forzoso, corso
Sistema monetario cartaceo o di cartamoneta, definito inconvertibile (➔), poiché ai possessori di moneta cartacea non è consentito il diritto di trasformare i biglietti di banca in moneta metallica aurea. Il corso f. si distingue dal sistema aureo (➔ aureo, sistema) o gold standard, la cui base monetaria è rappresentata dall’oro. In quest’ultimo, la cartamoneta in circolazione è convertibile, parzialmente o totalmente, nello stesso metallo prezioso.
Il sistema di cartamoneta inconvertibile apparve per la prima volta nel periodo napoleonico, a motivo di una profonda crisi del sistema aureo. La riduzione delle riserve in oro fu la ragione comune che, attraverso i secoli, indusse numerosi Stati ad adottare il corso monetario forzoso. Questa contrazione fu sovente determinata dalla necessità di adoperare l’oro per ottemperare ai debiti contratti con l’estero, indispensabili per coprire le spese legate alle operazioni di guerra. In tale situazione, molte nazioni registrarono contestualmente ingenti disavanzi della bilancia dei pagamenti (➔). Questo scenario portò all’emissione di moneta fiduciaria in misura maggiore rispetto alle reali capacità degli Stati, costretti, a quel punto, a indebitarsi con la banca centrale (➔), fino a quando la totale assenza di riserve auree, necessarie per la conversione, obbligava gli stessi governi a conferire mandato alla banca centrale per l’interruzione della convertibilità (➔), e la trasformazione del sistema monetario in corso forzoso.
Il sistema inconvertibile fu adottato in Italia su provvedimento del ministro delle Finanze A. Scialoja, nel 1866, con l’obiettivo di far aumentare la circolazione della moneta cartacea rispetto a quella metallica. In tali anni, 6 banche emettevano biglietti, due delle quali, Banco di Napoli (➔) e Banco di Sicilia (➔), di proprietà pubblica. Anche a seguito dell’adozione del corso f. rimase invariato il numero degli istituti di emissione, convalidato da una legge del 1874. Le cause che portarono l’Italia a proclamare il corso f. furono eterogenee ma, sostanzialmente, comuni a quanto già enucleato. Il Paese viveva un’accentuata fase recessiva, legata alla crisi nata negli Stati Uniti a seguito della guerra di Secessione del quinquennio 1861-65. La guerra condusse gli Stati Uniti a richiedere i crediti concessi a numerosi Stati. Ciò si riflesse, particolarmente, nell’economia dei Paesi europei, e quindi dell’Italia. Nello stesso periodo, i mercati finanziari furono colpiti da una profonda crisi, legata a una decisa caduta dei titoli, inclusi quelli di Stato. Anche gli accordi che l’Italia concluse con la Prussia, proprio negli anni in cui ebbe origine il conflitto franco-prussiano, determinarono significative perdite nelle quotazioni, che toccarono livelli minimi storici. A queste difficoltà, si aggiunse il persistente disavanzo del bilancio dello Stato (➔ bilancio pubblico), per il quale fu necessario il ricorso al debito pubblico (➔ p), attraverso l’emissione di titoli quotati sotto la pari (➔), per raggiungere un numero maggiore di sottoscrittori. Le criticità economiche del Paese divennero sempre crescenti, e per riuscire a corrispondere ai creditori esteri la cosiddetta rendita italiana, tasso annuo che lo Stato si obbligava a pagare, divenne indispensabile all’Italia la richiesta alla Banca Nazionale (➔ Banca Nazionale del Regno d’Italia) di un prestito di importo pari a 250 milioni di lire. Vincolo del prestito fu l’inconvertibilità dei biglietti dello stesso istituto. Ciò determinò l’adozione del corso forzoso. A seguito del provvedimento si manifestò un incremento del prezzo dei beni e dei servizi, per via della progressiva diminuzione del potere d’acquisto della moneta. Il corso f. venne temporaneamente abolito tra il 1881 e il 1893, anni nei quali fu istituita la Banca d’Italia (➔). Nei decenni successivi, si alternò ad altri sistemi con la possibilità di conversione, ma le difficoltà economiche che si presentarono, come negli anni della Prima guerra mondiale, costrinsero più volte il governo a ripristinare un sistema monetario cartaceo a corso forzoso.