusa con la disfatta dei Sardo-Punici e col suicidio di Ampsicora e che Silio Italico rese famosa coi suoi versi; egli afferma anche che il figlio di Ampsicora, Ostio, fu ucciso in duello dal poeta Ennio. Dalla narrazione liviana si deduce che C. dovette essere fra le città sardo-puniche ribelli a Roma durante il periodo in cui Annibale era in Italia. Probabilmente la città fu distrutta dal vincitore romano, dato che le vestigia del periodo punico non sono state mai in essa trovate, eccettuate alcune tombe. I monumenti conosciuti di C. son tutti romani. Durante l'Impero C. fu colonia e fioriva ancora nel III sec. d. C. Possiamo formarci un'idea della sua importanza economica dalla dedica di quattro statue d'argento, in onore di Antonino Pio, della sua consorte Faustina e di due figli (C. I. L., x, p. 2a, n. 7939). Verso la fine dell'epoca romana la vita di C. si andò raccogliendo intorno all'acropoli, com'è dimostrato dagli avanzi tardo-romani riconosciuti in questo sito.
A lungo nello scorso secolo le sue rovine, già identificate da un erudito sardo del sec. XVI, Francesco Fara, furono saccheggiate da scavatori clandestini, dilettanti e cercatori di tesori, che ne dispersero miserabilmente il materiale. Tombe puniche a camera ipogeica furon riconosciute nelle regioni Mussori e Furrighesus.
Tra quel poco che si è salvato delle suppellettili delle tombe romane son da notarsi i vasi di vetro (fra cui le urne con coperchio sigillato), costituenti una delle più cospicue raccolte del museo cagliaritano, e gli specchi in bronzo, provenienti da tombe con monete di Augusto, Vespasiano e Adriano. Queste tombe si presentarono a gruppi, un po' dappertutto nel territorio, talora sovrapposte a due o tre serie una sull'altra, moltissime consistenti in cassoni di pietra con coperchio di lastre, altre in grosse giare deposte in fosse. Dall'acropoli proviene una statua marmorea acefala loricata. Resti di una villa romana furono trovati in regione Sisiddu. Nel 1955 fu esplorata un'altra necropoli romana in regione Su Columbaru: si rinvennero sarcofagi anaglifi con varia suppellettile.
C. fu probabilmente (a giudizio del Taramelli) secondaria rispetto ad altre città della Sardegna, quali Carales (Cagliari) e Turres. Municipio d'importanza agricola, non marinara né portuale, forse sede di qualche distaccamento di truppe e tappa di strada; alla venuta dei Vandali fu abbandonata dai suoi abitanti, che si spostarono a monte verso Gurulis Nova, la moderna Cùglieri.
Bibl.: E. Pais, La Sardegna prima del dominio romano, in Mem. Lincei, serie 3a, VII, 1881, p. 82; id., Storia della Sardegna e della Corsica, I, Roma 1923, p. 369. Essenziale è l'art. di Taramelli, in Not. scavi, 1918, p. 285, dov'è citata tutta la bibliografia. Per l'etimologia: E. C. Movers, Die Phönizier, II, 2, Bonn 1850, p. 576.