CORSA (fr. course; sp. carrera; ted. Laufen; ingl. race)
Si chiama corsa, in senso lato, lo spostarsi veloce sul suolo d'un essere o d'un veicolo; in senso stretto, riferendosi all'uomo, s'intende per corsa il progredire rapido, tale che in nessun momento i piedi tocchino terra contemporaneamente. Nel presente articolo si tratterà esclusivamente della corsa podistica, rinviando alla voce locomozione per una trattazione della corsa dal punto di vista fisiologico, e alle voci automobile; ciclismo; ippica; per le corse d'automobili, di biciclette e di cavalli. Le corse di cani, che godono d'un certo favore specie in Inghilterra e negli Stati Uniti, non sembrano aver ottenuto egual successo in Italia, dove pure si è cercato d'introdurle.
Antichità classica. - In ogni tempo troviamo che in Grecia la corsa (δρόμος) fa parte delle esercitazioni e delle gare atletiche. Già Omero conosce tanto la corsa a piedi quanto quella coi cocchi. Le corse che ebbero maggiore sviluppo furono quelle a piedi, e ne è intuitiva la ragione: esse non mancarono mai in nessuna delle numerosissime feste nazionali e non nazionali dei Greci: in talune anzi, almeno in certe epoche, non esistette altra forma di gara. Ciò avvenne da principio, per qualche tempo, ad Olimpia stessa. Di corse a piedi vi furono parecchie specie: lo stadio, il diaulo, il dòlico, la corsa armata; minore importanza ebbe la cosiddetta corsa equestre.
Lo stadio fu la corsa più semplice e più praticata: essa consisteva nel percorrere una volta sola la lunghezza appunto dello stadio (metri 192,27). Come in un primo tempo ad Olimpia, così altrove non esistette da principio altra sorta di gara: così in una certa gara che si praticava ad Egina, così nelle Ermee di Salamina. Nei grandi ludi nazionali ellenici e in alcuni dei maggiori tra i non nazionali (ad es. nelle Panatenee d'Atene) v'erano corse allo stadio per le diverse classi di concorrenti, distinti a seconda dell'età loro (v. atletica).
Il diaulo o corsa doppia consisteva nel percorrere lo stadio due volte, prima in un senso e poi nell'altro, facendo ritorno al punto di partenza. Ad Olimpia da principio non vi fu che il diaulo per adulti; ma a cominciare dall'olimpiade 37ª si ebbe anche per giovinetti: a Nemea e sull'Istmo pare che ci fosse anche una gara per gl'impuberi.
Il dolico o corsa lunga consisteva nel percorrere lo stadio per un non bene determinato numero di volte, ma ad ogni modo non piccolo: le varie fonti parlano di sette, di dodici, di quattordici, di venti e persino di ventiquattro stadî. Per lungo tempo il dolico non fu corso se non dagli atleti adulti: molto tardi esso fu istituito per i giovinetti. I dolicodromi si sottomettevano a un regime particolare, su cui dà alcune informazioni Epitteto presso Arriano. E diverso era anche il loro stile di corsa da quello degli altri corridori, com'è, del resto, ben naturale, in quanto per gli altri si trattava unicamente di velocità, mentre per questi era questione di velocità e di resistenza. Mentre pertanto i partecipanti alle altre corse procuravano di accrescere la propria velocità con un vivo movimento avanti e indietro delle loro braccia, i dolicodromi correvano le braccia ben serrate al corpo sin verso la fine della corsa, abbandonandosi ai movimenti degli altri corridori solo al momento della volata finale. Sembra che la maggior parte dei dolicodromi provenissero da Creta, dove il paese montuoso poco si prestava alle corse dei cavalli. Alle feste celebrate da Senofonte e dai Diecimila a Trapezunte ben sessanta e più Cretesi si presentarono per il dolico. Corsa equestre si diceva una specie di corsa a piedi che stava fra il diaulo e il dolico: essa equivaleva a un doppio diaulo. Si praticò per un certo tempo a Nemea e sull'Istmo: non sembra essere stata mai ammessa né ad Olimpia né a Delfi.
La corsa armata, istituita secondo la tradizione prima a Nemea e più tardi altrove, dovette, appunto secondo la tradizione, la sua istituzione al fatto che un guerriero armato di tutto punto sarebbe arrivato, dopo la fine vittoriosa d'una guerra, ad annunziare il successo ai suoi compatrioti intenti a celebrare ludi solenni. Altri le attribuisce un altro significato simbolico, assai più vasto: poiché si soleva celebrare dopo gli altri ludi, essa doveva significare che la tregua sacra indetta per la celebrazione di quei ludi era ormai finita. Comunque sia, i concorrenti portarono da principio scudo, elmo e gambiere, mentre più tardi non ebbero più se non lo scudo rotondo. Sembra che la corsa armata si sia svolta più spesso sopra un percorso di due o di quattro stadî: fu praticata soltanto da atleti adulti.
Mentre nei tempi eroici non sembra che i corridori s'ungessero d'olio e pare che portassero un leggiero vestito, nei tempi storici questa specie d'atleti fece largo uso d'olio e, a cominciare almeno dall'olimpiade 15ª, non rivestì più indumento alcuno. La corsa avveniva per schiere non molto grandi: quattro o cinque membri, di rado sei. Nel caso di più schiere, i vincitori di ciascuna dovevano poi gareggiare tra loro.
A Sparta e in parecchie altre località doriche (come ad es. a Cirene) si ha notizia di corse tra fanciulle. Le corse non sembrano essere state ignote neppure ai Romani, che anch'essi ebbero pubbliche gare (ad es. nei ludi magni e nei capitolini).
Per certe corse particolari che si praticavano nella celebrazione di speciali culti, come la corsa con le fiaccole o quella coi grappoli, v. lampadedromia; stafilodromia.
Medioevo ed Età moderna. - Nelle saghe nordiche e germaniche (cfr. il notissimo episodio della gara tra Siegfried e Hagen, del ciclo nibelungico) la corsa è spesso menzionata, e questo sport è assai in auge nell'alto Medioevo. In Inghilterra, verso il 1130, i giovani si esercitavano alla corsa su terreni preparati alla meglio nei dintorni delle città. Le prime gare organizzate appaiono però nel sec. XIV. Nel 1617 si pubblicò il Booh of Sports di Giacomo I, nel quale viene permessa e incoraggiata la corsa all'aria aperta. In Francia questo esercizio, insieme con ltri sport atletici, fu largamente praticato da sovrani come Carlo VIII, Luigi XII, Enrico IV. Sotto Luigi XIV si organizzano vere e proprie gare con premî in palio.
L'abolizione dei giuochi olimpici per l'editto di Teodosio (393) portò alla scomparsa degli esercizî atletici e quindi anche della corsa. L'atletica e la ginnastica furono sostituite dagli esercizi cavallereschi, e solo dopo il tramonto della cavalleria ripresero vigore. Con essi risorge la corsa a piedi. Dante (Inf., XV, 122) ricorda coloro "che corrono a Verona il drappo verde - per la campagna", accennando alla corse che si svolgevano in Campo Fiore. Venezia faceva disputare a Carnevale le prove ginniche delle "Forze d'Ercole", tra le quali anche la corsa era compresa. A Mantova, sotto Gian Francesco Gonzaga, nella casa detta La Giocosa, dedicata agli sport, Vittorino da Feltre curava che i giovani si addestrassero nella corsa, oltre che negli esercizî più praticati in allora. A Lucca nel Prato, a Genova nel greto del Bisagno o del Polcevera, a Milano nel Broglio i giovani si esercitarono a correre, e così per tutta Italia, specie durante il Rinascimento. Gli scrittori medievali e moderni di educazione fisica e di ginnastica raccomandarono sempre la corsa a piedi come uno tra i più sani esercizî all'aria aperta.
Occorre poi ricordare che nell'età media come anche nell'antichità, i corridori costituivano un mezzo indispensabile per inviare messaggi, oggetti, ecc. in un tempo relativamente breve. I sultani ebbero corridori allenatissimi che li precedevano. È naturale che anche tra costoro si svolgessero vere e proprie gare.
Non soltanto presso i popoli civili, del resto, la corsa fu ed è coltivata. Alcuni popoli primitivi, per i quali essa è soprattutto un metodo di caccia (v.), organizzano periodicamente vere e proprie gare, che si svolgono in genere su percorsi lunghissimi, e cui assiste spesso con canti, grida, fiaccolate, ecc., tutta la tribù. Peter Kolb ne osservò sin dal Settecento presso gli Ottentotti e i Boscimani. Il Lumholtz (Unknown Mexico, Londra 1903) ci ha dato interessantissime relazioni sulle corse dei Tarahumara (Messico del N.), le quali avvengono in genere di notte, attraverso boschi non fitti, in percorsi da 5 a 23 km.; i corridori seguono un regime dietetico speciale, per cui arrivano a superare talvolta distanze fantastiche (secondo il detto autore sino a 273 km. senza sosta!).
Nel sec. XIX, com'è noto, gli sport atletici assumono la loro moderna fisionomia e tra essi anche la corsa a piedi. Nel 1844, a Hammersmith, ebbe luogo una clamorosa corsa sui 100 yards, vinta dall'americano Seward sull'inglese Robinson. Nel 1864 si disputa la prima gara Oxford-Cambridge. Nel 1866 il London Athletic Club organizza la sua prima riunione. Il 23 marzo dello stesso anno si disputano i primi campionati inglesi. In Francia si organizzano nel 1880 le prime corse all'ippodromo di Parigi; nel 1882 si fonda il Racing Club de France; la prima riunione internazionale ha luogo nel 1886, e nel 1887 si fonda l'Union des sociétés françaises de course à pied e si disputano i primi campionati di Francia. In Germania il primo club atletico è fondato a Hannover nel 1878; nel 1888 si disputa la prima riunione internazionale ad Amburgo e nel 1893 si svolgono i primi campionati tedeschi. Negli Stati Uniti d'America si fonda nel 1868 il New York Athletic Club, nel 1878 si costruisce la prima pista per corse podistiche a Mott Haven, e si sviluppa in seguito sempre maggiormente il professionismo.
In Italia la prima società ginnastica fu fondata nel 1844, ma la corsa aveva in quell'epoca carattere d'esercizio d'assieme, non agonistico. Essa cominciò ad essere praticata attivamente dopo il 1864. Un ente disciplinatore delle corse podistiche si ebbe però solo nel 1905, e fu l'Unione Podistica Italiana, con sede a Torino. All'U.P.I. s'innestò nel 1906 la Federazione Podistica Italiana, che trasportò la sua sede a Roma. Questa nel 1907 si occupò anche di salti e lanci e si chiamò Federazione Italiana . Sports Atletici, con sede a Milano dal 1911 al 1922, a Venezia dal 1923 al 1925, e a Bologna nel 1926; dal 1927 diventò la Federazione Italiana di Atletica Leggiera e la sua sede fu trasportata nel 1929 a Roma, al pari di quella di tutte le federazioni sportive.
Portata ai primi Giuochi Olimpici del 1896, svoltisi ad Atene, la corsa non ebbe subito una regolamentazione tecnica unica e ben definita. Questa si ebbe con la creazione, nel 1912, della Federazione Internazionale di Atletica, il cui codice fu approvato al Congresso di Losanna del 1914 e riveduto al Congresso di Ginevra del 1921.
Le corse podistiche, così come sono intese dalle federazioni sportive moderne, si dividono in diverse categorie, a seconda del terreno e della distanza sulla quale vengono disputate. La prima grande suddivisione è la seguente: corse su pista, corse su strada, e corse attraverso i campi. Le corse su pista si svolgono in un campo cintato all'aperto, entro il quale è tracciata una pista ellittica, formata da due rettilinei della lunghezza di 120-130 metri, uniti con due grandi curve. Lo sviluppo di tali piste va generalmente dai 350 ai 500 metri; il fondo della pista è liscio, ma soffice.
Le corse su strada vengono disputate su qualunque rotabile. Le corse attraverso i campi seguono un tracciato segnato dagli organizzatori con coriandoli o bandiere, su terreno erboso e irto di ostacoli naturali (corse campestri; v. cross-country).
Le corse su pista si dividono in corse piane e corse con ostacoli, e le prime si distinguono a loro volta in come di velocità, di mezzofondo e di fondo, individuali e collettive. Le corse piane non richiedono per il loro svolgimento che la pista, mentre, per le altre, su questa vengono collocati alcuni ostacoli della forma e delle dimensioni che si vedranno più innanzi. Le gare di velocità sono quelle che vanno dai 50 ai 400 metri compresi, e per ogni podista viene tracciato sulla pista un corridoio o corsia della larghezza di m. 1.20, in modo che l'azione dell'uno - che è qui violenta - non disturbi mai quella del compagno di gara. Le gare di mezzofondo comprendono le distanze oltre i 400 metri sino ai 3000 compresi, e qui non esistono corsie; comunque in gara un atleta, pena la squalifica, non può urtare o danneggiare un suo compagno. Le gare di fondo sono tutte quelle oltre i 3000 m., ma generalmente sulle piste non superano i 30 km. Le corse piane sono individuali quando ogni concorrente, pur portando i colori d'una società o d'una nazione, difende in gara soprattutto il proprio nome; sono collettive quando più corridori contribuiscono a far trionfare i colori d'una società o d'una nazione. Si hanno le gare staffette, quando una data distanza viene divisa in tante prestabilite frazioni, la prima delle quali sarà percorsa dall'atleta d'una società che riceverà, al termine della frazione, il cambio da un consocio e così sino al compimento dell'intera distanza. Qui, se la totale distanza della gara non supera i 400 m., sulla pista si dovranno tracciare le corsie come per le gare di velocità. Le gare di corsa piana collettive prendono invece il nome di gare di squadra, quando, oltre ad una classifica individuale, si ha una classifica per società o nazione, addizionando i posti occupati dai corridori d'una data società o nazione il cui numero è stato preventivamente stabilito dal regolamento.
Le corse con ostacoli si svolgono su distanze stabilite dai regolamenti, poiché per ciascuna corrisponde un dato numero di ostacoli. Così abbiamo tre distanze tipiche: i 110 metri, dove lungo il percorso sono collocati dieci ostacoli alti m. 1.06; fra la linea di partenza e il primo ostacolo la distanza sarà di m. 13,72; gli ostacoli saranno collocati a m. 9,14 l'uno dall'altro, mentre fra l'ultimo ostacolo e la linea di arrivo vi saranno metri 14,02; i 200 metri, che comprendono 10 ostacoli alti m. 0,762; il primo sarà collocato a m. 18,29 dalla linea di partenza, lo spazio fra ostacolo e ostacolo sarà pure di m. 18,29 e infine la distanza fra l'ultimo ostacolo ed il punto d'arrivo sarà di m. 17,10; i 400 metri, che comprendono dieci ostacoli alti metri 0,914, dei quali il primo sarà collocato a m. 45 dalla linea di partenza, i seguenti a 35 metri l'uno dall'altro e l'ultimo si troverà così a 40 metri dal punto d'arrivo. In tutte queste gare a ostacoli ciascun concorrente avrà la sua corsia. Ogni ostacolo, costruito in legno, ha la larghezza di m. 1,20, due montanti tenuti uniti da un castello con una traversa superiore e fissati su due basi della lunghezza di 50 centimetri.
Le corse su strada sono tutte di fondo e si svolgono talvolta attraverso le vie della città, prendendo il nome di giri o traversate di città. La più classica delle distanze sulle quali si disputano queste competizioni è la Maratona, della lunghezza di km. 42,175. Questa gara, per le sue origini, ci riporta all'antica Ellade, quando Milziade, vincitore dei Persiani nella celebre battaglia di Maratona (400 a. C.), inviò un messaggero ad Atene per annunciare la sua vittoria. Il milite, compiuto il suo dovere, cadde al suolo stremato di forze. I km. 42,175 rappresentano la lunghezza del percorso che quel soldato avrebbe compiuto e la gara simboleggia quell'episodio. Alle origini delle Olimpiadi moderne il percorso era annunciato di 40 km.; ma una rimisurazione del tragitto del soldato convinse la Federazione internazionale ad allungare la corsa a km. 42,175 I Greci hanno presentato ai congressi sportivi la proposta (non accettata) di ridurre la lunghezza della Maratona a 36 km., che sarebbe la distanza effettivamente percorsa dal messaggero.
Vanno menzionate ancora le corse podistiche più o meno bizzarre, quali quelle nei sacchi, su di un solo piede ecc. Il fattore comune di queste corse è la condizione di disagio in cui vengono messi a bella posta i corridori, e il loro scopo esclusivamente umoristico: esula quindi da esse qualsiasi carattere sportivo.
In Italia solo in questi ultimi trent'anni è ritornato il culto per la corsa podistica, che era invece già così vivo presso i Romani. Ma fino al periodo che precedette la guerra (1915) il podismo era da noi praticato solo nelle sue forme più popolari, cioè la gara su strada, e in tal modo crebbero proprio fra noi grandi podisti, tra i quali si ricordano Dorando Pietri, Emilio Lunghi e altri. Nel mondo la supremazia nel campo delle corse podistiche appartiene tuttora agli Americani del Nord e agli stati settentrionali d'Europa.
Presso questi popoli al vecchio empirismo si è oramai sostituita la scienza: il medico osserva e sceglie l'individuo adatto per diventare corridore; esamina i muscoli che l'atleta fa lavorare in gara e suggerisce il modo di fortificarli. Il competente, lo studioso della corsa, cerca di adattare i movimenti del corpo al genere di gara da disputarsi per ottenere il maggior rendimento possibile, ed è nata così la partenza all'americana nelle gare di velocità (gli Americani scattano al via puntando i piedi in due buchette praticate sul terreno, tenendosi carponi e col corpo appoggiato sulle braccia, le quali aiutano nello slancio), oltre all'ampia falcata - il passo lungo in corsa - per camminare più veloci, lo scatto in corsa per non lasciarsi superare o per superare l'avversario, la volata finale per vincere. Si sono insomma armonizzate la forza, la volontà e la disciplina. Anche in Italia, del resto, si è iniziata la costruzione delle piste podistiche, e così sorgono anche da noi campioni, che seguiranno presto la via degli atleti più reputati.
Le corse podistiche su pista all'aperto hanno creato il bisogno di svolgere, in periodi invernali, un'attività su piste coperte. Tale attività si svolge attualmente solo negli Stati Uniti d'America e in Germania. Le piste sono di legno e hanno una lunghezza massima di 200 metri, perché devono essere contenute in vasti saloni.
Riprese anche le corse podistiche femminili, già in voga nel sec. VI a. C., sono sorte nel 1921, a disciplinarle, una Federazione Femminile Internazionale e, in Italia, una Federazione Atletica Femminile. Le distanze per tali corse podistiche sono minori di quelle per le corse degli uomini.
V. tavv. XCVII e XCVIII.
Bibl.: Per l'antichità classica, cfr.: Friedländer, in J. Marquardt, Röm. Staatsverwaltung, III, 2ª ed., Lipsia 1885, p. 511 segg.; A. Mommsen, Feste der Stadt Athen im Altertum, Lipsia 1898; Jutner, Dromos, in Pauly-Wissowa, Real-Encyclopädie, V, ii (1905); M. P. Nilsson, Griechische Feste von religiöser Bedeutung mit Ausschluss der Attischen, Lipsia 1906; L. Friedländer, Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms, II, 8ª ed., Lipsia 1910, p. 323 segg.; E. Norman Gardiner, Greek athletic Sports and Festivals, Londra 1910, pp. 251-294 e 451 segg.; Bussemaker, Cursus, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, I, ii (1918), p. 1643 segg.; Bussemaker e Saglio, Circus, ibid., p. 1187 segg.
Per il Medioevo e l'età moderna: C. Tifi, L'educazione fisica italiana, Torino 1922; F. A. M. Webster, Jumping, Londra 1922; id., Athletics, Londra 1925; P. Romano, Storia dell'educazione fisica, Torino 1924; S. Eliott-Lynn, Athletics for women and girls, Londra 1925; G. Sorrentino, L'atleta, Bologna 1925; M. Bandeville, L'athlétisme pour tous, Parigi 1926; A. Balestrieri, Del podismo, Milano s. a.; L. Ferretti, Il libro dello sport, Roma 1928; E. Brambilla, Atletica leggera, Miano 1929.