COSTANTINO il Grande
Imperatore romano, nato a Naisso (od. Niš, in Serbia) nel 280, Flavio Valerio C. regnò dal 306 al 337. Nel 306 fu acclamato imperatore dall'esercito in Britannia, ma soltanto in seguito alla sconfitta di Massenzio a ponte Milvio (312) gli venne riconosciuto il titolo dal Senato di Roma. Nel 313 emanò a Milano l'editto di tolleranza verso la religione cristiana; dopo la vittoria su Licinio (324) decise il trasferimento della capitale dell'impero a Bisanzio, rifondata nel 326 con il nome di Costantinopoli e inaugurata nel 330.Durante il Medioevo si alimentò a proposito di C. una sorta di mito in cui, rispetto alla reale vicenda storica, predominarono gli elementi simbolici ed escatologici. La vita di C. fu schematizzata e riassunta in poche immagini-chiave che l'arte figurativa riprodusse per secoli in formule iconografiche sostanzialmente fisse.Le origini della rappresentazione di C. in veste di sovrano cristiano vanno rintracciate a Costantinopoli, nelle raffigurazioni pubbliche dell'imperatore esposte nella capitale. Alle tradizionali immagini di trionfo e regalità proprie dell'iconografia imperiale tardoantica si aggiunsero gli attributi cristiani della croce, del globo crucifero o del labaro con il monogramma di Cristo; un problema tuttavia non ancora risolto è quello relativo all'epoca in cui avvenne tale cristianizzazione della figura imperiale (Dagron, 1974).È indubbio che fin dalla stessa età costantiniana l'affermarsi della nuova religione contribuì alla creazione di un'iconografia cristiana sia dell'imperatore sia della nuova capitale. La tradizione vuole che la statua di C.-Helios, posta in cima alla colonna che si trovava nel suo foro, recasse nella mano sinistra il globo sormontato dalla croce, ma pare ormai certo che la versione originaria presentasse una vittoria alata, sostituita dal simbolo cristiano solo in epoca successiva (Straubb, 1967). Il tentativo di coniugare la scelta cristiana di C. con la tradizionale raffigurazione pagana dell'imperatore come Sol invictus è esemplificativo di un percorso che giunse fino alla regolare santificazione del sovrano da parte della Chiesa orientale: il nimbo che l'aveva connotato già in vita come basiléus ne attestava ora la canonizzazione, mai accettata però dalla Chiesa occidentale. Come santo C. appare, in abbigliamento regale bizantino (lóros, corona con prependúlia), all'interno di una teoria di santi e patriarchi, in un mosaico frammentario (847-870) di un ambiente sopra il vestibolo meridionale della Santa Sofia di Costantinopoli (Cormack, Hawkins, 1977).Eusebio di Cesarea (Vita Const., III, 3) parla di un'immagine davanti al vestibolo del Grande Palazzo con l'imperatore che trafigge un drago posto ai suoi piedi; la versione equestre dell'iconografia costantiniana abbinata al tema della calcatio si trova più tardi nel Salterio Chludov, dell'843 ca. (Mosca, Gosudarstvennyi Istoritscheskij Muz., Add.gr. 129, c. 58v) e Giorgio Cedreno tra il sec. 11° e il 12° ricorda una rappresentazione di C. a cavallo che regge una croce nel pretorio di Costantinopoli (Historiarum compendium, I, 613).Il motivo del cavaliere che sottomette il nemico sconfitto, confluito nell'arte medievale, passò a illustrare più genericamente la vittoria del bene sul male, oltre che del cristianesimo sul paganesimo, e ciò ha reso controversa l'identificazione con C. di una parte delle immagini di cavalieri vittoriosi di cui si ebbe una improvvisa fioritura dal sec. 12°, soprattutto in Aquitania, con la frequente aggiunta della personificazione della Chiesa. La cultura cavalleresca e il riferimento all'epopea carolingia sono probabilmente alla base della predilezione per questo tipo di rappresentazione (Seidel, 1976). Tra i numerosi esempi si segnalano: un capitello del Saint-Lazare di Autun (1120-1140), uno del chiostro di Saint-Trophime ad Arles (1170 ca.) e un terzo del chiostro della cattedrale di Aix-en-Provence (1180 ca.); sono del sec. 12° anche i rilievi monumentali della facciata occidentale del priorato di Saint-Pierre a Parthenay-le-Vieux (Poitou) e delle chiese di Saint-Pierre di Châteauneuf-sur-Charente (Charente) e di Saint-Hilaire a Melle (Poitou); infine allo stesso secolo appartengono un affresco nel battistero di Poitiers e un mosaico pavimentale perduto nella chiesa provenzale di Saint-Maxime a Riez, del 1178 ca. (Lavagne, 1977; 1991).La Vita Constantini di Eusebio, di chiaro intento apologetico, incentivò il culto cristiano dell'imperatore; un esempio precoce nell'arte figurativa è il ciclo commissionato al principio del sec. 6° da Anicia Giuliana per il nartece della basilica costantinopolitana di S. Polieucto (Anthologia Palatina, I, 10, vv. 70-76). La devozione popolare crebbe ulteriormente in seguito alla diffusione di una versione leggendaria della vita dell'imperatore, che, pur prendendo le mosse dall'opera di Eusebio, si sviluppò in modo autonomo prediligendo determinati episodi incentrati sull'immagine della croce. In area bizantina tuttavia risulta rara l'illustrazione della leggenda in forma narrativa; un prezioso esempio è costituito da una miniatura nelle Omelie di Gregorio Nazianzieno, della fine del sec. 9° (Parigi, BN, gr. 510, c. 440r), dove compaiono il Sogno di C., la Visione della croce fiammeggiante nel cielo, la Battaglia contro Massenzio e il Ritrovamento della Vera Croce.L'esistenza di una tradizione figurativa legata alla leggenda di C. prima dell'iconoclastia è attestata anche dalla sua precoce ripresa nelle miniature di testi liturgici prodotti in Occidente sotto l'evidente influsso di esemplari orientali; ne è prova il Libro di preghiere di Wessobrunn (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 22053, c. 2r), prodotto in Baviera non più tardi dell'inizio del 9° secolo. In Oriente accanto alla versione narrativa è testimoniata anche una rappresentazione sintetica e simbolica della leggenda della Vera Croce con i soli C. ed Elena ai lati della stessa, che si diffuse velocemente a partire soprattutto da Costantinopoli, dove le fonti menzionano infatti gruppi statuari sul Milion, sull'arco orientale del foro di C. e nel forum Bovis (Janin, 19642).Il tema si diffuse anche nella numismatica (Bertelé, 1948), nelle icone (S. Caterina sul monte Sinai, icona con C. ed Elena che stringono una croce, sec. 12°), nonché in affreschi e mosaici (affreschi nelle chiese macedoni dei Ss. Anargiri e di S. Stefano a Castoria, rispettivamente dei secc. 10° e 11°; mosaici del nartece di Hosios Lukas nella Focide, inizi del sec. 11°; affreschi nella Santa Trinità di Sopočani in Serbia, 1263-1268), anche se trovò il suo luogo di raffigurazione privilegiato negli oggetti collegati al culto della croce, dai semplici amuleti fino a raffinati prodotti di oreficeria, quali reliquiari, stauroteche, croci processionali, trittici devozionali, come attestano per es. un trittico eburneo della metà del sec. 10° (Parigi, BN, Cab. Méd.), con la coppia imperiale inserita all'interno di una Déesis, una croce da Adrianopoli della seconda metà del sec. 10° (Atene, Benaki Mus.) e una stauroteca della seconda metà del sec. 11° (Brescia, S. Maria Maggiore, tesoro delle Sante Croci), dove perdura l'iconografia di C. ed Elena nel tipico abbigliamento dei sovrani bizantini.C. compare ancora nella rappresentazione del concilio di Nicea (325) miniata in un manoscritto dei Canones Conciliorum della metà del sec. 9° (Vercelli, Bibl. Capitolare, CLXV, c. 2v; Walter, 1968), dove è raffigurato in trono con corona e aureola e con un rotulo nella mano sinistra, mentre ai suoi piedi vengono bruciati i testi ariani.Un'immagine musiva risalente alla seconda metà del sec. 10° nel vestibolo meridionale della Santa Sofia raffigura l'imperatore come fondatore di Costantinopoli nell'atto di offrire alla Vergine un modellino della città insieme a Giustiniano, che offre a sua volta il modellino della chiesa (Lazarev, 1967).La Vita Constantini nella sua redazione originale rimase praticamente sconosciuta alla cultura del Medioevo occidentale, nonostante le precoci traduzioni in latino. La leggenda di C. fu quindi inglobata, mutandone profondamente il significato originario, in quella di s. Silvestro, che sotto la forma di Actus beati Silvestri si trovava già al principio del sec. 6° tra gli apocrifi simmachiani (Lib. Pont., I, pp. CIX-CXX), per poi entrare a far parte dell'agiografia ufficiale come Gesta sancti Silvestri papae e confluire, dopo la metà del Duecento, nella Legenda aurea di Jacopo da Varazze. Nel racconto l'imperatore viene rappresentato come una sorta di novello Erode che ordina una strage di innocenti per immergersi nel loro sangue e così guarire dalla lebbra; a farlo desistere dall'intento gli appaiono però in sogno i ss. Pietro e Paolo che lo invitano a rivolgersi a Silvestro, vescovo di Roma. Raggiunto dai messi imperiali sul monte Soratte, Silvestro si reca presso C. e, a prova della veridicità della sua visione, gli mostra un ritratto dei due apostoli. L'imperatore li riconosce e si affida a Silvestro, che gli impartisce il battesimo nella vasca del battistero Lateranense. Il bagno purificatore assume il valore di rito di passaggio poiché C., una volta guarito, si converte al cristianesimo e da persecutore dei cristiani si appresta a governare in nome della nuova religione. La quasi totale assenza dell'episodio del battesimo nelle raffigurazioni orientali è dovuta alla differente versione fornita da Eusebio (Vita Const., IV, 61-64), secondo cui l'imperatore venne battezzato da un vescovo ariano poco prima di morire.Evidenti appaiono i caratteri prettamente romani della leggenda di s. Silvestro che, senza alcun fondamento storico, attribuiva al vescovo di Roma il ruolo decisivo nella conversione di C., inserendo inoltre nella narrazione i ss. Pietro e Paolo come riferimento d'obbligo alle origini apostoliche del papato. Il concetto della supremazia sull'impero è presente implicitamente nel racconto, ma non per questo tutte le figurazioni con le quali venne illustrata la leggenda vanno lette unicamente in chiave anti-imperiale. Lo dimostra l'architrave con Storie di C. e Silvestro proveniente dalla chiesa pisana dedicata al santo (Pisa, Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo), risalente alla fine del sec. 12°, dove sembra si voglia richiamare piuttosto l'attenzione del fedele sulla dialettica paganesimo-cristianesimo in funzione antieretica e a sostegno dell'ortodossia (Milione, 1993).Un caso non ancora risolto di presunta pittura 'politica' è costituito dai quattro episodi della leggenda di Silvestro (C. che ordina la strage; Battesimo di C.; Disputa di Silvestro con i rabbini; Miracolo del drago) nell'omonima chiesa di Tivoli, generalmente interpretati dalla critica (Matthiae, 1965-1966, II; Boskovits, 1979; Lanz, 1983) a seconda delle diverse datazioni proposte, dall'inizio del sec. 12° fino ai primi anni del 13°, in funzione di eventi politici contemporanei, come la permanenza a Tivoli dell'antipapa Silvestro IV (1105-1111), la restituzione della città al pontefice da parte di Federico I Barbarossa (1155), le dottrine teocratiche di Innocenzo III (1198-1216). Anche in questo caso, come a Pisa, è comunque da prendere in considerazione l'ipotesi di un semplice omaggio al santo eponimo della chiesa (Aggiornamento, 1988), così come furono un omaggio al pontefice le scene con Silvestro e C. affrescate da Maso di Banco su commissione dei Bardi, banchieri del papa, nella cappella di famiglia nel coro di Santa Croce a Firenze (Antal, 1947).Nel Medioevo occidentale C. venne dunque raffigurato principalmente all'interno di due diversi contesti narrativi, quello della leggenda di s. Silvestro e quello della leggenda dell'invenzione della Vera Croce; in quest'ultima, l'essere presentato come sovrano-guerriero ed evangelizzatore, unitamente all'ambientazione del racconto in Terra Santa, non poteva che riscuotere un notevole successo in un momento in cui si andava formando in Europa un'ideologia crociata e sempre più frequenti erano i viaggi dei pellegrini alla volta dell'Oriente in cerca di reliquie.La curiosità dell'Occidente nei confronti degli oggetti devozionali bizantini e la conseguente contaminazione iconografica tra le due diverse culture trovano una suggestiva esemplificazione nel Trittico di Stavelot (New York, Pierp. Morgan Lib.), un reliquiario della Vera Croce di produzione mosana databile tra il 1156 e il 1158. Nel pannello centrale sono inseriti altri due trittici più piccoli di fattura bizantina, entrambi con le tradizionali figure di C. ed Elena ai lati della croce, mentre nei pannelli laterali il tema viene svolto in forma narrativa in sei tondi in smalto. Il racconto segue il normale svolgimento della leggenda, ma in alcuni particolari iconografici rivela la sua origine occidentale: il Sogno di C. con l'angelo che indica la croce e preannuncia la vittoria - versione preferita in Occidente rispetto alla Visione della croce fiammeggiante - e il Battesimo di C. che segue la Battaglia di ponte Milvio. Di non facile interpretazione è l'assenza della corona sul capo di C., dato anche il delicato contesto politico in cui si inserisce il probabile committente del trittico, l'abate Vibaldo, fedele tanto alla Chiesa di Roma quanto all'autorità di Federico I Barbarossa. Peraltro la corona non sempre evocava automaticamente un intento legittimante nei confronti dell'imperatore; si conoscono infatti alcuni esempi in cui Silvestro nell'atto di battezzare pone una mano sul capo coronato di C. in un gesto ambiguo che, se non proprio di incoronazione, sottintende l'imprescindibile ruolo avuto dal papa, che nel benedire la corona riconosce ufficialmente l'autorità imperiale (Sacramentario di Varmondo, Ivrea, Bibl. Capitolare, 86, c. 23v, inizi del sec. 11°; Stoccarda, Württembergische Landesbibl., 57, c. 167v, ca. 1130, Torino, Bibl. Naz., I.II.17, c. 26r, inizi del sec. 14°).Ancora nell'ambito del continuo scambio tra le due diverse tradizioni iconografiche va inserito il caso di un manufatto di produzione bizantina, ovvero la croce processionale detta di Michele Cerulario, patriarca di Costantinopoli, del 1057-1058 (Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.), che per ragioni ideologiche prese a prestito dall'Occidente un motivo iconografico (Jenkins, Kitzinger, 1967). Essa presenta infatti, nel frammento dell'estremità superiore, Silvestro che mostra a C., in atteggiamento deferente, il ritratto dei due principi degli apostoli. L'uso della figura di C. in funzione legittimante di un determinato ordine politico e religioso costituisce un tema indissolubilmente legato alla secolare disputa ideologica e politica tra il papato e l'impero che interessò principalmente la storia del Medioevo occidentale e che trovò i suoi presupposti all'alba dell'età carolingia. È in questo clima che venne redatto in ambiente pontificio il Constitutum Constantini (Gaudenzi, 1919), un falso documento che si voleva far risalire all'età costantiniana e che sviluppava il racconto della leggenda di s. Silvestro facendo seguire al battesimo la cessione di C. a favore del vescovo di Roma di ogni diritto a regnare sui territori dell'Occidente cristiano.Il mosaico dell'abside del triclinio Lateranense (fine sec. 8°) è il primo testo figurativo in cui C. compare in funzione 'politica'; pur non illustrando direttamente il testo del Constitutum, esso accenna con una sottile argomentazione per immagini a quelli che in seguito sarebbero stati i temi di fondo delle pretese temporali del papato. Il mosaico attuale è frutto di rifacimenti dei secc. 17° e 18°, ma la fedeltà iconografica all'originale è provata con buona approssimazione da varie riproduzioni grafiche eseguite anteriormente ai lavori di ristrutturazione, nonché dalla coerenza dell'immagine costantiniana con le concezioni teologiche e politiche informanti l'intero programma decorativo. Al centro del catino compare la Missio apostolorum, nel pennacchio sinistro Cristo in trono consegna a Pietro (o Silvestro) le chiavi del regno e a C. il vessillo, mentre nel pennacchio destro è Pietro che porge a Leone III il pallio e a Carlo Magno di nuovo il vessillo (Iacobini, 1989). L'identificazione tra C. e Carlo Magno presente nel mosaico allude però contemporaneamente anche al ruolo di archetipo assunto da C. nell'ideologia imperiale con un valore altamente simbolico e legittimante e che presupponeva una diversa interpretazione del Constitutum Constantini e dei rapporti tra i due poteri.Da Carlo Magno a Ottone I e a Federico Barbarossa, gli imperatori germanici si presentarono come 'novelli Costantini', ma nonostante l'esistenza di testimonianze letterarie e documentarie, assai rari sono i riscontri iconografici. Non resta traccia per es. del ciclo di affreschi che Ermoldo Nigello nel Carmen elegiacum ricorda nel palazzo imperiale di Ingelheim, dove C. sarebbe comparso in una teoria di personaggi storici conclusa da Carlo Magno. Successivamente il parallelo tra C. e Carlo Magno avrebbe assunto forma narrativa nella raffigurazione della crociata leggendaria dell'imperatore franco a Gerusalemme, sottolineando la continuità dinastica e nel contempo la trasmissione del ruolo di difensori della cristianità di cui si sentirono investite le grandi famiglie reali nel corso del Medioevo, come dimostrano gli episodi con Storie di Carlo Magno inseriti nella vetrata del coro della cattedrale di Chartres, del primo quarto del sec. 13°: Carlo Magno riceve i messi di C.; C. appare in sogno a Carlo Magno; Battaglia contro gli infedeli; C. accoglie Carlo Magno alle porte di Costantinopoli di ritorno da Gerusalemme; C. dona a Carlo Magno tre reliquiari che il sovrano franco porta con sé ad Aquisgrana (Maines, 1977). Un documento figurativo esemplare della manipolazione politica dell'iconografia costantiniana da parte imperiale è presente su un bacile in argento del 1155 ca. (Berlino, Staatl. Mus., Kunstgewerbemus.; Schmidt, 1933), in cui nella scena di battesimo avviene la sostituzione di C. con Federico Barbarossa.Il testo del Constitutum Constantini trovò solo agli inizi del sec. 13° la sua prima trasposizione nel linguaggio figurativo in un mosaico posto sull'architrave del portico della basilica lateranense (Aggiornamento, 1988). Accanto al Battesimo di C. sono raffigurati Silvestro in trono e l'imperatore in piedi che mostrano, tenendolo ognuno con una mano, il testo della donazione, presentata alla stregua di un contratto stipulato in accordo tra le due parti; la realtà storica veniva così decisamente contraddetta, poiché è noto come proprio in quel periodo il partito imperiale andasse affermando violentemente la falsità del testo. In una miniatura della metà del sec. 12° delle Decretali dello pseudo-Isidoro (Bruxelles, Bibl. Royale, II.2532, c. 3r) si ritrova il medesimo soggetto, ma i due personaggi sono in posizione invertita: C. in trono con corona e scettro concede a Silvestro in piedi con mitra e pastorale il testo della donazione.Soltanto nel 1246, all'apice del conflitto tra il pontefice Innocenzo IV e Federico II, deposto e scomunicato un anno prima nel concilio di Lione, si espresse in maniera inequivocabile la concezione teocratica del papato. Ciò avvenne in un testo figurativo commissionato dal vicario papale a Roma, nella cappella di S. Silvestro del monastero romano dei Ss. Quattro Coronati. La particolarità del ciclo consiste nell'aver aggiunto ai tradizionali episodi della leggenda del santo due scene illustranti alla lettera passi del Constitutum (8, vv. 115-116; 16): la cessione delle insegne imperiali (tiara, phrigium, cavallo) a Silvestro e la sottomissione feudale dell'imperatore, rappresentata da C. a piedi che tiene le briglie del cavallo del pontefice, il c.d. ufficium stratoris, percepito nel Medioevo come un atto di vero e proprio vassallaggio (Mitchell, 1980).A distanza di quasi un secolo il Constitutum improntava la scelta e lo svolgersi di alcuni episodi della storia di s. Silvestro dipinti sul retro degli stalli lignei del duomo di Colonia, databili tra il 1332 e il 1349 (Quednau, 1980). La dedicazione a s. Pietro e alla Vergine e la presenza di reliquie di s. Silvestro nello stesso duomo costituiscono indizi del legame con Roma e il papato e possono quindi spiegare la scelta iconografica adottata. In particolare è da osservare che nel Battesimo C. indossa la tiara, mentre Silvestro la mitra vescovile e ha il pastorale; nella scena seguente della Donazione, C. pone la stessa tiara sul capo di Silvestro seduto sulla sella curulis e con in mano la ferula, anch'esse attributi regali rappresentanti l'imperium del pontefice, nella cui persona si riuniscono il potere spirituale e quello temporale fino ad allora detenuti dall'imperatore.Al principio del Duecento, nella vetrata con Storie di s. Silvestro nel coro della cattedrale di Chartres, il racconto si svolge in maniera ancora diversa, rivelando che la fonte potrebbe essere individuata in alcuni lezionari anticamente conservati nella biblioteca della stessa primaziale (Delaporte, Houvet, 1927, I, p. 273 n. 3). In una scena C. è raffigurato con in mano una pala, mentre dà inizio alla costruzione della basilica vaticana; segue un'immagine di Silvestro e dell'imperatore su un carro trionfale diretti alla volta del palazzo imperiale; evidente appare la volontà di ricomporre il dissidio ancora in atto tra i due poteri, in un'immagine di concordia e pacificazione.Un ulteriore ambito di raffigurazione di C. è quello dei cicli con Storie dei ss. Pietro e Paolo (Hueck, 1969-1970), dove tra i vari episodi compaiono il Sogno di C., Silvestro che mostra i ritratti degli apostoli all'imperatore e nuovamente C. all'edificazione della basilica di S. Pietro. L'unico esempio ancora esistente è quello degli affreschi in San Piero a Grado presso Pisa, degli inizi del Trecento, che tuttavia sembrano ricalcare un modello più antico da identificare con ogni probabilità nel ciclo apostolico, databile tra il 1260 e il 1280, del portico della basilica vaticana (Tomei, 1989), del quale non è sopravvissuto che un frammento staccato con le teste dei due apostoli (Roma, S. Pietro in Vaticano, Reverenda Fabbrica) attribuito, anche sulla base di copie seicentesche, alla scena del sogno.
Bibl.:
Fonti. - Eusebio di Cesarea, De vita Constantini imperatoris libri quatuor, in PG, XX, coll. 909-1232; Anthologia Palatina, a cura di F.M. Pontani, I, Torino 1978, pp. 14-15; Das Constitutum Constantini, a cura di H. Fuhrmann, in MGH. Font. iur. Germ., X, 1968, pp. 73, 91-92; Ermoldo Nigello, Carmen elegiacum de rebus gestis Ludovici Pii ab anno 781 usque ad annum 826, in PL, CV, coll. 551-640: 625; Giorgio Cedreno, Historiarum compendium, in PG, CXXI, col. 614; Gesta sancti Silvestri papae, in Bonino Mombrizio, Sanctuarium seu Vitae Sanctorum, a cura di H. Quentin, A. Brunet, Paris 1910, II, pp. 508-531; Jacopo da Varazze, Legenda aurea, a cura di T. Graesse, Dresden-Leipzig 1849 (rist. anast. Osnabrück 1965), pp. 70-79.
Letteratura critica. - F. Hermanin, La leggenda di Costantino imperatore nella chiesa di S. Silvestro a Tivoli, Nuovo Bullettino di archeologia cristiana 19, 1913, pp. 181-203; A. Gaudenzi, Il Costituto di Costantino, BISI 39, 1919, pp. 9-112; W. Levison, Konstantinische Schenkung und Silvesterlegende, in Scritti di storia e paleografia. Miscellanea Francesco Ehrle (Studi e testi, 38), Roma 1924, II, pp. 159-247; Y. Delaporte, E. Houvet, Les vitraux de la cathédrale de Chartres. Histoire et description, 4 voll., Paris 1927; A. Goldschmidt, K. Weitzmann, Die byzantinischen Elfenbeinskulpturen des X. -XIII. Jahrhunderts, 2 voll., Berlin 1930-1934; R. Schmidt, Die Taufschale Kaiser Friedrich Barbarossas, JPreussKS 54, 1933, pp. 189-198; A. Grabar, L'empereur dans l'art byzantin. Recherches sur l'art officiel de l'Empire d'Orient (Publications de la Faculté des lettres de l'Université de Strasbourg, 75), Paris 1936; T. Whittemore, The Mosaics of St. Sophia at Istanbul, II, The Mosaics of the Southern Vestibule, Paris 1936; F. Antal, Florentine Painting and its Social Background, London 1947 (trad. it. La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale nel Trecento e nel primo Quattrocento, Torino 1960), p. 170; T. Bertelé, Costantino il Grande e S. Elena su alcune monete bizantine, Numismatica 14, 1948, pp. 91-106; s.v. Constantin, in Réau, III, 1, 1958, pp. 341-344; R. Crozet, Nouvelles remarques sur les cavaliers sculptés ou peints dans les églises romanes, CahCM 1, 1958, pp. 27-36; A. Amore, E. Croce, M.V. Brandi, s.v. Costantino, in Bibl.SS, IV, 1964, coll. 237-249; R. Janin, Constantinople byzantine. Développement urbain et répertoire topographique (Archives de l'Orient chrétien, 4A), Paris 19642 (1950); E.H. Kantorowicz, Constantinus Strator. Marginalien zum Constitutum Constantini, in Mullus. Festschrift Theodor Klauser (JAC Ergänzungsband, 1), Münster 1964, pp. 181-189; S. Waetzoldt, Die Kopien des 17. Jahrhunderts nach Mosaiken und Wandmalereien in Rom, Wien 1964; A. Frolow, Les reliquaires de la Vraie Croix (Archives de l'Orient chrétien, 8), Paris 1965; G. Matthiae, Pittura romana del Medioevo, 2 voll., Roma 1965-1966; V. Lazarev, Storia della pittura bizantina, Torino 1967; J.A. Straubb, Constantine as ΚΟΙΝΟΣ ΕΠΙΣΚΟΠΟΣ : Tradition and Innovation in the Representation of the First Christian Emperor's Majesty, DOP 21, 1967, pp. 37-55; R.H. Jenkins, E. Kitzinger, A Cross of the Patriarch Michael Cerularios, ivi, pp. 235-240; E. Kitzinger, The Cross of Cerularius: an Art-Historical Comment, ivi, pp. 243-249; C. Walter, Les dessins carolingiens dans un manuscrit de Verceil, CahA 18, 1968, pp. 99-107; I. Hueck, Der Maler der Apostelszenen im Atrium von Alt-St. Peter, MKIF 14, 1969-1970, pp. 115-144; C. Daras, Les représentations équestres de Constantin en Aquitaine, Archeologia, 1970, 32, pp. 18-23; J. Traeger, s.v. Konstantin, in LCI, II, 1970, coll. 546-551; A. Walter, Papal Political Imagery in the Medieval Lateran Palace, CahA 20, 1970, pp. 155-176; 21, 1971, pp. 109-136; R. Deshman, Otto III and the Warmund Sacramentary. A Study in Political Theology, ZKg 34, 1971, pp. 1-20; D. Kötzsche, Taufschale Kaiser Friedrich Barbarossas, in Rhein und Maas. Kunst und Kultur 800-1400, cat. (Köln-Bruxelles 1972), I, Köln 1972, p. 267; G. Dagron, Naissance d'une capitale. Constantinople et ses institutions de 330 à 451 (Bibliothèque byzantine. Etudes, 7), Paris 1974; A. Linder, The Myth of Constantine the Great in the West: Sources and Hagiographic Commemoration, SM, s. III, 16, 1975, pp. 43-95; L. Seidel, Constantine 'and' Charlemagne, Gesta 15, 1976, 1-2, pp. 237-239; R. Cormack, J.W. Hawkins, The Mosaics of St. Sophia at Istanbul: the Rooms above the Southern Vestibule and Ramp, DOP 31, 1977, pp. 175-251; H. Lavagne, Triomphe et baptême de Constantin. Recherche iconographique à propos d'une mosaïque médiévale de Riez, Journal des savants, 1977, pp. 164-190; C. Maines, The Charlemagne Window at Chartres Cathedral: New Considerations on Text and Image, Speculum 52, 1977, pp. 801-823; M. Boskovits, Gli affreschi del Duomo di Anagni: un capitolo di pittura romana, Paragone 30, 1979, 357, pp. 3-41; L. Buras, The Cross of Adrianople. A Silver Processional Cross of the Middle Byzantine Period, Athinai 1979; J. Mitchell, St. Silvester and Constantine at the Ss. Quattro Coronati, in Federico II e l'arte del Duecento italiano, "Atti della III Settimana di studi di storia dell'arte medievale dell'Università di Roma, Roma 1978", a cura di A.M. Romanini, Galatina 1980, II, pp. 15-32; R. Quednau, Zum Programm der Chorschrankenmalereien im Kölner Dom, ZKg 43, 1980, pp. 244-279; The Stavelot Triptych. Mosan Art and the Legend of the True Cross, cat., New York 1980; R. Krautheimer, Three Christian Capitals. Topography and Politics, Berkeley-Los Angeles-London 1983 (trad. it. Tre capitali cristiane. Topografia e politica, Torino 1987); H. Lanz, Die romanischen Wandmalereien von San Silvestro in Tivoli. Ein römisches Apsisprogramm der Zeit Innozenz III., Bern-Frankfurt a. M. -New York 1983; C. Frugoni, L'antichità: dai ''mirabilia'' alla propaganda politica, in Memoria dell'antico nell'arte italiana, a cura di S. Settis, I, L'uso dei classici (Biblioteca di storia dell'arte, n.s., 1), Torino 1984, pp. 5-72; M. Greenhalgh, Iconografia antica e sue trasformazioni durante il Medioevo, ivi, II, I generi e i temi ritrovati (Biblioteca di storia dell'arte, n.s., 2), Torino 1985, pp. 155-197; Aggiornamento scientifico dell'opera di G. Matthiae. Pittura romana del Medioevo, II, a cura di F. Gandolfo, Roma 1988; A. Tomei, Le immagini di Pietro e Paolo dal ciclo apostolico del portico vaticano, in Fragmenta Picta. Affreschi e mosaici staccati del Medioevo romano, cat., Roma 1989, pp. 141-146; A. Iacobini, Il mosaico del Triclinio Lateranense, ivi, pp. 189-196; K. Wessel, s.v. Konstantin u. Helena, in RbK, IV, 1990, coll. 357-366; H. Lavagne, Le triomphe de Constantin. Documents inédits sur la mosaïque médiévale de Riez (Alpes-de-Haute-Provence), CahA 39, 1991, pp. 51-62; A. Milione, Architrave con storie di Costantino e papa Silvestro, in I marmi di Lasinio. La collezione di sculture medievali e moderne nel Camposanto di Pisa, cat., Firenze 1993, pp. 169-172.S. Manacorda