corporazione
In diritto, uno dei tipi fondamentali delle persone giuridiche, denominato associazione nel codice civile vigente.
In periodo fascista con il termine c. si designarono dapprima i sindacati fascisti, e in seguito gli organi dell’amministrazione statale ai quali fu attribuita la funzione di collegamento tra le organizzazioni sindacali di uno stesso ramo produttivo o tra una o più categorie di imprese.
Dal 1922, si chiamarono c. i sindacati organizzati nella Confederazione nazionale delle c. sindacali, che avrebbero dovuto organizzare unitariamente i datori di lavoro e i lavoratori. Dopo i ‘patti’ di palazzo Chigi (1923) e di palazzo Vidoni (1925), che sancirono il sussistere per l’industria del dualismo sindacale, furono designati c. gli organi dell’amministrazione statale ai quali era attribuita la funzione di collegamento tra le organizzazioni sindacali di uno stesso settore produttivo o tra categorie di imprese. Le fonti legislative del sistema erano costituite dalla l. 563/1926, sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro, e dalle relative norme di attuazione, contenute nel r.d. 1130/1926, cui seguirono altre normative specifiche. Il sistema s’incardinava sui seguenti capisaldi: riconoscimento legale delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei prestatori d’opera e attribuzione a esse di una competenza di diritto pubblico; disciplina giuridica dei contratti collettivi di lavoro; magistratura del lavoro; divieto di sciopero e serrata. Nel 1934 alle 22 c. fu riconosciuto il diritto di emettere norme giuridiche (ordinanze corporative) aventi per oggetto la disciplina della produzione, i rapporti di lavoro, le tariffe delle prestazioni e dei beni di consumo. Dal 1938 i membri del Consiglio nazionale delle c., insieme a quelli del Consiglio nazionale del Partito nazionale fascista, costituirono la Camera dei fasci e delle corporazioni. Il modello sindacale-corporativo fu abolito alla fine del periodo fascista.