lavoro, costo del
Costo sostenuto dall’impresa per acquistare i servizi del fattore lavoro. Fa parte, quindi, dei costi di produzione e, normalmente, ne rappresenta la parte più consistente. È composto da una varietà di elementi, alcuni fissi e indipendenti dalle ore lavorate (costo fisso), altri variabili in funzione della quantità di l. utilizzata (costo variabile). I costi fissi possono essere di carattere straordinario, oppure manifestarsi periodicamente.
Sono quelli sostenuti dall’impresa una sola volta per ogni relazione di l. instaurata. Tra questi si annoverano i costi di assunzione (➔ assunzione, costi di), noti anche con l’espressione inglese hiring cost, per es. per la pubblicazione degli annunci di l., e i costi che si sostengono per selezionare i candidati, per es. quelli per i colloqui. Nel caso l’impresa intenda licenziare il lavoratore, un altro costo straordinario viene pagato al termine della relazione lavorativa, se esistono norme di protezione dell’impiego che rendono costoso il licenziamento (firing cost) (➔ licenziamento, costi di). Infine, anche i costi di addestramento dei nuovi assunti rappresentano un costo fisso del lavoro.
Ai costi fissi di natura periodica appartengono quelli che l’impresa deve sostenere regolarmente, ma indipendentemente dalle ore lavorate o dall’intensità con cui il lavoratore svolge le sue funzioni. Ne sono esempi i ratei di tredicesima (➔) mensilità e altre mensilità aggiuntive, i ratei del TFR (➔ Trattamento di Fine Rapporto), i giorni non lavorativi retribuiti, quali quelli legalmente riconosciuti come le ferie e i permessi maturati (soprattutto nel caso non siano fruiti e per i quali, quindi, è prevista la monetizzazione), o quelli dovuti a permessi per malattia e all’assenteismo. Infine, fanno parte di questo costo anche i fringe benefits (➔) e i costi amministrativi associati alla gestione dei lavoratori.
I costi variabili del l. sono dati, in primo luogo, dal salario (➔) corrisposto ai lavoratori (salario standard) e dal salario per il l. straordinario, cioè prestato oltre l’orario normale di lavoro. Quest’ultimo è compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi (➔ lavoro, contratto collettivo di) oppure, in alternativa o in aggiunta, con riposi compensativi. Tra i costi variabili si annoverano anche i contributi sociali obbligatori a carico dell’imprenditore. Essi rappresentano le quote della retribuzione (➔ p) nel caso di rapporti di l. subordinato, o del reddito di l. (➔ reddito, fonti di) nel caso del l. autonomo, destinate al finanziamento delle prestazioni previdenziali e assistenziali previste dalla legge. Il loro versamento è di norma obbligatorio. L’onere contributivo sorge generalmente all’avvio di una qualunque attività lavorativa, ovvero al verificarsi delle ulteriori condizioni previste dalla legge. La loro riscossione, unitamente all’erogazione delle prestazioni e al controllo della corretta applicazione delle norme, è affidata agli enti di previdenza (➔ enti nazionali di previdenza sociale). I contributi si possono classificare in due differenti tipologie. Quelli previdenziali sono versamenti obbligatori effettuati dal datore di l. nei confronti dell’ente previdenziale, al fine di ottenere la prestazione pensionistica. Quelli assistenziali sono effettuati all’INPS o all’INAIL, al fine di ottenere una copertura dei rischi legati agli infortuni e alle malattie professionali, all’invalidità e alla malattia. L’instaurazione di un rapporto di l. subordinato determina l’insorgenza del corrispondente rapporto contributivo-assicurativo. Nello specifico, l’onere contributivo grava sia sul lavoratore (mediante una trattenuta sulla retribuzione lorda mensile) sia, e in Italia in misura maggioritaria, sul datore di lavoro. L’importo totale del prelievo fiscale (a carico del lavoratore) e contributivo (a carico del lavoratore e del datore di l.) è detto cuneo fiscale (➔). Nel 2010 in Italia, nel caso di un lavoratore medio, coniugato e con due figli, il suo valore era pari al 39,2% del costo del l., terzo tra i Paesi OCSE (➔), contro una media del 24,8%. Data la coesistenza di costi fissi e variabili, il l. viene definito un fattore di produzione quasi-fisso. Il Costo del Lavoro per Unità di Prodotto (➔ CLUP) misura il rapporto tra il costo del l. e la produttività.