Corruzione e trasparenza per le società partecipate
Nell’ambito delle recenti riforme che hanno determinato il progressivo ampliamento del campo di applicazione della disciplina in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza alle società partecipate, le «Nuove linee guida» dell’ANAC, pubblicate in G.U. il 5.12.2017, introducono alcune novità particolarmente significative poiché, ai fini del superamento di alcune incertezze che accompagnano la disciplina positiva di riferimento – e a fronte dell’esigenza di una sua effettiva attuazione ‒, indicano una serie di adempimenti aventi ad oggetto l’introduzione di misure finalizzate all’anticorruzione e alla trasparenza che dovranno essere poste in essere dalle società partecipate entro l’anno 2018. L’effettivo adeguamento a quanto previsto dalle linee guida, sarà poi verificato dall’Autorità nell’esercizio dei più penetranti poteri di vigilanza e controllo che le sono stati attribuiti.
L’odierno assetto normativo, incentrato sulla trasparenza, soprattutto in funzione della prevenzione della cattiva amministrazione, è formato dalla l. 6.11.2012, n. 190, dal d.l. 24.6.2014, n. 90, e dal d.lgs. 14.3.2013, n. 33, modificato dal d.lgs. 25.5.2016, n. 97.
Quest’ultimo atto normativo precisa quali siano i soggetti destinatari della disciplina sulla trasparenza quanto agli obblighi di pubblicazione di dati e documenti e quanto all’applicazione dell’accesso civico e generalizzato. Non si tratta solo di applicare il principio alle pubbliche amministrazioni intese come persone giuridiche dotate di personalità giuridica di diritto pubblico, ma altresì ad una vasta serie di soggetti attratti nella sfera del pubblico in quanto svolgono funzioni pubbliche o perché utilizzano risorse pubbliche per la propria attività. Ciò esclude le società che pur svolgendo servizi economici di rilevanza pubblica, traggono le loro finanze dal mercato con strumenti azionari o altri sistemi di tipo concorrenziale.
Le regole della trasparenza operano poi, con alcune peculiarità, in settori considerati particolarmente a rischio corruzione: qui viene preso analiticamente in considerazione il caso delle società pubbliche. In passato, l’estensione, anche a tali soggetti, dell’applicabilità delle norme in materia di trasparenza e prevenzione e contrasto alla corruzione si è rivelata particolarmente complessa, a causa della difficoltà iniziale ‒ ormai superata ‒ del loro inquadramento nell’ambito dell’organizzazione della pubblica amministrazione, oltre che a causa delle disomogeneità e delle sovrapposizioni emergenti dal susseguirsi di norme che non sono riconducibili all’interno di un quadro unitario.
In un clima di forti incertezze, un ruolo decisivo è stato recentemente assunto dall’ANAC che, per il tramite delle «Nuove linee guida» del 2017 ha compiuto il tentativo di promuovere una lettura in chiave estensiva sotto il profilo soggettivo della disciplina di riferimento, spingendo verso un adeguamento, anche delle società partecipate, al processo di riforma improntato a logiche di trasparenza tutt’oggi in corso. A tal scopo, le «Nuove linee guida» indicano una serie di adempimenti aventi ad oggetto l’introduzione di misure finalizzate all’anticorruzione e alla trasparenza che – dovranno essere poste in essere dalle società partecipate entro l’anno 2018. L’effettivo adeguamento a quanto previsto dalle linee guida sarà poi verificato dall’Autorità nell’esercizio dei più penetranti poteri di vigilanza e controllo che le sono stati attribuiti.
Al fine di meglio inquadrare le principali problematiche affrontate dalle nuove linee guida dell’ANAC in ordine al rapporto che intercorre tra la disciplina in materia di corruzione e trasparenza e le società partecipate conviene prendere le mosse da una ricostruzione storico-normativa sul tema.
Con la l. n. 190/2012 e il d.lgs. n. 33/2013, che miravano a riprendere, coordinare e aggiornare, rispettivamente, le misure di prevenzione della corruzione e di promozione della trasparenza, si è resa evidente l’intenzione del legislatore di estendere tali misure anche a soggetti che, indipendentemente dalla natura giuridica, sono controllati dalle amministrazioni pubbliche; ovvero si avvalgono di risorse pubbliche; ovvero ancora svolgono funzioni pubbliche o attività di pubblico interesse.
tuttavia, risultava controversa la modalità di applicazione della nuova disciplina sul piano soggettivo, per una molteplicità di cause, tra le quali, la difficoltà di adeguamento dei contenuti di alcune norme che, dando per presupposto modelli organizzativi uniformi, mal si conciliavano con la diversa connotazione delle pubbliche amministrazione e dei soggetti con natura privatistica e con le loro forme societarie e l’ambiguità riguardo agli aspetti soggettivi della disciplina sulla trasparenza.
In questo quadro, già particolarmente complesso, l’art. 24 bis d.l. n. 90/2014 ha modificato l’art. 11 d.lgs. n. 33/2013 (successivamente abrogato dall’art. 43, co. 1, d.lgs. n. 97/2016) sull’ambito soggettivo di applicazione della trasparenza, intesa quale accessibilità totale delle informazioni, avendo previsto che la disciplina dovesse applicarsi anche agli «enti di diritto pubblico non territoriali, nazionali regionali o locali comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione» nonché, «limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea», agli «enti di diritto privato in controllo pubblico, ossia alle società e agli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell’articolo 2359 del c.c. da parte di pubbliche amministrazioni, oppure agli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi». Il medesimo articolo prevedeva anche che «alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni in caso di partecipazione non maggioritaria, si applicano, limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea, le disposizioni dell’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge 6 novembre 2012, n. 190».
Con la delibera n. 8/2015, recante le Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici, l’ANAC proponeva la medesima distinzione della disciplina sulla trasparenza: società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni pubbliche, individuate ai sensi dell’art. 2359, co. 1, nn. 1) e 2), c.c. e società a partecipazione pubblica non maggioritaria, come definite all’art. 11, co. 3, d.lgs. n. 33/2013. In relazione agli strumenti anticorruzione, si osservava che la prima categoria di società fosse sottoposta ad una disciplina più stringente rispetto alla seconda, in ragione del maggior legame di controllo che sussiste con l’amministrazione.
Le incertezze interpretative che, in parte, erano state risolte dall’intervento dell’ANAC, sono state ulteriormente alimentate a seguito dell’adozione di due decreti legislativi che, in ordine alla materia fin qui trattata, hanno apportato novità particolarmente rilevanti: il d.lgs. n. 97/2016 e il d.lgs. 19.8.2016, n. 175 e ss. mm. Il primo ha determinato l’introduzione, nel d.lgs. n. 33/2013, dell’art. 2 bis. La norma si compone di tre commi: il primo contiene un richiamo all’art. 1, co. 2, d.lgs. 30.3.2001, n. 165 per la definizione di «pubbliche amministrazioni»; il secondo dispone che la disciplina dettata dal d.lgs. n. 33/2013 si applichi, in quanto compatibile, anche a enti pubblici economici e ordini professionali, società in controllo pubblico ad esclusione delle società quotate come disposto dal d.lgs. n. 175/2016, associazioni, fondazioni e enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a 500.000 euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo di amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni; il terzo dispone che la medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni di cui al co. 1 si applichi «in quanto compatibile» e «limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea» anche alle società in partecipazione pubblica, alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici.
Il secondo, in attuazione della l. delega 7.8.2015, n. 124, reca il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, le cui disposizioni sono state successivamente integrate dal d.lgs. 16.6.2017, n. 100, cd. correttivo del testo unico sulle partecipate.
Nell’esprimere parere favorevole, con osservazioni, sul decreto correttivo sopra citato, il Consiglio di Stato ha sottolineato che la nuova collocazione sistematica delle società controllate (direttamente) o partecipate da amministrazioni pubbliche comportasse l’esigenza di un coordinamento con l’art. 2 bis d.lgs. n. 33/2013.
Le nuove, significative, innovazioni introdotte, hanno reso necessario un nuovo intervento chiarificatore dell’ANAC sui limiti e le modalità dell’applicazione della disciplina alle società partecipate. Lo schema delle nuove linee guida è stato dapprima posto in consultazione pubblica dal 27 marzo al 27 aprile 2017 e sottoposto al parere del Consiglio di Stato, che si è espresso favorevolmente con alcune osservazioni recepite dalle nuove linee guida1; queste sono poi state adottate con delibera dell’8.11.2017, n. 1134 recante Nuove linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazione e degli enti pubblici economici, pubblicate in G.U. il 5.12.2017.
Gli adempimenti ivi previsti riguardano: l’integrazione, ove adottato, del cd. modello 231, con misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione o di illegalità «in coerenza con le finalità della legge n. 190/2012»2; la delimitazione delle attività di pubblico interesse negli enti di diritto privato partecipati; l’adozione di una disciplina interna per il riscontro delle istanze di accesso generalizzato; la nomina di un responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza3; per le amministrazioni controllanti, partecipanti o vigilanti, l’adeguamento dei propri piani alle indicazioni contenute nelle linee guida, alla luce dei compiti di vigilanza e di impulso ad esse attribuiti. Inoltre, alle linee guida è allegata la tabella 1), dove sono riportate tutte le tipologie di documenti che devono essere pubblicati nella sezione Società/ Amministrazione trasparente dei siti Internet.
Per tutti gli adempimenti indicati il termine viene fissato al 31.1.2018, in concomitanza con la scadenza del termine per l’adozione dei piani triennali per la prevenzione della corruzione (PTPC).
L’effettivo adeguamento a quanto previsto dalle linee guida, sarà poi verificato dall’Autorità nell’esercizio dei più penetranti poteri di vigilanza e controllo che le sono stati attribuiti.
Tra le principali novità introdotte dalla nuova determinazione dell’ANAC, viene in risalto l’interpretazione estensiva dell’ambito soggettivo di applicazione della disciplina, sia in materia di corruzione che in materia di trasparenza. In particolare, in relazione alla disciplina anticorruzione, l’ANAC ha confermato la distinzione, operata nella propria precedente determinazione, tra enti di diritto privato in controllo pubblico e altri enti di diritto privato non in controllo pubblico, ampliandone, però, il novero dei soggetti che ne fanno parte.
Nell’ambito della prima categoria, sono stati inclusi anche gli «enti di diritto privato a controllo pubblico», diversi dalle società. A tal proposito, le nuove linee guida enucleano i tre requisiti che, alla luce della nuova normativa, sono cumulativamente necessari per configurare il controllo pubblico: bilancio superiore a 500.000 euro; finanziamento maggioritario, per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni; designazione della titolarità e dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo da parte di pubbliche amministrazioni.
Nell’ambito della seconda categoria, sono stati inclusi anche «i soggetti privati, associazioni, fondazioni ed altri enti, ivi incluse le società interamente private, aventi un bilancio superiore a 500.000 euro, che, indipendentemente dalla partecipazione di pubbliche amministrazioni, esercitino funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle pubbliche amministrazioni o di gestione di servizi pubblici».
In relazione all’ambito soggettivo di applicazione della disciplina in materia di trasparenza, le nuove linee guida propongono un approfondimento dell’art. 2 bis, co. 3, d.lgs. n. 33/2013, introdotto dal d.lgs. n. 97/2016, che contiene una formulazione ampia, specialmente in relazione al requisito di individuazione degli enti di diritto privato. Come rilevato dal Consiglio di Stato, in sede di formulazione del parere sullo schema delle nuove linee guida, il requisito risulta «sostanzialmente assorbito nella valutazione del requisito dello svolgimento di un’attività di pubblico interesse», in ragione della «formulazione assai generica e potenzialmente comprensiva di tutti i soggetti privati che svolgono attività strumentali o sostitutive di una p.a.».
Secondo l’ANAC, ciò che assume rilevanza, ai fini dell’individuazione dell’ambito soggettivo, è lo svolgimento, sulla base di atti di specifico affidamento, di «attività di pubblico interesse» da parte di soggetti che abbiano determinate caratteristiche dimensionali (bilancio superiore a 500.000 euro) «senza considerare la partecipazione di soggetti pubblici nella struttura organizzativa o nel capitale».
Particolarmente innovativa è la parte della deliberazione ove si propone l’interpretazione del significato di «attività di pubblico interesse», le quali, nel nuovo quadro normativo, sono poste quale limitazione oggettiva per l’applicazione del d.lgs. n. 33/2013 alle società partecipate e agli enti di diritto privato, rilevando anche laddove siano svolte solo parzialmente da soggetti in controllo pubblico.
Secondo la qualificazione proposta dall’ANAC, il «pubblico interesse» si rinviene nello svolgimento di numerose attività che, a titolo esemplificativo vengono elencate dalle linee guida, per poi essere accomunate dalla caratteristica di essere riconducibili a finalità istituzionali delle amministrazioni affidanti, che vengono esternalizzate in virtù di scelte organizzativo-gestionali. Ne deriva che sono considerate «certamente di pubblico interesse le attività così qualificate da una norma di legge o dagli atti costitutivi e dagli statuti degli enti e delle società, nonché quelle demandate in virtù del contratto di servizio ovvero affidate direttamente dalla legge».
restano escluse dall’applicazione delle nuove linee guida le società quotate ex art. 18 d.lgs. n. 175/2016, sebbene l’ANAC abbia sottolineato la necessità di approfondire, in futuro, unitamente al Ministero dell’economia e delle finanze e alla Commissione nazionale per le società e la borsa, la disciplina ad esse applicabile.
Da quanto detto si desume che non è possibile inquadrare, nell’alveo di un disegno unitario, l’ambito di applicazione della disciplina anticorruzione e di trasparenza, quanto agli obblighi di pubblicazione di dati e documenti e quanto all’applicazione dell’accesso civico e generalizzato, delle società partecipate, poiché il legislatore si riferisce non già ad un modello unitario di società pubblica, ma ad una pluralità di modelli che vengono identificati sulla base di criteri di classificazione di non sempre agevole interpretazione e ai quali vengono attribuiti obblighi di adozione di strumenti di contrasto alla corruzione e di promozione della trasparenza ad hoc.
In attesa di un nuovo intervento legislativo chiarificatore in materia, le linee guida dell’ANAC del 2017 costituiscono un parametro di riferimento fondamentale; non può farsi tuttavia a meno di segnalare come – a tutt’oggi – il loro inquadramento nell’ambito del sistema delle fonti è incerto ed assai problematico.
1 Cons. St., parere del 29.5.2017, n. 1257.
2 Le nuove linee guida, pur ricordando che il co. 2-bis, dell’art. 1 l. n. 190/2012 introdotto dal d.lgs. n. 97/2016 ha reso obbligatoria l’adozione delle misure integrative del cd. modello 231, ma non ha reso obbligatoria l’applicazione del modello medesimo, suggeriscono l’adozione di tale modello. È, peraltro, specificato, che per le società che decidano di adottare semplicemente il documento contenente le misure anticorruzione, la scelta dovrà essere adeguatamente giustificata all’ANAC, che in sede di vigilanza verificherà la qualità di tali misure.
3 Le nuove linee guida specificano che il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, in stretto coordinamento con l’organismo di vigilanza, elabora le misure volte alla prevenzione alla corruzione ex l. n. 190/2012, che devono essere adottate dall’organo di indirizzo della società, individuato nel consiglio di amministrazione o in altro organo con funzioni equivalenti.