COSENZA (A. T., 27-28-29)
Città capoluogo di provincia nella Calabria, situata sul margine settentrionale della vasta soglia di altipiano che unisce la Sila con la Catena costiera paolana (v. calabria) e all'inizio dell'ampia vallata media del Crati o Vallo di Cosenza. La parte più antica dell'abitato risalente all'età romana è collocata, entro la confluenza del Crati e del suo influente di sinistra Busento, sulle ripide pendici e sulle falde orientali e settentrionali di un colle, detto di S. Pancrazio o Pancrazio, la cui sommità, coronata dai resti di un castello svevo-angioino, s'innalza sino a 380 m., mentre la base dell'altura è a 240 m. s. m. Una parte meno ampia e meno antica della città si adagia sulle più modeste alture della sponda destra del Crati; un'altra si venne formando nei secoli XVI-XVIII sulla sinistra del Busento ed ebbe qualche primo notevole sviluppo edilizio nella seconda metà del secolo scorso, in seguito alla costruzione delle stazioni ferroviarie. Immediatamente a N. di quest'ultima parte della città, ne è sorta da pochissimi anni una intieramente nuova, basata su di un vasto piano regolatore a vie larghe e diritte e grandi piazze alberate. La costruzione, iniziata nel 1917 ma avviata in modo risolutivo solo nel 1923, è tuttora in corso. Assai notevole è il contrasto fra questa nuovissima parte, in cui tende a portarsi il centro economico e mondano della vita cittadina, e la parte più antica, che è un fittissimo agglomerato di costruzioni ricche di carattere edilizio e di motivi artistici, specialmente verso l'alto del colle, percorso da caratteristiche strette vie a gradinata. In basso questa parte più antica è attraversata in tutta la sua lunghezza dal tortuoso e stretto corso Telesio, il quale, dopo aver formato la pittoresca piazza ove sorge l'antica cattedrale, termina nella vasta Piazza XV Marzo, ove sono il palazzo del governo e il grande e ricco teatro comunale. Al di là della piazza è la Villa Comunale, con pittoresca veduta sulla città antica e sul fianco occidentale della Sila Grande, disseminato di paesi e villaggi, i cosiddetti Casali di Cosenza. Sulla destra del Crati, all'ingresso sud-est della città, è il vallone di Rovito, sacro per il martirio dei fratelli Bandiera e dei loro compagni.
Cosenza nell'ultimo ventennio, e specialmente nel dopoguerra, in seguito alle migliorate condizioni della viabilità e dei trasporti ferroviarî e alla messa in valore delle risorse silane, non soltanto è assai cresciuta d'importanza come mercato agricolo (cereali, olio, vini, bozzoli, frutta fresca e secca, bestiame, ecc.), ma si è venuta trasformando anche in centro industriale notevole, con la creazione e l'ampliamento di opifici per le industrie del legname e dei mobili, del tannino, dei tessuti (lanifici), ecc. È anche il più attivo centro di affari e il principale centro bancario della regione. In conseguenza di questo rapido e importante sviluppo economico, di cui è manifestazione evidente lo sviluppo edilizio, Cosenza ha veduto aumentare considerevolmente la sua popolazione cittadina. Essa, che al principio del sec. XIX raggiungeva appena i 6000 abitanti e che nel 1861 ne contava circa 12.000 e 15.000 all'inizio del secolo attuale, saliva a 20.000 ab. nel 1921 (19.696 presenti) e ne ha ora circa 25.000, con tendenza a un continuo aumento.
Cosenza sino a pochi anni or sono aveva fama di città insalubre per forte malaricità, ma ora le continue sistemazioni agrarie dei dintorni hanno allontanato da essa il pericolo; è anche fornita di ottima e abbondante acqua potabile di origine silana. Il clima è pressoché continentale, con escursione termica annua fra i medî estremi di circa 19° e medie invernali di 7° ed estive di 25°. Cadono in media 1000 mm. di pioggia all'anno e la nevosità è abbastanza pronunciata.
Cosenza è antichissima sede arcivescovile. Dal 1923 è sede del R. Provveditorato agli studî per la Calabria. Ha una Accademia scientifica letteraria risalente ai primi del sec. XVI (v. più avanti). È capolinea di due tronchi (Cosenza-Paola e Cosenza-Sibari) delle Ferrovie dello stato e delle due ferrovie complementari, in parte già costruite. e in esercizio, che la congiungeranno con Crotone, attraverso la Sila, e con Catanzaro. E pure centro di una rete assai vasta di servizî automobilistici pubblici e si è affermata in questi ultimi anni come centro turistico.
Il comune di Cosenza ha una superficie territoriale di kmq. 40,73. una agraria e forestale di 3639 ha. La sua popolazione era di 7989 ab. nel 1818, di 17.753 nel 1861, di 15.962 nel 1871, di 16.686 nel 1881, di 21.545 nel 1901, di 24.177 nel 1911, saliti nel 1921 a 30.028 ab. (presenti di fatto), dei quali 7383 in case sparse (circa il 20% della popolazione totale del comune) e 22.645 accentrati nella città capoluogo e in quattro villaggi, tutti a S. della città: S. Ippolito (522 ab.); Borgo Partenope (nome sostituito ufficialmente a quello, conservatosi nell'uso locale, di Torzano, per la parziale ricostruzione dell'abitato do il terremoto del 1905: 399 ab.); Donnici Inferiore (1666 ab.); Donnici Superiore 1357 ab.).
Monumenti. - Di scarso interesse sono i pochi avanzi dell'antica Consentia o Cosentia (resti di muri a reticolato, qualche tomba: una stele greco-romana, rintracciata nella città, proviene dai Balcani), mentre numerose sono le testimonianze della sua floridezza artistica nel Medioevo e nel Rinascimento. La cattedrale, ricostruita fin dal 1185, con schema romanico-normanno (navate) e con influssi gotici cisterciensi (absidi, ora completamente rimaneggiate, e facciata), fu consacrata nel 1222; rifatta in gran parte nel 1750, non conserva che il portale e il rosone. Fra le altre opere di arte quivi conservate si notano la tomba di Isabella, moglie di Filippo III di Francia (morta nel 1270), di artista francese; una Madonna italo-bizantina; affreschi del Morelli e di Pietro Vetri su cartone del maestro. Della chiesa di S. Domenico (sec. XIII o XIV), quasi completamente rifatta, si conserva un atrio ogivale e il rosone. In S. Francesco di Paola sono notevoli opere d'arte fra cui una tavola con la Madonna in gloria del pittore cosentino P. Negroni (lo Zingaro, sec. XVI), del quale si ammira pure la tavola con l'Immacolata nella chiesa delle Cappuccinelle, datata (1595) e firmata; nella chiesa di S. Francesco di Assisi (sec. XIII, rimaneggiata nel 1434), in mezzo alla parte più antica della città, si nota una Madonna gagginesca e un coro ligneo del 1505. In S. Maria di Costantinopoli, rifatta verso la fine del sec. XVI, si conservano dipinti del fiammingo Guglielmo Borremans (1670-1744). Pregevole il trittico di S. Caterina (sec. XV) nella chiesa omonima. Importanti sono i soffitti lignei secenteschi della confraternita del Sacramento, della chiesa delle Cappuccinelle, di S. Maria del Suffragio, delle Clarisse e il coro ligneo di S. Domenico, ora al Museo civico. Il Castello, in parte restaurato (1928), si vuole costruito fin dal 970, ma appare opera di capimastri federiciani, a cui si aggiunsero le belle vòlte angioine. Nel Museo civico si trovano una Deposizione del sec. XVI e una tela di Stefano Liguoro (1710), nonché il vessillo dell'infelice spedizione dei fratelli Bandiera (1844). Opere dell'800 si ammirano nel Palazzo di giustizia, alla Camera di commercio, al teatro comunale (sipario del Vetri).
Istituti di cultura. - L'Accademia cosentina, fondata ai primi del sec. XVI da Aulo Giano Parrasio, ebbe con Bernardino Telesio nome europeo, e sempre fu un buon focolare di studî nel vecchio regno di Napoli, anche perché non fu soltanto sede di esercitazioni poetiche o di astrazioni metafisiche e di ricerche erudite, ma ebbe spesso vivo il senso della realtà. Nel sec. XVIII, quindi, parecchi accademici cosentini furono assertori di riforme civili e politiche, e, più tardi, di libertà e di patriottismo. Il pubblico insegnamento fu monopolio, fino al 1860, degli ecclesiastici e degli ordini religiosi che vi ebbero collegi anche fiorenti. Effimere le riforme murattiane sull'insegnamento medio: Cosenza doveva attendere l'annessione al resto dell'Italia per vedere le sue scuole riordinate secondo criterî più consoni al progresso e alle sue tradizioni culturali. Oggi, accanto a istituti d'istruzione media d'ogni grado e tipo, vi fioriscono una scuola pratica d'agricoltura, istituita dai Napoleonidi, una biblioteca municipale e l'antica Accademia, che si adopera a far rivivere i suoi tempi migliori.
Storia. - Strabone attesta che Cosentia (Κωσεντία, Κωνσενψία nei testi greci) era metropoli dei Bruzî: e certo dovette essere la città loro più ragguardevole. Nel 330 a. C. Alessandro d'Epiro chiamato dai Tarentini se ne impadronì. Durante la 2ª guerra punica Cosenza parteggiò ora per i. Romani ora per Annibale con evidente preferenza per quest'ultimo. È ricordata nelle guerre di Spartaco e in quella civile, nella quale ultima Sesto Pompeo tentò invano di espugnarla. L'imperatore Augusto ne assegnò il territorio secondo i limites graccani (Liber coloniarum, 229; cfr. Siculo Flacco, De condicionibus agrorum, p. 165 L.). In seguito, dato lo stato di sottomissione dei Bruzî, Consentia è poco ricordata, per quanto sia rimasta la tappa più importante della via Popilia, Capua-Regium.
L'invasione di Alarico (che in Cosenza fu sepolto il 410), la guerra gotica e la conquista dei Longobardi beneventani danneggiarono parecchio Cosenza. Divenne centro d'un gastaldato, che toccò, nell'847, a Siconolfo, principe di Salerno, e anche la diocesi cosentina fu assegnata al metropolita salernitano. Sullo scorcio del sec. VIII essa fu riconquistata dai Bizantini, che la gravarono di balzelli, senza riuscire a difenderla dalle invasioni dei Saraceni che costrinsero parte della popolazione a rifugiarsi sui monti circostanti, dando origine ai cosiddetti Casali di Cosenza. Il govemo normanno-svevo sollevò Cosenza dalla prostrazione in cui era caduta, e se l'aver sostenuto Manfredi e avversato per un pezzo la casa angioina le costò un brusco arresto nello sviluppo della sua attività, ai principî del Trecento Cosenza si riebbe e richiamò su di sé l'attenzione dei sovrani angioini, che le fecero importanti concessioni. Destinata a sede dell'amministrazione demaniale della Sila, tutti gl'interessi della contrada confluirono in essa, e ne intensificarono il movimento economico. Sennonché la popolazione dei Casali aspirava a godere le franchigie e i diritti del capoluogo, e, nella lotta, essa trovava alleati i popolani cosentini. L'aspra lotta parve si attutisse quando Luigi III d'Angiò venne a stabilirsi a Cosenza. Ma la repentina morte di quel principe (1434), le guerre di successione del regno, la parzialità e il fiscalismo degli Aragonesi inasprirono talmente gli animi che nel 1458-59 scoppiò nella Sila una terribile insurrezione di contadini. Inutile fu la venuta di Ferrante d'Aragona in Calabria; soltanto le stragi e gl'incendi di Maso Barrese e di Roberto Orsini poterono ristabilire la pace, senza smorzare gli odî, che esplosero un'altra volta violentemente durante la congiura dei Baroni e le guerre fra Spagnoli e Francesi in Calabria.
Con l'avvento del dominio spagnolo Cosenza declina rapidamente. Essa dalla fine del sec. XV viene additata come la città colta del regno. Nel seno di circoli di cultura e dell'Accademia cosentina ch'ebbero un certo rigoglio anche nel Seicento, le idee innovatrici trovarono molto favore, anche nei giovani di famiglie patrizie: essi, superando l'antico dissidio, s'erano accostati al popolo. Per opera loro Cosenza fu democratizzata nel 1799; ma, assediata da una banda sanfedista, si arrese. Stette inquieta durante il decennio francese, e già nel 1813 si tramava in essa una congiura carbonara, si agitò nel '29 e nel '37, e subì le severe repressioni del De Matteis e del De Liguoro. Ma la grande rivolta fu quella del 1844. Essa ebbe eco anche fuori del Napoletano, ma era stata già spenta, quando vi si diressero i fratelli Bandiera (v.). Partecipò in seguito ai moti del 1847 e 1848. Nel 1860 fu tra le prime città a proclamare Vittorio Emanuele re d'Italia.
Arte della stampa. - La somma rarità dei libri stampati a Cosenza nel Quattrocento lascia quasi ignorare questa sua gloria. Del primo d'essi, il Dialogo dell'origine ed immortalità dell'anima di G. Camphora, apparso nel 1478, si conosce un solo esemplare completo nella Bibl. Nazionale di Parigi; un altro incompleto è nella Bibl. Naz. di Palermo. Lo stesso anno il medesimo tipografo Ottaviano Salomone di Manfredonia pubblicò Il libro della sfera del Dati (i soli esemplari conosciuti sono quelli della Biblioteca Nazionale di Palermo e della Biblioteca Nazionale di Parigi); due altri volumi che sono privi dell'indicazione dell'anno, e ai quali attribuisce la data del 1479: le Favole di Esopo tradotte da Facio Caffarello di Faenza e un libretto di sei carte contenente un poemetto di Giovanni Maurelli in morte di Enrico d'Aragona, entrambi rilegati insieme e conservati (unici esemplari conosciuti) nella Biblioteca Corsiniana di Roma.
Bibl.: D. Andreotti, Storia dei Cosentini, III, Napoli 1869-1874; J. Gay, L'Italia meridionale e l'Impero bizantino, trad. it., Firenze 1917; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, Firenze 1922; E. Pontieri, La pretesa fellonia di Pietro Ruffo, Palermo 1926; id., La Calabria del sec. XV e la rivolta di Antonio Centeglia, Napoli 1924; Privilegi et capitoli della città di Cosenza, ed. Cancro, Napoli 1557; N. Arnone, Luigi XIII d'Angiò, duca di Calabria, Siena 1893; id., Le regie tombe del Duomo di Cosenza, in Arch. stor. nap., XVIII (1893); S. De Chiara, I Martiri cosentini del 1844, Roma 1904; R. De Cesare, Una famiglia di patriotti. Ricordi di due rivoluzioni in Calabria, Roma 1889; L. M. Greco, Annali di Citeriore Calabria dal 1806 al 1811, voll. 2, Cosenza 1872; id., Intorno al tentativo dei Carbonari di Citeriore Calabria 1813, Cosenza 1866. - Sui monumenti della città: H. W. Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, vol. 3, Dresda 1860; Ch. Diehl, L'art byzantine dans l'Italie méridionale, Parigi 1925; A. Haseloff, Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, Lipsia 1920; E. Bertaux, L'art dans l'Italie meridionale, Parigi 1904.
La Provincia di Cosenza.
La provincia di Cosenza (Calabria citeriore nella tradizione storica del basso Medioevo e della prima età moderna e nell'uso amministrativo borbonico e nel successivo: ora la denominazione è, anche ufficialmente, disusata; v. calabria) occupa la parte più settentrionale della regione calabrese. Ha una superficie territoriale di 6653 kmq. ed è la più estesa delle tre provincie calabresi. però la meno popolata assolutamente e relativamente (nel 1921, ab. 495.884, cioè 74, 53 ab. per kmq.; media della regione, nel 1921, 100, 31), soprattutto a causa delle vaste estensioni di territorio montuoso o piano non abitate o non abitabili, le quali però vanno riducendosi (v. calabria), sia per le sistemazioni idrauliche e agrarie compiute o in corso, sia per i progressi dell'industria (ad es. quella del legname, v. sila). Nel 1927 la natalità annua era di 33,29 per 1000 ab., superante quella delle altre due provincie e vicina ai massimi del Regno. La superficie agraria è di ettari 608.972, dei quali 90.000 circa di boschi e foreste. Le produzioni agricole principali sono, nella parte bassa e collinare, il frumento, l'ulivo (centri principali Rossano e Corigliano), gli agrumi (costiera Paolana e Corigliano), il gelso e i bozzoli, la vite (Castrovillari), le piante da frutta (specialmente i fichi, sulla costiera paolana, con notevole industria di esportazione), la liquirizia (conci a Corigliano, Spezzano Albanese); nella parte montana prevalgono i pascoli naturali e i boschi di castagno, pino e faggio, i quali dànno luogo a notevoli industrie. Il patrimonio zootecnico nel 1928 era di 4583 bovini, 313.490 ovini, 173.528 caprini, 33.737 equini, 59.469 suini. Le industrie del sottosuolo sono scarse: salgemma a Lungro (v.), cementi a Trebisacce; notevoli le risorse termali: Guardia Piemontese (v.), Cassano Ionio (v.), Spezzano Albanese (v.). Assai diffuse le piccole industrie casalinghe o di artigianato locale, specialmente tessili.
La rete ferroviaria è di 465 km., dei quali 130 di ferrovie complementari a scartamento ridotto (circa 80 in costruzione o progettati). Notevole la rete di linee automobilistiche pubbliche. La provincia non ha porti e il traffico marittimo è pressoché nullo. Notevole è l'attività peschereccia, con i centri principali di Amantea, Paola, Diamante (Tirreno), Cariati e Trebisacce (Ionio). Per i centri di popolazione, v. calabria.