Corone
Delle numerose corone possedute dall'imperatore Federico II secondo le notizie riportate dalle fonti, solo quelle descritte di seguito si sono conservate, o sono ricostruibili con esattezza sulla base di raffigurazioni.
I. La corona di stoffa proveniente dal sarcofago dell'imperatrice Costanza d'Aragona, che morì nel 1222 (Palermo, Tesoro della cattedrale, inizi del XIII sec., 1220 ca.). La calotta di stoffa è fittamente decorata da sottili lamine d'oro con filigrana vermicolare, piastrine di smalto e numerose pietre preziose. Le forme del cerchio e dell'arco della corona sono messe in risalto anche da una duplice fila di perle. La corona possiede inoltre pendília (fili decorati pendenti) molto ampi con listelli in smalto dorato e piastre in smalto dorato a losanga, nonché globi e gocce in filigrana d'oro alle estremità inferiori (Daniele, 1784, p. 80, tavv. L, M, N; Schramm, 1956, pp. 884-886; Schramm-Mütherich, 19812, pp. 189 s., nr. 198).
La corona fu eseguita senza dubbio negli stessi ateliers da cui proviene anche quella parte dei gioielli imperiali direttamente riconducibile a Federico II: i guanti, le calzature e la cosiddetta spada da cerimonia (tutti conservati a Vienna, Kunsthistorisches Museum, Weltliche Schatzkammer). Soprattutto la guaina della spada si presta a un confronto diretto con la corona.
Secondo il resoconto relativo all'apertura del sarcofago nel 1491 l'imperatrice portava ancora sul capo la corona. Quando fu riaperto nel 1781 fu rinvenuta in una cassetta insieme ad altri gioielli. Sulla scorta degli studi di Josef Deér (1952) questo monile è considerato una tipica corona maschile (kameláukion), di conseguenza una corona di Federico II, che, secondo questa ipotesi, l'avrebbe deposta nella tomba della moglie.
II. La corona sul ciborio-reliquiario di s. Elisabetta (Stoccolma, Statens Historiska Museum, 1235-1236). Il 1o maggio del 1236 le ossa della margravia di Turingia Elisabetta, proclamata santa nel 1235, furono trasferite in un nuovo sarcofago in piombo, probabilmente in previsione del grande reliquiario di Marburgo che le avrebbe poi accolte. In questa circostanza la reliquia del cranio fu posta in un prezioso ciborio il cui contenitore era costituito da un'antica coppa in agata. L'imperatore Federico II, in occasione della solenne cerimonia, ornò il capo della santa con una corona d'oro proveniente dal suo tesoro: "coronam auream de suo thesoro sacro capiti […] imposuit" (Chronica regia Coloniensis, in M.G.H., Scriptores, XVII, a cura di G.H. Pertz, 1861, p. 845). Nel resoconto di Cesario di Heisterbach, secondo cui "Imperator vero coronam auream de lapide precioso eidem capiti imposuit in signum devocionis sue sante Eysabeth" (Des Caesarius von Heisterbachs Schriften über die hl. Elisabeth von Thüringen, a cura di A. Huyskens, "Annalen des Historischen Vereins für den Niederrhein", 86, 1908, pp. 1 ss.), i due dettagli, ossia la deposizione della reliquia del cranio nella coppa d'agata antica e l'imposizione della corona da parte dell'imperatore, si mescolano palesemente in una formula che come tale appare contraddittoria.
Questo ciborio-reliquiario, più volte integrato e restaurato, è oggi custodito nello Statens Historiska Museum di Stoccolma, da quando, nel 1631, gli svedesi lo portarono nel loro paese come bottino di guerra. Si può dunque ritenere con notevole attendibilità che il cerchio della corona e l'arco, che non si è conservato nella sua interezza, corrispondano alla corona con cui l'imperatore Federico II nel 1236 ornò la reliquia del cranio di s. Elisabetta.
In generale gli studiosi parlano, in effetti, di parti di due diverse corone con cui Federico II avrebbe cinto il capo della santa. Weixlgärtner (1954) e Källström (1945) fondarono questa loro convinzione su due elementi: sul cerchio della corona non si trovano punti d'aggancio per gli archi, e inoltre gli archi montati sulla calotta sono tutti leggermente accorciati nella parte inferiore. Ma è senz'altro difficile immaginare che l'imperatore, in una cerimonia tanto solenne per la reliquia della santa verso la quale, secondo quanto riferiscono le cronache, nutriva una fervente devozione, avesse fatto comporre due parti di corone diverse eseguite ‒ su questo punto tutti gli studiosi concordano ‒ nello stesso atelier e nel medesimo periodo.
Si tratta piuttosto di una corona ad arco che ha subito modifiche in seguito ad aggiustamenti successivi: i bordi superiori del cerchio della corona sono stati tutti troncati in un secondo tempo. Il cerchio della corona in un momento non meglio precisabile è stato anche foderato internamente, oltre ad essere stato oggetto di numerose riparazioni in singole parti. Ciò però toglie credibilità all'argomento dei punti d'aggancio mancanti per gli archi della corona: forse questi furono distrutti nel momento in cui si tagliarono le parti superiori del cerchio. Gli archi della corona, che peraltro possiedono ancora su entrambi i lati i listelli per le bande di perle, furono rifilati nella zona inferiore quando fu rinforzata la calotta del reliquiario.
La calotta è in argento, solo il lato esterno è dorato. È difficile immaginare che per la struttura del ciborio-reliquiario sia stato usato diffusamente materiale prezioso ‒ come contenitore un'antica coppa in agata con un ricco supporto d'oro dell'XI sec., fittamente ricoperto di pietre preziose, e alla sommità della reliquia una corona d'oro tempestata di pietre preziose e perle che lo stesso imperatore depose sulla reliquia ‒, mentre la calotta per proteggere la reliquia sia di materiale meno prezioso, estremamente semplice e priva di decorazioni. Questa calotta dev'essere piuttosto considerata un'integrazione di epoca più recente, forse risalente al XIV sec., a cui alluderebbe anche il semplice profilo del rigonfiamento che serve a montare la calotta e a posizionare meglio il cerchio della corona; nel XIII sec., in ogni caso, questo profilo sobrio è inconsueto. In origine la reliquia era avvolta da un tessuto prezioso e al di sopra di esso fu posta la corona ad arco. In occasione del rifacimento della calotta le parti dell'arco furono saldamente montate su di essa e accorciate.
L'aspetto di questa corona nel suo stato originario d'integrità è mostrato dal reliquiario che fa parte della raccolta di reliquie di Halle (Halm-Berliner, 1931, tav. 140), il cui rapporto con il ciborio-reliquiario di Stoccolma non è stato ancora chiarito in modo soddisfacente. In ogni caso, dev'essere respinta la spiegazione secondo cui il cardinale e arcivescovo di Magonza avrebbe fatto eseguire per sé una copia del ciborio ‒ che allora si trovava ancora a Marburgo fra le proprietà dell'Ordine teutonico ‒ in quanto non aveva potuto entrare in possesso del reliquiario originale (Schramm, 1955, pp. 43 s.).
Le parti della corona del reliquiario di Stoccolma furono eseguite dagli orafi della cassetta-reliquiario di s. Elisabetta di Marburgo. Si intende comunque che la corona era stata preparata in vista della solenne cerimonia della deposizione del cranio nell'antica coppa di agata e dell'incoronazione da parte dell'imperatore a Magdeburgo. Dopo la canonizzazione avvenuta il 27 maggio 1235, il 14 agosto dello stesso anno seguì la posa della prima pietra della chiesa dedicata alla santa. Si può supporre a buon diritto che anche il lavoro alla cassetta della santa sia stato avviato non molto tempo dopo. La cerimonia del 1o maggio 1236 alla presenza dell'imperatore dev'essere quindi considerata la fase successiva.
Il fatto che le dimensioni insolitamente ampie della corona si adattino alla coppa del ciborio non è casuale, ma dimostra che era stata creata proprio a questo scopo. E denota, inoltre, che la corona di Stoccolma non proviene dal tesoro dell'imperatore ma è una corona votiva particolarmente preziosa. Forse questa circostanza è spiegabile con la devozione che l'imperatore nutriva per la santa, alla quale si sentiva legato anche da un rapporto di parentela. È possibile che Federico II abbia donato il materiale per la corona, soprattutto le pietre preziose e le perle, e potrebbe anche aver sostenuto i costi dell'esecuzione: questo è sufficiente perché nei resoconti delle cronache si parli di una corona prelevata dal suo tesoro. Tuttavia il ciborio-reliquiario che contiene il cranio di s. Elisabetta è molto affine alla cassetta in cui furono custodite le altre reliquie della santa. Entrambi i lavori di oreficeria furono reciprocamente adattati nello stesso atelier (cf. ibid., pp. 36-51; Id., 1956, pp. 886-891; Schramm-Mütherich, 19812, p. 193, nr. 206).
III. La corona del Sacro Romano Impero (Vienna, Kunsthistorisches Museum, Weltliche Schatzkammer). A questa corona dev'essere riferita, a buon diritto, la menzione contenuta nell'inventario risalente al 1246 dei gioielli custoditi nel castello di Trifels ("dye guldene krone mit gulden cruce", 'la corona d'oro con croce d'oro'; Schramm-Mütherich, 19812, p. 110).
La corona, un lavoro eseguito in Italia settentrionale per l'imperatore Ottone il Grande (nel 962 o 967, con integrazioni successive di Enrico II e Corrado II), non era proprietà di Federico II, che tuttavia aveva diritto di disporne come re dei Romani e imperatore. Senz'altro egli fu incoronato ad Aquisgrana nel 1215 proprio con questa corona, usata forse anche a Roma nel 1220 quando fu consacrato imperatore. Non siamo in possesso di notizie in merito a un suo impiego anche in altre circostanze (ibid., p. 141, nr. 67, in cui è riportata anche la letteratura più antica relativa a questo argomento).
IV. La corona funeraria di Federico II è nota dall'incisione e dalla descrizione dettagliata contenute ne I regali sepolcri del Duomo di Palermo di Francesco Daniele (1784). Si trattava di una corona a cerchio d'argento dorato sormontata da elementi a giglio di dimensioni differenti: quello sulla fronte era il più alto. Le parti in metallo della corona erano ricoperte di perle e pietre preziose, fra cui era riconoscibile una calotta con un ampio gallone che dalla fronte giungeva fino alla nuca. Forse le lamine molto sottili di metallo ("raggi di sotilissime laminette di argento dorato"; Daniele, 1784, p. 102) erano fissate alla calotta della corona. Questa soluzione sarebbe paragonabile, dal punto di vista tecnico, alla corona di stoffa proveniente dal sarcofago dell'imperatrice Costanza (ibid., pp. 83 ss., tavv. O-S; Schramm-Mütherich, 19812, pp. 192 s., nr. 215).
V. Fonti coeve danno notizia di altre corone. I difensori di Parma, per esempio, nel 1248 si impadronirono di una corona imperiale durante l'assedio della città. Una corona d'oro di proprietà di Federico II fu acquisita nel 1255 dal re d'Inghilterra Enrico III per il figlio Edoardo, che avanzava delle pretese sul trono di Sicilia: evidentemente, così facendo, si intendeva dare un segno di continuità. Altre corone sono note in relazione alla terza moglie di Federico II, Isabella d'Inghilterra, e alla nuora Margherita d'Austria (cf. a questo proposito Schramm, 1955, pp. 137 s.).
Schramm ha definito corone sveve (1956, pp. 891-895), mettendole in rapporto con Federico II, anche la croce ornata di frammenti di due corone conservata nel tesoro della cattedrale di Cracovia e le corone a essa affini sul busto reliquiario del tesoro della cattedrale di Plock (Varsavia, Museo Nazionale) e del tesoro del duomo di Siviglia (rubata in questa chiesa nel 1873 e da allora scomparsa, nota solo da una fotografia). Gli studi condotti da Lotte Kurras, tuttavia, hanno dimostrato che queste corone sono lavori ungheresi e non hanno alcuna connessione con gli Svevi.
Raffigurazioni delle corone di Federico II. La testa-ritratto di Federico II della Porta di Capua, nota solo da una riproduzione del tardo Settecento distrutta nel 1943, mostrava una corona a cerchio con alzate arcuate (Schramm, 1955, fig. 90).
Il cammeo della cosiddetta "Landeskreuz", la grande croce con reliquie dell'imperatore Carlo IV (Praga, Tesoro della cattedrale), mostra un imperatore in trono, che in base ai raffronti con raffigurazioni di sigilli può essere identificato con Federico II. Porta una corona a cerchio gigliata con pendília semplici (cf. il catalogo Die Zeit der Staufer, 1977, I, pp. 676 s., nr. 860).
I ritratti sui sigilli di Federico II mostrano diverse tipologie di corona. Su entrambi i sigilli di re di Sicilia (1199 e 1211-1212) Federico II porta la stessa corona raffigurata sul cammeo del tesoro della cattedrale di Praga; su entrambi i sigilli di re dei Romani (1212 e 1215) è riconoscibile una corona con archi. Il primo sigillo riprende la rappresentazione di Enrico VI del 1191, mentre il sigillo del 1215 riproduce la corona con maggior precisione: una corona ad arco, gigliata, con pendília e calotta.
Sul sigillo di suo figlio Enrico (VII) del 1220, uguale come tipologia, gli archi sulla sommità sostengono una piccola croce; al di sopra si può notare la croce più grande del listello con l'iscrizione. Analoga è la corona di Federico II rappresentata sul sigillo della città di Oppenheim (1225-1226). Di conseguenza, nelle immagini dei sigilli risalenti al 1212 e al 1215 la grande croce del listello con l'iscrizione, che poggia anche sull'arco della corona, dev'essere interpretata come parte sia dell'iscrizione sia della corona.
La corona sul sigillo imperiale di Federico II, purtroppo molto povero di dettagli, risalente al 1220, si discosta da tutte le altre immagini dei sigilli dell'imperatore. Il cerchio è composto di cinque (visibili) piastre triangolari alla sommità; è quindi possibile ricostruire una corona a otto piastre. Il pomello sferico sulla piastra centrale induce a ipotizzare un arco. Rainer Kahsnitz ha interpretato questa forma a otto piastre della corona come una reminiscenza della corona imperiale ottoniana (Vienna, Kunsthistorisches Museum, Weltliche Schatzkammer), che in realtà ha tutt'altro aspetto. Di tipologia analoga sarebbe invece la corona che nella raccolta di reliquie di Halle adornava il busto-reliquiario di s. Barbara (Halm-Berliner, 1931, p. 60, nr. 290, tav. 118b). Con una certa cautela, indispensabile di fronte alla riproduzione di una miniatura degli inizi del Cinquecento, è possibile datarla alla prima metà del XIII secolo. Forse in questo caso potrebbe trattarsi di una corona sveva, magari di Federico II (cf. Die Zeit der Staufer, 1977, I, pp. 29 ss., nrr. 43, 48, 50, 52; pp. 94 s., nr. 141).
Sul reliquiario di Carlomagno del duomo di Aquisgrana tutti i re e gli imperatori, tranne Carlomagno, la cui corona fu sostituita intorno al 1500, portano semplici corone a cerchio gigliate, e non fa eccezione il re che è indicato come Federico II. Nel giorno successivo alla sua incoronazione ad Aquisgrana, il 26 luglio 1215, Federico II, compiendo un gesto altamente simbolico, sigillò la cassetta di Carlomagno (cf. Der Schrein Karls des Grossen, 1998).
Il fronte dei sarcofagi dell'imperatore Enrico VI, di sua moglie Costanza di Sicilia e dell'imperatore Federico II, nella cattedrale di Palermo, è ornato, o meglio caratterizzato, da corone schematizzate. La corona sul sarcofago di Enrico VI è un cerchio sormontato da tre punte, di dimensioni leggermente scalari, mentre i luoghi corrispondenti dei sarcofagi dell'imperatrice Costanza e di Federico II presentano corone a doppio arco (cf. Deér, 1959, figg. 120, 121, 214).
L'augustale, la moneta d'oro con il ritratto di profilo di Federico II, della zecca di Messina, a partire dal 1231 mostra l'imperatore con il cosiddetto stephanos noto dall'età costantiniana, cioè con le pietre preziose appaiate e levigate a cabochon che sono disposte a strati come foglie di alloro. La seconda forma dell'augustale, che è definita come una tipologia particolare ‒ il luogo di conio non è identificabile con certezza ‒ presenta il sovrano con una corona a cerchio gigliata (cf. Die Zeit der Staufer, 1977, I, pp. 671 s., nrr. 855 e 856).
Queste rappresentazioni consentono di riconoscere diverse tipologie di corona. Ma sono tutte riconducibili a due forme di base, ossia la corona con archi doppi piatti, che corrisponde alla corona di stoffa di Palermo e alla corona sul coperchio del ciborio di Stoccolma, e la corona a cerchio con punte. La corona a piastre del sigillo imperiale del 1220 costituisce una terza tipologia per la quale non esistono altri termini di paragone.
Non è individuabile una correlazione di questi diversi tipi di corona con una dignità particolare, come quella di re di Sicilia o di re dei Romani; tuttavia la corona a doppio arco appartiene per tradizione alla dignità di re dei Romani, per la quale è documentabile già nell'XI secolo. Fu però indossata anche da altri sovrani, come per esempio il re di Sicilia o il re d'Ungheria.
La corona a cerchio sormontata da elementi a giglio, o meglio da lobi dentellati, si può individuare da un punto di vista cronologico fino ai Carolingi e ancora oltre. È stata comunque l'emblema per antonomasia del rango regale. Solo la corona del Sacro Romano Impero con la sua forma antiquata per l'epoca e quindi unica nel suo genere, che non è documentabile in nessuna singola rappresentazione dell'Alto Medioevo, rimase riservata alla più alta dignità del Sacro Romano Impero. Era anche parte integrante della legittimità dell'incoronazione regia tedesca. In singoli casi fu usata anche a Roma per l'incoronazione imperiale.
Le corone a cerchio e le corone a doppio arco sono considerate di pari rango. L'imperatore Federico II possedeva corone a doppio arco, mentre la sua corona funeraria era a cerchio, gigliata, e una tipologia di augustale lo raffigura anche con una corona a cerchio gigliata. Re Guglielmo II di Sicilia nel mosaico del duomo di Monreale porta un'alta corona a cerchio, mentre invece su un capitello del chiostro indossa una corona a doppio arco. Nelle rappresentazioni figurative si può osservare addirittura il richiamo alla corona d'alloro degli imperatori romani o meglio allo stephanos. Federico I Barbarossa è rappresentato così nel busto-ritratto della chiesa del castello di Cappenberg, e anche su uno pfennig della zecca di Spira, che assumeva a modello un solido dell'imperatore Costantino il Grande, porta uno stephanos dello stesso tipo (Schramm, 19832, figg. 210.15 e 213). L'augustale di Federico II coniato nella zecca di Messina, visto in questa prospettiva, non è quindi privo di premesse.
Il richiamo a forme esemplari nelle immagini ufficiali e anche nelle insegne era il tramite per esprimere una determinata interpretazione della dignità regia o imperiale del sovrano. Sotto questo profilo emerge una profonda differenza rispetto a Bisanzio: qui, infatti, si sottolineava la continuità di una tradizione ininterrotta, mentre l'Occidente ammetteva la possibilità di un orientamento variabile a determinati modelli e, di conseguenza, anche la ripresa di tipologie di corone più antiche.
Josef Deér, nell'ambito dei suoi studi sulla corona di stoffa proveniente dal sarcofago dell'imperatrice Costanza d'Aragona e sui sarcofagi in porfido della cattedrale di Palermo, ha analizzato le corone dell'imperatore e dell'imperatrice di Bisanzio. Sulla scorta dei suoi risultati, il kameláukion, la corona chiusa con alti archi e i pendília sotto forma di semplici pendenti di perle, spettava al basileus, mentre l'imperatrice portava un'alta corona a cerchio con un coronamento a elementi triangolari. Due di queste corone femminili bizantine si conservavano dalla tarda età sveva nel tesoro del convento di S. Michele a Bamberga; probabilmente vi giunsero attraverso Enrico VI (disegni dettagliati ci hanno tramandato il loro aspetto: cf. Schramm-Mütherich, 19812, p. 186, nr. 188). In alcuni casi è certo che Bisanzio abbia esercitato uno stimolante influsso su determinate tipologie di corone occidentali, mentre è opinabile che anche l'Occidente seguisse quella normatività che a parere di Deér era decisiva a Bisanzio. Sulla base della sua analisi delle insegne bizantine, egli definì la corona di stoffa di Palermo un kameláukion, che era attributo dell'imperatore, giungendo alla conclusione che si trattava di una corona dello stesso Federico II. La corona ‒ questa la spiegazione ‒ sarebbe stata collocata nel sarcofago di Costanza poiché l'imperatore, "scosso" per la morte di sua moglie, aveva posto nel sepolcro la propria corona a "garanzia dell'indissolubile unione dei loro destini fino al giorno del giudizio" (Schramm, 1956, p. 886). La defunta in origine portava sul capo questa corona di stoffa, come si desume dal resoconto relativo all'apertura del sarcofago nel 1491.
Questo però significa che secondo la concezione medievale le spettava di diritto quest'insegna. La spiegazione romantica del motivo per cui l'imperatore aveva posto la propria corona sul capo della moglie, invece di quella che effettivamente le competeva, sotto questo aspetto non è affatto convincente. Si tratta, in questo caso, di un'insegna, di un segno distintivo del rango, e non di un oggetto che esprime devozione.
Anche sul coperchio del sarcofago in cui giaceva l'imperatrice Costanza d'Altavilla è rappresentata una corona con doppio arco alto, affine a quella del sarcofago del figlio, l'imperatore Federico II. Questa circostanza fu spiegata sostenendo che il sarcofago evidentemente era appartenuto all'imperatore Enrico VI e in seguito all'apertura dei due sarcofagi era stato effettuato uno scambio. Questa tesi sembra trovare conferma nel fatto che la corona sul coperchio del sarcofago dell'imperatore Enrico VI, secondo la definizione di Deér, è una corona femminile. Tuttavia, in epoca sveva questa tipologia di corona è documentabile più volte per l'imperatore: sulla vetrata del duomo di Strasburgo (1180 ca.) Carlomagno porta una corona di tipo analogo e sul portale del duomo di Frisinga (consacrato nel 1205) Federico I Barbarossa è raffigurato con una corona affine. Infine, uno pfennig proveniente dalla zecca di Spira mostra l'imperatore con una corona simile a tre punte (Die Zeit der Staufer, 1977, I, p. 285, nr. 408, e fig. 210). Di conseguenza non c'è motivo di non riferire la corona effigiata sul sarcofago di Enrico VI all'imperatore stesso.
In questa prospettiva ci si deve chiedere se ogni volta che a Palermo compare la corona a doppio arco per le imperatrici si tratti in realtà di una corona maschile che per un particolare motivo sia stata messa in relazione a una donna. Anche la vedova dell'imperatore Ottone IV, l'imperatrice Maria, sul suo sigillo risalente al 1214-1218 è rappresentata con una corona ad arco (ibid., I, p. 28, nr. 41; III, tav. XIII, fig. 13). Questa circostanza suggerisce che almeno in certi casi anche un'imperatrice potesse rivendicare legittimamente per sé la corona ad arco. Una conferma di questa tesi è offerta anche dalla corona che l'imperatore Federico II depose sul capo di s. Elisabetta: si tratta infatti di una corona a doppio arco. Ma questo potrebbe significare che la corona di stoffa di Palermo era una corona della stessa imperatrice Costanza d'Aragona. L'ipotesi sarebbe suffragata anche dalla presenza degli ampi pendília, che nelle corone maschili non sono mai documentabili in questa forma. L'imperatrice potrebbe aver posseduto un paramento dello stesso atelier in cui erano stati realizzati quelli dell'imperatore, che si conservano tra i gioielli imperiali (Vienna, Kunsthistorisches Museum, Weltliche Schatzkammer). Piccole parti, come nastri (o cinture) e galloni che bordavano la scollatura del corpetto dell'abito dell'imperatrice ‒ anch'essi rinvenuti nel suo sarcofago (Palermo, Tesoro della cattedrale) ‒, provengono dallo stesso atelier della corona di stoffa.
fonti e bibliografia
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(traduzione di Maria Paola Arena)