ARLIA, Costantino
Nacque il 23 ag. 1829 ad Aiello Calabro. Laureatosi in giurisprudenza a Napoli, entrò in magistratura e quindi al ministero di Grazia e Giustizia, ove prestò lungamente servizio, dimettendosi nel 1890 e stabilendosi quindi a Firenze.
Dedicatosi prevalentemente agli studi letterari e filologici, fu tra i più vigorosi sostenitori della toscanità della lingua; in rapporti con Pietro Fanfani, assieme a questo lavorò a interessanti compilazioni lessicografiche. Nel 1877 a Milano sotto il nome dell'A. e del Fanfani usciva il Lessico dell'infima e corrotta italianità,ma, in realtà, tutta l'opera fu lavoro dotto e intelligente del solo A., limitandosi il Fanfani a consigli e alla revisione del materiale. L'opera, che suscitò qualche polemica e destò un certo interesse, fu ancora lungamente oggetto di cura da parte dell'A., che ne fece uscire altre tre edizioni accresciute e rivedute (1881, 1890 e 1898). Ad essa si ricollega la Giunta al lessico dell'infima italianità,pubblicata a due riprese nel 1884 e nel 1896 a Milano.
Puntiglioso "linguaiolo", secondo la definizione di Carducci, era naturalmente portato verso indagini metodiche e comparazioni fra testo e testo. I suoi lavori, a mano a mano che vanno perdendo il taglio e il gusto del saggio filologico, scoprono in lui il purista e la vocazione dello sperimentatore della lingua, del tenace ricercatore, dell'assiduo lettore. Alcuni scritti, infatti, scaturirono soltanto dal suo spirito di curioso polemista, stimolato persino dalla lettura di un giornale. Le sue indagini però si fermano piuttosto in superficie, non riuscendo sempre a penetrare per intuito la nozione vera dei testi oltre le deprecate involuzioni stilistiche. Non fu mai un letterato di professione, ma per tutta la vita amò e studiò la letteratura con fervore e passione sempre giovanile.
Frutto della sua attenzione ai più vari aspetti del linguaggio sono inoltre: il Dizionario bibliografico (pubblicato a Milano fra i manuali Hoepli nel 1892), raccolta di locuzioni e voci del linguaggio bibliografico; Voci e maniere di lingua viva (Milano 1895); Del linguaggio degli artigiani fiorentini (ibid. 1876); Filologia spicciola (Firenze 1889) ed infine Passatempi filologici,che uscirono a Milano nel 1903. Per i "passatempi", cioè voci e maniere di uso comune non registrati nei comuni vocabolari, eufemismi e neologismi, espressioni proverbiali, l'A. cercò di trovare una nuova formula al suo tecnicismo filologico, facendo ricorso a lettere e dialoghi con interlocutori immaginari.
Pur non abbandonando mai gli studi filologici l'A. si volse alla paziente ricerca di testi inediti di varia epoca e importanza: Pucci, Machiavelli, Francesco Ruspoli, Biagio del Capperone, Borghini, Cecchi, Curzio da Marignola, Malatesti e altri.
Pubblicò anche alcune raccolte di versi, originali e tradotti, tra le quali Rose e viole,antologia di canti e leggende di gusto elegiaco, editi su giornali e strenne in Napoli prima del 1865. Il suo impegno era, in proposito, di dare alla poesia popolaresca di origine straniera una coscienza letteraria nazionale.
Un'esperienza a parte, d'altronde né profonda né interessante, furono alcuni studi di natura giuridica, soprattutto attinenti al diritto internazionale. In questa limitata parentesi rientrano le Convenzioni d'estradizione tra il Regno d'Italia e gli Stati stranieri (Torino 1861).
Gli ultimi anni della vita gli furono funestati dalla cecità, che egli sopportò con serenità. Morì a Firenze il 18 febbraio 1915.
Bibl.: C. Arlia, Storia d'un libro, Treviso 1904 (l'A. narra le vicende del Lessico e fornisce in materia ampi riferimenti bibl.); G. Romanelli, Studi di lingua, Castellammare di Stabia 1904, pp. 1-15; necrologio in Giorn. stor. d. letterat. italiana,LXVI (1915), 2, p. 308; V. G. Galati, Gli scrittori delle Calabrie, I, Firenze 1928, pp. 229-231; G. Mazzoni, L'Ottocento,Milano 1934, p. 550; Encicl. ital., IV, p.401.