D'ASCANIO, Corradino
Nacque a Popoli (Pescara) il 10 febbr. 1891 da Giacomo ed Anna De Michele.
Ancora adolescente e student e, il D. compì i suoi primi voli nel 1906 con un aliante da lui stesso progettato e costruito in base a rilievi fatti su ali di uccelli. Questi "voli" in realtà erano dei balzi di una ventina di metri di lunghezza, ma nel 1906 l'aviazione era agli esordi: erano passati appena tre ami dal primo volo dei fratelli Wright, e in Europa solo in quell'anno si sollevò il primo aeroplano a motore, il 14 bis di Santos Dumont, che vinse la coppa Archdeacon percorrendo "senza scalo" (cioè senza toccar terra) venticinque metri, a tre metri d'altezza.
Il D. terminò i suoi studi a Torino laureandosi nel politecnico piemontese in ingegneria industriale nel 1914; divenne poi ufficiale nel battaglione aviatori. Prestò servizio militare prima a Torino e poi al fronte, dove si occupò della manutenzione e della sorveglianza del materiale delle squadriglie. Durante la guerra eseguì la prima installazione di un apparecchio radio trasmittente e ricevente su un velivolo italiano.
Nel 1914 L. B. Sperry aveva esposto a Parigi il suo stabilizzatore giroscopico, e nel 1916 aveva brevettato il suo autopilota; il D. eseguì e collaudò la prima installazione di un autopilota di quel tipo su un aeroplano Farman dell'esercito italiano e poi su un velivolo italiano, un SP Pomilio. Si recò successivamente in Francia per la scelta di un motore d'aeroplano da riprodursi in Italia.
Ottenuto nel 1918 il congedo provvisorio dall'esercito, il D. entrò in una industria italiana produttrice di aeroplani, la Pomilio di Torino, ove progettò il suo primo velivolo, un caccia eccezionalmente veloce per l'epoca, e divenne vicedirettore tecnico e capo dell'ufficio studi ed esperienze di tale azienda. L'industria torinese chiuse i suoi stabilimenti di corso Francia, a Torino, alla fine dello stesso anno e si trasferì in America ove sorse la Pomilio Bros che ebbe però breve vita. Il D. seguì la Pomilio negli Stati Uniti, e presso la Allison Experimental Works, a Indianapolis, ebbe la parte principale nella progettazione di tre aeroplani: un bombardiere leggero, un ricognitore e un caccia. I tre velivoli furono costruiti e felicemente collaudati al campo sperimentale di Dayton (Ohio). Cessata l'attività della Pomifio, il D., insieme a Veniero D'Annunzio, cercò di dar vita ad una piccola industria aeronautica e progettò un piccolo aereo che utilizzava due motori da motocicletta di 28 HP complessivi, ma la costruzione iniziata dovette presto essere abbandonata per mancanza di fondi.
Il D. tornò in Italia nel 1920 e cominciò ad interessarsi di elicotteri.
Negli anni '20 l'elicottero era ancora un sogno, malgrado tutti i tentativi fatti da insigni pionieri, a cominciare da E. Forlanini, che aveva costruito e fatto volare un ingegnoso modello di elicottero con motore a vapore già nel 1877. E primo volo libero di un elicottero con un uomo a bordo fu compiuto da P. Cornu il 13 nov. 1907: si sollevò un paio di metri, rimanendo in aria, nel volo di maggior durata, per un ventina di secondi. Il governo della macchina era ottenuto per mezzo di superfici mobili poste nel flusso d'aria dei rotori, ma non era molto soddisfacente. L'anno successivo, e precisamente il 22 luglio 1908, un elicottero Bréguet raggiunse i cinque metri d'altezza, e sembrò governabile finché non fece un atterraggio distruttivo. Negli stessi anni un giovane russo, I. I. Sikorsky, che poi avrebbe portato un contributo importantissimo allo sviluppo dei mezzi ad ala rotante, stava facendo le prime prove, ma senza successo. Gli esperimenti successivi avvennero a molti anni di distanza; nel 1924 un gentiluomo spagnolo, il marchese R. Pateras-Pescara, conquistò un primato mondiale volando per quattro minuti e undici secondi a due metri d'altezza e alla velocità di 13 Km h. Nonostante l'elicottero del Pescara presentasse l'importante novità del passo variabile sulle pale dei rotori (due rotori biplani coassiali controrotanti e sei pale biplane), la sua governabilità era molto scarsa.
L'interesse per l'elicottero, che era stato molto vivo agli inizi del secolo, diminuì considerevolmente nel periodo successivo e in particolare fra le due guerre: l'aeroplano si stava sempre più affermando, attraversava gli oceani e i continenti, raggiungeva velocità elevate ed alte quote; era stabile e governabile, mentre l'elicottero faceva dei brevi balzi e lasciava molto a desiderare come stabilità e governabilità. L'unico veicolo aereo ad ala rotante che si affermò negli anni Venti fu un aeroplano col rotore, l'autogiro inventato dallo spagnolo J. de la Cierva Codorniu: il rotore gira a folle, costretto a rotare dal vento della corsa, e girando fornisce la portanza. Questa portanza è funzione della velocità delle pale rispetto all'aria; la pala avanzante, la cui velocità rispetto all'aria è la somma delle velocità di rotazione e di traslazione, fornisce quindi una portanza molto maggiore della pala retrocedente, la cui velocità rispetto all'aria è la differenza delle due velocità sopra menzionate.
C'era pertanto una disimmetria e ciò provocava una coppia rovesciante- l'autogiro di de la Cierva si rovesciava regolarmente su un fianco, dalla parte della pala retrocedente. L'inventore, desolato, cominciò a sperimentare con modelli, finché trovò che un modellino il cui rotore aveva le pale fatte di legno di malacca funzionava benissimo, perché le pale, flessibili, assumevano una inclinazione diversa. De la Cierva introdusse perciò nel rotore le cerniere di flappeggio, e questo fu il grande dono che l'autogiro fece all'elicottero.
Il D., nel primo elicottero che costruì nel 1926 presso le Officine Compione di Pescara, non introdusse le cerniere di flappeggio; collaudò egli stesso il Suo elicottero, che aveva due rotori coassiali sovrapposti. Durante il collaudo i due rotori si scontrarono e si spezzarono; il progettista-collaudatore uscì incolume dal disastro, ma la macchina andò distrutta.
Nel progetto successivo (1928) dell'elicottero DAT3 realizzato a Roma presso lo Stabilimento militare di costruzioni aeronautiche, le pale, ridotte a due per ciascun rotore, avevano gli attacchi snodati ed erano munite di superfici di controllo, simili ad alettoni, che consentivano di variarne l'incidenza. Una leva del passo collettivo comandava la variazione di incidenza delle pale, ossia della portanza dei rotori, per salire o scendere di quota; inoltre c'era un'elichetta verticale comandata dalla pedaliera (come negli odierni elicotteri) per il controllo direzionale, ma non in funzione anticoppia non essendovi coppia di reazione da equilibrare. L'assetto laterale e quello longitudinale erano pure governati da due elichette ruotanti nel piano orizzontale.
Il motore di quello che sarebbe stato il primo elicottero italiano a conquistare i primati internazionali d'altezza, durata e distanza era un normale Fian da 85 HP; dopo i controlli e i collaudi statici prescritti per le macchine aeree, l'elicottero fu pronto al volo nel 1930, e il suo primo pilota fu il maggiore dell'aeronautica militare M. Nelli. Pilota ed elicottero affrontarono insieme i primi voli; le prove, omologate per la F.A.I. dal Sindacato italiano cronometristi ufficiali, avvennero fra l'8 e il 13 ott. 1930, e portarono a tre primati mondiali: durata 8 minuti e 45"; altezza 18 m; distanza in linea retta 1.078,60 m. Questo ultimo record avrebbe potuto essere migliore, ma M. Nelli dovette arrestarsi quand'ebbe raggiunto i limiti del campo.
L'apparecchio eseguì anche numerose evoluzioni all'interno dell'hangar per dirigibili, dimostrando sempre una grande stabilità e un'assoluta docilità ai comandi.
Mentre a quell'epoca lo Stato italiano non era sensibile alle possibilità offerte dagli elicotteri, molti privati, tra cui il sen. G. Agnelli si interessarono al progetto; purtroppo. però., le eccessive pretese del socio del D., Troiani, fecero naufragare l'affare. Così il prototipo rimase ad arrugginire in officina, anche perché le autorità italiane vietarono la vendita dei brevetti ai compratori stranieri, che avevano fatto vantaggiose offerte.
Dopo il successo tecnico del suo elicottero, il D. progettò e brevettò nel 1932 un'elica a passo variabile in volo a mezzo di un dispositivo elettromeccanico. In quell'anno la Piaggio aveva bisogno di uno specialista di eliche e così assunse il D., prima come consulente e poi in pianta stabile.
Nel 1936 il D. progettò una centralina ausiliaria per il tiro contraereo, felicemente collaudata a Sabaudia. là del 1939 il progetto dell'elicottero P.D.2 (il P.D.1, birotore a rotori coassiali con il rotore inferiore di diametro più piccolo del superiore e rotante a velocità maggiore, era rimasto allo stato di progetto).
Il P. D. 2 era un biposto monorotore tripala con rotore di coda anticoppia, le pale erano articolate a mezzo di cerniere orizzontali e verticali con relativi smorzatori. Questo elicottero montava un motore Alfa Romeo da 185 HP e aveva già i comandi del rotore che poi sarebbero divenuti classici: il passo collettivo per salire o scendere (anche verticalmente se l'elicottero è in volo stazionario hovering) e il passo ciclico per inclinare il piano dei rotore in qualsivoglia direzione, e provocare così in quella direzione lo spostamento orizzontale dell'elicottero. Fu ultimato solo nel 1943 a Pontedera e fu quasi subito distrutto da un bombardamento.
Al momento dell'inizio della seconda guerra mondiale l'Italia aveva dunque, per merito del D., un prototipo di elicottero moderno, ma nessuna autorità se ne interessò. In quel periodo l'elicottero progredì invece in Germania, soprattutto grazie a H. Focke e A. Flettner, nell'U.R.S.S. per merito di I. Bratukhin, e negli Stati Uniti per l'opera dell'emigrato russo I. I. Sikorsky. Dopo l'armistizio del 1943 lo stabilimento Piaggio si trasferì nella zona di Biella, disperso in varie ex filande, mentre il D. rimase in Toscana, isolato dalla Piaggio.
Negli ultimi anni della guerra, sempre in assenza del D., l'ing. Spolti realizzò per la Piaggio una motocicletta a ruote piccole con scudo di protezione per le gambe, con motore centrale e trasmissione a catena.
Quando il D. raggiunse finalmente lo stabilimento, il Piaggio gli propose di migliorare quel veicolo a due ruote. Il D. realizzò così un nuovo tipo di motoveicolo: la "Vespa", il cui prototipo fu approvato per la prima volta nell'autunno del 1945, a cui fece seguito l'"Ape". Il successo del motorscooter, che sorprese sia il progettista sia l'industriale, fu dovuto principalmente al basso prezzo di vendita ed al basso consumo, alla comodità di guida e alla notevole manovrabilità. La "Vespa" fu veramente, nei primi anni del dopoguerra, la "vettura a due ruote" degli italiani.
Nel 1948, al Congresso mondiale per l'elicottero di Filadelfia, il D. fu festeggiato come un vero pioniere; al suo ritorno, e con l'approvazione del Piaggio, diede inizio alla progettazione di due elicotteri: un monorotore con elica anticoppia, il P.D.3, e un grazioso birotore con rotori in tandem, il P.D.4, quadriposto, propulso da un motore Franklin da 215 HP. Volarono bene entrambi. Il secondo. particolarmente convincente, volò nella primavera-estate del 1952.
Il mercato civile era però ancora immaturo per l'elicottero e le forze armate non mostravano ancora sufficiente interesse. La Piaggio rivolse così il suo massimo sforzo industriale alla "Vespa", di cui la richiesta era in continuo aumento. Intanto in Corea, dove nel 1950 era scoppiata la guerra, l'elicottero si stava rivelando un mezzo prezioso per il soccorso al piloti caduti oltre le linee., e per l'intervento attivo nel combattimento terrestre; vennero successivamente utilizzati i grossi elicotteri da trasporto, come il Chinook CH 47 e le forze terrestri acquistarono la mobilità aerea.
In Italia, essendosi arrestate la ricerca e la progettazione originale nel settore, l'industia aeronautica cominciò a produrre elicotteri americani su licenza; in seguito per merito dei conte D. Agusta, l'Italia divenne uno dei primi produttori di elicotteri del mondo, anche di progettazione propria.
Il D., dopo aver progettato nel 1955 l'automobile "Vespa 400", che fu poi riprodotta in serie in Francia, divenne consulente dell'Agusta; mantenne però la sua cattedra di disegno di macchine e progetti all'università di Pisa, che aveva assunto mentre era ancor a dipendente della Piaggio nel 1937 e che tenne fino al 1961. Fino all'ultimo si interessò attivamente al mezzo ad ala rotante progettando in particolare per il conte D. Agusta un elicottero, che sarebbe dovuto essere molto più economico di quelli militari, con struttura diversa dà quelle esistenti e con pale in vetroresina; di tale elicottero fu costruito un piccolo esemplare dimostrativo presso le officine di Tombolo dell'università di Pisa. Ma, morto Domenico Agusta, i successori, oberati dalle commesse militari, abbannarono il progetto.
Il D. morì a Pisa il 6 ag. 1981.
Tra le sue opere si ricordano: Aeronautica di mezzo secolo, Roma 1954; Verso l'astronautica, Roma 1954; Etere-radiazione, energia, Roma 1961; Aviatori italiani da Roma a Tokyonel 1920, Milano 1970; L'aeroplanoevoluzione dell'aeronautica - inizio dell'astronautica, Roma 1972; Aviatori ital. del bombardamento nella guerra 1915-1918, Roma 1980.
Bibl.: L. Mancini, Enc. aeronautica, Milano 1936, pp. 217 s.; R. N. Liptrot, Rotorcrafr, London 1955, p. 2; F. Ross ir., Flying Windmills, London 1956, ad Ind.; J. Shapiro, The Helicopter, London 1957, ad Ind.; P. Lambermont, Helicopters and Autogyros of the World, London 1958, ad Ind.; cfr. inoltre: D. Ludovico, L'aeroplano. Evoluzione d. aeronautica. Roma 1972, p. 350; N. Sgarlato, Elicotteri, Milano 1973, p. 8; J. Fave, The Helicopter, London 1976, p. 139; B. Gunston, Aviation. The Story of Flight, London 1978, p. 189; Time Life helicopters, New York 1982, ad Indicem; Encicl. Britannica, II, p. 394 (s. v. Helicopter). E vedi, inoltre, l'opuscolo commein. del centenario del triennio di applicazione per ingegneri presso la facoltà di scienze dell'università di Pisa, Pisa 1975; D. Ludovico, Vinvenzione dell'elicottero, Roma 1980, pp. 470. Si ringraziano inoltre l'ing. G. D'Ascanio, figlio del D., per le notizie gentilmente fornite e il Museo aeronautico Caproni di Taliedo.