VARANO, Costanza da
VARANO, Costanza da. – Nacque nel 1426 a Camerino da Piergentile, figlio di Rodolfo III da Varano, signore di Camerino, e da Elisabetta Malatesta, figlia di Galeazzo, signore di Pesaro, e di Battista da Montefeltro.
Alla morte del padre, nel 1424, Piergentile divise con i suoi fratelli l’eredità paterna: due, Gentilpandolfo e Berardo, erano figli di prime nozze di Rodolfo III ed Elisabetta Malatesta, mentre Piergentile e Giovanni erano nati dal secondo matrimonio con Costanza Smeducci. Nel 1433 i due fratelli maggiori, Gentilpandolfo e Berardo, ordirono una congiura contro gli altri due, ma solo Piergentile cadde in trappola: portato a Recanati fu decapitato il 6 settembre 1433.
Nel 1434 una rivolta a Camerino costrinse Elisabetta Malatesta a riparare a Pesaro, presso il padre, con i suoi quattro figli, tra cui Costanza, che fu cresciuta in esilio presso la corte pesarese, in compagnia dei suoi fratelli, di sua madre e di sua nonna, Battista da Montefeltro Malatesta. Si sposò con Alessandro Sforza, fratello di Francesco Sforza, duca di Milano, l’8 dicembre 1444; ebbe due figli, Battista (1446) e Costanzo (1447).
Grazie all’interessamento della nonna e della madre ricevette un’educazione letteraria. Ebbe come maestri Antonio di Sante de Strullis da Coldazzo, notaio pesarese, e soprattutto la nonna Battista da Montefeltro, che si conquistò un certo prestigio nell’ambiente letterario dell’epoca. Sotto la loro guida Varano acquisì una notevole esperienza di testi classici in latino: Aristotele in traduzione, Cicerone, Lattanzio, Quintiliano, Virgilio e altri.
Si impegnò, pertanto, nella scrittura di lettere, orazioni e poesie, che testimoniano come padroneggiasse i generi letterari più in voga nel mondo umanistico quattrocentesco.
La capacità di Varano nella composizione di testi in latino fu presto equiparata a uno standard maschile (Parker, 2002, p. 31). Godette della stima di Guarino Guarini, che in una sua epistola del 1444 la paragonò a personaggi femminili dell’antica Roma, come Ortensia e Cornelia, celebri per la loro intelligenza. Nella stessa lettera, Guarini esortò Varano a continuare i suoi studi, dimostrandole una grande stima intellettuale (Feliciangeli, 1894, p. 58).
Tra i suoi lavori spicca un’orazione del 1442 indirizzata a Bianca Maria Visconti, nella quale Varano la supplicò di intercedere con suo marito Francesco I Sforza, sperando che con il loro aiuto il territorio di Camerino potesse tornare alla sua famiglia. Varano scrisse un’altra epistola sullo stesso tema al re Alfonso d’Aragona. La sua strategia diplomatica ebbe un buon risultato: il ritorno della sua famiglia a Camerino fu celebrato da Varano in un’orazione del 1443. Si fece di nuovo portavoce della causa familiare nel biennio 1447-48, scrivendo a papa Eugenio IV con l’intento di far togliere la scomunica al nonno Galeazzo. Questi testi di natura politica ebbero una buona circolazione, godendo dell’interessamento dei letterati contemporanei, tra cui Guiniforte Barzizza e Giovanni Mario Filelfo.
Le lettere e la poesie che Varano indirizzò ad alcune gentildonne dell’epoca rivelano un interessamento verso la storia delle donne; nei suoi elogi di Cecilia Gonzaga (1443) e Isotta Nogarola (1443-44), Varano contribuì al contemporaneo dibattito sui meriti delle donne, citando entrambe le encomiate come esempio di eccellenza femminile e stabilendo, inoltre, una genealogia di donne letterate dai tempi antichi alla contemporaneità. Secondo Varano, la sfera d’azione delle donne non doveva essere confinata alla preghiera, alla cucina e al parto, ma doveva includere anche lo studio, la scrittura e, in taluni casi, il discorso pubblico. In questo senso, contribuì allo sviluppo di una nuova concezione femminile in Europa; non stupisce che i catalogi di donne illustri diffusi in Italia dal Quattrocento al Cinquecento abbiano spesso citato la parabola di Varano come modello di donna istruita e virtuosa.
Il 5 luglio del 1447 partorì il figlio Costanzo, che le costò la vita: morì infatti il 13 dello stesso mese.
Nei secoli l’esempio di Varano continuò a esercitare un’influenza notevole. Nella Piazza universale di tutte le professioni del mondo (1586) l’umanista e canonico laterano Tommaso Garzoni la citò insieme ad altre donne letterate per sostenere la tesi secondo cui nel Cinquecento vi fossero non solo molti uomini dotti, ma anche «donne studiose, e di bellissime lettere adornate» (Garzoni, 1586, pp. 171 s.). Gli elogi continuarono fino ai primi anni dell’Ottocento, come testimonia l’Elogio storico (1807) di Domenico Michiel, pubblicato in occasione delle nozze di Venanzio da Varano, un discendente di Costanza. Michiel la descrisse come una fenice, citando il suo caso come un esempio di educazione aristocratica declinata al femminile.
Opere. Per un elenco esaustivo delle opere, edite e inedite, v. J. Stevenson, Women Latin poets: language, gender, and authority from antiquity to the eighteenth century, Oxford 2005, pp. 141 s., 147 s., 153 s., 160, 162, 166 s., 171, 567 s.
Fonti e Bibl.: T. Garzoni, Piazza universale di tutte le professioni del mondo, Venezia 1586, pp. 171 s.; D. Michiel, Elogio storico di C. da V. degli antichi principi di Camerino, Venezia 1807; B. Feliciangeli, Notizie sulla vita e gli scritti di C. V., Torino 1894; M. King - A. Rabil, Her immaculate hand: selected works by and about the women humanists of Quattrocento Italy, Binghamton 1983, pp. 39-43; H. Parker, C. V. (1426-1447). Latin as an instrument of State, in Women writing Latin from Roman antiquity to early modern Europe, New York 2002, pp. 31-54.