COSTANZA Chiaramonte, regina di Napoli
Nacque attorno al 1377 da Manfredi (III) Chiaramonte, conte di Modica e di Malta, ammiraglio e vicario generale del Regno di Trinacria, e dalla sua seconda moglie, Eufemia Ventimiglia, a sua volta figlia di un altro vicario del Regno siciliano, il conte di Geraci e di Golisano Francesco (II) Ventimiglia.
Nel 1389 C. fu chiesta in sposa dalla regina di Napoli, la reggente Margherita di Durazzo, per il proprio figlio il re Ladislao, anch'egli minore e coetaneo di Costanza. Le trattative matrimoniali furono condotte a Palermo da due ambasciatori inviati da Gaeta, dove si era rifugiata la corte durazzesca dopo l'occupazione angioina di Napoli, il conte di Celano e il giurista Bernardo Guastaferro. Il matrimonio, progettato col favore e l'intervento della Repubblica di Firenze, prometteva di risolversi per i Durazzo sia in un consistente aiuto economico per le loro finanze, sia in un'utile alleanza politica e militare con il ricco e potente vicario siciliano. Da parte chiaramontana esso offriva a sua volta la possibilità di innalzare ulteriormente il prestigio della famiglia con il conseguimento anche della corona regale e di allargare e rafforzare l'ambito delle proprie alleanze in funzione antiaragonese. Inutilmente Luigi II d'Angiò inviò i suoi ambasciatori presso Manfredi Chiaramonte per distoglierlo dalla conclusione del matrimonio.
Svoltesi felicemente le trattative tra il maggio e il settembre 1389, ai primi d'ottobre, accompagnata da Luigi di Capua, da Cecco del Borgo e dal conte di Alife, C. lasciava la Sicilia diretta a Gaeta.
Il padre le aveva assegnato una ricchissima dote (non lontana, probabilmente, dalle dodicimila onze d'oro ricevute l'anno prima dalla sorella Isabella, andata sposa a Nicolò Peralta). Da parte napoletana, date le difficili condizioni economiche dei sovrani, il 10 luglio 1389 aveva prestato garanzia, sebbene inadeguata, l'Università di Gaeta, per quindicimila fiorini d'oro, per il caso di mancata effettuazione o consumazione o di successivo scioglimento del matrimonio. Durante i festeggiamenti che seguirono l'arrivo di C., le galee siciliane che l'avevano accompagnata cercarono di portare aiuto alle forze durazzesche assediate a Napoli in Castelnuovo, con una impresa clamorosa, perché i chiaramontani spezzarono la catena che chiudeva il porto, riportandone alcuni anelli a Gaeta come trofeo di vittoria. Contemporaneamente, alla notizia dell'alleanza con i Chiaramonte e dei soccorsi giunti dalla Sicilia, Castellammare di Stabia si ribellava alla dominazione angioina. Intanto, a Palermo il Chiaramonte preparava l'armamento di una flotta che avrebbe dovuto recare soccorso ai Durazzeschi. Abbiamo anche notizia dell'invio a Gaeta di frumento dalla Sicilia, assieme con preziosi gioielli.
La celebrazione del matrimonio tra C. e Ladislao pare sia avvenuta soltanto il 15 ag. 1390, probabilmente ritardata dalla morte del pontefice Urbano VI e dall'elezione di Bonifacio IX, due avvenimenti che modificavano radicalmente, a suo favore, la posizione del re nei confronti della Sede apostolica. Il nuovo pontefice guardava con particolare favore al rafforzamento dei Durazzo contro gli Angiò, aderenti a Clemente VII, e vedeva quindi con simpatia la loro unione con i Chiaramonte, tanto più che entrambe le famiglie erano sue sostenitrici contro l'antipapa e gli assicuravano l'obbedienza dei rispettivi regni per la parte ad essi soggetta. Al matrimonio, infatti, si volle fare precedere l'incoronazione dei sovrani da parte del legato apostolico, il cardinale Angelo Acciaiuoli (29 maggio 1390).
Lo sbarco in Sicilia (marzo 1392) dell'infante d'Aragona, Martino duca di Montblanc, capovolse però la situazione politica e religiosa della Sicilia stessa e la sua collocazione internazionale. Nonostante la tenace resistenza dei Chiaramonte, l'avvenimento avrebbe segnato il tramonto di ogni fortuna politica ed economica della grande e potente famiglia, di ogni sua ulteriore ambizione, addirittura la sua scomparsa fisica. Alla sorte che colpiva la famiglia non sfuggì nemmeno C., anch'ella travolta dagli avvenimenti siciliani. Difatti nel maggio 1392 re Ladislao, progettando, in appoggio alle ambizioni ungheresi della sua famiglia, un matrimonio con la figlia del sultano turco Bayazet, si recava a Roma per chiedere e ottenere da Bonifacio IX l'annullamento del matrimonio con C., per la minore età dei due contraenti. Contro la regina venne anche addotto a pretesto che la madre, vedova del conte di Modica, avrebbe condotto a Palermo vita disonesta come amante dell'infante Martino. Lo scioglimento del matrimonio fu pronunciato ai primi di luglio del 1392 dal vescovo di Gaeta e dal cardinale Acciaiuoli. Qualche anno dopo, il 16 dic. 1395, re Ladislao dava C. in sposa, con tremila ducati di dote, ad un suo vassallo, Andrea di Capua conte d'Altavilla.
Della sua vita successiva, trascorsa la breve e fugace parentesi regale, e del tempo in cui la colse la morte, non si ha nessun'altra notizia. C. era ormai restituita all'anonimato, dal quale era a malapena uscita, ma del poco o pochissimo che di lei sappiamo, di quell'unico episodio della sua gioventù, la sua tragica vicenda matrimoniale, restò nel popolo un'eco duratura. Era destinata soprattutto a restare celebre la frase che avrebbe pubblicamente e sprezzantemente rivolto al suo secondo marito: poter egli gloriarsi di avere per concubina la stessa moglie del re. Di quella frase attribuitale, che sembra condensare il senso popolare della sua vicenda umana, restava a lungo nei canti popolari della sua terra nativa un'eco sdegnata.
Fonti e Bibl.: I diurnali del duca di Monteleone, in Rerum Ital. Script., 2 ed., XXI, 5, a cura di M. Manfredi, pp. 55, 67; Inventario delle carte di Gaeta pubblicato dal R. Arch. di Stato di Napoli, Napoli 1884, n. XXI, p. 24; Cronicon Siculum, a cura di G. De Blasiis, Napoli 1887, pp. 86 s., 93, 114; A. Inveges, La Cartagine siciliana, Palermo 1651, p. 362; A. Di Costanzo, Historia del Regno di Napoli, Napoli 1710, pp. 255 ss., 265 s., 273; A. Valente, Margherita di Durazzo vicaria di Carlo III e tutrice di re Ladislao, Napoli 1919, pp. 136 ss., 157 ss.; A. Mancarella, Firenze, la Chiesa e l'avvento di Ladislao di Durazzo al trono di Napoli, in Arch. stor. per le prov. napol., XLIV (1920), pp. 156 ss.; B. Croce, Storia del Regno di Napoli, Bari 1966, p. 47; A. Cutolo, Re Ladislao d'Angiò Durazzo, Napoli 1969, pp. 99 s., 110, 124 s., 218; I. La Lumia, I quattro vicari, in Storie sicil., a cura di F. Giunta, II, Palermo 1969, pp. 192 s.; R. Solarino, La contea di Modica, II, Ragusa 1973, pp. 101, 111, 113; S. Fodale, Scisma ecclesiastico e potere regio in Sicilia, I, Il duca di Montblanc e l'episcopato tra Roma e Avignone (1392-1396), Palermo 1979, p. 32.