CORSINI
. Famiglia di popolo, venne in Firenze da Val di Pesa intorno alla metà del sec. XIII; primo vi è ricordato nel 1271 un Corsino di Bonaccolto da Pergolato. Ascritta all'arte della lana, acquistò grande ricchezza, tenendo le parti del popolo grasso contro i magnati e la plebe; e diede alla città otto gonfalonieri e 56 priori. Neri di Corsino (1244-1325) fu, primo della famiglia, priore nel 1290 e gonfaloniere nel 1295, attivissimo nella lotta contro i grandi; Corsino, priore nel 1342, tentò invano di opporsi alla minacciata tirannide del duca d'Atene; Iacopo (morto nel 1394), dichiarato inabile agli uffici nel tumulto dei Ciompi, fu poi nella balia che riformò il Comune (1393). Diedero in quei primi secoli decoro alla famiglia con lo splendore degli uffici ecclesiastici Andrea (1302-74), carmelitano, priore a Firenze, vescovo di Fiesole (1349), legato di Bologna (1364), per lo zelo, la fermezza, la carità eroica soprattutto nella peste del 1348, venerato come santo e nel 1629 canonizzato; Neri, suo fratello (morto nel 1377), proposto di S. Giovanni (1338) e vescovo di Fiesole (1374), che ebbe pure culto come beato; Amerigo (morto nel 1435), vescovo dal 1411 e, dal 1420, primo arcivescovo di Firenze; Piero (morto nel 1405). Questi fu vescovo di Volterra (1362), inviato dal papa a trattare di pace fra Carlo IV, i re d'Ungheria e di Polonia e il duca d'Austria, poi vescovo di Firenze (1363), cardinale (1370), vescovo di Porto. Dopo aver preso parte all'elezione di Urbano VI (1378), si staccò da lui, aderendo in ultimo espressamente allo antipapa Clemente VII e riparando in Avignone (1381). Scomunicato da Urbano VI, scrisse un Tractatus iuris et facti super schisma, nel quale sostenne l'invalidità dell'elezione di Urbano.
Nella mercanzia, negli uffici, nella cultura furono illustri Tommaso (morto nel 1366), maestro di diritto civile a Siena (1321), promotore della fondazione dello Studio fiorentino (1348), e qui dottore d'istituzioni civili, autore di consultazioni legali (ms. Magliabechiano) e d'un Consilium matrimoniale (Francoforte 1580), incaricato di molte legazioni, in una delle quali, a Luigi d'Ungheria (1347), pronunziò un discorso conservatoci in volgare dal Villani (Cron., XII, 109); Giovanni, gran siniscalco d'Armenia, e governatore di Rodi (seconda metà del sec. XIV); Matteo (1322-1402), amico del Petrarca, autore di ricordanze domestiche (ms. Corsininano) e del Rosaio della vita (ed. Polidori, Firenze 1845); Filippo (1334-1421), maestro di diritto civile, ambasciatore molte volte e cinque volte gonfaloniere, attivissimo nel promuovere la lega italiana contro i venturieri e l'estinzione dello scisma (1409), restitutore dello Studio fiorentino (1412), onorato dall'imperatore del titolo di conte palatino (1371).
Nel periodo mediceo la famiglia fu discorde nel favorire o nell'osteggiare la signoria e il principato. Giovanni (1398-1462) fu nella balia che richiamò Cosimo (1434); Amerigo (1452-1501), fu discepolo e amico del Ficino, studioso di diritto: sono sue le Constitutiones synodales Ecclesiae Florentinae (ms. Magliabechiano); Gherardo (1455-1528) favorì il ritorno dei Medici (1512); Alessandro (1486-1552) ebbe da Clemente VII titolo di conte palatino (1533). Ma Luca (1462-1511), essendo priore nel novembre 1494, chiuse le porte del palazzo in faccia a Piero de' Medici e fu poi caldissimo partigiano del Savonarola; Piero (1441-99) fu per la repubblica commissario contro Montepulciano e contro Pisa (1495-1496) e, come uno dei capi dei Compagnacci, trasse in arresto il Savonarola (1498); Rinaldo (1487-1547) fu tra i principali nella sommossa antimedicea del 1527 e Iacopo (1494-1562) tra i difensori della repubblica; Bertoldo (1500-1555) fu decapitato a Firenze come uno dei più operosi nemici di Cosimo duca.
Calmate quelle tempeste, i C., sempre attendendo al commercio, salirono a grado più alto. Bartolomeo (1545-1613) comperò le signorie di Sismano, Casigliano e Civitella; e Urbano VIII le eresse nel 1629 a marchesato per il nipote di lui Filippo (1578-1636), il quale viveva a Roma e aveva in società coi Medici una delle banche più fiorenti; Bartolomeo di Filippo (1622-85) fu dal granduca Ferdinando II creato marchese di Laiatico e di Orciatico (1644) e dal re di Spagna marchese di Giovagallo e di Tresana (1652); Ottavio (1588-1642) fu nunzio in Francia (1622) e prefetto di Romagna dove provvide con saviezza contro le inondazioni del Po; Neri (1624-79) fu pure nunzio in Francia (1652), tesoriere apostolico (1660), cardinale (in pectore 1664, pubblicato 1666), legato di Ferrara, vescovo di Arezzo (1672-77). Né furono tralasciati gli studî, o venne meno l'amore per l'arte: Carlo (1573-1657) fu apprezzato traduttore di Sallustio; Filippo (1647-1706) scrisse una relazione del viaggio compiuto in Europa con Cosimo de' Medici e col Magalotti; si costruirono ville e palazzi in Firenze e furono arricchiti con preziose collezioni di libri e di opere d'arte.
La famiglia toccò il fastigio, quando, nel 1730, Lorenzo divenne papa Clemente XII (v.). Bartolomeo (1683-1752), nipote del papa, fu principe di Sismano (1731), grande di Spagna (1732), viceré di Sicilia (1737), presidente dei ministri di re Carlo a Napoli (1745), nei quali uffici mostrò energia e attività riformatrice. Neri, suo fratello (1685-1770), fu dal 1731 il cardinale padrone, accusato allora di politica non rettilinea, più tardi, come avversario dei gesuiti, di giansenismo; del resto, uomo colto, scrittore, raccoglitore della biblioteca, ricca specialmente di opere giansenistiche, nel palazzo romano alla Lungara. Anche morto il pontefice, Andrea (1735-95) fu cardinale a 24 anni, vescovo di Sabina (1776), vicario di Roma, aspro persecutore di Lorenzo Ricci e dei gesuiti.
Più tardi, ritornata la famiglia a Firenze, Tommaso (1767-1856) ebbe uffici di ambasciatore al generale Bonaparte (1796) e a Napoleone re (1805), fu a Parigi membro del Senato, conservatore e conte dell'impero, a Roma senatore nel 1818, e nel 1847 ancora senatore e capo del nuovo municipio romano. Si adoperò, dopo la fuga di Pio IX, a dare alla città un governo temperato; poi, non volendo aderire alla convocazione della Costituente, riparò a Firenze: dopo il ritorno del papa, fu membro della Consulta. Uomo di molta cultura, accrebbe la biblioteca e le collezioni di Firenze e di Roma. Neri, fratello suo (1771-1845), fu inviato a Parigi nel 1796, direttore della segreteria di stato (1798-99), consigliere di stato a Parigi (1809) e conte dell'impero, ministro del granduca per l'interno dopo la restaurazione, plenipotenziario a Vienna (1814-15), a Lubiana (1821), a Verona (1822), ministro degli Esteri e presidente del consiglio (1844). Caldo difensore dell'indipendenza della Toscana contro l'invadenza dell'Austria, fautore d'un assolutismo intelligente e temperato, ebbe non piccolo merito per il progresso economico e spirituale del paese, nel quale volle che gli esuli di ogni parte d'Italia avessero larga ospitalità. Andrea (1804-68) fu senatore nel 1848, fedele al granduca anche in tempi torbidi, suo ministro degli Esteri (1849-1856). Neri (1805-59), marchese di Laitico, già operoso governatore di Livorno (1839-1847), curò, come ministro degli Esteri e della Guerra nel ministero Ridolfi (1848), la partecipazione della Toscana alla guerra d'indipendenza. Bandito nel 1849 per la sua fedeltà al granduca, ebbe parte notevolissima negli avvenimenti del 1859; morì a Londra, dove era stato inviato come rappresentante del governo provvisorio toscano. Tommaso (1835-1919) fu deputato al Parlamento, senatore (1882), sindaco di Firenze.
Bibl.: L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Corsini, Firenze 1858; F. Sartini, in Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, II, Milano 1929, p. 550 segg.; v. anche Archivio storico italiano, n. s., VII (1858), e Rassegna nazionale, CXCIV-VI (1913-14). Sul cardinale Piero, cfr. Ciaconio e Oldoinio, II, p. 572; S. Baluze, Vitae paparum Avenionensium (ed. 1693), I, pp. 1040-1052; L. Pastor, Storia dei papi, I, passim.
La biblioteca corsiniana.
Iniziata da monsignor Lorenzo Corsini (poi papa Clemente XII: 1730-40) sul principio del sec. XVIII nel suo palazzo in Roma, al Circo Agonale, divenne la Corsinia vetus, ben presto ragguardevole per l'acquisto, da lui fatto per oltre 10 mila scudi, della ricca libreria del cardinale Fil. Ant. Gualtieri (1660-1728): ne fu bibliotecario il trappista D. Malachia d'Inguimbert, morto nel 1757, arcivescovo di Carpentras (nella biblioteca municipale di questa Littà il ms. 602 è appunto un catalogo dei libri del Gualtieri comperati dal card. Corsini). Verso la metà di quel secolo, la Corsiniana, insieme con la famosa galleria dei quadri e la non meno celebre raccolta di stampe, fu trasportata e allogata dal card. Neri Corsini iun. (1685-1770) nel già palazzo dei Riarî alla Lungara, acquistato e ampliato dai Corsini. Il card. Neri l'arricchì di codici e manoscritti e di collezioni pregevoli, specialmente con l'aiuto dei suoi amici mons. Bottari e padre Fr. Foggini, ne assicurò la conservazione per l'avvenire col vincolo familiare del fidecommisso, e nel 1755 l'aprì al pubblico. Una prima descrizione ne faceva il bibliotecario ab. Giuseppe Querci in una lettera al dott. Gio. Lami (pubblicata in Novelle Fiorentine, XVI, 1855). I C. continuarono ad aver cura dell'incremento della loro biblioteca, acquistando verso il 1786, per cura del duca Bartolomeo, i manoscritti e gl'incunaboli del bibliofilo abate fiorentino N. Rossi (1711-1785): se ne ha un catalogo a stampa, pubblicato quell'anno a Roma. Nel 1883, comperandosi dallo stato il palazzo dei C., fu da questa famiglia donata la biblioteca, inalienabile e inamovibile per tavole di fondazione, alla R. Accademia dei Lincei (v. Transunti R.A.L., s. 2ª, VII, pp. 304-307); si contarono voll. 47.687, di cui 2702 mss. e 2288 incunaboli. Oggi la Corsiniana, disposta in nove sale, è una sezione della Biblioteca accademica lincea, sotto un'unica direzione con le altre sezioni (Accademie, Orientale, ecc.). I più noti bibliotecarî della Corsiniana, dopo il Querci, furono: Dom. Lazzarini (1812-1836), L.M. Rezzi (1836-1857), F.R. Cerroti (1857-1884). I cataloghi ne sono tutti inediti e a registro: voll. 20 degli stampati, 3 dei mss. (1738), 3 degl'incunaboli (1791-92). Dei manoscritti solo una parte è stata elencata a stampa e illustrata: dal Gachard, La bibliothèque Corsini, in Bull. Commiss. R. d'hist. de Belq., s. 3ª, XI (1869); Fac. de lettres de Bordeaux, 1890, Documents annotés, X (1891); Zentralbl. f. Bibliotheksw., 1891, pagine 1-56; da V. Raeli, in Riv. mus. ital., XXV (1918), pp. 345-376; da R. Pirotta, in Malpighia, XVI (1902), p. 49 segg., e Ann. di botanica, I (1903), pp. 59-61.
Bibl.: Statistica delle biblioteche, II (1894), pp. 122-128.