Corsa
Il termine corsa, che riguardo agli animali indica un'andatura rapida, quando viene usato in riferimento all'uomo definisce specificamente un modo veloce di locomozione in cui il corpo si appoggia ritmicamente ora su un piede ora sull'altro, così che nell'intervallo fra ognuno di questi due appoggi vi sia un attimo di sospensione in aria.
All'inizio di ogni passo di corsa, il baricentro è spinto in alto e accelerato in avanti dalla contrazione dei muscoli dell'arto 'di spinta'. Nella fase successiva, dopo un brevissimo intervallo di tempo durante il quale nessuno dei due piedi tocca il suolo, il baricentro si abbassa e decelera, frenato dalla contrazione dei muscoli dell'arto 'di appoggio'. All'inizio del passo successivo l'arto di appoggio assume il ruolo di arto di spinta e così via. Quindi, a ogni passo, il baricentro è sollevato e abbassato sul piano verticale, e accelerato e decelerato nella direzione del movimento. Conseguentemente energia potenziale ed energia cinetica aumentano e diminuiscono sempre in concordanza di fase. A velocità costante e in piano, sollevamento e abbassamento sono eguali in senso assoluto, così come eguali sono accelerazione e decelerazione. Per quanto riguarda l'anatomia funzionale del passo di corsa, in sintesi si può dire che nella fase di spinta sono attivi tutti gli estensori, mono- o biarticolari delle articolazioni dell'arto inferiore (anca, ginocchio, caviglia), mentre nella fase di appoggio si osserva la contrazione di flessori ed estensori delle stesse articolazioni.
Nel soggetto che corre, l'energia totale del corpo in movimento, rispetto a un qualsiasi valore di riferimento, è data, a ogni istante, dalla somma di energia potenziale (Ep) ed energia cinetica (Ec). Il lavoro esterno compiuto a ogni passo di corsa (we) è quindi dato da: we = ΔEp + ΔEc. [1] Durante la corsa in piano a velocità costante, alla fine di un numero intero di passi, il lavoro totale esterno è nullo perché, a ogni passo, lavoro positivo e negativo sono eguali e di segno opposto. All'inizio di un singolo passo, invece, we assume un valore positivo elevato e, nella fase finale del passo, un valore negativo altrettanto elevato. I muscoli quindi spendono energia sia nella fase iniziale del passo per compiere lavoro (positivo), sia nella fase finale per assorbire lavoro (negativo). Da questo punto di vista, la biomeccanica della corsa è sostanzialmente diversa da quella della marcia, in cui le variazioni di energia potenziale e cinetica sono in opposizione di fase e in cui si verifica quindi una trasformazione dell'una nell'altra con sostanziale risparmio di energia metabolica. Pur essendo preclusa la trasformazione di energia cinetica in potenziale, un altro meccanismo consente, nella corsa, un sostanziale risparmio di energia metabolica: nella seconda fase del passo, una parte del lavoro negativo assorbito dai muscoli dell'arto di appoggio si accumula negli elementi elastici dei muscoli stessi; nella fase del passo immediatamente successiva, quando l'arto d'appoggio diventa arto di spinta, l'energia elastica così accumulata è restituita, consentendo un notevole risparmio di energia metabolica. Nella corsa, una parte del lavoro compiuto dai muscoli non è dissipata contro forze esterne, ma per accelerare e decelerare segmenti corporei rispetto al baricentro: tipicamente quando un arto è proiettato in avanti e l'altro indietro. Quindi, questa frazione del lavoro totale (wtot), definita lavoro interno (wi), non conduce a spostamenti del baricentro; essa può essere misurata solo facendo ricorso a tecniche di analisi delle immagini, a differenza della parte restante (lavoro esterno, we; v. equazione [1]), che può essere misurata con metodi ergometrici tradizionali. Ovviamente: wtot = wi + we. [2] Il lavoro totale (wtot, J/(kg m)) è funzione della velocità (v, m/s): wtot = (0,66/v + 1,19) + 0,24 v [3] dove il lavoro esterno è rappresentato dal termine tra parentesi; wtot è praticamente indipendente dalla velocità: da 10 a 30 km/h diminuisce solo da 1,43 a 1,27 J/(kg m). Il lavoro interno (0,24 v), invece, aumenta linearmente con la velocità.
L'energetica della corsa può essere descritta in modo appropriato quando se ne conosca il costo energetico, cioè la quantità di energia che il soggetto deve spendere per compiere un percorso unitario. Il costo energetico è una misura dell'economia della progressione: è tanto minore quanto più è economico il soggetto, ed è del tutto analogo a quello che rappresenta il consumo di benzina di un'automobile su 100 km. In genere il costo energetico (C) è espresso al netto del consumo a riposo e per unità di massa trasportata: nel Sistema internazionale di unità, in J/(kg m) o in kJ/(kg km). In fisiologia o in medicina, il dispendio energetico è calcolato a partire da misure di consumo di O₂, per cui è spesso pratico esprimere C in ml O₂/(kg m). Quando si tenga conto che il consumo di 1 l di O₂ nell'organismo umano sviluppa circa 5 kcal (20,9 kJ), è possibile trasformare tutte queste unità le une nelle altre, la scelta essendo dettata solo da motivi di praticità. Il costo energetico totale è la somma del dispendio contro la resistenza dell'aria (costo aerodinamico, Ca) e di quello contro le forze non aerodinamiche (costo non aerodinamico, C✄a), ossia, sollevamento/abbassamento e accelerazione/decelerazione del baricentro a ogni passo, lavoro interno, consumo dei muscoli respiratori e del cuore. Ca aumenta con il quadrato della velocità rispetto all'aria, per cui: C = Ca + C✄a = kv2 + C✄a [4] dove tutti i termini sono espressi per unità di distanza e dove k è una costante di proporzionalità che dipende dall'area della sezione corporea proiettata sul piano frontale, dalla densità dell'aria e dalla forma del corpo in movimento. A velocità di corsa inferiori a 20 km/h, Ca è 7% del costo totale; a velocità superiori aumenta fino a un massimo del 30% circa per velocità dell'ordine di quelle della corsa dei 100 m. Poiché C✄a è praticamente indipendente dalla velocità, il costo totale (C) può essere considerato costante, almeno in prima approssimazione fino a velocità di circa 20 km/h, ossia su tutto l'ambito delle velocità aerobiche (fig. 2). La conoscenza dei valori numerici delle costanti delle equazioni [3] e [4] consente di calcolare il rendimento meccanico globale della corsa: questo aumenta con la velocità da circa 0,5 a 10 km/h a circa 0,7 a 32,5 km/h. Tali valori, superiori al rendimento massimo della contrazione muscolare (0,25-0,30), sono dovuti al sostanziale recupero di energia elastica insito nella meccanica della corsa (v. sopra) che consente un altrettanto sostanziale risparmio di energia metabolica. Nel soggetto adulto, C, espresso per kg di massa corporea, è indipendente dall'età, dal sesso e dalla massa corporea, anche se alcuni dati recenti sembrano suggerire che sia leggermente inferiore nei soggetti di grandi dimensioni. In media, ammonta a 3,8 J/(kg m), al netto del consumo a riposo. Nel bambino, C è più elevato che nell'adulto e tende a diminuire progressivamente fino alla pubertà quando raggiunge il valore dell'adulto; questo valore è quindi mantenuto fino a tarda età. L'effetto dell'allenamento su C è alquanto discusso; alcuni autori hanno riportato valori inferiori negli atleti dediti a corse di fondo rispetto a soggetti sedentari o ad atleti con altre specializzazioni. Ma nessuno studio ha mai dimostrato una significativa riduzione di C con l'allenamento, così che non è possibile escludere fattori naturali preesistenti negli atleti in cui si è trovato un valore particolarmente favorevole. Ovviamente, C dipende dalla pendenza del terreno: in salita aumenta fino a raggiungere circa 7,5 J/(kg m) per pendenze del 15%; in discesa diminuisce fino a un minimo di circa 2,8 J/(kg m) per una pendenza del 10% e aumenta poi leggermente, fino a 3,2 J/(kg m), nel caso di discese con pendenza del 20%. Nei primi 15 km di corsa il costo energetico è sostanzialmente identico al valore osservato nei primi minuti. A partire da questa distanza, C aumenta in modo significativo, anche se molto moderato, con la distanza (0,12% per km di percorso). Alla fine di una maratona (42,195 km), quindi, l'aumento di C sarà straordinariamente ridotto, il 5% circa. Ciò significa che i meccanismi di coordinazione neuromotoria della corsa sono così straordinariamente stabili che neanche la fatica accumulata nel corso della maratona riesce a modificarli in modo sostanziale. Nei soggetti adulti, indipendentemente dalle loro caratteristiche atletiche, la variabilità interindividuale del costo energetico è piuttosto ridotta, dell'8% circa. Tuttavia, tale variabilità non è affatto trascurabile dal punto di vista atletico: sulle lunghe distanze, per es. nella maratona, essa può rendere ragione di differenze dell'ordine di una decina di minuti tra due soggetti ipoteticamente eguali per quanto riguarda tutte le altre caratteristiche.
È possibile prevedere con buona approssimazione le prestazioni sportive di un soggetto del quale si conoscono il costo energetico della corsa e alcune caratteristiche fisiologiche. Il prodotto del costo energetico per la velocità di progressione (v) è la potenza metabolica (l'energia metabolica per unità di tempo e di massa corporea, E) che il soggetto deve sviluppare per procedere alla velocità considerata: C v = E [5] dove, se C è espresso in J/(kg m) e v in m/s, la potenza metabolica risulta in W/kg. Applicando l'equazione [5] alle condizioni massimali: vmax = Emax / C [6] risulta evidente che la velocità massima è data dal rapporto tra la potenza metabolica massima che il soggetto è in grado di sostenere e il costo energetico a quella velocità. Nelle corse di fondo, la potenza massima è funzione del massimo consumo di O₂ del soggetto e il costo energetico è di fatto indipendente dalla velocità (fig. 2). L'equazione [6] diviene quindi: ve✄d = F .Vo₂max / C [7] in cui ve✄d indica appunto la massima velocità 'di fondo' (dal termine inglese endurance), .Vo₂max è il massimo consumo di O₂ del soggetto, F (1) è la massima frazione di .Vo₂max che può essere sostenuta per tutta la durata della prova. L'attendibilità dell'equazione [7] è stata valutata calcolando ve✄d a partire da misure sperimentali individuali di .Vo₂max, C e F su un gruppo di soggetti che avevano partecipato a una competizione di maratona (42,195 km) o mezzamaratona (21,0 km). Si è così potuto paragonare ve✄d con la velocità effettiva mantenuta durante la competizione. I risultati, riassunti in tabella, hanno dimostrato che le tre variabili F, .Vo₂max e C, combinate come nell'equazione [7], rendono ragione di oltre il 70% della variabilità interindividuale della massima velocità nelle prove di lunga durata e che la velocità teorica e quella effettiva non sono significativamente diverse. L'analisi illustrata sopra è stata estesa anche alle distanze di mezzo fondo (0,8-5,0 km). Nelle condizioni di questo tipo di gara, data la breve durata della prova, le fonti energetiche anaerobiche contribuiscono in modo sostanziale al dispendio energetico. Inoltre, per tempi di gara compresi tra 50 secondi e 15 minuti circa, la quantità di energia che può essere ottenuta dalle sorgenti anaerobiche è costante e massima. Di conseguenza, nelle prove brevi, l'energia resa disponibile dallo sfruttamento completo delle fonti anaerobiche è utilizzata con una potenza elevata; nelle prove più lunghe, invece, l'energia di provenienza anaerobica è diluita su tempi lunghi e quindi il suo contributo alla potenza metabolica è proporzionalmente ridotto. Ne segue che la potenza metabolica massima effettiva che il soggetto è in grado di sviluppare durante la prova è tanto più alta di .Vo₂max, quanto più breve è il tempo di gara; per tempi molto lunghi, tende a .Vo₂max. L'andamento della massima potenza metabolica (Emax) con il tempo di esaurimento (te), per esercizi di durata compresa tra 50 secondi e 10 minuti circa, può essere descritto dall'equazione seguente: Emax = Anmax te‒1 + .Vo₂max - .Vo₂max k‒1 (1-e‒k te) te‒1 [8] dove k è la costante di velocità con cui il consumo di O₂ raggiunge il valore massimo all'inizio della prova e Anmax è la massima capacità anaerobica (espressa in consumo di O₂) data dalla somma della (massima) quantità di energia liberata dalla scissione dei fosfati altamente energetici e della (massima) produzione di acido lattico. Il terzo termine è dovuto al fatto che, all'inizio della prova, .Vo₂max non viene raggiunto istantaneamente: il suo peso, piuttosto ridotto, in percentuale di Emax varia da ~10% per te ~45 s a ~1% per te ~15 min. Poiché Anmax e k sono costanti e note (per soggetti giovani in buone condizioni di allenamento: 68 ml O₂/kg e 0,04 s‒1), quando si conosca .Vo₂max, l'equazione [8] permette di calcolare la relazione che lega Emax al tempo di esaurimento. Questa relazione è indicata in fig. 3 per un ipotetico atleta di alto livello. La potenza metabolica richiesta (Er) per coprire una determinata distanza (d) può essere espressa in funzione del tempo di gara (t), sostituendo v, nell'equazione [5], con il rapporto tra la distanza e il tempo di gara (v = d/t): Er = C d/t. [9] Nella fig. 3 la potenza metabolica, descritta dall'equazione [9], per d = 800 m è stata posta in funzione del tempo necessario a coprire la distanza stessa. Inoltre, per simulare le condizioni di gara, C è stato corretto sia per gli effetti della resistenza dell'aria sia per l'energia spesa nella fase iniziale di accelerazione. Su una distanza data il soggetto non potrà, ovviamente, sviluppare una potenza (richiesta dalla velocità di corsa, Er) superiore alla massima potenza assoluta che il soggetto stesso è in grado di sviluppare (Emax). Quindi il tempo che, per una distanza data, rende uguali i due membri di sinistra delle equazioni [8] e [9] rappresenta il tempo record per il soggetto in questione sulla distanza data. In fig. 3, il tempo record per l'ipotetico atleta di élite assunto come modello sulla distanza considerata (800 m) è dato dal punto di incrocio delle due funzioni Emax ed Er ed è eguale a 98,7 secondi. Le argomentazioni che precedono dimostrano che, quando si conosca il massimo consumo di O₂, la massima capacità anaerobica e il costo energetico della corsa di un qualsiasi soggetto, le due equazioni [8] e [9] consentono di calcolare il suo tempo record su ogni distanza, purché il tempo di gara sia compreso tra 50 secondi e 15 minuti. Solo in questa gamma di tempi infatti è possibile assumere con sufficiente approssimazione che l'utilizzazione delle riserve di energia anaerobica sia completa, da un lato, e dall'altro, che il consumo di O₂ sia mantenuto al valore massimo. I valori di t che risolvono l'eguaglianza Emax f(te) = Er f(t) possono essere ottenuti per mezzo di procedure grafiche, come nella fig. 3, o mediante procedure computerizzate. I tempi record teorici così ottenuti possono infine essere paragonati ai record individuali sulla distanza in oggetto. I calcoli di cui sopra sono stati eseguiti su mezzofondisti di medio o alto livello. Si sono determinati i valori individuali di .Vo₂max e C, mentre la capacità anaerobica massima è stata assunta eguale ai valori riportati in letteratura. I migliori tempi teorici sono stati quindi paragonati alle migliori prestazioni ottenute dai soggetti nel corso della stessa stagione. Le due classi di tempi sono risultate molto simili. Per distanze tra 1 e 5 km, i tempi teorici erano in media più brevi, del 4,1% (± 6,8%; n = 29) e del 1,6% (± 2,5%; n = 60) rispettivamente, per gli atleti di medio o alto livello, ma non significativamente diversi, dai migliori tempi effettivi sulle stesse distanze. Infine, lo stesso tipo di analisi è stato applicato a un ipotetico atleta di élite: i record teorici sulle distanze da 0,8 a 5 km sono risultati straordinariamente vicini agli effettivi record mondiali (v. tab.). Il modello dell'energetica della corsa qui discusso consente dunque di prevedere con sufficiente approssimazione le prestazioni individuali e può costituire un utile strumento per l'atleta, l'allenatore oppure il medico sportivo.
In conclusione, sembra opportuno dedicare qualche parola ai principali circuiti neurali che sono responsabili del controllo motorio. Questi sono localizzati principalmente nel midollo spinale e nel midollo allungato. Durante la locomozione, sia i centri motori sia quelli vegetativi sono sotto il controllo di centri superiori. Ciò è dimostrato anche dal fatto che frequenza cardiaca e ventilazione polmonare aumentano con la velocità sia durante la locomozione effettiva sia durante quella 'immaginata' o 'mentale'. In questo ultimo caso, tuttavia, l'entità della risposta è inferiore, pari al 20% circa rispetto alla locomozione effettiva. Anche il tempo necessario per raggiungere obiettivi ravvicinati (5-15 m) è quasi esattamente eguale nell'uno come nell'altro caso. Il tempo impiegato nella locomozione mentale viene determinato mediante un cronometro, il cui pulsante di avvio è azionato dallo sperimentatore al momento del via; il pulsante di arresto del cronometro è invece azionato dal soggetto nel momento in cui immagina di aver compiuto il percorso assegnatogli. Queste osservazioni sono consistenti con l'ipotesi che i circuiti neurali che controllano le prestazioni motorie, effettive o mentali, utilizzino le stesse strutture cerebrali, corteccia motoria, premotoria e cervelletto inclusi.
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