GENTILE, Costantino
Secondogenito di Stefano e di Maddalena Di Negro, nacque a Genova presumibilmente verso la fine del Quattrocento. Due dei suoi quattro fratelli, Leonardo e Stefano, operarono con successo sulle principali piazze commerciali delle Fiandre, a partire dagli anni Quaranta del Cinquecento stabilmente ad Anversa.
Il G. fu tra i principali artefici della politica creditizia della Repubblica di Genova nei confronti dell'Impero e, nel corso del XVI secolo, della Corona spagnola. In particolare, il ruolo strategico del G. si delineò dopo la metà del secolo, quando i Genovesi, consolidando la loro posizione di quasi assoluto monopolio quali prestatori di denaro alla Corona spagnola, subentrarono ai banchieri tedeschi, egemoni negli anni Trenta e Quaranta. Grazie anche all'accordo tra Andrea Doria e l'imperatore Carlo V, il ruolo svolto dai Genovesi, marginale fino al 1528, crebbe negli anni successivi - e con maggiore intensità dopo il distacco della Spagna dal Sacro Romano Impero - tanto da consentire loro di acquisire in breve tempo, attraverso le finanze, il controllo dell'intera vita economica e politica spagnola.
Sposò Maria Centurione, e dal matrimonio nacquero Giorgetta, Artemisia, Giovanni Battista, Annibale, Gian Francesco e Stefano. Le notizie relative al coinvolgimento istituzionale del G. negli anni 1542-58 sono scarse, ma certamente quel coinvolgimento fu rilevante se già nel 1547, dunque prima del suo ingresso in affari con la Corona di Castiglia, Andrea Doria intercedette in suo favore presso l'ambasciatore spagnolo a Genova, Gómez Suárez de Figueroa. Spesso in società con Filippo Spinola, l'attività del G. si segnala per il numero delle operazioni, significativo tra il 1553 e il 1556, e per le modalità delle stesse, basate sulla partecipazione agli asientos, ossia ai prestiti a breve termine e ad alto interesse, e agli juros, prestiti a lungo termine e a basso interesse, concessi alla Corona spagnola.
Il G. entrò in affari con la hacienda spagnola il 12 marzo 1553, quando i Paesi Bassi assorbivano la maggior parte dei prestiti, calcolati in quasi due milioni di ducati. Incaricato di liquidare debiti per conto della Corona di Castiglia in asientos, il G. operò in un primo tempo da Genova ma, a partire dal 14 giugno 1553, fu costantemente presente alla corte e alle fiere di Castiglia. In quel periodo sottoscrisse ben quattordici asientos, di cui nove da solo, tre con Giovanni Antonio Di Negro e due con Filippo Spinola. I prestiti a Carlo V ammontavano a più di un milione di ducati. Anche il viaggio del futuro re di Spagna Filippo II in Inghilterra per il matrimonio con la regina Maria Tudor fu in parte finanziato dal G. con due asientos, uno di 185.000 ducati stipulato insieme con Filippo Spinola e uno di 415.000 stipulato invece da solo. Nel 1554 il G. e Filippo Spinola ottennero la riscossione delle rendite della Corona. L'ultimo asiento con l'imperatore fu stipulato dal G. nel gennaio 1556, riunendo in un'unica somma di 1.300.000 ducati i suoi crediti e quelli di Luciano Gentile, Adamo, Battista e Benito Centurione.
L'abdicazione di Carlo V e la successione sul trono spagnolo di Filippo II non compromisero l'attività del G., che continuò a operare con successo tra Anversa e Bruxelles. Nel 1557, anno della bancarotta spagnola, i crediti della Repubblica ammontavano ormai a 4 milioni di ducati, ma i banchieri genovesi, a differenza dei Fugger, e nonostante qualche difficoltà, riuscirono a ottenere garanzie. Fu in questa circostanza, e in particolare nel gioco diplomatico delle trattative che seguirono la crisi, che emerse la figura del G. accanto a quella di Giacomo Di Negro, ambasciatore della Repubblica di Genova nelle Fiandre, del quale fu prezioso coadiutore oltreché latore di missive da e per il governo genovese.
Per quasi un anno le ambasciate del Di Negro e del G. si susseguirono a ritmo vorticoso nel tentativo di rimediare ai danni inferti dalle insolvenze della Corona. Occorreva infatti salvaguardare non solo gli interessi privati ma anche quelli politici della Repubblica, impegnata militarmente in Corsica e nel Ponente ligure. Il 19 marzo 1557 il G. e Di Negro erano a Bruxelles, per perorare la causa della Repubblica presso il re Filippo II, ma gli esiti furono negativi. Nuovamente a Bruxelles il 30 luglio, il G., che si proponeva ancora un tentativo di mediazione, partì subito alla volta di Valenciennes, dove sperava di incontrare di nuovo il re, mentre Di Negro aspettava istruzioni dal governo. Il G. era deciso, se non a dirimere, almeno a definire i presupposti per risolvere la delicata questione: il 7 agosto era nuovamente a Bruxelles e il giorno seguente partì per Anversa. A metà di agosto, nel più completo silenzio da parte dei due governi, e nonostante l'assenza di istruzioni da parte della Repubblica, Di Negro cercò di ottenere dal re qualche anticipo sul credito per consentire alla Repubblica di fronteggiare le spese causate dagli interventi in Corsica e nel Finale. Egli riteneva infatti che parlare in nome della Repubblica potesse aiutare a comprendere gli orientamenti spagnoli e, nello stesso tempo, a responsabilizzare la corte sul danno che la bancarotta aveva inflitto alla città. Il 21 novembre il G. decise di partire per la Spagna mentre Di Negro, nonostante i suoi ripetuti memoriali, non aveva ancora ricevuto dalla Repubblica indicazioni su come procedere, e temeva che il silenzio fosse imputabile a trattative dirette in corso a sua insaputa tra il governo genovese e la Spagna.
Ritardi e ambiguità non scalfirono comunque gli interessi dei Genovesi, né tantomeno il loro predominio, che le bancarotte, per l'autoalimentarsi del sistema di debiti e crediti, di fatto consolidavano.
Già l'anno successivo gli affari del G. con il governo spagnolo ripresero frenetici, grazie soprattutto alla urgente necessità di liquidità per combattere la guerra in atto contro la Francia. Il 5 marzo 1558, il G. concluse brillantemente a Bruxelles un nuovo affare con la Corona; Di Negro, in una sua lettera al governo della Repubblica, commentava come il disegno degli Spagnoli fosse quello di realizzare "grossissima provvisione di denari per poter fare ad animo riposato una gagliarda guerra, et senza i mercanti mal la potrebbero fare".
Nel maggio 1558 fu stipulato tra Filippo II, il G. e Nicolò Grimaldi un nuovo asiento, di 600.000 scudi, che comportava un trasferimento di denaro da Laredo, in Spagna, alle Fiandre. L'affare fu più fortunato negli esiti, ai quali non dovette essere estranea una nuova raccomandazione di Andrea Doria in favore del Gentile. Il 9 giugno 1559 una lettera della reggente di Spagna, principessa Giovanna, da Valladolid a Filippo II riferiva infatti della partenza dalla Spagna per i Paesi Bassi di alcune cedole di pagamento relative ai partiti conclusi nel maggio 1558 dal re con il G. e Grimaldi.
Nel 1568 il G. fu reponsabile, insieme con Luciano Centurione, di un travagliato trasporto di 150.000 scudi destinati al duca d'Alba. A seguito delle rivolte nei Paesi Bassi, il traffico di metalli preziosi tra la Spagna e il Nord, già gravemente compromesso dal 1566, si era allora praticamente bloccato. Il denaro fu sequestrato sul Reno dal conte palatino, ma Centurione e il G. riuscirono a ottenerne la restituzione dietro il pagamento di un'indennità.
Nell'autunno del 1573 il G., ancora in attività, fornì a Filippo II 450.000 ducati. Al 1° sett. 1575 la Spagna, che aveva nuovamente sospeso i pagamenti, doveva alla Repubblica 10 milioni di ducati, 600.000 dei quali agli eredi del G.; informazione che ci consente di collocarne la morte tra l'ottobre 1573 e l'agosto 1575.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Arch. segreto, 1076, 2520; Ibid., Coll. Lagomarsino, ms. 492, c. 52; 495, c. 268; Ibid., Biblioteca, mss. 169, cc. 442 ss.; 176; Arch. general de Simancas, Catalogo I, Diversos de Castilla, 1241, cc. 105, 107; Catalogo III, Segreteria de Estado, f. 1516; Catalogo XXV, Papeles de Estado, Genova, ff. 1378, 1379, 1387, 1388; R. Romano, Banchieri genovesi alla corte di Filippo II, in Rivista storica italiana, LXI (1949), pp. 243 s., 246 s.; R. Ehrenberg, Le siècle des Fugger, Paris 1955, pp. 170, 302, 305; F. Braudel, La Méditerranée et le monde méditerranéen à l'époque de Philippe II, I, Paris 1966, pp. 437, 439; R. Carande, Carlo V e i suoi banchieri, Genova 1987, pp. 835-844, 848, 876.