ASISMICHE, COSTRUZIONI
. Il luttuoso terremoto calabro-siculo del 28 dicembre 1908 impose all'attenzione del legislatore e dei tecnici italiani la necessità di fissare norme rigorose e obbligatorie per la ricostruzione di quei centri abitati e, in generale, per l'edificazione nelle zone soggette a movimenti sismici.
Tali norme avevano precedenti, per es., nelle disposizioni prese nel regno di Napoli dopo il terremoto del 5 novembre 1659, che danneggiò la Calabria Ultra, nei regolamenti edilizî di Norcia (dopo i terremoti 14 gennaio e 2 febbraio 1703) e in Ischia, ma più particolarmente nel r. decreto 16 settembre 1906, n. 511, che, dopo il terremoto dell'8 settembre 1905, regolava l'attività edificatoria nelle Calabrie.
Esse, sebbene rispecchino l'esperienza di parecchi anni fatta in Italia e fuori, non possono dare una sicurezza assoluta, ma costituiscono una disciplina del costruire che si è resa necessaria per rendere meno disastrosi gli effetti del terremoto rispetto alla vita e ai beni umani.
Negli studî fatti in materia di costruzioni asismiche, alcuni hanno sostenuto la necessità di orientare i fabbricati in modo che l'asse maggiore di un edificio a pianta rettangolare risulti parallelo alla direzione dominante delle onde sismiche; però il Milne, il quale fece osservazioni dirette, a Tōkyō, negli anni 1884 e 1885, non è certo che si ottengano vantaggi attenendosi a tale criterio; e ognuno vede, poi, quanto riuscirebbe difficile, sia dal punto di vista pratico sia da quello edilizio in genere, costruire costantemente edifici a pianta quadrata o col lato lungo della base o rientato.
Altra questione controversa è la scelta del tipo delle fondazioni. Alcuni, ascrivendo la lunga durata degli edifici a un solido collegamento fra le strutture esterne e le fondazioni, e richiamandosi con il Pownal ai monumenti romani, o attribuendo agli stessi Romani l'idea dello scavo dei pozzi sottostanti alle costruzioni per interrompere gli effetti dell'onda sismica, vorrebbero fondazioni potenti e profonde; altri invece vorrebbero che s'impedisse la trasmissione dell'onda sismica alla parte sopra terra dell'edificio, e contrappongono ai primi il costume delle classi povere giapponesi di costruire le case poggiandole su pietre arrotondate; cosicché il Milne suggerì l'uso di appoggi costituiti da sfere di ghisa o da rulli di ferro, il Padoa (1909) e il Viscardini (1925) hanno proposto tipi di fondazioni che consentano al suolo di oscillare senza turbare grandemente il fabbricato.
Superati questi due punti controversi, tutti i tecnici sono d'accordo nel ritenere che, per avere nelle regioni soggette a terremoti edifici meglio resistenti, sia necessario disporre di materiali d'ottima qualità e fare una buona scelta del terreno edificatorio, allontanandosi dai terreni che presentino discontinuità nella struttura geologica, e dal terreno sciolto, preferendo sempre quello solido e roccioso.
Le dimensioni dei vani debbono essere piuttosto limitate, e i muri avere dimensioni nel piano orizzontale poste in stretto rapporto con la loro altezza: in Manilla si prescrive che i muri compresi fra due altri non possano superare in pianta il doppio dell'altezza, salvo a rinforzarli con speroni, e che lo spessore deve essere maggiore di 1/5 dell'altezza per i muri esterni e di 1/8 per quelli interni; inoltre è prescritto il rinforzo degli angoli.
L'altezza dell'edificio ha una notevole influenza sulla resistenza ai moti sismici; è evidente che gli edifici più bassi presentano maggiori garanzie, e l'esperienza ha confermato questa osservazione. È necessario inoltre che il peso delle strutture murarie vada rapidamente decrescendo a mano a mano che si va fuori terra. A questo proposito si è svolta qualche teoria sulla sagoma da dare ai muri perché risultino di resistenza uniforme alle sollecitazioni provocate dal moto sismico (teoria dei muri parabolici). Così, in Manilla la parte bassa (pianterreno) degli edifici è di muratura, la parte alta (primo piano) di legno. Le vòlte, le voltine, gìi archi, non adatti a resistere alle azioni orizzontali, sono da evitare e si tollerano solamente negli scantinati e nei sotterranei. I tetti pesanti e spingenti sono dannosi, e perciò sono da preferirsi le coperture a terrazza.
Sono da tenersi di dimensioni piuttosto limitate i vani di porte e di finestre; gli architravi dovrebbero essere in buon collegamento fra loro, mentre è bene evitare i balconi, le cornici, in genere le strutture aggettanti.
Nelle scosse ondulatorie le strutture orizzontali isolate (travi e solai) acquistano un'oscillazione non sincrona con quella dei muri, e, cozzando contro di essi, ne determinano assai spesso la caduta; nelle Filippine, nel Perù, nella Bolivia e in Oriente, pertanto, ad evitare tale sinistro le travi si prolungano fino a sporgere alquanto dalla faccia esterna dei muri di prospetto. Ma il provvedimento più razionale è quello di collegare saldamente le strutture orizzontali con le veriicali, affinché il fabbricato possa resistere in solido e vibri come una struttura unica.
Sempre nelle scosse ondulatorie le sezioni dei muri, con la tendenza dell'edificio ad inflettersi verso l'esterno, sono soggette nell'oscillazione in un senso ad azioni di trazione verso una faccia del muro e contemporaneamente ad azioni di compressione verso l'altra, invece nell'oscillazione successiva, che è in senso opposto, alle azioni inverse. Cosicché, se si tien conto che le murature male resistono alla trazione, si prospetta la necessità di armare i muri con membrature metalliche disposte in prossimità delle due facce; cioè bisogna ricorrere all'adozione delle murature armate.
Le costruzioni che meglio rispondono alle condizioni or ora enunciate sono quelle con ossatura di cemento armato; le quali dànno ad un tempo garanzia di perfetta solidarietà fra strutture orizzontali (solai) e montanti (pilastri), e hanno la necessaria armatura doppia appunto nelle strutture verticali.
E poiché, purtroppo, spesso insieme col terremoio si sviluppa anche l'incendio (S. Francisco 1906, Tōkyō 1924), e d'altra parte le strutture di cemento armato offrono una resistenza al fuoco che supera quella di tutti gli altri materiali, queste strutture si possono considerare come quelle che hanno, per gli edifici di carattere definitivo, tutti i requisiti per essere adottate in zone soggette a terremoti.
Tali edifici si presentano generalmente costituiti da uno scheletro formato dai pilastri, dalle travi orizzontali (correnti, còrdoli, travi da muro) e dai solai (nervature e solette) e poi dai muri, non portanti, ma di tamponamento (per semplice protezione, cioè, dagli agenti atmosferici, e quindi poco spessi), che si stendono fra due pilastri e due cordoli, e, pure recando nella loro superficie le aperture per i vani delle porte e delle finestre, disimpegnano anche una funzione di controventamento.
I muri piuttosto leggieri tolgono all'edificio quell'eccesso di rigidezza che, come l'eccesso di flessibilità, riuscirebbe dannoso alla resistenza ai moti sismici.
Le disposizioni obbligatorie italiane in materia di costruzioni asismiche si sono andate rapidamente evolvendo; e dal r. decr. 18 aprile 1909, n. 193 alle norme vigenti abbiamo avuto il testo unico 19 agosto 1917, n. 1399, il r. decr. 23 ottobre 1924, n. 2089, le modificazioni del decreto 3 marzo 1926, n. 705. Presentemente si applicano le norme del r. decr. 13 marzo 1927, n. 431, per le quali si distinguono due categorie di località colpite da terremoti in relazione al loro grado di sismicità ed alla loro costituzione geologica. Tali norme possono così riassumersi: divieto di costruire su terreni paludosi, franosi o atti a scoscendere, sul confine tra terreni di natura diversa e su quelli in forte pendio; altezza degli edifici limitata a due piani e a m. 10 fra la linea di gronda e il suolo circostante, nelle località classificate di 1a categoria; ed a tre piani e m. 12 in quelle di 2a, pur consentendosi un terzo ed un quarto piano rispettivamente giungendo a m. 12, e a m. 15, per edifici il cui progetto sia stato approvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici. Inoltre per gli edifici isolati, circondati da un'area libera, purché non destinati ad albergo, convitto, dormitorio, caserma, carceri, e se vi concorrono ragioni di pubblica utilità, culto, interesse artistico o esercizio industriale, su progetto sottoposto alla detta approvazione, sono ammesse speciali eccezioni (p. es. per il duomo di Messina). Le fondazioni debbono, quando sia possibile, poggiare su roccia viva e compatta, opportunamente ridotta a piani orizzontali e denudata del cappellaccio, e in essa debbono incastrarsi i montanti dell'intelaiatura, altrimenti, questi debbono incastrarsi in una platea generale armata. Per gli edifici di muratura ordinaria, ammessa per costruzioni alte non più di otto metri, le fondazioni debbono farsi con muri continui concatenati fra di loro ed in ogni caso non mai poggianti su terreno di riporto.
In generale gli edifici debbono essere costruiti con muratura animata e con sistemi tali da comprendere un'ossatura di ferro o di muratura armata, capace di resistere contemporaneamente alle sollecitazioni di compressione o di trazione, di flessione e di taglio.
L'ossatura deve formare un'ingabbiatura completa, di per sé stante dalla base al tetto, saldamente collegata con le strutture orizzontali portanti, e dev'essere saldamente collegata col materiale delle pareti (v. fig.).
È vietato l'uso di scale a sbalzo o di quelle portate da archi e vòlte di muratura. Nelle costruzioni ad ossatura intelaiata i vani delle porte e delle finestre debbono essere incorniciati da un solido telaio di ferro o di cemento armato con le membrature prolungate fino all'incontro dei montanti e dei correnti dell'ossatura principale; nelle costruzioni murarie semplici si deve munire il vano di finestra o di porta di un architrave di ferro, di legno o di cemento armato, largo quanto lo spessore del muro, e sovrapporgli un arco di scarico.
La struttura dei tetti deve escludere nel modo più assoluto qualsiasi spinta orizzontale.
Per quanto riguarda i calcoli di stabilità e di resistenza degli edifici intelaiati, le norme per le località classificate di 1a categoria differiscono da quelle date per le località di 2a in quanto gli aumenti da farsi ai carichi statici per tener conto delle azioni dinamiche sono maggiori nelle prime. È prescritto che si debbono considerare le seguenti forze agenti: a) il peso proprio delle varie parti e il sopraccarico massimo di ciascuna di esse, aumentati del 50% per tener conto di eventuali azioni dinamiche dovute al moto sussultorio (del 33% nella 2a categoria); b) forze orizzontali applicate alle masse delle varie parti dell'edificio, dipendenti dalle accelerazioni sismiche ad esso trasmesse dal moto ondulatorio. Il rapporto fra le forze orizzontali ed i pesi corrispondenti alle masse su cui agiscono deve assumersi uguale ad un ottavo per il piano terreno e ad un sesto per i piani superiori (nelle zone di 2a categoria è di un decimo per tutti i piani). Per edifici specialmente alti il coefficiente è 1/6 per tutti i piani (nelle zone di 1a categoria è 1/8). Tuttavia nei calcoli le scosse sussultorie si considerano come non agenti contemporaneamente con quelle ondulatorie.
Per gli edifici di comune abitazione le norme dànno inoltre le dimensioni delle membrature più importanti.
Nel progettare gli edifici intelaiati si distinguono quelli a telaio denso, se ogni zona elementare resistente comprende una parete trasversale di collegamento, da quelli a telaio rado, nei quali per ragioni di distribuzione interna, di ampiezza degli ambienti, ecc., non esiste parete trasversale di collegamento.
Bibl.: Importanti notizie sono raccolte in Annali della Società degli ingegneri e degli architetti italiani, 1909; e nella Seconda relazione della commissione incaricata di rivedere le norme edizilie obbligatorie per i comuni colpiti dal terremoto, ecc., Roma 1913. Cfr. inoltre R. Briske, Die Erdbebensicherheit von Bauwerken, Berlino 1927; L. Santarella, Il cemento armato, ecc., Milano 1928, I, p. 563 segg.