Corrispondenza del detenuto e regime carcerario speciale
Articolati tra legge ordinaria, regolamento di esecuzione e circolari ministeriali, i rapporti tra corrispondenza e regime carcerario differenziato sono stati oggetto di una recente sentenza costituzionale, che non risolve gli atavici “cortocircuiti” tra giurisdizione di sorveglianza ed amministrazione penitenziaria.
Il vigente art 41 bis, co. 2-quater, lett e), ord. penit. impone la sottoposizione a visto di censura di tutta la corrispondenza in partenza e in arrivo, «salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o internazionali aventi competenza in materia di giustizia». A far data dal 1992, già i primi decreti ministeriali. di applicazione del regime carcerario differenziato erano soliti prevedere che la corrispondenza fosse sottoposta a visto di controllo da parte del direttore dell’istituto penitenziario, in palese violazione della doppia riserva di legge e di giurisdizione prevista dall’art. 15 Cost., e degli artt. 8 e 13 CEDU1.
La C. cost., investita della questione2, aveva peraltro escluso qualsivoglia competenza ministeriale in ordine alla sottoposizione a visto di controllo della corrispondenza dei detenuti, derogatoria dell’(allora vigente) art. 18 ord. penit. Al contrario, la C. eur. dir. uomo ha condannato a più riprese l’Italia per violazione degli artt. 8 e 13 CEDU. Più precisamente, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che la normativa italiana in tema di controllo della corrispondenza dei soggetti in stato di detenzione si ponesse in contrasto con il dettato convenzionale, nella parte in cui accordava un’eccessiva discrezionalità all’autorità decidente in ordine alla motivazione e alla durata del provvedimento restrittivo, nonché nella parte in cui non prevedeva un effettivo ricorso nei confronti del provvedimento medesimo3. È stata, inoltre, censurata l’assenza del “fondamento legale” richiesto dall’art. 8 CEDU per l’adozione della misura limitativa della libertà di corrispondenza4 e la previsione del visto anche per la corrispondenza indirizzata agli organi di giustizia sovranazionale5.
I moniti della C. eur. dir. uomo hanno indotto il legislatore, con la l. 8.4.2004, n. 95, ad introdurre l’art. 18 ter ord. penit. (e ad abrogare contestualmente i co. 7 e 9 dell’art. 18), nel rispetto del quale deve oggi attuarsi il controllo disposto dal co. 2-quater dell’art. 41 bis ord. penit.
In via di estrema sintesi, il diritto alla corrispondenza può essere limitato solo con decreto motivato del Magistrato di sorveglianza, o, per gli imputati fino al primo grado, del giudice che procede, su richiesta del direttore dell’istituto o del p.m., per una durata massima di sei mesi, prorogabili sine die per ulteriori periodi non superiori a due mesi. In secondo luogo, la norma indica le tipologie di controlli esperibili, consistenti:
a) nella limitazione della corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa;
b) nella sottoposizione a visto di controllo della corrispondenza;
c) nel controllo delle buste che contengono la corrispondenza e, infine
d) nel trattenimento della stessa, cui si fa ricorso qualora dai controlli siano emersi elementi che facciano temere un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, con l’obbligo di darne immediatamente comunicazione al detenuto, che potrà proporre reclamo ai sensi del comma 14-ter ord. penit.
Con riferimento specifico al controllo sub b), la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo si risolve nella lettura, da parte dell’a.g. o dell’autorità amministrativa delegata, del contenuto della comunicazione inviata o ricevuta dal detenuto con successiva apposizione di un segno (il visto) attestante il controllo effettuato. Una volta eseguito il controllo in esame, gli esiti possibili sono due: se l’a.g. ritiene che le esigenze (investigative e/o di prevenzione) rilevate a livello prognostico al momento dell’autorizzazione alla misura non appaiono compromesse dalla consegna dello scritto, ne dispone l’inoltro al detenuto6; in caso contrario, l’a.g. dispone che la stessa sia trattenuta, con conseguente limitazione anche della libertà di corrispondenza in senso stretto.
La S.C. ha insistito più volte sulla necessità di una motivazione chiara e puntuale delle ragioni che inducono alla censura della corrispondenza, basata su elementi concreti, che evidenzino il rischio che il detenuto entri in contatto con le organizzazioni criminali.
È il caso, ad esempio, dell’utilizzo di un linguaggio criptico, purché nel provvedimento si dia conto in modo comprensivo del pensiero del giudice, e sussista quindi il ragionevole dubbio che il contenuto effettivo della missiva non corrisponda a quello che appare dalla semplice lettura del testo7. Si è precisato che la motivazione deve essere diversamente modulata a seconda che la corrispondenza sia in “uscita” o in “entrata”, atteso che, nel primo caso il soggetto che subisce il controllo è lo stesso autore della corrispondenza, e perciò è sufficiente specificare le ragioni che giustificano la limitazione in concreto, nel secondo caso, invece, il detenuto è il destinatario, e quindi, pur non potendo esplicitare del tutto il contenuto della missiva, questo dovrà essere adeguatamente richiamato, in modo tale da bilanciare il diritto del detenuto a conoscere le ragioni della limitazione e la finalità pubblica di salvaguardia delle esigenze investigative8. La giurisprudenza ha altresì affermato che nel procedimento di controllo della corrispondenza dei detenuti e degli internati non sussiste un diritto dell’interessato o del difensore alla visione e alla estrazione di copia della comunicazione epistolare trattenuta, sull’assunto che «la positiva disciplina e la stessa ragione d’essere dell’istituto del controllo/trattenimento della corrispondenza contraddice la possibilità della sostanziale caducazione del provvedimento censorio mediante l’accesso, in sede giurisdizionale di reclamo, alla comunicazione epistolare trattenuta»9.
Quanto al potere di trattenimento della corrispondenza, si pone un rilevante problema interpretativo a proposito della vigenza o meno di quella norma regolamentare (art. 38, co. 6, reg. penit.) che attribuisce alla direzione dell’istituto un analogo – se non più ampio – potere di trattenere in via cautelativa la missiva (con obbligo di farne immediata segnalazione all’a.g.) «quando vi sia sospetto che nella corrispondenza epistolare, in arrivo o in partenza, siano inseriti contenuti che costituiscono elementi di reato o che possono determinare pericolo per l’ordine e la sicurezza». Non pienamente in linea con la riserva di legge e di giurisdizione nelle parti in cui attribuisce all’autorità amministrativa (e non al giudice) un penetrante potere di limitare la libertà e la segretezza della corrispondenza sulla base del mero sospetto circa la presenza di elementi di reato e di pericolo per l’ordine e la sicurezza, la norma regolamentare – peraltro dettata con riferimento all’attività ispettiva dell’art. 38, co. 5, reg. penit. (ed oggi non più consentita) – dovrebbe essere considerata, a giudizio della dottrina10, tacitamente abrogata dalla l. n. 95/2004 che ha disciplinato con carattere esaustivo l’intera tematica delle limitazioni alla corrispondenza, riducendo i poteri dell’amministrazione penitenziaria alle sole funzioni propositive.
Le garanzie declinate nell’art. 18 ter ord. penit. rischiavano di essere sostanzialmente aggirate nella prassi per effetto del ricorso alla cd. “intercettazione epistolare”11: si riteneva legittimo acquisire e utilizzare copia della corrispondenza dei detenuti applicando in via analogica la disciplina prevista per le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni di cui all’art. 266 anche alle operazioni di intercettazione della corrispondenza inviata da un detenuto o a lui trasmessa12. Tale orientamento è stato sconfessato dalle S.U. che, nell’aderire ad un contrapposto indirizzo interpretativo13, hanno statuito che «la sottoposizione a controllo e la utilizzazione probatoria della corrispondenza epistolare non è soggetta alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, dovendosi invece seguire le forme del sequestro di corrispondenza di cui agli artt. 254 e 353 cod. proc. pen. e, nel caso di corrispondenza di detenuti, anche le particolari formalità stabilite dall’art. 18 ter ord. pen.»14. Nella medesima pronuncia si è infine precisato che il visto di controllo, ex art. 18 ter ord. penit., implica necessariamente che, previa apertura non occulta del plico, sul contenuto della corrispondenza sia impresso un segno riconoscibile e idoneo ad attestare l’effettuato controllo da parte dell’autorità, in modo da renderne edotti i soggetti che intrattengono la corrispondenza.
Benché l’art. 18 ter ord. penit. non contempli restrizioni di tipo soggettivo, talune circolari ministeriali estendono le limitazioni all’esercizio del diritto alla corrispondenza alle comunicazioni fra soggetti detenuti in 41-bis. La circ. d.a.p. 27 aprile 2015, n. 0147611, infatti, vieta la corrispondenza fra detenuti sottoposti “al carcere duro”, ad eccezione degli stretti congiunti, cioè genitori o fratelli.
Asseritamente ascrivibile a quelle misure di sicurezza interna e esterna menzionate dalle lett. a) ed f) dell’art. 41 bis, co. 2-quater, ord. penit., la previsione vìola palesemente le riserve di legge e di giurisdizione operanti in materia di corrispondenza ed è conseguentemente disapplicata da una condivisibile giurisprudenza, sull’assunto che essa determini una illegittima sottrazione al controllo giurisdizionale della previsione che vieta la corrispondenza epistolare tra detenuti sottoposti alla disciplina extra ordinem, divieto che potrebbe essere operante unicamente per periodi di tempo determinati e previo provvedimento della competente autorità giudiziaria15.
Altra questione oggetto di particolare attenzione da parte dell’amministrazione in tempi recenti è quella della ricezione di fotografie da parte del detenuto in 41-bis, le quali saranno sottoposte al controllo disposto per il resto della corrispondenza. Le uniche foto consentite sono quelle dei congiunti, le quali saranno comunque sottoposte a visto di censura dalla direzione dell’istituto, e se emergano sospetti circa la sussistenza di elementi di reato o che possano determinare pericolo per la pubblica sicurezza, inoltrate all’autorità giudiziaria. Le foto diverse da quelle dei familiari saranno invece automaticamente inoltrate all’autorità giudiziaria che deciderà della necessità di trattenerle in via definitiva16. In alcun caso potranno essere detenute in cella più di 30 foto di formato 10x15, per le già medesime ragioni di perquisizioni che limitano il numero dei libri concessi al detenuto17.
Nell’àmbito della corrispondenza sono inoltre da comprendere le restrizioni circa la ricezione, l’inoltro e il possesso di libri per i detenuti sottoposti al regime di cui al 41-bis ord. penit., introdotte con circolare d.a.p. 16 novembre 2011, n. 8845 e confermate con successiva circolare 11 febbraio 201418.
I provvedimenti in questione prendono le mosse da segnalazioni pervenute alla direzione generale circa la trasmissione di messaggi all’esterno da parte di un detenuto in 41-bis, avvenuta per mezzo dello scambio di libri e atti giudiziari con i familiari in occasione dei colloqui. Pur prendendo atto della sottoposizione di tale materiale a visto di censura, l’amministrazione ha ritenuto che la mole di documenti e scritti da esaminare, nonché l’utilizzo di “linguaggi criptici” (che, nel caso di specie, il detenuto avrebbe appreso tramite libri forniti dalla stessa biblioteca di sezione), renda estremamente difficile l’attività di controllo della polizia penitenziaria, non potendo perciò fare pieno affidamento su di essa. Alla luce di tali considerazioni, il d.a.p. ha disposto che:
a) qualsiasi tipo di stampa autorizzata (quotidiani, riviste, libri) dovrà essere acquistata esclusivamente nell’ambito dell’istituto penitenziario tramite l’impresa di mantenimento ovvero in libreria tramite il personale delegato dalla direzione dell’istituto;
b) eventuali abbonamenti a giornali e riviste autorizzate dovranno essere sottoscritte direttamente dalla direzione o dall’impresa di mantenimento, con successiva distribuzione fra i detenuti che ne abbiano fatto richiesta, al fine di evitare che si venga a conoscenza del luogo in cui i detenuti sono ristretti;
c) sarà vietato l’ingresso di libri e riviste ricevute all’esterno, sia tramite pacco postale, sia tramite pacco consegnato in occasione dei colloqui;
d) potranno essere tenuti in cella un numero massimo di 5 testi (o 12 per chi sia iscritto a corsi universitari o scolastici) così da semplificare l’attività di perquisizione.
Sconfessando l’orientamento di merito maggiormente garantista19, incline a disapplicare la circolare per contrasto con l’art. 18-ter ord. penit., la S.C. ha invece avallato la stretta amministrativa, affermando trattarsi di forme particolari di comunicazione che non rientrano nella disciplina dei controlli sulla corrispondenza ai sensi dell’art. 18-ter ord. penit., né rinvenendosi, nelle disposizioni della normativa secondaria in questione, un’eccessiva ed ingiustificata limitazione del diritto di informazione e di studio20.
Dalla presa d’atto di tale “diritto vivente”, ha preso le mosse il Mag. sorv. di Spoleto, il quale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 41 bis, co. 2-quater, lett. a) e lett. f), ord. penit., con riferimento agli artt. 15, 21, 33, 34 e 117, co. 1, Cost., nella parte in cui consente all’amministrazione penitenziaria di adottare, tra le misure di elevata sicurezza interna ed esterna volte a prevenire contatti del detenuto in regime differenziato con l’organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, il divieto di ricevere dall’esterno e di spedire all’esterno libri e riviste a stampa. In particolare, evidenzia il giudice rimettente, ad essere inibito «non è il possesso della pubblicazione in quanto tale, ma una vera e propria comunicazione che intercorre tra il detenuto e terze persone, in particolare i suoi familiari», giacché, «mediante un libro può evidentemente assolversi la necessità di far conoscere uno stato d’animo, di veicolare un messaggio di vicinanza, di condividere una certa urgenza emotiva, di manlevare in concreto il detenuto delle spese dell’acquisto di un testo manifestandogli così il sostegno familiare, oppure anche, naturalmente, di interpolare nel testo messaggi affettuosi o di riflessione, oppure invece criptici o addirittura francamente rivolti a trasmettere informazioni od ordini». Si tratta dunque, ad avviso del giudice a quo, di una forma di comunicazione coperta dalla riserva di giurisdizione di cui all’art. 15 Cost. che in nulla differisce dall’ordinaria corrispondenza e che, come tale, per essere impedita, necessita del vaglio dell’autorità giudiziaria nelle forme e nei limiti individuati dall’art. 18 ter ord. penit.
In secondo luogo, il quadro di ostacoli al reperimento della stampa, «nella realtà carceraria, fatta di un coacervo inimmaginabile per una persona libera di domande che il detenuto deve porre all’amministrazione per risolvere anche la più semplice questione di vita quotidiana» lungi dall’incidere sul solo metodo di acquisizione, sembra pregiudicare il concreto esercizio del diritto all’informazione costituzionalmente garantito dall’art. 21 Cost., determinando un significativo onere economico a carico del detenuto e configurando una smisurata dilatazione del periodo di attesa dovuto al necessario espletamento dei passaggi autorizzativi e ai tempi tecnici di reperimento dei testi.
Anche il diritto allo studio (artt. 33 e 34 Cost.) viene leso dalla necessità di “burocratizzare” l’acquisito di libri e riviste tramite l’istituto penitenziario e ciò in ragione delle tempistiche necessarie a reperirli, in sicuro contrasto con quelle del proprio piano di studi; del denaro ingente necessario a far fronte alle spese, non potendo attingere ad esempio a libri usati, come invece garantito a qualunque studente libero; dell’impossibilità di fruire di testi ormai fuori stampa o comunque non altrimenti reperibili se non in dispense fotocopiate (ipotesi assai frequente per gli scritti accademici); dei limiti quantitativi agli acquisti che dalle altre limitazioni proprie del regime differenziato ai detenuti derivano.
Il giudice rimettente ritiene infine violato l’art. 117 Cost. per via dell’asserito contrasto tra l’art. 41 bis ord. penit. e gli artt. 3 e 8 CEDU – assunti a norme interposte – determinato dal fatto che la prescrizione amministrativa comprime il diritto alla vita privata e familiare di tutti i detenuti in regime differenziato, «pur nella forma residua rappresentata da quel passaggio di beni dal peculiare valore emotivo e rappresentativo di vicinanza fisica, senza che risulti in modo significativo e proporzionato incrementata la tutela dell’interesse pubblico a contrastare i contatti del detenuto con ruoli apicali in contesto di criminalità organizzata con l’associazione a delinquere di riferimento».
La Corte costituzionale21 ha dichiarato non fondate le questioni di costituzionalità.
In particolare, il Giudice delle leggi ha escluso un vulnus con gli artt. 21, 33 e 34 Cost., osservando che le restrizioni amministrative non limitano la facoltà del detenuto di scegliere i testi con i quali informarsi o sui quali studiare, ma prescrivono solamente le modalità attraverso le quali tali diritti possono essere attuati. Analogamente, la Consulta ha escluso la violazione dell’art. 15 Cost., confutando le argomentazioni del giudice rimettente ed escludendo che, in nome della libertà di corrispondenza, l’amministrazione penitenziaria non possa imporre restrizioni nel passaggio di beni ed oggetti tra i detenuti e l’esterno. Infine, la Consulta ha escluso la violazione dell’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 3 e 8 CEDU, posto che, con riferimento alla prima norma, il giudice a quo avrebbe contestato non l’ammissibilità delle limitazioni in questione, ma solo il quomodo; con riferimento all’art. 8, invece, ritenendo le limitazioni proporzionate rispetto agli obiettivi di prevenzione che il regime detentivo speciale persegue.
Note
1 Cfr. Bernardi, E., Corrispondenza dei detenuti e diritti fondamentali della persona, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 1425; Id., I colloqui dei detenuti tra Costituzione italiana e Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Giur. it., 1983, IV, 339.
2 C. cost., 28.7.1993, n. 349.
3 C. eur. dir. uomo, 15.11.1996, Diana c. Italia, in Dir. pen. e processo, 1997, 163; 15.11.1996, Domenichini c. Italia, ibidem, 1997, 162.
4 C. eur. dir. uomo, 6.4.2000, Labita c. Italia, in Rivista penitenziaria e criminologica, 1999, 177; 28.9.2000, Messina c. Italia, in Guida dir., 2001, fasc. 6, 133; 26.7.2002, Di Giovine c. Italia, in Legisl. pen., 2002, 496.
5 C. eur. dir. uomo, 9.1.2001, Natoli c. Italia, in Legisl. pen. 2001, 1084.
6 Cfr. Santinelli, C., Art. 18-ter ord. penit., in Della Casa, F.Giostra, G., a cura di, Ordinamento penitenziario commentato, V, Padova, 2015, 245.
7 Cfr. Cass. pen., sez I, 27.3.2008, n. 17799, in CED rv. n. 239850, che ha ritenuto illegittimo il provvedimento motivato da un generico riferimento all’ordine e alla sicurezza; nonché Cass. pen., sez. I, 21.11.2013, n. 48365, in CED rv. n. 253978; Cass. pen., sez. I, 14.3.2013, n. 16744, in CED rv. n. 257013.
8 Cass. pen., sez V, 20.6.2014, n. 43522, in CED rv. n. 260692.
9 Cass. pen., sez. I, 25.1.2011, n. 7505, in CED rv. n. 249803; Cass. pen., sez. I 5.12.2011, n. 47748, in CED rv. n. 252188, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 ter ord. penit., sollevata per contrasto con gli artt. 3, 15, 24, 112 e 117 Cost.
10 V. Filippi, L., I controlli sulla corrispondenza dei detenuti, in Dir. pen. e processo, 2004, 1206.
11 Calò, L., Art. 15 Cost.: quello strenuo conflitto tra garanzia e limitazione della corrispondenza, in Cass. pen., 2009, 624; Chelo, A., Acquisizione clandestina della corrispondenza del detenuto: un’intercettazione che non s’ha da fare, in Dir. pen. e processo, 2010, 1315; Fanuele, C., Sequestro di corrispondenza proveniente da persona detenuta: una forma d’intercettazione “mascherata”, in Dir. pen. e processo, 2010, 466; Ingenito, M., Il controllo sulla corrispondenza del detenuto: impossibili prassi d’indagine incostituzionali, in Dir. pen. e processo, 2012, 1345; Iovene, F., Il diritto del detenuto alla segretezza della corrispondenza, in Cass. pen., 2010, 3523; Maggio, P., Le captazioni “occulte” della corrispondenza del detenuto: dubbi di qualificazione giuridica e tutela delle garanzie individuali, in Proc. pen. e giust., 2012, 13; Piccialli, P., La corrispondenza del detenuto non può essere oggetto di intercettazione, in Corr. mer. 2012, 1041; Renoldi, C., Le Sezioni unite sul controllo del contenuto della corrispondenza di persona ristretta in un istituto penitenziario, in Cass. pen., 2013, 962.
12 Cass. pen., sez. V, 18.10.2007, n. 3579, in CED rv. n. 238902.
13 Cass. pen., sez. V, 29.4.2010, n. 16575, in CED rv. n. 246870; Cass. pen., sez. VI, 13.10.2009, n. 47009, in CED rv. n. 245183; Cass. pen., sez. II, 13.6.2006, n. 20228, in CED rv. n. 234652.
14 Cass. pen., S.U., 19.4.2012, n. 28997, in CED rv. n. 252893; nello stesso senso, da ultimo, Cass. pen., sez. II 11.3.2016, n. 12488, in CED rv. n. 266473.
15 Mag. Sorv. Udine, ord. 10.4.2016, con nota di Bronzo, P., Limitazioni alla corrispondenza e “carcere duro”, in Il penalista, 29.7.2016.
16 Nota d.a.p. 20.4.2016, n. 013528.
17 Nota d.a.p. 13.1.2016, n. 0010194.
18 In prospettiva generale v. Ruotolo, M., I diritti alla corrispondenza, all’informazione e allo studio dei detenuti in regime di 41 bis. A proposito delle limitazioni nelle modalità di ricezione ed inoltro di libri, giornali e riviste, in Cass. pen., 2015, 842.
19 Mag. sorv. Spoleto, 29.10.2012 e Mag. sorv. Roma, 18.2.2013, in Rivista penitenziaria e criminologica, 2014,
173.
20 V. Cass. pen., sez. I, 29.9.2014, n. 1774, in CED rv. n. 261858, p.m. in c. T.; nonché, già, Cass. pen., sez. I, 3.10.2013, n. 9677, in CED rv. n. 259177; Cass. pen., sez. I, 27.9.2013, n. 42902, in CED rv. n. 257299, p.m. in c. C.; Cass. pen., sez. I, 23.9.2013, n. 46783, in CED rv. n. 257473, p.m. in c. Gullotti. In argomento, Falzone, F.Picozzi, F., La ricezione di pubblicazioni da parte delle persone sottoposte al regime detentivo speciale 41-bis, in Rivista penitenziaria e criminologica, 2012, n. 2, 132.
21 C. cost., 26.5.2017, n. 122.