COSENZA
(lat. Consentia, Cosentia Bruttiorum)
Città della Calabria, capoluogo di provincia, situata ai margini settentrionali della Sila, alla confluenza del Crati con il Busento, C. si sviluppa sulla cerchia di colli che sovrastano le due rive e nel tratto di pianura oltre il Busento, occupata dalla parte moderna dell'abitato.Antica città del Bruttium e poi colonia romana, durante l'impero fu un'importante stazione sulla via Popilia; la tradizione vuole che nel 410 Alarico, mentre discendeva verso Reggio, sia morto alle sue porte e sepolto nell'alveo del Busento. Devastata nel corso della guerra gotica (542), la città rimase ai Bizantini; poi, passata sotto il controllo dei Longobardi beneventani, divenne centro di un gastaldato nell'orbita di Salerno (847), dalla cui metropolia dipendeva la sua diocesi. Riconquistata dai Bizantini alla fine del sec. 9°, non è chiaro quali ne siano state le vicende politico-amministrative nel secolo successivo, durante il quale subì ripetuti assedi, occupazioni temporanee e distruzioni per opera dei saraceni (in particolare nel 987 e nel 1009), che costrinsero parte della popolazione a rifugiarsi sui monti circostanti, dando forse allora origine ai c.d. casali. C. conobbe un nuovo periodo di floridezza sotto i governi normanno e svevo, dopo che la sua chiesa fu elevata ad arcidiocesi e quando fu scelta a sede del giustizierato di Val di Crati e Terra Giordana; tale positiva congiuntura subì un arresto perché la città aveva sostenuto Manfredi e inizialmente osteggiato la dinastia angioina; già però agli inizi del Trecento C., mai sottomessa alla servitù feudale, fu riconosciuta come centro amministrativo dell'intero comprensorio silano, ricevendo ulteriori privilegi. Il periodo di espansione fu tuttavia accompagnato dai contrasti, spesso aspri, con la popolazione dei casali e da lotte sociali interne, solo apparentemente placate durante la breve permanenza nella città di Luigi III d'Angiò (m. nel 1434). Con l'avvento del viceregno la città, pur conservando il ruolo amministrativo di capitale della Calabria Citeriore, vide rapidamente declinare la sua importanza economica, ma viceversa crescere il proprio prestigio grazie alla fioritura degli studi umanistici e filosofici e allo sviluppo di importanti istituzioni culturali, quali l'Accademia Cosentina, fondata nei primi anni del sec. 16° da Aulo Giano Parrasio.Il nucleo antico, che occupa le pendici nordorientali del colle Pancrazio, sulla cui cima sorge il castello, conserva ancora in parte il carattere della città medievale, con strade strette, in salita e talvolta gradonate, diramantisi dalla via principale (strada o piazza dei Mercanti, od. corso Telesio), che sale tortuosa dalla riva del Busento alla piazza Maestra (od. piazza Duomo), prospiciente la cattedrale, e prosegue oltre con il tratto definito anticamente strada degli Orefici e con via Padolisi in forte pendenza. La più antica rappresentazione di C. (seconda metà del sec. 16°) testimonia nella zona centrale un'edilizia compatta e sviluppata in altezza, con case di tre e anche quattro piani, serrate le une alle altre; il tessuto sembra farsi più rado e minuto nella parte elevata del colle, come testimonia anche la più tarda e convenzionale veduta anonima pubblicata da Pacichelli (1703); non rimane traccia di una cerchia muraria, ma le citate piante urbane mostrano una torre a difesa del ponte sul Busento, probabilmente collegata a una cintura di opere fortificatorie che muniva il nucleo urbano centrale. Sulla riva destra del Crati e oltre il Busento si estendevano due borghi, detti rispettivamente dei Pignatari e dei Rivocati, quest'ultimo esteso dal convento di S. Domenico al mercato della Maddalena, dove si svolgeva l'annuale fiera istituita da Federico II di Svevia.Monumenti principali della città, che ne riassumono simbolicamente la storia, sono il castello e la cattedrale. Il primo - sorto su un nucleo romano ormai indefinibile e ampliato dai saraceni - fu ristrutturato in epoca normanna (1132 ca.), ma l'impianto esistente è per la maggior parte concordemente riferito dagli studiosi a lavori, non documentati tuttavia, eseguiti sotto Federico II: della costruzione sveva - a pianta quadrangolare con due torri angolari ottagonali (di una delle quali rimangono solo resti) e due torri quadrate forse di impianto più antico (Willemsen, Odenthal, 1966) - si conservano alcuni vani coperti con volte a crociera costolonate. Il castello venne poi ristrutturato nel 1428-1430 per adattarlo a dimora di Luigi III d'Angiò (corridoio dei Fiordalisi) e poi, alla fine del sec. 15°, a seguito di distruzioni per eventi sismici e militari; pesantemente trasformato dopo il 1759, per essere adibito a seminario e poi a carcere politico, l'edificio subì ulteriori danneggiamenti nel terremoto del 1854, quando crollò l'intero piano superiore.La cattedrale, dedicata a Maria SS. Assunta, venne consacrata nel 1222 alla presenza dell'imperatore Federico II: una precedente chiesa crollò nel terremoto del 1184, in occasione del quale perì sotto le macerie l'arcivescovo Ruffo, ma si ignora se l'edificio fu distrutto in parte o totalmente e se fu poi ricostruito in un sito diverso (Borretti, 1933), essendosi persa ogni memoria di quello precedente. Comunque, i caratteri linguistico-figurativi non consentono di ritenere alcuna parte della costruzione attuale anteriore agli ultimi due decenni del sec. 12°: si tratta di un corpo basilicale a tre navate su pilastri quadrangolari, coperto a tetto, con transetto a volte (di restauro) non sporgente, originariamente concluso da tre absidi semicircolari: secondo Martelli (1950b) l'abside centrale, con precoro e poligonale all'esterno, ricevette l'odierna configurazione con i restauri ottocenteschi; per il più accentuato linearismo goticistico i tre portali della facciata, sormontati da oculi, dovrebbero essere riferibili a una fase successiva (probabilmente alla fine del sec. 13°).All'interno, al centro della parete sinistra del transetto, ma originariamente forse nell'ultima campata del corpo longitudinale, si trova il monumento funerario della regina Isabella (m. nel 1271), moglie di Filippo III l'Ardito, opera di scultore francese; nella prima cappella del lato sinistro si trovava l'icona della Madonna del Pilerio (ora in deposito presso la Soprintendenza ai Beni architettonici, artistici e storici della Calabria e sostituita da una copia non fedele), riferibile alla seconda metà del sec. 13°, pittura di carattere bizantino, non esente da contatti con l'ambiente figurativo toscano e campano, e che localmente ha un seguito nella Madonna del Pilerio della chiesa delle Vergini, attribuita a Giovanni da Taranto (Itinerari per la Calabria, 1983, p. 147). La stauroteca recentemente restaurata (oggi in deposito presso la Soprintendenza ai Beni architettonici, artistici e storici della Calabria), probabilmente di fattura palermitana, donata alla chiesa cosentina da Federico II forse in occasione della consacrazione del 1222, è costituita da una croce potenziata, placcata in oro su scheletro ligneo, arricchita da filigrane, pietre preziose e smalti con figurazioni che rimandano all'arte bizantina, successivamente adattata a un supporto di oreficeria tardogotica (sec. 15°), prodotto di una bottega spagnola, alla quale è avvicinabile anche un calice d'argento dorato a base esagonale (attualmente presso il palazzo arcivescovile), decorato con edicolette, statuine di santi e motivi foliati.Le altre chiese medievali di C. sono state tutte pesantemente trasformate in epoca successiva: quella di S. Francesco di Assisi, nella parte alta della città, sorta su un precedente insediamento forse benedettino di cui rimangono le mura perimetrali della chiesa, conserva dell'originario impianto trecentesco solo un portale e una volta ogivale antistante la cappella di S. Caterina. La chiesa si sviluppava in senso perpendicolare rispetto alla successiva ricostruzione del sec. 17°, occupandone lo spazio dell'attuale transetto, ed era forse a tre navate, come apparirebbe da una rappresentazione datata 1394 esistente su una parete laterale del chiostro, ovvero a una navata con cappelle; il chiostro quadrato, con cinque archi acuti su pilastrini compositi, è riferibile a un rifacimento successivo al passaggio del convento agli Osservanti (1434).Il complesso di S. Domenico, anch'esso molto trasformato, venne costruito tra il 1447 e il 1468 in sostituzione di un precedente insediamento (1280) presso l'antica chiesa di S. Matteo. La chiesa, a navata unica con cappelle solo sul lato opposto al chiostro - secondo una tipologia diffusa in ambito regionale -, conserva la facciata originaria con il portale archiacuto e il soprastante grande rosone ornato con archetti e capitelli di gusto durazzesco-catalano e racchiuso da un torciglione costituito da due semicerchi affrontati; i medesimi caratteri si rilevano anche in quel che rimane dell'interno (presbiterio, cappella ottagonale con cupola, portale ad arco ribassato di accesso al chiostro).
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