costare
Delle quindici occorrenze del verbo, una sola è in prosa (Cv I VIII 18), tutte le altre in poesia. Inoltre, dieci volte il verbo appare nella forma dell'indicativo costa, usata sia personalmente che impersonalmente; e ben otto volte è in rima.
Il verbo ha il senso moderno e l'uso divenuto comune fin dall'italiano antico. Può avere per soggetto un pronome o un sostantivo oppure una proposizione soggettiva: If XXIX 21 credo ch'un spinto del mio sangue pianga / la colpa che là giù cotanto costa; XVI 79 Se l'altre volte sì poco ti costa / ... il satisfare altrui (per il testo, cfr. Petrocchi, ad l.). Inoltre, c. è quasi sempre accompagnato da un avverbio o da altra specificazione che lo determini: in frasi interrogative indirette, quanto, quanto caro (Rime CVI 45, Pd XX 46), quanto sangue (Pd XXIX 91); in frasi positive cotanto (If XXIX 21) o, più spesso, tanto cara (Rime L 38), sì caro (Pd XII 38, Cv I VIII 18, Pg XXXII 66, in cui si allude ad Argo); assai (Fiore CLXXIV 12), di grosso (CLXXIV 6), o al contrario poco (Fiore CLXXIV 11, CXC 12, If XVI 79). In pochissimi casi il verbo è usato assolutamente: in Pd XIII 39 e, al negativo, in Fiore CLXXX 14. In questi due luoghi ha il valore di " costare caro ", " avere amare conseguenze " (la bella guancia / il cui palato a tutto 'l mondo costa è Eva, del cui peccato tutti noi " paghiamo il fio "), o meglio, nel caso del Fiore, " aver valore ".
Analizzando i passi in cui appare il verbo, si nota il variare del significato dal senso materiale (originario, più proprio), di Fiore CLXXIV 6, 11 e 12, CLXXX 14, CXC 12, a quello prevalentemente morale di luoghi come Pd XX 46 ora conosce quanto caro costa / non seguir Cristo, o il già citato If XXIX 21. In alcune occorrenze, naturalmente, come ad esempio in Rime L 38 o CVI 45, la posizione semantica è intermedia fra l'uso materiale e concreto, e quello traslato, né si può bene riconoscere il prevalere dell'uno o dell'altro.