cosacchi
Abitanti nomadi, di stirpe tatara, delle steppe della Russia meridionale. Dal 15° sec. accanto a essi apparvero i c. russi che, nella steppa, trovarono la libertà sottraendosi al potere dello Stato e alla tirannia dei grandi proprietari. Organizzati in comunità militari o di mestiere, loro capo elettivo era l’atamano. Quando, nel 1569, entrarono nell’orbita della monarchia di Polonia, questa si sforzò di limitarne il numero attraverso la «registrazione»: i c. non registrati dovevano tornare alla condizione di servi della gleba dei magnati polacchi. Seguirono lotte sanguinose fra polacchi e c., che culminarono nel 1648 con la rivolta di B. Chmel′nickij, conclusa con il passaggio dei c. dalla parte di Mosca. Dopo varie oscillazioni fra Turchia, Polonia e Russia, nel 18° sec. i c. videro la propria autonomia fortemente limitata dalla Russia e diventarono allora «abitanti di villaggi»; nel 1775 fu distrutto il loro centro (Zaporožskaja Seč′); nel 1783-87 fu costituita l’armata cosacca del Mar Nero. Nel 18° e 19° sec. vennero utilizzati dal governo russo a scopi militari; si opposero alla rivoluzione bolscevica ma, più tardi, si distinsero partecipando all’Armata rossa. Si formarono anche gruppi di c. del Don organizzati con gli stessi principi di libertà, uguaglianza e autonomia. Nel corso della rivoluzione bolscevica e della guerra civile i c. si schierarono dalla parte della Russia e, dopo la sconfitta, continuarono a condurre la guerriglia contro l’Armata rossa. Durante la Seconda guerra mondiale i reggimenti c. (che erano stati sciolti e poi ricostituiti nel 1936) si distinsero nella lotta contro i tedeschi, i quali, d’altra parte, non mancarono di far leva sullo spirito d’indipendenza dei c., molti dei quali, dal 1944, furono impiegati dai tedeschi per l’occupazione della Carnia.