CANTONI, Costanzo
Nato a Gallarate (Varese) il 6 apr. 1800 da Benedetto, maggiore della guardia nazionale sotto la Repubblica cisalpina e comandante del dipartimento dell'Olona, di famiglia benestante, e da Maria Lanti, visse fino ai trenta anni occupandosi prevalentemente dell'amministrazione dei beni domestici e di agricoltura. Tuttavia le tradizioni mercantili del Gallaratese, dove la produzione, ma, soprattutto, il commercio di tessuti avevano antica consuetudine, lo avevano anche spinto a dedicarsi alla lavorazione del cotone. Iniziò nel 1820 con un piccolo stabilimento a Gallarate, dotato di attrezzature antiquate e pochi telai a mano, mentre anche in Italia già cominciavano le prime trasformazioni in senso industriale delle antiche attività artigianali mediante l'impiego delle apparecchiature meccaniche apparse fra la fine del '700 e l'inizio del sec. XIX.
I primi macchinari tessili erano stati introdotti in Italia da F. Schmütz, tra il 1790 ed il 1795, per uno stabilimento di Milano. Nel 1808-1810 G. G. Müller (poi ditta Müller e André) aveva impiantato un filatoio meccanico a Intra. Nello stesso periodo lo svizzero S. Wick introduceva a Chiavenna filatoi e telai parzialmente meccanizzati, mentre nel 1821 a Milano veniva impiegata per la prima volta la macchina per stampare i tessuti inventata da T. Bell nel 1783. Fra gli stessi italiani il C. fu preceduto da Andrea Ponti, che nel 1812 adottò la jeannette e nel 1823 la mule-jenny - finoad allora sconosciuta in Italia -, e da Pasquale Borghi con la filanda di Varano.
Pur dovendo essere quindi annoverato col Ponti e col Borghi fra i fondatori dell'industria cotoniera italiana - di per sé nuova rispetto alle più antiche manifatture della canapa e del lino - il C. non può essere considerato stricto sensu un pioniere degli sviluppi tecnologici del settore. Appartiene invece a quella categoria di imprenditori che, sulla base di attività commerciali solidamente impiantate, seppe intuire, adeguandovisi, le nuove esigenze di mercato, tenuto conto dei maggiori consumi di cotone che si erano registrati in tutta Europa fin dagli inizi del secolo. Il periodo 1820-1847 è il momento di fortuna dei cotonieri italiani. La crisi comincerà a farsi sentire solo nei primi anni del Regno, anche per le difficoltà di importazione del greggio dagli Stati Uniti, non compensate dalla produzione nazionale, scarsa e quasi interamente assorbita, a prezzi elevati, dall'industria inglese.
Nel decennio 1830-40, nella zona compresa fra Monza, Busto, Legnano e Gallarate sorsero una quindicina di filatoi meccanici idraulici. Una nuova filatura dotata di 500 fusi semiautomatici mossi idraulicamente fu aperta dal C. a Legnano nel 1832; seguì a breve distanza un nuovo stabilimento a Castellanza. Nel 1840, malgrado gli inizi modesti, la ditta del C. aveva raggiunto una consistenza tale da poter essere annoverata fra le maggiori del ramo.
Il solo stabilimento di Legnano, che nel 1836 ancora contava 500 fusi, era passato in un decennio a 3.546 fusi; nel 1845 occupava 122 operai (68 uomini, 20 ragazzi, 18 donne e 16 ragazze), nel 1856 gli operai erano 166 (52 uomini, 30 donne, 84 fanciulli). Quello di Castellanza impiegava 257 operai (65 uomini, 112 donne e 80 ragazzi sotto i 14 anni). La tendenza era quindi verso l'aumento del numero delle donne e dei fanciulli impiegati, che percepivano mercedi inferiori agli uomini.
Il C. non fu il primo ad introdurre nuove apparecchiature: la concessione per l'apertura di una tintoria di fustagni per lo stabilimento di Legnano fu richiesta da lui solo nel febbraio del 1846, preceduto, fra il 1834-39, dalle ditte G. Turati, Turati e Radice, Candiani. La caldaia a vapore per l'apprettatura della bombagine fu installata nel 1848, nel 1854 per la filatura e nel 1856 per il reparto tintoria. Anche nel settore della tessitura, il più arretrato rispetto agli altri per la prevalenza del lavoro svolto a domicilio, le prime innovazioni furono apportate dalle stesse imprese che per prime avevano adottato la filatura meccanica, e la ditta Cantoni si adeguò in ritardo alle nuove esigenze benché nel 1845 contasse già 397 telai in azione.
Malgrado questi ritardi nei confronti delle ditte concorrenti, quella del C. fu la sola ditta lombarda presente all'esposizione di Parigi del 1855 con un campionario di filati e tessuti.
Il C. abbandonò presto la direzione dell'impresa, che affidò al figlio Eugenio, per dedicarsi nuovamente all'agricoltura. Fondatore con A. Ponti del Linificio e canapificio nazionale, presidente della locale Società operaia, consigliere comunale, morì a Gallarate il 14 febbr. 1876.
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