capitale, costo d'uso del
capitale, costo d’uso del Costo unitario che deriva dall’uso del c. da parte di un’impresa, per una unità di tempo, ossia il prezzo pagato da un’azienda per utilizzare od ottenere per un certo lasso temporale il servizio offerto dal capitale. In generale, il costo d’uso del c. è uguale alla somma del tasso di interesse reale e del tasso di ammortamento del c., che misura la riduzione del valore del bene c., per usura o obsolescenza, durante un’unità di tempo. In alcuni casi si misura il costo d’uso dopo la tassazione, includendo una variabile per esprimere l’imposizione fiscale sul capitale.
Il costo d’uso del c. evidenzia il costo opportunità, da parte di un’impresa, di impiegare denaro sotto forma di c. produttivo, rispetto all’alternativa di investire in attività finanziarie; ovvero, in modo equivalente (in un modello semplificato, senza frizioni nei mercati finanziari), il costo di finanziare l’investimento in c. attraverso forme di indebitamento. Il rendimento di titoli finanziari è dato semplicemente dal tasso di interesse nominale. Al contrario, il rendimento di una unità aggiuntiva di c., in termini nominali, è dato dal servizio che esso offre in un intervallo di tempo, più la variazione del prezzo del c., meno il deprezzamento dovuto all’uso o all’obsolescenza, misurato dal tasso di ammortamento. Applicando la condizione di non arbitraggio (➔), secondo cui in mercati competitivi non possono permanere opportunità di speculazione tra attività diverse, i due rendimenti devono coincidere. Assumendo per semplicità che la variazione del prezzo del bene c. sia uguale al tasso complessivo di inflazione (ovvero includendo il cambiamento del prezzo relativo del c. nella misura del suo deprezzamento), si deriva la formula del costo d’uso del c. (come di qualunque altra attività), che lo uguaglia alla somma del tasso di interesse reale, definito come il tasso nominale al netto dell’inflazione e di quello di ammortamento.