CORRADO, Corradino
Nacque nel 1852 a Torino. Rimasto orfano ancora fanciullo, il C. fu affidato alla tutela di uno zio che si occupò della sua istruzione, avvenuta dapprima al collegio vescovile di Mondovì, e successivamente al Collegio nazionale di Torino. Dopo aver concluso gli studi liceali, il C. frequentò per due anni all'università di Torino la facoltà di medicina, trasferendosi in seguito a quella di lettere, più confacente alle sue inclinazioni letterarie che, stimolate anche dall'insegnamento di A. Graf, si rivelarono ben presto con i primi componimenti poetici pubblicati, a partire dal 1875, sulla rivista Il Preludio, fondata, proprio in quell'anno, a Cremona da A. Ghisleri.
Il C. fu uno dei collaboratori della rivista che, al suo apparire, ottenne l'incoraggiamento del Carducci. Questi, in una lettera al Ghisleri del 5 dic. 1875 (La Scapigliatura democratica, p. 138), fornì utili suggerimenti per la futura produzione poetica del C., definito "mio correligionario in Pindaro e in Febo Apolline".
Nel 1878 il C. pubblicò a Torino il volume Primi versi, dove appaiono evidenti gli influssi delle più significative voci poetiche del tempo, dagli scapigliati al Carducci, dei quale il giovane poeta riprende moduli stilistici e ritmici per celebrare, con spirito panteistico, la religione della natura.
L'elemento paesistico rappresenta, quindi, il motivo dominante della raccolta, ma spesso la descrizione degli spettacoli naturali si trasforma in una visione impressionistica che preannuncia già toni decadenti. Tuttavia il decadentismo del C. è ancora incerto e inconsapevole, suggerito più dalle strutture formali che dalla scoperta di una realtà ineffabile e arcana; egli non procede oltre su una linea evolutiva, sviluppata con maggiore sicurezza dal conterraneo Camerana, in rapporto al quale il C. costituisce una premessa necessaria per stabilire una transizione tra la scapigliatura postromantica della Lombardia e quella decadentistica del Piemonte, come osserva il Petrocchi.
Negli anni successivi il C. si dedicò alla critica letteraria, conquistando una certa notorietà: ai saggi riuniti nei Poeti contemporanei (Torino 1879) seguì uno studio su Il secentismo e l'Adone del Cavalier Marino (ibid. 1880) con cui ottenne la libera docenza in letteratura italiana, titolo che gli permise di recarsi in seguito ad insegnare lingua e letteratura italiana al Politecnico di Zurigo. Più sollecitante fu la sua traduzione dei Canti dei goliardi (Torino 1882), che assieme al compendio della Storia d'Italia (ibid. 1888), testimoniano la varietà degli interessi culturali del C., ma anche una certa genericità di lavoro.
Il ritorno alla produzione poetica con il volume Su pe'l Calvario (ibid. 1889)- precedentemente il C. aveva pubblicato la raccolta Primulae (ibid. 1884) - è caratterizzato a livello stilistico dal superamento dei modelli derivati dalla poesia degli scapigliati, e dalla presenza di un nuovo interesse sociale per i deboli e gli oppressi, che nel C. si collega agli ideali umanitari di un socialismo religioso, diretto a rinnovare la società ed a redimere le masse dei proletari attraverso il messaggio cristiano.
La triste condizione dei contadini del basso Bresciano gli ispira, infatti, le strofe amare e dolorose dell'Ecce Homo: "Tu, spettro di uom, col pié penosamente / premi la vanga e l'ardue zolle infrangi...", e suscita uno slancio polemico: "Non questo avea promesso / Cristo, l'umano socialista ebreo..."; ma l'indignazione per la secolare ingiustizia subita dalle classi subalterne si placa nella finale certezza che il cristianesimo costituisca l'unica risposta valida ai mali che affliggono l'umanità. D'altra parte, il progressivo avvicinamento alla religione positiva, dopo gli iniziali entusiasmi panteistici, era stato favorito nel C. da una particolare sensibilità religiosa, che già si esprimeva in alcuni testi della prima raccolta poetica.
L'evoluzione spirituale del C. fu accompagnata da una serie di letture a carattere filosofico-religioso e da un lungo periodo di meditazioni, alla ricerca della verità, che determinarono una pausa di diversi anni alla sua attività letteraria. Nell'estate del 1900, il C. compì un breve viaggio in Umbria e sostò per qualche tempo ad Assisi, dove a contatto dei luoghi legati alla memoria francescana, e ancora immersi in un'atmosfera mistica, maturò il progetto di comporre un poema ispirato alla vita di Cristo. L'elaborazione dell'opera fu lenta e tormentata; solamente nel 1910 il C. pubblicò a Milano La buona novella in ventiquattro canti.
La figura del Cristo, proposta dal C., è priva di elementi sovrannaturali, e appare come quella di un eroe umano che è destinato ad una missione divina, nel compimento della quale trascende i limiti propri, della sua natura ed assume il valore di un simbolo. Il poema non segue fedelmente i testi evangelici, ma privilegia alcuni episodi e ne introduce altri non desunti dalla tradizione (La vanga, La città di Dio), nei quali sono accentuati i caratteri della dottrina cristiana che più si prestano ad esprimere un messaggio di uguaglianza e solidarietà tra gli uomini. Nel complesso il C. tenta di conciliare l'insegnamento evangelico alle nuove esigenze della società, aderendo alle intenzioni del modernismo. Tuttavia l'impegnativo proposito di rappresentare il contenuto evangelico raramente si traduce in vera poesia, che risulta invece appesantita dallo sforzo speculativo e dalla pedissequa imitazione, sul piano formale, della terzina dantesca.
Dopo la pubblicazione de La buona novella, che ricevette da parte dei critici giudizi non sempre favorevoli - significativa al riguardo la stroncatura compiuta dal Borgese - il C. trascorse l'ultimo periodo della sua vita nel più assoluto raccoglimento, tra i prediletti studi e l'attività didattica, interrotto solo da una apparizione in pubblico, nel 1914, per commemorare il suo maestro A. Graf al teatro Vittorio Emanuele di Torino.
Soleva, per ragioni di eufonia, anteporre il cognome al nome, affermando di essere l'unico letterato italiano che lo faceva.
Il C. morì a Torino il 9 luglio 1923.
Nel 1937 uscì a Torino il volume postumo Poesie, a cura del Comitato por le onoranze al C., dove figura una scelta di componimenti editi e inediti, quest'ultimi tratti dalla raccolta il Libro dell'anima, non consegnata alle stampe dal poeta.
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