CORTINA
. Muratura in materiale laterizio costituente le facce esterne dei muri. Il suo uso cominciò in Roma circa l'età imperiale; i primi esempî si trovano in alcuni sepolcri della fine del secolo I a. C., e più precisamente nella tomba di Cecilia Metella sull'Appia, nella cella della piramide di Caio Cestio, nella tomba di Lucilio Peto, sulla via Salaria, e in altre dello stesso periodo. In questi casi si tratta di rottami di tegole, adoperati come materiale costruttivo; nei rostra del foro Romano troviamo per la prima volta il mattone vero e proprio, cioè una formella di argilla cotta in fornace e spezzata in modo da essere ben collegata con l'opera cementizia del nucleo interno. La perfetta coesione dimostrata dal mattone con la malta e la particolare resistenza di questo materiale all'azione del tempo, lo fecero da allora preferire al vecchio sistema del reticolato di tufo, che nell'età degli Antonini venne a cessare del tutto.
I Romani solevano costruire i muri laterizî (v. laterizia, opera) innalzando prima le due facciate esterne del muro, costituite da una sola fila di mattoni, tagliati o spezzati a triangolo, per un'altezza di circa 30 cm.: poi riempivano lo spazio intermedio con un amalgama di frantumi di pietra, o altro materiale, mescolato con la calce e mandato a incastrarsi perfettamente con le fratture dei mattoni, così da formare quasi un sol masso. Questa consistenza perfetta si deve soprattutto alla bontà della pozzolana e dell'argilla romana (v. mattone); spesso, per livellare e assodare maggiormente la muratura, si ponevano a date distanze file di bipedali (v.) che andavano da una parte all'altra del muro (cfr. palazzo dei Flavî sul Palatino) e battevano un piano uniforme di posa.
Da Tiberio a Domiziano per la cortina vennero costruiti mattoni speciali di forma triangolare e della misura approssimativa di m. 0,28 per l'ipotenusa e m. 0.20 per i cateti; con Traiano si trovano usate anche tegole, generalmente di riporto e quindi spezzate in maniera difforme; tuttavia la cortina è ancora bella, come mostrano le sue terme sul colle Oppio e i suoi mercati presso il Foro. In seguito, la cura nella scelta del materiale e l'esattezza dell'esecuzione andarono sempre diminuendo, onde ne venne fuori una cortina di colori differenti, dal giallo chiaro al rosso cupo, in cui la calce, largamente usata fra un mattone e l'altro, porta una nota biancastra stridente. Dopo Diocleziano il materiale laterizio si mostra quasi tutto di seconda mano e spesso non molto dissimile da quello che forma il nucleo interno, onde si può dire che la vera cortina finisce per lasciare il posto a una miscela di frammenti di coccio, che non ha più nulla a che vedere con essa, quale era stata in principio. L'uso della cortina seguitò e si diffuse nel Medioevo e nel Rinascimento, quando fu molto usata, alternata spesso con elementi in pietra. Anche oggi è adoperata usando mattoni di forma rettangolare fatti in modo che il lato lungo è di solito il doppio del lato corto, per poterli disporre esattamente a strati alternati.
Bibl.: A. Nibby, Del Foro romano, della Via Sacra, ecc., Roma 1819, p. 16; E.B. van Deman, Methods of determining the date of roman concrete monuments, in American Journal of Archaeology, 1912, p. 297 segg.