corpo [plur. anche corpora]
Termine di uso frequentissimo sia nell'opera prosastica che in quella poetica; nella grandissima maggioranza dei casi usato in senso proprio col significato di " c. umano "; appare tuttavia alcune volte figuratamente; ad esempio in Cv II XIII 12 per indicare la massa di cognizioni che costituisce una scienza: la Dialettica è minore in suo corpo; un uso analogo troviamo in III XV 11 corpo di Filosofia; cfr. anche al § 19. A questo significato si possono avvicinare gli esempi di Cv III V 3 tutto 'l corpo de l'universo, e IX 16.
Ha il valore geometrico di " volume ",, in Cv II XIII 26 ogni ritondo, o corpo o superficie; e un'altra volta in III II 5 corpo circulare.
Abbastanza frequente è nel termine il significato specifico di " c. celeste ": Cv II XIII 9, XIV 2 (nella forma del plurale latino corpora di stelle), III V 13 lo corpo del sole, XII 7 le corpora celestiali, IV VIII 7, XX 10. Così in Pd I 99 corpi levi indicano le sfere del fuoco e dell'aria; questo corpo (II 50) è la luna; un corpo (II 113) indica il Primo Mobile; ancora corpo, ai vv. 140 e 143, allude a ‛ cielo '; un uso analogo in Pd VIII 99, XXVIII 68, XXX 39.
Un altro uso specifico fa D. di questo termine, col significato di " materia "; alcune volte la parola assume nella frase la funzione propria del predicato nominale, come in Vn XXV 2 che io dica di lui come se fosse corpo... sia solamente corpo... io ponga Amore essere corpo: è il passo in cui D. dà ragione al lettore della personificazione di Amore che ha appena usato nel racconto; un altro caso di uso predicativo del termine si trova in Pd II 37 S'io era corpo. In questo significato di " c. materiale " troviamo il plurale latino corpora in Cv III III 2 e 3, VII 3 (prima occorrenza), 10 (prima occorrenza), IV XXI 3. Un momento rilevante di questo particolare significato è reperibile nelle due occorrenze di Cv II XIII 17; già in Vn XXV 2, parlando della personificazione di Amore, D. aveva detto: Dico che lo vidi venire; onde, con ciò sia cosa che venire dica moto locale, e localmente mobile per sé, secondo lo Filosofo, sia solamente corpo, appare...; ora in questo passo del Convivio (II XIII 17), ne la scienza naturale è subietto lo corpo mobile, lo quale corpo mobile ha in sé ragione di continuitade, è reso esplicito il richiamo ad Aristotele e in particolare alla Fisica che studia l'ente materiale o c. in movimento. Nelle quattro occorrenze di Cv III III 6, c. indica la materia di cui è composto l'uomo fisico; ma il discorso è articolato, come già in VE I XVI 5, secondo la distinzione tomistica (Cont. Gent. II 68) delle cinque tendenze del c. umano; la tendenza all'andare in giù del c. semplice; la tendenza del c. misto ad amare il luogo e il tempo della nascita; la tendenza della parte vegetativa a un particolare cibo; della natura senziente a ogni cosa conoscibile attraverso i sensi; e infine la tendenza alla verità della natura razionale. Questo significato di c. come materia è presente anche in Cv III IV 2 (la mente, corpo diafano), V 5 e 14, VII 3 e 10, XIV 5, IV XV 8; Pg XV 69 com'a lucido corpo raggio vene; Pd II 39 e 60, XIV 114. Ma l'accezione di gran lunga più frequente di c. è quella di " c. umano "; lo studio di questa parola indica, lungo tutta l'opera di D., alcuni luoghi di particolarissimo significato.
Tra le occorrenze della Vita Nuova (VIII 1, XIV 4, XIX 18, XXIII 8 e 10), quella di XI 3 è fra le più tipiche di tutta l'operetta: E quando questa gentilissima salute salutava... lo mio corpo, lo quale era tutto allora sotto lo suo reggimento, molte volte si movea come cosa grave inanimata; dove si allude al peso invincibile del c. fisico, cui D. accennerà tante volte nella Commedia.
Tra le molte occorrenze del Convivio (I I 3 [due volte], V 4, II IV 17, VI 2, VIII 6 e 12, III III 7, IV 7 [due volte] e 8, V 1 [due volte] e 5, VI 11 [due volte] e 12, VII 1, VIII 1, 3, 4 e 9, XIV 1, XV 11, IV Le dolci rime 123, II 7, IX 16, XV 11 e 17 [tre volte], XVI 5, XX 9, XXI 2, XXII 8 [due volte], XXIV 2 e 6, XXV 11 [due volte] e 13, XXVI 13 [due volte], XXVIII 4), la prima occorrenza di IV XXV 11 esprime la bellezza e la grazia del c. degli adolescenti; questo passo è stato richiamato dal Bosco, nel suo commento a If XII, per spiegare il concetto dantesco di ‛ snellezza ' come velocità e agilità.
Le due prime occorrenze dell'Inferno (I 28 Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, e v 142 E caddi come corpo morto cade) portano l'attenzione del lettore sul peso del c. del pellegrino, che cede alla fatica fisica o all'emozione.
Nei luoghi che seguono c. è costantemente visto in contrapposizione ad ‛ anima ': così l'occorrenza di If X 12 quando di Iosafàt qui torneranno / coi corpi che là sù hanno lasciati, intona uno dei temi del canto, l'immagine del cerchio degli eretici che l'anima col corpo morta fanno (X 15), deserto e silenzioso con le tombe serrate dopo il giudizio finale. Così al canto XIII le due occorrenze di c. coincidono con due momenti essenziali: al v. 95 con la rappresentazione del momento del suicidio, in cui l'anima feroce abbandona il corpo ond'ella stessa s'è disvelta; e al v. 107 ancora con una rappresentazione del girone dopo il giudizio finale, cupo e orrido per quei c. rifiutati appesi agli alberi della mesta selva. L'occorrenza di XXIV 54 si riferisce all'istante in cui Virgilio, di fronte alla stanchezza di D., si lancia nel grande incitamento: leva sù; vinci l'ambascia / con l'animo che vince ogne battaglia, / se col suo grave corpo non s'accascia. Tutte le occorrenze poi del canto XXXIII (vv. 122, 130, 134, 146, 157) ci conducono a una delle tante riprese che D. ha operato delle fantasie popolari sull'Inferno e sui diavoli; siamo al vantaggio offerto dalla Tolomea, dove può essere chi in anima in Cocito già si bagna, / e in corpo par vivo ancor di sopra (v. 157): siamo cioè alla figura di Branca Doria, di fronte al cui caso D. mostra in modo così rilevato la propria meraviglia: ché Branca Doria non morì unquanche, / e mangia e bee e dorme e veste panni (vv. 140-141). Altre occorrenze in questa accezione troviamo in If IX 24, XX 87, XXIII 96, XXX 75, XXXII 58.
Molte Occorrenze della seconda cantica sono legate al tema del c. umano di D., all'ombra che esso proietta, alla meraviglia delle anime (III 95, V 26 e 33, XIV 11, XXVI 12); e questo tema dell'ombra trova la sua più alta espressione nel canto III, nel passo che si avvia con la descrizione del v. 16 Lo sol... / rotto m'era dinanzi a la figura / ...Io mi volsi dallato con paura / d'essere abbandonato, quand'io vidi / solo dinanzi a me la terra oscura; alla paura di D. risponde la premurosa spiegazione di Virgilio: Vespero è già colà dov'è sepolto / lo corpo dentro al quale io facea ombra (v. 26); A sofferir tormenti, caldi e geli / simili corpi la Virtù dispone (v. 32; ma qui si allude al ‛ c. aereo ', la cui formazione è teorizzata in Pg XXV 79-108). Un momento tipico dell'incertezza e della solitudine dei primi canti del Purgatorio, della nuova vastità di questo paesaggio e della nuova intimità dei pellegrini, è indicata dall'occorrenza di II 12 Noi eravam lunghesso mare ancora, / come gente che pensa a suo cammino, / che va col cuore e col corpo dimora; e il richiamo al c. di Casella, al v. 89, e all'amore che D. gli aveva portato in vita accentua la situazione di malinconia e di abbandono espressa per tutto il canto. Frequente è per l'intera cantica da parte dei penitenti il ricordo del c. abbandonato in terra; in Manfredi (III 127) come nel racconto di Bonconte (V 124 Lo corpo mio gelato in su la foce / trovò l'Archian rubesto); in VI 20; e, con un diverso stato d'animo, in XXIV 87, quando Forese predice la morte di Corso Donati. Tre passi puramente esplicativi sono indicati dalle occorrenze di X 24, XV 135, XXVII 18; mentre in XVIII 124 quel mal del corpo intero, / e de la mente peggio, e che mal nacque, dove mal del corpo intero vale " zoppo ", mostra un momento di violenta polemica volta contro Alberto della Scala e contro il figlio indegno che egli aveva imposto all'abbazia di San Zeno.
Tra le occorrenze del Paradiso (II 77, X 127, XI 117, XX 103, XXV 124) ve ne sono alcune di particolare significato; così il tema della resurrezione del c. viene svolto nel canto XIV: il desiderio dei beati di rivestire la carne - che sarà resa capace di tollerare la luce e la felicità del Paradiso (v. 59) - è espresso al v. 63 che ben mostrar disio d'i corpi morti. In Pd XXXI 90 l'anima mia, che fatt'hai sana, / piacente a te dal corpo si disnodi, si ha l'ultima preghiera di D. alla sua donna. Il tema qui indicato, la richiesta di assistenza per la buona morte, è ancora ripreso nel canto XXXIII, dove, nelle parole di Bernardo, i rischi della vita, gli stimoli del c. soggetto ai sensi son resi con un'espressione precisa e insieme suggestiva: Vinca tua guardia i movimenti umani (v. 37).
Hanno significato di " c. umano " anche tutte le occorrenze del Fiore: LXVIII 7, CX 2 che possent'uom di corpo cheggia pane (è la polemica di Falsembiante contro gli ordini mendicanti), CCXXIX 7; e di Detto 385. V. anche CUER.