costo amministrativo
Diminuzione sia patrimoniale sia in termini di tempo, che imprese, operatori del terzo settore, autorità pubbliche e cittadini sostengono per conformarsi all’obbligo giuridico di fornire, alla pubblica amministrazione o a soggetti privati interessati, una serie di informazioni sulle proprie azioni o produzioni. Infatti, l’amministrazione, nel perseguimento dell’interesse pubblico, richiede ai soggetti amministrati di fornire determinate informazioni sulle condotte eventualmente adottate nello svolgimento della loro attività (obblighi di informazione), generando in questo modo c. per istruire pratiche, eseguire formalità, rispettare procedure. I c. a., che rivestono particolare importanza in ambito imprenditoriale, per via degli elevati flussi informativi in gioco, vanno però distinti da altre tipologie di c. affini. La regolamentazione (➔ p), infatti, determina più generali c. di adeguamento (compliance cost), che possono suddividersi ulteriormente in c. finanziari e c. di adempimento (➔ costo aziendale).
I c. finanziari consistono in obblighi di versamento di importi di denaro, direttamente allo Stato o alle autorità competenti (tasse, sanzioni, contributi, ovvero trasferimenti monetari che non risultano legati alle richieste di informazioni provenienti dalla pubblica amministrazione). I c. di adempimento rappresentano, invece, tutti quelli che l’impresa è chiamata a sostenere per adeguarsi alle varie normative, a eccezione dei c. finanziari. Tra i c. di adempimento si distinguono poi quelli effettivi e quelli amministrativi: i primi sono i c. sostenuti dalle imprese per adempiere agli obblighi di contenuto, previsti dalle normative di settore, in relazione a un determinato processo produttivo o a uno specifico prodotto (per es. l’obbligo per un’impresa metallurgica di dotare gli operai di apposito abbigliamento anti-infortuni); i secondi si riferiscono sia a quelli sopra descritti, sia agli oneri amministrativi in senso stretto, ovvero agli obblighi informativi che le stesse imprese non provvederebbero a raccogliere, in assenza della normativa che lo impone (per es., informazioni circa disposizioni non più vigenti, o modificate successivamente alla loro adozione, ma che continuano a essere richieste dalla legge). Per risolvere simili criticità, che vanno sommate alla necessità di migliorare la competitività internazionale della UE e dei singoli Stati membri, sono necessari un miglioramento del quadro normativo (la cosiddetta better regulation), applicabile agli operatori economici, e una relativa diminuzione degli oneri amministrativi imposti, riducendo così le lungaggini burocratiche che spesso scoraggiano gli investitori stranieri e frenano lo sviluppo dei singoli Paesi.
L’Italia, su impulso della UE ‒ che, nell’ambito della strategia di Lisbona (2000), ha fissato specifici obiettivi di misurazione e di abbattimento degli oneri amministrativi da raggiungere entro il 2020 ‒, ha avviato una serie di iniziative finalizzate alla loro misurazione e alla progressiva loro riduzione (in part., il programma Taglia oneri, di cui all’art. 25 della l. 133/2008), utilizzando come strumento di analisi lo EU Standard Cost Model (SCM; ➔ costo standard), ovvero un modello di misurazione sviluppato sulla base delle migliori pratiche (➔ migliore pratica, tecnica della) già esperite in materia in quegli Stati membri che, per primi, si sono mostrati sensibili alle esigenze di semplificazione amministrativa per le imprese (Paesi Bassi, Gran Bretagna, Danimarca).