Vedi COSA dell'anno: 1959 - 1973 - 1994
COSA
Antica città, le cui rovine coronano un promontorio roccioso che si eleva a 114 m sul livello del mare, a 7 km a S-E di Orbetello, sul luogo della medievale e moderna Ansedonia.
C. era nota a Virgilio (Aen., x, 168) ed a Plinio (Nat. hist., iii, 5) quale città etrusca, il cui nome è stato ricostruito Cusi o Cusia. Alcuni le hanno attribuito la necropoli etrusca di Orbetello e anche una tomba a camera con dipinti, che si dice trovata "nelle vicinanze dell'antica Cosa". Nondimeno nella tradizione scritta la sua storia comincia colla fondazione di una colonia latina nel 273 a. C. (Vell. Pat., i, 14, 7). Durante i 250 anni che seguono, una assai. scarsa serie di notizie storiche illustra la vita di questa non cospicua colonia (Liv., xxii, 11, 6; xxvii, 19, 8-9; xxx, 39, 1-2; xxxiii, 24, 8-9; Sallust., Hist., i, 82.; Caes., Bel. civ., i, 34). Il periodo della sua maggiore prosperità sembra essere stato il II sec. a. C. Nel I sec. declinò rapidamente finché venne praticamente abbandonata dai suoi abitanti, alcuni dei quali fondarono la stazione stradale di Succosa nella pianura ad E dell'altura, vicino al porto e alla via Aurelia (Strabo, v, 2, 6 e 8; Tac., Ann., ii, 39, 2; Ravenn. Anon., Cosmog., iv, 32; v, 2; Tab. Peut., iv, 4). Al principio del V sec. C. era una rovina isolata e leggendaria (Rut. Nam., De red., i, 285 n.). Durante il Medioevo le rovine furono abitate di nuovo, parzialmente e per poco tempo, dapprima alla fine del X e al principio dell'XI sec., poi ancora durante il XIII sec., finché, nel 1329, gli ultimi abitanti furono sloggiati da un esercito senese.
Dal 1948, C. fu oggetto di esplorazione e scavi da parte dell'Accademia Americana in Roma. Da molto tempo le mura e le rovine di C. erano state visitate, identificate e sommariamente descritte. Le mura, che hanno un circuito di 1465 m e sono fornite di tre porte e una posterula, presentano 18 torri e ci mostrano l'esempio più perfetto che ci sia rimasto di costruzione poligonale progredita. Gli scavi recenti hanno dimostrato che si tratta senza alcun dubbio delle mura della colonia romana, costruite nel secondo venticinquennio del III sec. a. C. Esse seguono i contorni strategici naturali e racchiudono le due sommità della collina, una sella piana tra queste ed una china verso N, protetta contro i venti locali prevalenti. La sommità S formava una arx, nella sella era il Foro, ed un piano urbano regolare fu sviluppato in funzione di queste caratteristiche e delle tre porte. La pianta stessa, con le sue strade rettilinee lastricate che formavano insulae rettangolari, sembra sia quella della colonia del 273, mentre la maggior parte dei resti visibili dei fabbricati che ivi si trovano sembra appartenere al III, al II ed al principio del I sec. a. C.
Il Foro lungo e stretto, di circa m 90 × 30, aveva un ingresso monumentale a tripla arcata ed era circondato, fra altre costruzioni, da una basilica, da due templi e da un aerarium. Lì presso, nel centro della città, sorgevano le terme, e dal lato della porta N-O, "Porta Fiorentina", vi era un altro grande tempio. Resti di case si possono distinguere qua e là su quasi tutto il resto dell'area abitata. Ciascuna di esse aveva la sua propria cisterna a vòlta, mentre tre grandi serbatoi aperti provvedevano al rifornimento pubblico dell'acqua. I podia dei templi ed i serbatoi, come pure le mura, sono costruiti in muratura poligonale molto accurata; le altre strutture sono in muratura rozza connessa con cemento e in grossolana opera incerta.
L'arx era separata dal resto della città in parte dalle sue proprie mura poligonali ed in parte da rocce naturali. Conteneva almeno tre templi, due più piccoli, all'incirca contemporanei alla fondazione della colonia, ed un grande Capitolium a tre celle, eretto al principio del II sec. a. C. Gli scavi del Capitolium e di uno dei templi minori hanno permesso non solo di stabilire le piante e la ricostruzione, ma hanno anche messo in luce una serie notevole di rivestimenti decorativi fittili e di elementi di scultura in terracotta. Statue di marmo, dediche e bolli su tegole attestano l'uso continuato dell'arx come centro di culto fino al III sec. della nostra èra, molto tempo dopo la decadenza della città.
Bibl.: Boll. Inst., 1867, pp. 145-146; 1870, p. 36; G. Dennis, Cities and Cemeteries of Etruria, 3 ed., II, pp. 245-254; R. Cardarelli, in Maremma, I, 1924, pp. 131-142; 155-186; 205-224; R. Cardarelli, in Maremma, I, 1924, pp. 131-142; 155-186; 205-224; II, 1925, pp. 3-36, 75-128, 147-213; M. Pallottino, in Scritti in onore di B. Nogara, Roma 1937, pp. 341-358; F. Brown, in Mem. Am. Ac. Rom., XX, 1951, pp. 7 ss.; F. Castagnoli, in Mem. Am. Ac. Rom., XXIV, 1956, p. 147 ss.; D. Mae Taylor, in Mem. Am. Ac. Rom., XXV, 1957, p. 65 ss. (ceramica a vernice nera).