Rucellai, Cosimo (Cosimino)
Figlio postumo di Cosimo di Bernardo, nacque l’8 ottobre 1495 (Firenze, Archivio di Stato, Tratte 10, f. 208) e fu battezzato con il nome del nonno Bernardo (→), ma poi assunse quello del padre. Scarsissime le notizie circa la sua formazione, ma – sia per l’ambiente raffinato e colto in cui visse, sia in considerazione della fama di letterato che più tardi si conquistò – ebbe certamente un’educazione di alto livello e fu discepolo di Francesco Cattani da Diacceto, stando alle testimonianze di Benedetto Varchi (Vita di Francesco da Diacceto, in F. Cattani da Diacceto, I tre libri d’amore, 1561, p. 187) e di Eufrosino Lapini (Vita di Francesco da Diacceto, in F. Cattani da Diacceto, Opera omnia, 1563, pp. non numerate).
Il 16 settembre 1512 – insieme, tra gli altri, agli zii Palla e Giovanni – R. prese parte all’azione di forza che riportò i Medici al potere (v. Elenco di uomini armati che presero il palazzo, nel ms. Lettere e scritture diverse, Biblioteca nazionale centrale di Firenze, II III 433, f. 59r). Nell’ottobre del 1515 R. seguì Gian Giorgio Trissino in Germania, dove questi si recava in qualità di nunzio di papa Leone X: ne dà notizia Giovanni Rucellai (→) in una lettera a Trissino. Probabilmente durante quel viaggio R. contrasse la malattia che, nel volgere di pochi anni, lo condusse prima all’immobilità – fu costretto a giacere in una sorta di lettiga (si veda Iacopo Nardi, Le storie della città di Firenze, 1584, 7° libro, p. 283) – e poi alla morte. Dalla lettera di M. inviata a Lodovico Alamanni a Roma (17 dic. 1517) sappiamo che R. soggiornò in quella città insieme ad altri amici fiorentini di M.:
So che vi trovate costì tutto el giorno insieme con Rv.mo de’ Salviati, Filippo Nerli, Cosimo Rucellai, Cristofano Carnesecchi, e qualche volta Antonio Francesco delli Albizi, e attendete a fare buona cera, et vi ricordate poco di noi qui, poveri sgraziati, morti di gielo e di sonno (Lettere, p. 357).
A partire dalla primavera del 1516, R. fu l’animatore delle riunioni negli Orti Oricellari (→). A questo torno di tempo è ascrivibile l’inizio della sua amicizia con M., da cui, per ammissione dello stesso ex Segretario, scaturì la composizione dei Discorsi, dedicati a Zanobi Buondelmonti e allo stesso Rucellai.
Il rapporto di profonda stima e affetto che legò M. a R. è testimoniato dal noto passo iniziale dell’Arte della guerra (I 1-6), opera in cui R. figura tra gli interlocutori. Ulteriori notizie al proposito si ricavano dalla già citata lettera di M. ad Alamanni e dall’opera storica di Filippo de’ Nerli, il quale afferma:
Avendo convenuto assai tempo nell’orto de’ Rucellai una certa scuola di giovani letterati e d’elevato ingegno, mentreché visse Cosimo Rucellai, che morì molto giovane ed era in grande aspettazione di letterato, infra ’ quali praticava continuamente Niccolò Machiavelli (e io ero di Niccolò, e di tutti loro, amicissimo, e molto spesso con loro conversavo), s’esercitavano costoro assai, mediante le lettere, nelle lezioni dell’istorie (Commentari dei fatti civili occorsi dentro la città di Firenze dall’anno 1215 al 1557, 1859, 2° vol., 7° libro, p. 12).
R. morì il 2 novembre 1519 e fu sepolto in S. Maria Novella (Tommasini 1911, p. 209).
Molti furono i letterati che piansero la sua prematura scomparsa, a cominciare dall’amico e sodale Luigi Alamanni (si vedano le sue Egloghe I e II, del 1519, e III, del 1522) e da Trissino che, nel Castellano (1529), fa pronunciare a Giovanni Rucellai un elogio del nipote, morto troppo giovane per poter acquistare la fama poetica che avrebbe meritato (in G.G. Trissino, Scritti linguistici, a cura di A. Castelvecchi, 1986, p. 56). In tutte queste testimonianze, unanime è il rammarico per la perdita dell’amico, ma anche del letterato e dell’intellettuale di alto profilo. Tale opinione, spesso riferita al talento poetico di R., potrebbe apparire ingiustificata, almeno stando al numero relativamente esiguo di componimenti che di lui ci sono rimasti: in tutto 24, tra sonetti, canzoni, ballate e madrigali. Ancora una volta risulta significativa la testimonianza di M.:
Vero è che non gli fu però in tanto la fortuna nimica, che non lasciasse alcun breve ricordo della destrezza del suo ingegno, come ne dimostrano alcuni suoi scritti e composizioni di amorosi versi (Arte della guerra I 6).
La distinzione tra «scritti» e «amorosi versi» pare alludere a una produzione letteraria di R. più ampia di quella a oggi tradita, dato che essa consta quasi esclusivamente di poesie d’amore.
Bibliografia: Rime, in C. Rucellai, L. Alamanni, F. Guidetti, Rime, a cura di D. Chiodo, Torino 2009, pp. 1-20.
Per gli studi critici si vedano: H. Hauvette, Les poésies de Cosimo Rucellai et de Francesco Guidetti, «Bulletin italien», 1904, 4, pp. 85-102; O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 2° vol., Torino-Roma 1911; F. Gilbert, Machiavelli e il suo tempo, trad. it. di A. De Caprariis, Bologna 1977, pp. 15-66, 223-52; C. Dionisotti, Machiavellerie. Storia e fortuna di Machiavelli, Torino 1980, ad indicem; R.M. Comanducci, Gli Orti Oricellari, «Interpres», 1995-1996, 15, pp. 302-58; A.M. Cummings, The maecenas and the mad rigalist. Patrons, patronage and the origin of the italian madrigal, Philadelphia 2004, pp. XV, 19-20, 23, 27, 35-36, 46-47, 55, 153, 169, 185, 208; F. Bausi, Machiavelli, Roma 2005, pp. 81-82, 146, 166, 168-69, 199, 226, 239; D. Chiodo, R. Sodano, Le muse sediziose: un volto ignorato del petrarchismo, Milano 2012.