LAZZARI, Costantino
Nacque a Cremona il 1° genn. 1857 da Luigi, insegnante di scuola secondaria, e da Anna Grandi, di lontane origini nobiliari. Allevato dai nonni materni, si trasferì con essi a Milano, dove frequentò la scuola tecnica, quindi una scuola serale di lingue, nella quale apprese il francese e un po' d'inglese e di tedesco, e poi per circa tre anni l'Accademia di Brera. Assunto come garzone di magazzino presso la ditta De Giorgi, vi fece una rapida carriera, che si interruppe nel dicembre 1882, quando subì un arresto, peraltro privo di conseguenze penali, per aver partecipato a Milano a una manifestazione di protesta per l'impiccagione di G. Oberdan.
A quell'epoca egli faceva parte del Circolo operaio milanese, un sodalizio con finalità ricreative e culturali sorto per iniziativa del democratico Consolato operaio, ma approdato ben presto, sotto la guida di figure quali E. Bignami e O. Gnocchi Viani, su posizioni socialiste. Ancora con idee politiche confuse, formatesi con la lettura specialmente di autori francesi e russi che trattavano della questione sociale, nell'estate 1882, proprio per orientarsi nell'indirizzo da seguire, il L. effettuò un viaggio avventuroso con un mezzo ancora pionieristico: attraversò le Alpi con un velocipede e rese visita sul lago di Ginevra a É. Reclus, illustre geografo di orientamento anarchico, che aveva ingaggiato una dura polemica con A. Costa.
Convintosi della necessità di dar vita a un'organizzazione operaia autonoma che prendesse le distanze dalle correnti democratico-radicali lombarde, nel luglio 1883 il L. fu tra i fondatori del periodico Il Fascio operaio, che si stampò a Milano in una piccola tipografia di sua proprietà fino al 1890. Attivo organizzatore della Lega dei figli del lavoro, difese le sue tesi nei congressi annuali della Confederazione operaia lombarda, nel quinto dei quali (1885), fece approvare un documento a favore degli scioperi e della legittimità della resistenza, contro ogni ipotesi di dare disciplina legislativa all'arbitrato nei conflitti fra capitale e lavoro. Fu il preludio alla costituzione del Partito operaio italiano (POI), avvenuta sulla base del criterio distintivo della lotta di classe, nell'aprile-maggio 1885. Membro del comitato centrale del partito, fu tra i fautori della sua fusione con la Confederazione operaia lombarda, decretata dal secondo congresso di Mantova del dicembre 1885, e della scelta di impegnarsi nella vita pubblica partecipando alle elezioni politiche. Egli stesso si presentò candidato alle elezioni del 1886 nei collegi di Cremona, Alessandria e Casale, dove risultò sconfitto, pur riportando complessivamente oltre 5600 voti di preferenza. Sempre nel 1886, in conseguenza del decreto prefettizio di scioglimento del POI, il L. fu arrestato insieme con gli altri dirigenti del partito e condannato a tre mesi di prigione.
Risale a questi anni la sua amicizia con A. Bertani, che lo ebbe come collaboratore nell'inchiesta per l'igiene rurale, e con Anna Maria Mozzoni, della quale pubblicò nel 1885 un opuscolo per l'emancipazione della donna. Nel settembre 1887 il L. partecipò al congresso di Pavia che segnò la ripresa delle attività del Partito operaio e il suo rinnovato impegno a estendere la lotta di classe anche nell'ambito politico e morale, oltre che in quello economico. Questo congresso pose fine all'esclusivismo operaista, ammettendo l'iscrizione al partito anche di lavoratori indipendenti e non manuali, e approvò il rapporto per il congresso di Buffalo del Partito socialista operaio americano, redatto dal L., con il quale il nucleo italiano si poneva per la prima volta in contatto con le correnti internazionali del socialismo.
Il quarto congresso del POI, tenutosi nel settembre 1888 a Bologna, sancì l'approvazione del programma comunale, che il partito adottò per partecipare alle successive elezioni amministrative, in parte stilato anche dal Lazzari. Egli fu inoltre delegato a rappresentare il partito al congresso internazionale delle trade unions di Londra del novembre successivo, dove conobbe F. Engels. Dopo un nuovo arresto, avvenuto nel maggio 1889 mentre con altri dirigenti del partito stava organizzando iniziative di solidarietà con i contadini in sciopero, fu tra i protagonisti del congresso del POI del novembre 1890, che stabilì, su sua proposta, "la necessità di organizzare il partito sulla base unica della resistenza" e di escludere pertanto le società di mutuo soccorso. Fautore della costituzione delle Camere del lavoro, nel 1891 fu tra i fondatori di quella di Milano, nella quale entrò come rappresentante della categoria degli impiegati privati.
Nel 1889 fu artefice insieme con F. Turati della nascita della Lega socialista milanese e condivise con lui la costruzione del Partito dei lavoratori italiani, che conobbe una tappa significativa nel congresso operaio di Milano dell'agosto 1891.
Qui il L. svolse una lunga relazione sul militarismo, stigmatizzato come "la applicazione della forza e della violenza alla difesa e alla conservazione delle classi e delle istituzioni privilegiate": un'idea, questa, che rimase una costante del suo pensiero e della sua azione politica. Il partito fu poi costituito con il congresso di Genova dell'agosto 1892 e il L., dopo qualche iniziale opposizione alla linea turatiana, dichiarò di "accettare intero e francamente il programma votato".
Nel 1893 partecipò al secondo congresso del partito, a Reggio Emilia, e divenne amministratore del giornale La Lotta di classe, incarico che dovette abbandonare nel 1896 perché ritenuto responsabile di un ammanco di 500 lire. Nel 1894 presentò la propria candidatura a deputato nel collegio di Porto Maurizio, ove risultò sconfitto, e svolse un'intensa attività in favore del movimento dei Fasci siciliani, promuovendo fra l'altro la nascita a Milano della Lega per la libertà. Tutto ciò gli costò l'arresto e una duplice condanna a tre mesi di reclusione e a cinque mesi di confino a Borgo Taro. Prima di scontare la pena poté partecipare al congresso di Parma del 1895, dove, a nome del comitato centrale, presentò la proposta di introdurre il sistema delle adesioni individuali al partito, che assunse contestualmente la nuova denominazione di Partito socialista italiano (PSI).
Rientrato dal confino, partecipò al congresso nazionale del PSI di Firenze del luglio 1896 e lavorò per qualche tempo come segretario della costituenda Camera del lavoro di Monza. Quindi trovò un impiego come commesso viaggiatore presso la ditta Besana (conservato fino al 1912) che gli consentì di percorrere l'Italia centrosettentrionale, svolgendovi attività di propaganda e intrecciando relazioni con numerosi esponenti socialisti. Arrestato di nuovo nell'aprile 1898 mentre si trovava a Camerino, fu ritenuto istigatore delle agitazioni popolari di Milano del maggio seguente e condannato a un anno di detenzione, che scontò nel penitenziario di Finalborgo. Quando ne uscì, sostenne, pur con qualche remora, l'alleanza con i partiti democratici affini alle elezioni amministrative di Milano del 1899 e nelle elezioni politiche del 1900 si candidò nei collegi di Voghera e Varallo Sesia. Sconfitto, si dimise dalla commissione esecutiva della federazione socialista milanese in polemica con Turati, da cui cominciò a distinguersi nettamente, approdando a una concezione del socialismo che ripudiava sia le lentezze del gradualismo riformista e il connesso pericolo del ministerialismo, sia "i colpi di testa del rivoluzionarismo empirico". Il L. espresse queste posizioni in un opuscolo pubblicato alla vigilia del congresso di Imola del 1902, all'indomani del quale si avvicinò ad Arturo Labriola, collaborando al giornale Avanguardia socialista, da lui diretto e divenendone amministratore nel dicembre 1903.
Nel settembre 1904 si pronunciò insieme con Labriola per la continuazione dello sciopero generale fino alle dimissioni del governo e nelle elezioni politiche di quell'anno, candidato in più collegi, riportò l'ennesima sconfitta. A essa seguirono analoghe delusioni nelle elezioni suppletive del 1906 e in quelle del 1909. In questi anni la sua linea non cambiò e il L. andò sempre più affermandosi sul piano nazionale come punto di riferimento della corrente rivoluzionaria intransigente del partito, che si costituì formalmente in frazione autonoma nel 1910 in previsione del congresso di Milano.
Membro del Segretariato nazionale della resistenza nel marzo 1906, corrispondente da Milano dell'Avanti! dal novembre 1906 all'agosto 1907, fondatore insieme con F. Corridoni del Circolo anticlericale G. Bruno di Milano nel giugno 1907, egli espresse compiutamente le sue posizioni nel giornale La Soffitta, che si pubblicò a Roma dal maggio 1911 al luglio 1912 e del quale fu direttore con G. Lerda. Fortemente avverso alla guerra di Libia in nome di un convinto antimilitarismo, fece di questo tema lo strumento per la definitiva resa dei conti con l'ala riformista del PSI, che si consumò al congresso nazionale di Reggio Emilia del 1912. La nuova direzione, passata in mano al gruppo intransigente, lo nominò segretario del partito, carica che il L. ricoprì fino al 1919, assumendo in prima persona l'onere delle scelte più significative del partito. Così, fu lo stesso L. nel 1912 a indicare Mussolini come direttore dell'Avanti! e poi, nel novembre 1914, a stendere l'atto d'accusa contro il futuro duce e a decretarne l'espulsione dal partito.
Oggetto della discordia fu la conversione interventista di Mussolini, cui il L. e il PSI contrapposero il rigido rifiuto alla partecipazione alla guerra appena scoppiata. Nell'ottobre avocò a sé anche la direzione dell'Avanti!, affiancato da G. Bacci e G.M. Serrati. Sua fu la formula "né aderire, né sabotare", coniata nel maggio 1915 al momento dell'ingresso in guerra dell'Italia, nella quale si compendiò l'atteggiamento della parte maggioritaria del partito durante il primo conflitto mondiale. Partecipò alle conferenze internazionali che i partiti socialisti ostili alla guerra tennero nel settembre 1915 a Zimmerwald e nell'aprile 1916 a Kienthal, dove tentarono con scarso successo di ritrovare la perduta unità d'azione. Per l'unità del PSI il L. si batté anche in Italia, pronunciandosi sia contro l'insurrezionalismo dell'ala massimalista, sia contro le suggestioni patriottiche dei riformisti. Arrestato con l'accusa di "disfattismo", trascorse in carcere il periodo dal febbraio al novembre 1918.
Eletto finalmente deputato nel 1919 nei collegi di Milano e Cremona, fu confermato nelle elezioni del 1921 e del 1924; nel 1920 fu eletto consigliere comunale di Roma. Nel dopoguerra restò sostanzialmente fedele ai suoi convincimenti politici. Le sue posizioni si identificarono di fatto con quelle dei massimalisti: attesa messianica della rivoluzione, ma dubbi e cautele sul ricorso alla violenza come metodo di lotta; adesione alla III Internazionale, per caldeggiare la quale si recò a Mosca nel giugno 1921 ed ebbe alcuni incontri con Lenin, ma rifiutò di sacrificare a essa l'identità socialista e di arrivare a una fusione col Partito comunista d'Italia (PCdI); distacco dai riformisti, della cui espulsione dal partito nel 1922 si mostrò deciso assertore, e definitiva scelta di restare nel Partito socialista nel 1924, quando i "terzini" confluirono nel PCdI.
Fatto oggetto di ripetute violenze e aggressioni da parte dei fascisti, ai primi di luglio del 1927 subì un tentativo di reclutamento da parte della polizia politica, ma il "cedimento del vecchio socialista fu di breve durata perché già a metà luglio scriveva una lettera [...] con la quale in definitiva si sottraeva all'incarico" (M. Canali, Le spie del regime, Bologna 2004, p. 155).
Il L. morì a Roma il 29 dic. 1927.
Opere. Il L. fu autore di numerosi opuscoli, fra i quali: Il Partito operaio italiano. Suo programma e sua organizzazione, Alessandria 1886; Necessità sociale ed economica di un partito operaio, Milano 1888; Che cos'è il socialismo, Genova 1896; Ai socialisti di Milano, Milano 1900; Politica di sangue o politica di classe?, ibid. 1901; La necessità della politica socialista in Italia, ibid. 1902; I principi e i metodi del Partito socialista italiano, Milano 1911; Il candidato socialista agli elettori, ibid. 1913; La risposta al discorso della Corona: i misteri della politica dinastica, Roma 1919; I proletari socialisti nella politica parlamentare, ibid. 1922; Il socialismo calunniato, Milano 1923; Come G. Matteotti venne al socialismo, ibid. 1925; Il mio ultimo colloquio con N. Lenin, 2ª ed., ibid. 1925.
Fonti e Bibl.: Filippo Turati e i corrispondenti italiani, I, 1876-1892, a cura di M. Punzo, Manduria-Bari-Roma 2002, pp. 353, 356 s., 374, 380, 411, 422 s., 440, 444, 449, 500, 519. Il nome del L. compare quasi in ogni opera sulla storia del movimento socialista nell'Italia liberale: un elenco di quelle principali apparse fino alla metà degli anni Settanta del ventesimo secolo si trova nell'ottima voce di M. Nejrotti in Il movimento operaio italiano. Diz. biografico, 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, III, Roma 1977, pp. 71-83. In tale voce, tuttavia, non è menzionata l'opera di R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920, Torino 1965, ad indicem. Fra i numerosissimi lavori apparsi dopo la voce di Nejrotti, oltre a I. Granata, Il socialismo italiano nella storiografia del secondo dopoguerra, Roma-Bari 1980, pp. 25, 54, 85, 95, 97, 100 s., si segnalano: S. Caretti, La rivoluzione russa e il socialismo italiano (1917-1921), Pisa 1974, ad ind.; M. Degl'Innocenti, Il socialismo italiano e la guerra di Libia, Roma 1976, pp. 172, 227, 244, 246, 287, 291, 299, 321, 323-327, 330; A. Riosa, Il sindacalismo rivoluzionario in Italia e la lotta politica nel Partito socialista dell'età giolittiana, Bari 1976, ad ind.; B. Vigezzi, Giolitti e Turati. Un incontro mancato, Milano-Napoli 1976, ad ind.; M. Punzo, Socialisti e radicali a Milano (1899-1904). Cinque anni di amministrazione democratica, Firenze 1979, ad ind.; B. Vigezzi, Il PSI, le riforme e la rivoluzione (1898-1915), Firenze 1981, pp. 65, 121, 123 s., 128, 130, 138, 141, 186; M. Degl'Innocenti, Geografia e istituzioni del socialismo italiano, 1892-1914, Napoli 1983, pp. 11, 21, 23, 80, 236-239; M.G. Meriggi, Il partito operaio italiano. Attività rivendicativa, formazione e cultura dei militanti in Lombardia (1880-1890), Milano 1985, ad ind.; G. Oliva, Esercito, paese e movimento operaio. L'antimilitarismo dal 1861 all'età giolittiana, Milano 1986, pp. 123, 223-225, 245; R. Monteleone, F. Turati, Torino 1987, ad ind.; G. Angelini, Il socialismo del lavoro. O. Gnocchi-Viani tra mazzinianesimo e istanze libertarie, Milano 1987, pp. 88, 126, 178, 189, 194, 203, 206 s., 236; A. Casali, C. Treves. Dalla giovinezza torinese alla guerra di Libia, Milano 1989, pp. 43, 156, 167 s., 182 s., 238 s., 299, 321; N. Galassi, Vita di A. Costa, Milano 1989, ad ind.; M. Ridolfi, Il PSI e la nascita del partito di massa, 1892-1922, Roma-Bari 1992, ad ind.; Z. Ciuffoletti, Storia del PSI, I, Le origini e l'età giolittiana, Roma-Bari 1992, ad ind.; L. Briguglio, Turati 1892. Origini e caratteri del PSI, Milano 1992, pp. 14-17, 25, 27, 32 s., 37-39, 41, 50, 61-64, 104, 109-111; R. Zangheri, Storia del socialismo italiano, II, Dalle prime lotte nella Valle Padana ai Fasci siciliani, Torino 1997, ad indicem.