COSTANZA D'ALTAVILLA
Figlia postuma di re Ruggero II di Sicilia (m. 26 febbraio 1154) e della sua terza moglie Beatrice dei conti di Rethel (Champagne), nacque probabilmente a Palermo nel 1154.
Trascorse l'infanzia alla corte reale di Palermo affidata alla custodia della madre (m. 31 marzo 1185); non possediamo altre notizie sulla sua giovinezza. Le voci relative all'intenzione di dar in moglie C. a un fratello del cancelliere Stefano di Perche, nel 1168, contribuirono di proposito a gettare ulteriore discredito su quest'ultimo; la supposta monacazione di C., resa immortale dai versi danteschi (Paradiso, III, 113-120), è un'invenzione posteriore. È comunque sorprendente che non siano noti progetti nuziali riguardanti C., sebbene la principessa fosse da ritenersi un 'buon partito'.
Il fidanzamento ad Augusta (29 ottobre 1184) con l'erede al trono degli Svevi, Enrico VI, e il matrimonio celebrato a Milano (27 gennaio 1186) consolidavano l'alleanza stretta fra normanni e casa sveva dal 1177 al 1183 e obbedivano agli interessi di entrambe le parti contraenti, malgrado allora non fossero ancora valutabili le conseguenze politiche dell'unio Regni ad Imperium (1194). Tuttavia, era già palese come queste nozze non riscuotessero un consenso unanime a corte: l'arcivescovo di Palermo Gualtiero spiccava tra i suoi convinti sostenitori, mentre sul fronte avverso era schierato il vicecancelliere Matteo di Aiello. Su iniziativa di re Guglielmo II i grandi di Sicilia si impegnarono ancor prima del matrimonio a prestare giuramento in merito all'eventuale successione della principessa e di Enrico. Il giorno delle nozze C. fu incoronata regina da un ignoto vescovo tedesco. Nel 1188 intervenne con esito favorevole in appoggio del conte Baldovino di Hennegau, con cui era imparentata per parte di madre, candidato alla successione nella contea di Namur.
L'elezione del conte Tancredi di Lecce a nuovo re di Sicilia, dopo la morte senza eredi di Guglielmo II (1189), contravvenne al giuramento di Troia e ignorò il diritto di successione di C., il cui marito dopo la doppia incoronazione imperiale (Pasqua 1191) rivendicò, tra l'altro, un antiquum ius imperii. Durante il primo tentativo di conquista da parte di Enrico, naufragato già alle porte di Napoli, l'imperatrice malata, mentre si trovava a Salerno, cadde nelle mani dei seguaci di Tancredi, che la fece rinchiudere nella fortezza di Castel dell'Ovo nel porto di Napoli. La richiesta di rilascio dell'ostaggio, avanzata da papa Celestino III nel quadro delle trattative per il concordato di Gravina, fu disattesa in seguito all'intervento militare dell'abate Roffredo di Montecassino, che a Ceprano sbarrò il passo all'ambasceria e liberò Costanza. Non si hanno notizie del successivo soggiorno in Germania, salvo che C. incontrò re Riccardo Cuor di Leone, prigioniero a Hagenau.
La seconda spedizione di conquista di Enrico VI, nel 1194, fu avviata sotto auspici oltremodo propizi: infatti Tancredi era morto all'inizio dell'anno, poco dopo la scomparsa del figlio primogenito, lasciando un erede al trono ancora minorenne, Guglielmo III, in nome del quale la madre deteneva temporaneamente la reggenza. Di conseguenza la conquista, grazie all'appoggio di genovesi e pisani, si dimostrò agevole e già alla fine di novembre Enrico fece il suo ingresso a Palermo. Il giorno di Natale fu incoronato re di Sicilia; il 26 dicembre, C. diede alla luce a Iesi, nella Marca anconetana, l'erede al trono Federico II. A causa dell'età matura della madre, al suo primo parto, già i contemporanei guardarono con aperto sospetto a questa nascita e le dicerie furono alimentate a fini propagandistici. Si narra che la stessa C., presagendo questi dubbi, abbia voluto partorire pubblicamente nella piazza del mercato allo scopo di dissiparli. Su disposizione dell'imperatore il neonato fu affidato alla consorte del duca di Spoleto Corrado, di origine tedesca, e trascorse i primi anni dell'infanzia a Foligno. Alla fine di marzo del 1195 C. presenziava già alla dieta di Bari, dove le fu conferita la reggenza del Regno per l'intera durata dell'assenza dell'imperatore. Si può solo supporre che sia anche stata incoronata in questa occasione, comunque nei suoi documenti il computo degli anni di regno ha inizio da maggio (forse dalla Pentecoste): da ciò traspare quanto fosse spiccata la coscienza del proprio ruolo e dei propri diritti nella figlia di Ruggero II, in quanto erede del sovrano. Anche in occasione delle ingerenze papali nel Regno, C. diede prova di questa stessa tempra. Non è possibile appurare se i tedeschi che occupavano importanti posizioni di potere, soprattutto nella sfera militare, abbiano effettivamente arrecato danno al governo della reggente.
Con il ritorno dell'imperatore in Sicilia, alla fine del 1196, ebbe termine la reggenza di Costanza. Una sollevazione antimperiale fu soffocata nel sangue (maggio-luglio 1197) e secondo le dicerie non era da escludere una connivenza dell'imperatrice. Enrico, deceduto a Messina il 28 novembre 1197 dopo un periodo di infermità, nel suo testamento politico fu costretto ad ammettere il fallimento della politica siciliana. C. ne trasse le debite conseguenze: espulse tutti i tedeschi, fece incarcerare il cancelliere Gualtiero di Palearia, ormai caduto in discredito, e mandò a prendere a Foligno il figlio Federico, che a partire dal mese di dicembre si trovò al suo fianco in Sicilia. La missione più importante fu affidata all'arcivescovo Berardo di Messina, incaricato di trovare rapidamente un'intesa con la Curia romana in vista dell'incoronazione di Federico a re di Sicilia. Le trattative si trascinarono fin quasi alla vigilia della cerimonia, celebrata nella Pentecoste del 1198, perché C. fino all'ultimo, seppure senza successo, si adoperò per conservare al figlio l'opzione sull'eredità paterna. Con l'ascesa al trono di Sicilia Federico II dovette rinunciare al titolo di re dei Romani; infatti il papa scorgeva in questa soluzione una concreta opportunità di vanificare in modo duraturo la minaccia di un'unione fra l'Impero e il Regno.
C. continuò a fregiarsi del titolo di imperatrice, ma il suo raggio d'azione rimase rigidamente circoscritto al Regno di Sicilia. La questione che in prima istanza assorbì la sua attenzione fu il chiarimento dei rapporti con la Curia, nel solco del testamento di Enrico VI da cui traspariva questa stessa preoccupazione. Innocenzo III lasciò intendere senza ombra di equivoco all'inviato della regina che un'intesa sarebbe stata possibile solo sulla base del concordato di Gravina (1192), concluso con Tancredi, che peraltro C. non era disposta a riconoscere. In novembre l'imperatrice, pressata dagli eventi, si rassegnò ad accettare le condizioni poste dalla Curia, tanto più che Marcovaldo di Annweiler era in procinto di rientrare nel Regno. Non si giunse mai al giuramento di vassallaggio e alla rimessa del privilegio feudale, perché C. inaspettatamente morì; il relativo documento papale è conservato ancora oggi nell'Archivio Vaticano.
Nel suo testamento, tramandato in modo frammentario, l'imperatrice raccomandava il figlio alla tutela del pontefice, affidando inoltre a quest'ultimo la reggenza; di conseguenza tutti gli abitanti del Regno erano tenuti a prestargli giuramento di sudditanza. Inoltre C. disponeva affinché il figlio fosse affiancato dagli arcivescovi di Palermo, Monreale, Capua e Reggio in qualità di familiari, e in aggiunta dal cancelliere Gualtiero di Palearia, liberato per intercessione del papa. C. morì il 28 novembre 1198 e fu inumata la domenica successiva; scelse come luogo di sepoltura la cattedrale di Palermo, dove ancora oggi riposa in uno dei celebri sarcofagi in porfido.
Per gran parte della sua vita C. fu un ingranaggio nella macchina della 'grande' politica e si vide costretta a reagire agli eventi piuttosto che a governarli. La sua autonomia d'azione fu limitata nel tempo, nello spazio e nei contenuti, eppure sembra abbia saputo trarre il massimo da queste ridotte opportunità. Il suo ingresso involontario nella storia tedesca la innalzò fino ai massimi vertici dell'Impero svevo, ma fu al tempo stesso l'inizio della fine. Nella prospettiva della storia siciliana C. rappresentò l'anello di congiunzione fra età normanna ed epoca sveva: fu la "gran Costanza", celebrata da Dante, "che del secondo vento di Soave / generò il terzo e l'ultima possanza" (Paradiso, III, 118-120). Il breve tempo della sua reggenza si tradusse in concreto nella restaurazione, o addirittura nel rafforzamento, sotto l'incalzare degli eventi, dell'influenza papale sullo stato feudale normanno, dopo un periodo di temporaneo affrancamento. Ma così facendo ‒ e forse non altrimenti ‒ C. riuscì a salvare il Regno di Sicilia per suo figlio Federico II.
Fonti e Bibl.:Constantiae imperatricis diplomata, in M.G.H., Diplomata, XI, 3, a cura di Th. Kölzer, 1990; Th. Kölzer, Ein neu gefundener Urkundentext der Kaiserin Konstanze, "Deutsches Archiv", 49, 1993, pp. 601-605; Pietro da Eboli, Liber ad honorem Augusti sive de rebus Siculis, a cura di Th. Kölzer-M. Stähli, Sigmaringen 1994. G. Cirnigliaro, Costanza imperatrice della casa d'Altavilla Palermitana, Firenze 1898; H. Benrath, Die Kaiserin Konstanze, Stuttgart 1935; R. Spahr, Le monete siciliane dai Bizantini a Carlo I d'Angio, 582-1282, Zürich 1976, nrr. 26-30, 33; Th. Kölzer, La reggenza di Costanza nello specchio dei suoi diplomi, "Atti dell'Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo", ser. V, 1, 1981-1982, pt. II, pp. 83-107; Id., Urkunden und Kanzlei der Kaiserin Konstanze, Königin von Sizilien, 1195-1198, Köln-Wien 1983; Id., Costanza d'Altavilla, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXX, Roma 1984, pp. 346-356; Id., Sizilien und das Reich im ausgehenden 12. Jahrhundert, "Historisches Jahrbuch", 110, 1990, pp. 3-22; C. Reisinger, Tankred von Lecce. Normannischer König von Sizilien 1190-1194, Köln-Weimar-Wien 1992; P. Csendes, Heinrich VI., Darmstadt 1993; Die Staufer im Süden. Sizilien und das Reich, a cura di Th. Kölzer, Sigmaringen 1996; H. Jericke, Imperator Romanorum et Rex Siciliae. Kaiser Heinrich VI. und sein Ringen um das normannisch-sizilische Königreich, Frankfurt a.M. 1997; Th. Kölzer, Konstanze von Sizilien und das normannisch-staufische Erbe, in Kaiser Heinrich VI. Ein mittelalterlicher Herrscher und seine Zeit, Göppingen 1998, pp. 82-102; Id., Il Regno durante il passaggio dal dominio normanno a quello svevo, in Mezzogiorno-Federico II-Mezzogiorno. Atti del Convegno internazionale di studi promosso dall'Istituto internazionale di studi federiciani, a cura di C.D. Fonseca, II, Roma 1999, pp. 445-465. J. Sambon, Repertorio generale delle monete coniate in Italia e da italiani all'estero, dal secolo V al XX, Parigi 1912 (riprod. anas. Sala Bolognese 1975), nrr. 1102-1108, 1112 s.
Traduzione di Maria Paola Arena