assunzione, costi di
Costi che un’impresa deve sostenere per aumentare l’occupazione tramite l’assunzione di nuovi lavoratori. Insieme ai costi di licenziamento, costituiscono i costi di aggiustamento, cioè gli oneri che l’impresa in generale sostiene quando modifica la dimensione della propria forza lavoro. Possono essere distinti in costi variabili, dipendenti dal numero di lavoratori che l’impresa desidera assumere (per es., i costi per l’addestramento dei nuovi assunti), e costi fissi, che invece sono indipendenti dalla grandezza della variazione della forza lavoro (per es. quelli per il mantenimento di un ufficio assunzioni). Tra i costi di a. si possono annoverare in primo luogo i costi finalizzati alla pubblicizzazione dell’apertura della posizione lavorativa, per es. l’inserimento di inserzioni sui giornali. Altri sono legati al processo di selezione, tra i potenziali candidati, dei lavoratori da assumere. Vanno poi considerati i costi di addestramento che l’impresa deve sostenere per rendere la produttività dei neo-assunti pari a quella dei lavoratori con maggiore anzianità lavorativa, attraverso la formazione specifica (➔ addestramento).
La presenza di costi di a. (unitamente ai costi di licenziamento) fornisce una possibile spiegazione della rigidità dei salari alla luce dei modelli insider-outsider (➔). Tali modelli evidenziano che la sostituzione di un occupato che ha già acquisito addestramento specifico all’interno dell’impresa (cosiddetto insider) con un nuovo lavoratore (cosiddetto outsider) è costosa per l’impresa perché richiede che essa sostenga sia i costi per il licenziamento dell’insider sia quelli per l’assunzione dell’outsider. La presenza di tali costi è fonte di potere contrattuale per gli insider e implica che l’impresa sarà indotta a pagare un salario più elevato a questi ultimi rispetto a quello al quale l’outsider sarebbe disposto a lavorare. In altri termini, i costi di aggiustamento e il potere contrattuale che ne deriva possono essere utilizzati dagli insider in sede di contrattazione salariale per ottenere retribuzioni superiori a quelle che garantiscono l’equilibrio sul mercato del lavoro, a scapito degli outsider che non riescono a essere assunti, pur se disposti ad accettare salari inferiori.
Un’altra conseguenza dei costi di a. è stata evidenziata dalla teoria economica, che analizza gli effetti dei regimi di protezione all’impiego: la presenza di costi di a. può ridurre la propensione delle imprese ad assumere lavoratori in presenza di shock positivi e indurle quindi a operare con un livello di manodopera inferiore a quello ottimale. Nel caso di un aumento della domanda del prodotto, infatti, l’impresa potrebbe scegliere di non assumere nuovi lavoratori (o di assumerne un numero minore di quello richiesto dalla massimizzazione dei profitti in assenza di costi di aggiustamento) per non incorrere nei costi di a., sapendo di dover poi affrontare quelli di licenziamento per contrarre la forza lavoro nel momento in cui la domanda del prodotto dovesse scendere ai livelli iniziali. In presenza di elevati costi di aggiustamento, si assiste infatti a più scarse fluttuazioni dell’occupazione. La perdita di efficienza dovuta al fenomeno del labour hoarding si traduce in profitti mediamente inferiori per l’impresa