PALAZZO, Corrado da
PALAZZO, Corrado da. – Nacque probabilmente a Brescia a cavallo degli anni Trenta del XIII secolo, figlio di quel Giacomo de Pallatio, che nell’ottobre 1206 figurava tra i membri del Consiglio di credenza del Comune.
Esponente della ristretta cerchia di famiglie aristocratiche di parte guelfa, legate da vincoli feudo vassallatici con l’episcopato bresciano, ben radicate in città ma con estesi beni e diritti nel contado, in particolare nel pievato camuno di Cividate, è attestato in un’investitura del 9 febbraio 1242 con il diminutivo di «Conradinus» tra i testimoni presenti all’atto (Zilioli Faden, 1984, p. 87); nulla di preciso si sa però della sua famiglia, della formazione giovanile e dell’apprendistato cavalleresco.
Legato alla «pars ecclesie» e a Carlo d’Angiò, di cui fu fidato e fedele rappresentante, insieme a Federico Lavellolongo e Inverardo Bornati, il 24 febbraio 1265 fu tra i procuratori dei fuoriusciti bresciani che, nel palazzo del Comune di Milano, strinsero un’alleanza con la città ambrosiana, i Torriani e i rappresentanti del marchese Azzo d’Este, del conte di Verona, dei Comuni di Mantova e di Ferrara, sotto l’egida del vescovo di Como Raimondo della Torre. Il giorno successivo tale accordo, preparatorio della lega a sostegno dell’intervento militare del sovrano angioino in Italia, venne confermato con solenne giuramento nel palazzo arcivescovile, dove Corrado figurava come «sindaco e procuratore» degli estrinseci della sua città (Liber potheris, 1899, col. 952).
Con la stessa funzione, insieme a Raimondo, Napo e Francesco della Torre, nonché ai legati di Carlo d’Angiò, il 27 marzo 1265 nell’arcivescovado milanese stipulò «perpetuam amicitiam» (ibid., col. 953), patto con cui i fuoriusciti bresciani si impegnavano a favorire il passaggio del re angioino in Lombardia in cambio dell’aiuto a riprendere Brescia. È verosimile che Corrado abbia partecipato al conflitto che seguì l’arrivo angioino e il 22 febbraio 1266 sia rientrato a Brescia con gli «extrinseci» guelfi, se non addirittura all’indomani della sollevazione del 30 gennaio. Non sorprende pertanto di trovarlo il 22 maggio 1270 tra i firmatari dei capitoli di dedizione di Brescia e della «pars ecclesie» a Carlo d’Angiò (ibid., col. 956).
Prese quindi parte alle azioni belliche che seguirono tra i ghibellini e la parte guelfa alla guida del Comune bresciano e alle trattative di pace avviate da Gregorio X, tramite il vescovo di Acqui, conclusesi nell’ottobre 1272 con la firma nella chiesa di S. Eusebio a Coccaglio. All’incontro intervennero il vicario di Carlo per Brescia, Alberto Fontana, e i capi della parte guelfa, tra cui Corrado, Ognibene Lambardi, Graziadeo da Calvisano e Federico Lavellolongo, mentre per l’altra parte i Torriani e, «in rappresentanza della parte ghibellina e degli espulsi, Benetino de Tangentinis, Iacopo de Mandugasenis, Piurdo de la Mite e Giovanni Bonamensura» (Malvezzi, col. 950).
Nel 1276 Corrado divenne podestà di Firenze e vicario di Carlo d’Angiò; durante il mandato si celebrò il processo patrimoniale tra gli Alighieri e la chiesa del rione di S. Martino del Vescovo, la cui sentenza fu emessa dal giudice Matteo «d. Curradi de Palazzo, regii vicari in regimine Florentiae» (Presta, 1973, p. 257), ragione questa che spiega forse il positivo giudizio dantesco sul suo operato (Purg. XVI, 124). Al termine dell’incarico, il 15 dicembre 1276, il capitano della Massa Giovanni da Pescarolo affidò a Leone Poggi l’incarico di comunicare a Corrado l’elezione a capitano della Massa di parte dei guelfi per il semestre successivo e di redigere l’atto di accettazione.
Nel novembre 1278 Brescia strinse un’alleanza contro la lega promossa da Ottone Visconti e soprattutto da Verona; sue alleate erano Cremona, Parma, Ferrara, Padova e quel Gherardo da Camino citato nel Purgatorio da Dante insieme a Guido da Castello e a da Palazzo (XVI, 124-125).
Terminato il mandato a Firenze, Corrado fece probabilmente rientro in patria per irrobustire la compagine filoangioina, senza però perdere mai i contatti con la realtà toscana. Ciò spiega il suo incarico podestarile a Siena nel primo semestre del 1279, periodo nel quale si giunse alla pace con Firenze e rispetto al quale le cronache parlano di un grande incendio. Sembra inoltre attestata, tra il 1283 e il 1284, la sua partecipazione alla riconquista dei territori rivieraschi gardesani di Limone, Tremosine e Tignale da parte del Comune bresciano contro il vescovo di Trento.
Il 6 giugno 1287, in qualità di capitano del Popolo di Milano, sottoscrisse la nomina del procuratore per la firma della lega con Amedeo di Savoia, secondo le clausole stabilite il precedente 3 aprile e inserite nell’atto. L’8 giugno fu presente «in palacio novo comunis» (Gli atti del Comune di Milano, 1992, p. 459) per la ratifica di tali accordi e il 22 giugno successivo, sempre nel palazzo comunale, intervenne per il loro giuramento. Rientrato a Brescia, Corrado dovette operare per fronteggiare la ribellione della Valcamonica, risolta qualche tempo dopo con l’appoggio dei Visconti, mentre nel 1289 fu chiamato a Piacenza come podestà, incarico che agevolò l’avvento della signoria di Alberto Scotti, esponente della più importante famiglia mercantile locale, a capitano del Popolo e la definitiva messa fuori gioco dell’opposizione ghibellina rappresentata dai Landi.
Dopo il semestre piacentino non si hanno più notizie di Corrado, che era ancora vivo nel 1300 se prestiamo fede al racconto della Commedia dantesca, nella quale lo si ricorda ormai vecchio e unico testimone, insieme a Gherardo da Camino e Guido da Castello, dei tempi perduti in cui la cortesia e il valore fiorivano in Lombardia: «Ben v’èn tre vecchi ancora in cui rampogna | l’antica età la nova, e par lor tardo | che Dio a miglior vita li ripogna: | Currado da Palazzo e ’l buon Gherardo | e Guido da Castel, che mei si noma, | francescanamente, il semplice Lombardo» (Purg. XVI, 121-126).
Da riferire a un omonimo Corrado da Palazzo, invece, è il racconto del cronista Malvezzi dell’eroico comportamento come vessillifero al servizio di Enrico VI nella guerra contro Tancredi del 1194 e delle benemerenze che avrebbe ricevuto poi dal sovrano.
Fonti e Bibl.: I. Malvezzi, Chronicon brixianum ab origine urbis ad annum usque mcccxxxii, in Rer. Ital. Script., XIV, Milano 1729, coll. 891 s., 949 s., 957-961; A. Dei, Cronica sanese, ibid., XV, Milano 1729, col. 37; F. Odorici, Statuti bresciani del secolo XIII, in Historiae Patriae monumenta, XVI: Leges municipales, t. II, Torino 1876, coll. 1584 (78-81); Liber potheris communis civitatis Brixiae, a cura di F. Bettoni Cazzago - L.F. Fè d’Ostiani, ibid., XIX, Torino 1899, coll. 952 s., 956, doc. 229, 232; Gli atti del Comune di Milano del secolo XIII, III: 1277-1300, a cura di M.F. Baroni, Milano 1992, pp. 459-461, 467 s., doc. 174 s., 180; Cronaca senese conosciuta sotto il nome di Paolo di Tommaso Montauri, in Cronache senesi, a cura di A. Lisini - F. Iacometti, in Rer. Ital. Script., II ed., XV, 6, I, Bologna 1934, p. 225; Liber privilegiorum Comunis Mantue, a cura di R. Navarrini, Mantova 1988, pp. 257, 259, 263, doc. 73 s.; I patti tra Cremona e le città della regione padana (1183-1214), in Bollettino storico cremonese, n.s., V (1998), p. 133. V. inoltre. O. Rossi, Elogi historici di Bresciani illustri, Brescia 1620, pp. 42-45; C. Poggiali, Memorie storiche della città di Piacenza, V, Piacenza 1758, p. 411; Il secolo di Dante. Commento storico necessario all’intelligenza della Divina Commedia scritto da Ferdinando Arrivabene colle illustrazioni storiche di Ugo Foscolo sul poema di Dante, Udine 1827, p. 460; L’ottimo commento della Divina Commedia. Testo inedito d’un contemporaneo di Dante, a cura di A. Torri, II, Purgatorio, Pisa 1828, p. 292 n. 121; L.G. Blanc, Vocabolario dantesco o Dizionario critico e ragionato della Divina Commedia di Dante Alighieri, Firenze 1859, pp. 120, 203; G.A. Scartazzini, Enciclopedia dantesca. Dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri, I, Milano 1896, p. 515; II, ibid. 1899, p. 1418; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, IV, Berlin 1908, p. 551; M. Barbi, Per un passo dell’epistola all’Amico fiorentino, in Studi danteschi, II (1920), p. 137; R. Piattoli, Codice diplomatico dantesco, Firenze 1940, p. 43; Storia di Milano, IV, Dalle lotte contro il Barbarossa al primo signore (1152-1310), Milano 1954, p. 346; Dizionario della Divina Commedia, a cura di M. Messina, Firenze 1954, p. 130; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, Guelfi e ghibellini, II, L’egemonia guelfa e la vittoria del popolo, Firenze 1957, pp. 159 s.; A. Bosisio, Il Comune, in Storia di Brescia, I, Brescia 1963, pp. 683, 686-690; V. Presta, in Enciclopedia dantesca, IV, Roma 1973, p. 257; Storia di Piacenza, II, Dal vescovo conte alla signoria (996-1313), Piacenza 1984, pp. 272, 290-297; R. Zilioli Faden, Le pergamene del monastero di S. Giulia di Brescia ora di proprietà Bettoni - Lechi 1043-1590. Regesti, Brescia 1984, p. 87, doc. 288; B. Delmay, I personaggi della Divina Commedia. Classificazione e regesto, Firenze 1986, pp. XXXVIII, 85 n. 214; G. Archetti, Berardo Maggi vescovo e signore di Brescia. Studi sulle istituzioni ecclesiastiche e sociali della Lombardia orientale tra XIII e XIV secolo, Brescia 1994, pp. 332 s.; Storia di Siena, I, Dalle origini alla fine della repubblica, a cura di R. Barzanti - G. Catoni - M. de Gregorio, Siena 1995, pp. 95 s., 332 s.; R. Merlante, Il dizionario della Commedia, Bologna 1999, p. 78; J.-C. Maire Vigueur, Nota sugli ufficiali bresciani, in I podestà dell’Italia comunale, I, Reclutamento e circolazione degli ufficiali forestieri (fine XII sec.-metà XIV sec.), Rome 2000, p. 110; A. Zorzi, I rettori di Firenze. Reclutamento, flussi, scambi (1193-1313), ibid., pp. 548, 553; J.-C. Maire Vigueur, I profili, ibid. II, p. 1015; La Commedia di Dante Alighieri. Purgatorio, con commento di R. Hollander, trad. S. Marchesi, Firenze 2011, p. 140.