coronare
" Cingere il capo di corona ", e precisamente di corona d'alloro (simbolo dell'incoronazione poetica che D. si attendeva come giusto premio per la sua opera, soprattutto per il Paradiso), in Pd I 26 O divina virtù... / vedra'mi al piè del tuo diletto legno / venire, e coronarmi de le foglie / che la materia e tu mi farai degno; di ghirlandetta di fior gentile è adornato il capo di Fioretta, sopra il quale D. vede volare un angiolel d'amore umile, cosicché la donna gli appare direttamente coronata d'Amore, in Rime LVI 17 (il participio ha valore di aggettivo); di una corona di gigli (simbolo della pura fede nell'avvento del Messia) sono cinti i ventiquattro seniori, in Pg XXIX 84, mentre di verde fronda (simbolo della speranza, come giustamente interpreta il Lana, che pone in stretta relazione questo con gli altri simboli dei gigli [v. 84] e dei fior vermigli [v. 148], mentre i più spiegano il verde delle fronde come il simbolo della vita perenne dei Vangeli) sono coronati in Pg XXIX 93 i quattro animali che simboleggiano gli Evangelisti: vennero appresso lor quattro animali, / coronati ciascun di verde fronda (anche in questi due ultimi casi c. è usato al participio con valore di aggettivo).
Particolarmente denso è il significato di Pd XXIII 101, ove il verbo è in senso figurato, riferito al canto dolcissimo dell'angelo che di sé fa corona attorno alla Vergine: quella lira / onde si coronava il bel zaffiro; la stessa immagine torna poco più avanti, al v. 119 (la coronata fiamma / che si levò appresso sua semenza), e questa volta l'uso del participio con valore di aggettivo conferisce all'immagine, nell'estrema sua concentrazione, una pregnanza ancora più forte: la fiamma è la luce della Vergine, cui fa ‛ corona ' la circulata melodia (ancora un participio, utilizzato al v. 109, con forte concisione), dell'angelo.
Ancora in senso figurato, sempre al participio, in Vn XXVI 2 indica l'atteggiamento di Beatrice ispirato a profonda umiltà: Ella coronata e vestita d'umilitade s'andava, nulla gloria mostrando di ciò ch'ella vedea e udia (nel sonetto Tanto gentile [XXVI 6 5 ss.] della coppia di aggettivi resta il solo vestuta, v. 6). In Cv IV XIX 7 così D. traduce il salmo 8: Che cosa è l'uomo, che tu, Dio, lo visiti? Tu l'hai fatto poco minore che li angeli, di gloria e d'onore l'hai coronato, e posto lui sopra l'opere de le mani tue; dando grande risalto all'azione di Dio nei confronti dell'uomo, che diventa, più che un ornamento, una vera e propria incoronazione.
In Cv II Voi che 'ntendendo 29, usato ancora una volta come participio, ha il senso figurato di " glorificare " in cielo: Trova contraro tal che lo distrugge / l'umil pensero, che parlar mi sole / d'un'angela che 'n cielo è coronata (ripreso in II IX 1; cfr. l'analogo uso di ‛ corona ', in Pg XXIV 15).
Nel senso di " cingersi con una corona ", in If XXXI 41 come su la cerchia tonda / Montereggion di torri si corona (vedi, per la precisione dell'immagine, MONTEREGGIONI.)
Il verso per ch'io te sovra te corono e mitrio (Pg XXVII 142), che chiude il discorso di Virgilio a D., inteso da alcuni commentatori antichi (Ottimo, Buti, Landino) in riferimento alle due autorità, temporale e spirituale (la corona simbolo della prima, la mitria della seconda), dovrà invece essere inteso come una formula fissa, con il generico valore figurato di " io ti do piena autorità su te stesso, sia materialmente che spiritualmente ", " ti incorono re e pontefice di te stesso "; le obiezioni più concrete all'interpretazione dei commentatori prima citati consistono in questa duplice osservazione: Virgilio non ha la possibilità di conferire a D. un'autorità, quella spirituale, che neppure lui possiede; né, del resto, D. è maturo per accoglierla.
Ancora più complessa la spiegazione di If IV 54 vidi venire un possente, / con segno di vittoria coronato. La frase dantesca si riferisce all'immagine del Cristo trionfante e la difficoltà dell'interpretazione consiste proprio nella precisazione concreta di quel segno di vittoria di cui Cristo è coronato quando discende al Limbo. Il Buti (seguito fra i moderni dal Del Lungo, dal Porena e dal Chimenz) separava coronato dal resto della frase, così spiegando il v. 54: " coronato come re, con palma che significa vittoria e col gonfalone della croce che significava che avea triunfato in sulla croce del dimonio nostro avversario ". Questa spiegazione così precisa trova diretti riscontri nella tradizionale iconografia medievale del Cristo trionfante, e anche nel Vangelo di Nicodemo: " posuitque dominus crucem suam in medio inferni, quae est signum victoriae " (cfr. Barbi, in " Bull. " XII [1905] 256). Ma già il Boccaccio propendeva polemicamente a non interpretare troppo alla lettera il passo: " Non mi ricorda d'avere né udito né letto che segno di vittoria Cristo si portasse al Limbo altro che lo splendore della sua divinità; il quale fu tanto che il luogo di sua natura oscurissimo egli riempié tutto di luce "; analogamente spiega l'Anonimo: " in apparenza mostrava segnio di vittoria; non che andasse con bandiera, né con insegnia ". Il passo dantesco va quindi interpretato senza eccessivi tentativi di concretare e analizzare, spezzandola o ampliandola in troppo minuziose interpretazioni, la concisa, pregnante immagine del Cristo con segno di vittoria coronato.