BARONCELLI, Cosimo
Nacque a Firenze il 18 sett. 1569 da Tommaso, che era stato per lunghi anni mercante in Fiandra e poi maggiordomo di Cosimo I, e da Chiara Gualtierotti. Rimasto prestissimo orfano del padre, fu allevato presso vari parenti, uno dei quali, Lorenzo Buti, suo cognato, che era agente dei beni di Camilla Martelli, seconda moglie del defunto granduca Cosimo I, ottenne che il giovinetto appena dodìcenne venisse assunto come paggio da don Giovanni de, Medici, figlio naturale di Cosimo I e di Eleonora degli Albizzì. Questi, quasi suo coetaneo, lo prese a ben volere e nel 1587 lo condusse seco alla guerra in Fiandra dove, in premio dell'Assistenza ricevuta da parte del B. duranteunagrave malattia, lo promosse suo cameriere. Tale il B. rimase fino al 1594 seguendo sempre il suo signore in varie missioni per conto di Ferdinando I de' Medici, specìalmente a Roma durante i frequenti conclavi succedutisi in pochi mesi tra la morte di Sisto V, Urbano VII, Gregorio XIV, Innocenzo IX e l'elezione di Clemente VIII: era tutto un andar su e giù tra Firenze e Roma "tanto che - narra il B. - sembrava che S. E. fusse diventato il procaccia".
Nel 1594, quando don Giovanni partecipò alla guerra contro i Turchi in Ungheria, il B. fu da lui nominato comandante della sua guardia del corpo e partecipò a tutta la campagna, dalla difesa di Giavarino, poi abbandonata, fino alla conquista di Strigonia (Esztergom) e di Viszegrad. Fu il B. a dettare al comandante del presidio turco le onorevoli condizioni della resa di quest'ultima fortezza.
Intanto da anni il granduca, in seguito al matrimonio con Cristina di Lorena, si andava allontanando dalla tradizionale alleanza ispano-imperiale e larvatamente dapprima, poi in modo sempre più aperto, favoriva Enrico di Navarra. Alla fine della campagna d'ungheria, dopo un breve soggiorno a Vienna e a Praga, il B. rientrò in Toscana con il suo signore, che venne di lì a poco (1597) inviato con sei galere, due navi da carico e mille fanti a rafforzare il presidio del castello d'if in Provenza. Ferdinando I aveva occupato di sorpresa quello scoglio inespugnabile a favore di Enrico IV per impedire che la flotta del Doria e le truppe del duca di Savoia occupassero per conto della Lega cattolica, ossia della Spagna, la città di Marsiglia. Ma i Francesí, sebbene il presidio toscano in ossequio alla sovranità francese avesse sempre inalberato su quella fortezza il vessillo di Enrico IV, ne tentarono, con il duca di Guisa, la conquista. Don Giovanni de, Medici non esitò a respingere a cannonate lo stesso duca, e a concludere con questo una tregua d'un mese fu inviato a Marsiglia il Baroncelli.
Seguito alla tregua un accordo duraturo, dopo Vervins, e rientrato a Firenze don Giovanni, il B., nel 1599, fu con lui in Spagna a presentar doni nuziali a nome del granduca - che, deluso da Enrico IV, procurava di riaccostarsi a Madrid - in occasione del duplice matrimonio del nuovo re Filippo III con Margherita d'Austria e dì sua sorella Isabella con l'Arciduca Alberto. L'Anno dopo il B. seguì il suo signore in altra e solenne missione di rappresentanza, accompagnando in Francia con una scorta di quattordici navi e corteggio di principi Maria de, Medici dopo il matrimonio con Enrico IV celebrato per procura a Firenze.
Nel 1601 è di nuovo in Ungheria, ma l'impresa, per la pessima organizzazione, terminò con una disastrosa ritirata in pieno inverno. Combatté poi per quattro anni in Fiandra. Quando, stanco e deluso, il principe don Giovanni si licenziò dal servizio imperiale e tentò invano migliore fortuna prima in Inghilterra e poi in Francia (1608), dove, narra il B., come zio della regina, ebbe accoglienze trionfali (ma "fu una bella insalata principio di una cattiva cena"), il B., entrato in contrasto con l'Avventuriero Concino Concini, protetto di Maria de, Medici, finì in prigione perché sospettato di aver ordito una congiura per sopprimerlo.
Ritiratosi temporaneamente dal servizio del suo signore, il B. tornò a Firenze nel 1608, per accudire ai propri interessi. Tre anni dopo si stabilì a Venezia per condurre con quel governo trattative per conto di don Giovanni che intendeva entrare agli stipendi della Repubblica; altre missioni gli furono affidate in quel periodo, finché poté fissarsi definitivamente a Firenze pur continuando a svolgere funzioni di agente del principe. Morto questo a Murano il iq luglio 1621, il B. fu nominato curatore degli interessi di un figlio che don Giovanni aveva avuto da una popolana genovese, Livia Vernazzi, sposata dopo l'Annuramento del precedente matrimonio da lei contratto. Poco poté fare il B. in favore del pupillo che dalla famiglia Medici fu fatto dichiarare spurio e spogliato, insieme alla madre, dei beni lasciati loro per testamento da don Giovanni. Il B., come egli stesso narra, dové "lasciar correr l'Acqua per la china".
Morì a Firenze il 4 sett. 1626.
Lasciò manoscritto (Firenze, Bibl. Naz. Centrale, cod. Capponi CCCXIII, cc. 1802 12), in varie redazioni lievemente diverse, un ampio Discorso istorico fatto ai suoi figlioli della vita e morte di don Giovanni de, Medici figlio naturale dei G. Duca Cosimo I con la morte di Concino Concini e della Dianora Bosi sua moglie seguita a Parigi essendo i favoriti del Re Enrico IV e della Regina Maria figlia del G. Duca Francesco de, Medici con gli accidenti della signora Livia Vernazzi moglie del suddetto don Giovanni e sopra l'invalidità del matrimonio della suddetta con altri notabili accidenti. Il B. narra la propria vita a fianco del suo signore e non appare certo dotato di grandi capacità storiche e letterarie, ma lo scritto è piacevole perché steso alla buona, con un piglio arguto e popolaresco. L'opera, oltre alla corrispondenza con don Giovanni conservata nell'Arch. di Stato di Firenze (Arch. Mediceo e fondo Alessandri), è fonte importante per l'Attività di don Giovanni e la politica di Ferdinando I; si tratta comunque di uno scritto che era destinato a restar inedito e ad uso di memoria familiare.
In talune biblioteche e nell'Archivio di Stato di Firenze si trova inoltre, in numerose copie del tardo '600, una trattazione sull'origine e discendenza della casa dei Medici di Firenze che va da Cosimo il Vecchio a Cosimo I e talvolta tocca periodi successivi con l'Aggiunta di argomenti estranei alla storia della famiglia. Essa è per lo più anonima, ma in due codici conservati a Firenze (Bibl. Riccardiana, Moreniano 24, e Bibl. Nazion. Centrale, Capponi CCXXXIII) reca rispettivamente l'Annotazione: "opera di Cosimo Baroncelli" e una premessa al lettore sottoscritta dallo stesso nome con la data 10 genn. 1620 in cui si dice: "la morte che troncò la vita al mio signor don Giovanni troncò a me ancora la penna perché ebbi dopo la sua morte altro a che badare". Ora, a parte il fatto che don Giovanni non morì prima del 1620, ma nel luglio del 1621, l'Attribuzione al B., fedele servitore dei Medici, di una delle tante raccolte di dicerie calunniose sui casi privati della famiglia Medici, di cui son piene le cronache dei gazzettieri tra il '600 e il '700, note sotto il nome di "tragedie medicee", appare estremamente sospetta.
Unica opera a stampa del B. è la traduzione dallo spagnolo del trattato di Antonio de Guevara intitolato Il dispregio della corte e le lode della villa, Firenze 1601, ristampato a Brescia nel 1602.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Arch. Mediceo del Principato, ff. 5146. 5147, 5155, 5157; Bibl. Naz. Centrale, Ms. Magliab. IX 66, Cinelli-Biscioni, La Toscana letterata ovvero storia degli scrittori fiorentini, s. d. (alla voce Baroncelli); F. Inghirami, Storia della Toscana, Fiesole 1843, XII, p. 192; XV, pp. 615.; G. E. Saltini, Tragedie medicee domestiche (1557-1587), Firenze 1898, introduzione pp. LXILXXIV (in cui l'Autore riassume largamente e per la prima volta pubblica in gran parte il Discorso del B. ai suoi figli); G. Marri, La partecipazione di don Giovanni de' Medici alla guerra d'Ungheria (1594-95 e 1601), in Arch. stor. ital., XLIX (1941), pp. 49-59; G. Pieraccini, La stirpe dei Medici di Cafaggiolo, Firenze 1947, 11, 1, pp. 180 ss.