GAZZERA, Costanzo
Nacque a Bene Vagienna (Cuneo) il 20 marzo 1779 da Giovanni Bartolomeo e da Eleonora Maria Costamagna, in una famiglia antica ma non agiata. Entrato nell'Ordine dei frati minori cappuccini giovanissimo, al momento della soppressione degli ordini decisa dai Francesi restò nel clero secolare. Nel 1802 ottenne il posto gratuito nel Collegio delle provincie, e dal 1804, risultato vincitore di concorso, fu chiamato a insegnare filosofia nel liceo di Alessandria. Nella stessa città il G. insegnò scienze matematiche nelle scuole secondarie quando il liceo fu trasferito a Casale nel 1807; nel 1812 infine un decreto imperiale lo nominò censore nel liceo di Casale. Restaurata la monarchia sabauda, il G. si trovò in difficoltà per aver continuato l'insegnamento, e tuttavia nel 1814 fu inviato come docente di filosofia a Savignano, un posto di minore prestigio. Alla fine del 1819 fu chiamato dal più tollerante Prospero Balbo, capo del Magistrato della riforma degli studi, al posto di assistente alla Regia Biblioteca universitaria, di cui sarebbe diventato prefetto nel 1844.
La prima pubblicazione (Lettera di C. G. al conte Giuseppe Franchi di Pont intorno alle opere di pittura, e di scultura esposte nel palazzo della R. Università l'estate del MDCCCXX, Torino 1821), estranea ai temi prediletti più tardi dal G., celebrava il centenario della dotazione dell'università e il ritorno in Piemonte delle opere sottratte dai Francesi. Lungo fu invece il filone di studi bibliografici, inaugurato dalle Osservazioni bibliografiche letterarie intorno ad un'operetta falsamente ascritta al Petrarca (ibid. 1823), circa un libro di Lombardo Della Seta edito a Lione nel 1495, e seguito dalla Notizia d'una sconosciuta edizione piemontese delle Eroidi di Ovidio del secolo XV (in Memorie della R. Accad. delle scienze di Torino, s. 1, XXIX [1825], pp. 55-69). Il suo impegno nel campo bibliografico lo portò a teorizzare la necessità di adozione di un metodo scientifico.
Dal 4 marzo 1824 fu socio nazionale residente dell'Accademia delle scienze, per le cui memorie uscì la maggior parte delle sue opere, peraltro spesso stampate prima a parte. In costante contatto con gli ambienti scientifici francesi, il G. dimostrava le sue capacità di aggiornamento nel saggio sulla Applicazione delle dottrine del signor Champollion minore ad alcuni monumenti geroglifici del R. Museo Egizio di Torino (ibid., s. 1, XXIX [1825], pp. 83-142). La competenza maturata nel settore portò poi il G. (1832) nella commissione che giudicò arbitrari i restauri effettuati su alcuni monumenti egizi da G. Cordero di San Quintino.
Nel 1825 si unì al gruppo di uomini formatosi intorno al caffè Piemonte (tra loro L. Cibrario, L. Sauli, F. Sclopis) che professavano ideali liberali e corrispondevano con il principe di Carignano (il futuro re Carlo Alberto). Dal 1826 fu segretario aggiunto e poi perpetuo (27 genn. 1831) della classe di scienze morali storiche e filologiche dell'Accademia delle scienze, per la quale propose la nomina a socio corrispondente di A. Manzoni che aveva conosciuto nel 1829 tramite la poetessa Diodata Saluzzo-Roero. Al 1828 risale il primo approccio (Iscrizione metrica vercellese, Torino) all'archeologia romana del G. che, partendo dall'epigrafe funebre di una fanciulla, tracciava la storia di Vercelli e, soprattutto, metteva chiaramente a fuoco, in un appello diretto a Carlo Felice, "il suo impegno profondo per una precisa collocazione storica dei monumenti e per la loro salvaguardia" (Levi Momigliano, p. 204), impegno che troverà sviluppo nella giunta di Antichità e Belle Arti, di cui il G. a partire dalla sua istituzione (24 nov. 1832) fu membro e poi segretario. Membro sin dalla fondazione (20 apr. 1833) della R. Deputazione di storia patria di Torino, ne divenne vicepresidente il 5 nov. 1853.
Problemi di topografia antica piemontese vennero trattati in Il castello di Bodincomago diverso dalla città d'Industria (Torino 1829) e, molto dopo, in Del ponderario e delle antiche lapidi eporediesi (in Memorie della R. Accad. delle scienze di Torino, s. 2, XIV [1854], pp. 1-70). Il G. illustrò anche monumenti sardi di varia antichità (Di un decreto di patronato e clientela della colonia Giulia AugustaUsellis e di alcune altre antichità della Sardegna, ibid., XXXV [1831], pp. 1-100), fornendo inoltre un elenco dei decreti di patronato rinvenuti. In un altro scritto d'erudizione, Discorsi intorno alle zecche e ad alcune rare monete de' marchesi di Ceva, d'Incisa e del Carretto (ibid., XXXVII [1834], pp. 4-122), seguiva l'opinione, in seguito smentita, che affermava la discendenza da Aleramo dei sette marchesati più illustri del Piemonte.
Nel 1837, su incarico del governo sabaudo, il G. perlustrò la Francia meridionale da Lione a Tolosa per raccogliere codici di storia piemontese e letteraria italiana, rinvenendo a Montpellier opere inedite di T. Tasso, i cui manoscritti erano stati sottratti nel 1798 alla famiglia romana degli Albani (Trattato della dignità ed altri inediti scritti di T. Tasso. Premessa una notizia intorno ai codici manoscritti di cose italiane conservati nelle biblioteche del Mezzodì della Francia ed un cenno sulle antichità di quella regione, Torino 1838); sempre a Montpellier ritrovò la biblioteca di V. Alfieri, passata in Francia tramite il pittore francese F.-X.-P. Fabre.
Per la storia moderna del Piemonte il G. pubblicò nei Monumenta historiae Patriae i 26 libri della Storia delle Alpi marittime dello storico seicentesco P. Gioffredo (I-IV, Augustae Taurinorum 1839), aggiungendovi un indice e una prefazione. In Memorie storiche dei Tizzoni, conti di Desana, e notizia delle loro monete (Torino 1842) il metodo storico adottato portò il G. a interessarsi prevalentemente di prosopografia e genealogie, incorrendo nella parte numismatica in errori più tardi emendati da D. Promis (Monete della zecca di Dezana, ibid. 1863). A Parigi nel 1843, il G. rinvenne negli archivi carte relative a episodi minori della storia piemontese (Esame di alcune carte antiche concernenti ai Piemontesi, che agli stipendi del conte Amedeo IV, furono alla quinta Crociata, ibid. 1844).
Già ufficiale dell'Ordine Mauriziano, nel 1842 divenne cavaliere al merito civile di Savoia. Membro della commissione permanente per le scuole secondarie, presiedette la commissione di revisione della stampa dove, pur essendo un appassionato fautore dell'unità italiana, temperò "le esorbitanze dei giornalisti" cercando di "dissuaderli dal non precipitare quella causa che essi credevano di tutelare e difendere" (Danna, 1861, pp. 439 s.). Eletto nel 1848 deputato del primo Parlamento subalpino nel collegio di Cherasco-Bene Vagienna-Trinità, decadde dal mandato nel novembre di quello stesso anno per la nomina a consigliere ordinario dell'Ateneo torinese.
L'opera del G. di maggior impegno epigrafico fu Delle iscrizioni cristiane antiche del Piemonte… (in Memorie della R. Accad. delle scienze di Torino, s. 2, XI [1851], pp. 131-277), divisa in sette capitoli: i primi riguardavano la Chiesa di Alba, le lapidi pubblicate da I. Durandi (Il Piemonte cispadano antico, Torino 1774; Delle antiche città di Pedona, Caburro, Gemanicia…, ibid. 1769), le epigrafi dei "primi anni del regno de' Longobardi" (il cui governo, probabilmente per influsso dei fatti coevi, definì "detestato, e intollerabile agli Italiani"), mentre i restanti seguivano un criterio topografico. Una prima Appendice al discorso (in Memorie della R. Accad. delle scienze di Torino, s. 2, XI [1851], pp. 293-325) trattava di 38 iscrizioni provenienti in realtà da Roma; la seconda integrava la storia della Chiesa di Alba (Aggiunte e correzioni al capo primo…, ibid., XVII [1858], pp. 1-22).
Utilizzando le schede di G. Vernazza, il G., già autore di un lavoro su Notizie intorno alla origine ed al progresso dell'arte tipografica in Saluzzo, Torino 1831, compì il Dizionario dei tipografi piemontesi fino al 1821, lasciato dal Vernazza interrotto alla lettera S; aggiungendovi una prefazione e una voce (Stamperia Reale) scritta ex novo, che rimasero però inedite fino al 1964, quando venne ristampata l'opera che, nella sua forma incompleta, era stata pubblicata a Torino nel 1859 (Dizionario dei tipografi e dei principali correttori…) da una società anonima. Nell'insieme, quello del G. fu un lavoro di grande impegno, nel quale però più tardi gravò il giudizio fortemente critico di Th. Mommsen (Corpus inscriptionum Latinarum, V, 2, Berolini 1877, p. 778).
Il G. morì il 5 maggio 1859 a Torino dopo una lunghissima malattia, che non gli aveva però impedito di assistere fino all'ultimo alle sedute dell'Accademia.
Quasi 30 anni dopo la sua morte apparve, con dedica ai fratelli Domenico e Onorato, un volumetto di poesie (Dall'anima. Ricordi e sogni, Torino 1898), che restituiva un aspetto del G. rimasto fino ad allora sconosciuto.
Fonti e Bibl: Torino, Arch. dell'Accademia delle scienze: Verbali delle adunanze della classe di scienze morali, stor. e filologiche, reg. 32 (1816-32); reg. 33 (1840-67), passim; m. 3, fasc. 9: Indice dei mss. legati dal cav. ab. d. C. G. alla R. Accad. delle scienze; reg. 279 (cfr. Inventario dell'Arch. stor. dell'Accad. delle scienze di Torino, I, a cura di F. Motto - A. Riccardi Candiani, in Atti dell'Accad. delle scienze di Torino, CXXII [1988], supplemento); Faenza, Biblioteca comunale, Corrispondenza di F. Salvolini (32 lettere responsive del G., 1830-37; cfr. inventario in G. Mazzatinti - A. Sorbelli, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, XXVI, Firenze 1918, p. 20); Memorie della Pontificia Accad. romana di archeologia, X (1842), p. XXXV; I. Cantù, L'Italia scientifica contemporanea, Milano 1844, pp. 231 s.; A. Bartoli, Necrologia. L'abate C. G., in Arch. stor. ital., n.s., X (1859), 1, pp. 185-187 (con date di nascita e morte errate; bibliografia incompleta); C. Danna, Degli scritti e della vita dell'abate C. G., Torino 1859; Id., Commemorazione. L'abate C. G., in Riv. contemporanea, XXIV (1861), pp. 428-441; G. Claretta, Lettere di illustri personaggi tratte dai mss. legati dal cav. C. G., in Misc. di storia italiana, I (1862), pp. 373-429; G. Gorresio, Notizia dei lavori e della vita letteraria di C. G., in Mem. della R. Accad. delle scienze di Torino, s. 2, XX (1863), pp. 123-140; L. Tettoni, Vita letteraria del conte L. Cibrario, Torino 1872, pp. 310 s. (con bibl. completa); Il primo secolo di vita della R. Accad. delle scienze di Torino. Notizie stor. e bibliografiche (1783-1883), Torino 1883, pp. 149, 167, 475 (con indice delle opere pubblicate nelle Memorie); A. Manno, L'opera cinquantenaria della R. Deputaz. di storia patria di Torino, Torino 1884, pp. 22 s., 27, 30, 287-289; G. Assandria, Le mem. stor. della chiesa di Bene Vagienna, Pinerolo 1899, p. 128; Id., Cenni stor. sulle famiglie Gazzera e Magliano di Bene Vagienna, Bene Vagienna 1908, ad nomen; Lettres de Champollion le jeune, a cura di H. Hartleben, I-II, Paris 1909, passim; Carteggio di A. Manzoni, a cura di G. Sforza - G. Gallavresi, II, Milano 1921, pp. 545 s., 550, 557 s.; F. Perinetti, Ivrea romana, San Giusto 1965, pp. 228 s.; S. Curto, Storia del Museo egizio di Torino, Torino 1976, p. 63; S. Donadoni, L'Accad. delle scienze e il Museo egizio di Torino, in Studi piemontesi, VIII (1979), pp. 335 s., 338, 340-344; L. Mercando, Brevi note sul Museo di antichità di Torino fino alla direz. di Ariodante Fabbretti, in Dalla Stanza delle antichità al Museo civico. Storia della formaz. del Museo civico archeol. di Bologna (catal.), a cura di C. Morigi Govi - G. Sassatelli, Bologna 1984, pp. 541 s.; L. Levi Momigliano, in Cultura figurativa e architettonica negli Stati del re di Sardegna: 1773-1861 (catal.), a cura di E. Castelnuovo - M. Rosci, Torino 1980, I, pp. 204, 1446 s. (scheda biogr. in qualche punto imprecisa); Id., La giunta di Antichità e Belle Arti, ibid., pp. 386 s.; T. Sarti, Il parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, p. 502; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 21; Enc. cattolica, V, col. 1974; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XX, col. 194; Indice biogr. ital., II, München-London-New York-Paris 1993, p. 684.